La guerra degli U-Boot.
Per contrastare la
potentissima flotta britannica, nelle due guerre mondiali la Germania mise a
punto una strategia marittima fondata su battelli invisibili e micidiali: gli
U-Boot.
Prima guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]
Nel maggio del 1915, l'U-20 (U-Boot Tipo U 19) tedesco affondò il transatlantico RMS Lusitania. Delle 1.345 vittime, 127 erano civili americani, tra i quali un noto produttore teatrale e un membro della famiglia Vanderbilt. L'evento fece rivolgere l'opinione pubblica americana contro la Germania e fu uno dei fattori principali dell'entrata in guerra degli Stati Uniti a fianco degli Alleati durante la prima guerra mondiale.
Alla
base del concetto e dell’impiego del sommergibile c’è un’idea tanto semplice e
antichissima: è meglio colpire il nemico non visti. Tra tutte le strategie che
si possono attuare per nascondere un’arma al nemico, in mare la migliore è
quella di muoversi sotto la superficie dell’acqua, dov’è quasi impossibili
essere visti.
Il principio in base al
quale un corpo va a fondo o galleggia era già noto ad Aristotele ed Archimede;
ma è dal Seicento che ci si cominciarono ad applicare per costruire piccole
imbarcazioni in grado di aspirare al proprio interno una quantità d’acqua
sufficiente ad aumentarne il peso fino a farle scendere verso il fondo in modo
controllato. Con tutte le migliorie tecniche del caso, il semplice principio
idromeccanico di riempire alcune parti del sottomarino d’acqua per farlo andare
in profondità e svuotarle per riportarlo in superficie rimane invariato ancora
oggi, perciò si può dire che la tecnologia del sottomarino sia piuttosto
antica.
CACCIA INDISCRIMINATA. Altrettanto antica è la
scoperta delle prime tecniche per rendere i materiali impenetrabili dall’acqua,
ma a partire dalla realizzazione dei primi scafi interamente metallici fu
evidente che consentire a un equipaggio di sopravvivere dentro una nave che si
comporta come un contenitore sigillato era un processo complesso, e rendeva
altrettanto difficile l’uso di un motore a combustione interna. Soggiacendo a
queste limitazioni, fino ai tempi della Prima guerra mondiale si costruirono
solo piccoli sommergibili operanti con un equipaggio limitato e sotto costa,
ovvero capaci di sorprendere un nemico in avvicinamento al porto e respingerlo,
ma non di cacciare le sue navi in alto mare.
Durante la Prima guerra
mondiale, i principali contendenti del conflitto sul mare erano il Regno Unito,
la nazione dotata della migliore Marina al mondo, e la Germania, la cui
attività sui mari era strettamente collegata allo spazio ristretto di quel
braccio di Mare del Nord che la separava proprio dal nemico britannico. Nell’agosto
1914 la Marina imperiale tedesca lanciò la prima campagna di pattugliamenti
offensivi sottomarini, finalizzati a colpire le unità maggiori della marina inglese
per ridurre la superiorità. Alla prima missione i dieci sottomarini salpati
dall’Helgoland poterono solo lanciare qualche siluro a vuoto in direzione della
corazzata Monarch, ma già alcune settimane dopo colarono a picco cinque
incrociatori britannici. Alla fine della campagna, il bilancio era di 8
costosissime navi affondate al costo di 5 sottomarini perduti. I vascelli
subacquei tedeschi venivano chiamati U-Boot, abbreviazione di Unterseeboot,
“battello sottomarino”: un nome che tutto il mondo iniziò a conoscere fin
troppo bene. L’anno dopo però, nell’evidenza che la fine del conflitto sarebbe
stata lontana, l’ammiragliato tedesco emanò l’ordine di guerra navale
sottomarina incondizionata: i sommergibili, avrebbero attaccato senza preavviso
qualsiasi nave che si fosse avvicinata alle loro acque, comprese quelle delle
nazioni neutrali. lo scopo per scoraggiare i Paesi che non erano scesi in
guerra dal portare rifornimenti in Inghilterra, quasi del tutto dipendente
dalle importazioni. Da allora, una ventina di sommergibili dislocati nel porto
belga occupato di Ostenda, attaccarono
con tale frequenza da affondare in media 100mila tonnellate di stazza lorda al
mese, corrispondenti a quasi due navi al giorno.
U-Boot della prima guerra mondiale
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CONVOGLI PER DIFENDERSI. Gli affondamenti
coinvolsero in più occasioni navi provenienti dall’America, che presto dichiarò
guerra alla Germania. L’episodio ritenuto scatenante fu l’affondamento del
transatlantico del Luisitania da parte del sommergibile U 20, il 7 maggio 1915,
che costò la vita a 1198 persone; ma nelle settimane precedenti erano colate a
picco anche altre navi statunitensi, tra le quali una in missione umanitaria.
Durante il secondo anno di guerra, le
operazioni sottomarine tedesche si ampliarono fino a coinvolgere anche lo
stretto dei Dardanelli e il Mediterraneo; tra il mar Egeo e le coste turche, gli
inglesi persero due corazzate antiquate, la Triumph e la Majestic. Alla fine
dell’anno, nel Mediterraneo erano affondate 73741 tonnellate di naviglio,
corrispondenti a 17 navi.
L’anno 1916, il terzo
di guerra, si concluse con 1045058 tonnellate affondate, pari a 415 navi, in
tutti i teatri di guerra (tra questi natanti, 34 erano colati a picco in acque
baltiche, altri addirittura nel lontano Mar Nero).
Al quarto anno di
guerra, un nuovo ammiraglio al comando della Marina imperiale germanica, von
Holtzendorff, stabilì che il blocco dei rifornimenti all’Inghilterra avrebbe
portato a una rapida fine del conflitto se si fosse raggiunto il ritmo di 600
mila tonnellate di rifornimenti affondanti al mese. In quell’anno furono
distrutte 20 navi al largo delle coste settentrionali tedesche, 23 al largo
delle Fiandre, altre 23 nel Mediterraneo, 10 nel Baltico e 3 a Costantinopoli,
presso l’alleata Turchia. Le altre nazioni reagirono organizzando i
rifornimenti per l’Inghilterra in lunghi convogli transatlantici che
viaggiavano con molti mercantili scortati da navi da guerra. Questo sistema fu
efficace, ma nel 1918 le perdite furono ancora alte. Fu solo con l’introduzione
della sorveglianza aerea e dei più sofisticati sistemi d’individuazione
acustica da parte della Royal Navy che i risultati poterono essere capovolti e
la guerra terminò con la sconfitta della Germania.
Seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]
Durante la seconda guerra mondiale, gli attacchi degli U-Boot furono la componente principale della Battaglia dell'Atlantico Nord orientale, che durò fino al termine della guerra. Durante le prime fasi della guerra e subito dopo l'ingresso degli Stati Uniti, gli U-Boot furono estremamente efficaci nella distruzione dei mercantili alleati. Le migliorie nella tattica dei convogli, il sonar, le bombe di profondità, la decifrazione del Codice Enigma usato dai tedeschi e il raggio d'azione degli aerei di scorta servirono a volgere la sorte contro gli U-Boot. Alla fine la flotta degli U-Boot soffrì perdite estremamente pesanti, perdendo 789 unità (più 3 sommergibili inglesi catturati) su 1 157 (di cui 25 alleate catturate) e circa 30 000 marinai su un totale di 50 000. Inoltre la Germania possedeva 700 piccolissimi sommergibili. Va ricordato l'aiuto dei sommergibili italiani, che aiutarono con 32 unità e 109 navi affondate l'alleato tedesco. Gli U-Boot tedeschi e i sommergibili giapponesi e italiani affondarono in tutto 2828 navi alleate, per un totale di circa 15 milioni di tonnellate. Tra il 1939 e il 1942 gli U-Boot affondarono pressoché indisturbati varie navi da carico transitanti lungo la West Coast americana, causando ingenti danni. Quando gli inglesi trovarono il modo di decifrare Enigma e gli alleati riuscirono a prevedere anche i movimenti degli U-Boot, i tedeschi non interruppero il loro impiego in Atlantico. Durante la seconda guerra mondiale, la Kriegsmarine (la Marina Militare Tedesca) produsse diversi tipi di U-Boot, man mano che la tecnologia migliorav
Origini.
Per convenzione si attribuisce
l’idea di attaccare il nemico sott’acqua ad Alessandro Magno, che durante
l’assedio di Tiro, nel 332 a.C., avrebbe fatto costruire un dispositivo
d’immersione basato sulle ricerche di Aristotele: una botte zavorrata che
veniva calata da una nave. Nella storia che sfuma nella leggenda, fu
Alessandro in persona a collaudarla. Non si trattava però di un mezzo mobile,
piuttosto era simile a una campana da immersione.
In tempi meno remoti, tra il
Quattro e il Cinquecento, Leonardo da Vinci progettò un sottomarino a pedale,
che propose alla Repubblica di Venezia per scopi bellici. Tuttavia, il primo
utilizzo militare vero e proprio di un sottomarino si fa risalire alla guerra
di Secessione americana, quando l’inventore David Bushnell costruì un
sommergibile monoposto in legno, spinto da eliche a manovella, e dotato di un
serbatoio di zavorra sul fondo. Con quest’imbarcazione, chiamata Turtle
(tartaruga), si tentò di affondare la nave HMS Eagle nel porto di New York.
La missione aveva lo scopo di attaccare un ordigno esplosivo sotto lo scafo:
l’avvicinamento riuscì, ma il sabotaggio no.
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Il micidiale siluro.
La storia del sottomarino va di pari
passo con quella del siluro, vale a dire il proiettile navale a propulsione
autonoma in grado di colpire sotto la superficie dell’acqua. I primi ordigni
antinave erano trainati o privi di spinta. L’invenzione della torpedine
moderna si deve a Robert Whitehead, un ingegnere britannico che operava nella
città di Fiume. Tra il 1866 (anno in cui il progetto del siluro attirò
l’interesse della Marina Austroungarica) e il 1870, l’ingegnere inglese, con
l’aiuto dell’italiano Giovanni Luppis, costruì un ordigno lungo 3,3 m, del
diametro di 35,5 cm. Era dotato di una carica esplosiva da 18,1 kg e di un
motore in grado di raggiungere i 7 nodi, con raggio d’azione di 640 m.
L’elemento maggiormente innovativo del siluro era il fatto che era
stabilizzato da un dispositivo idrostatico, per mantenere stabile la
profondità, e da un giroscopio che ne assicurava la rotta. In poco tempo,
il siluro fu richiesto da tutte le Marine del mondo.
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ARRIVANO I “LUPI GRIGI”. Allo scoppio della Seconda
guerra mondiale, la Kriegsmarine germanica si era riarmata in segreto dopo le
pesanti sanzioni cui era stata sottoposta al termine del conflitto precedente,
ma non era ancora in grado di contrastare la potenza della Royal Navy
britannica. Perciò affidò nuovamente la sua strategia all’attacco
incondizionato ai rifornimenti, in cui adesso impiegava anche le grandi unità
di superficie accanto a U-Boot di nuova concezione.
All’inizio delle
operazioni nell’Atlantico, la Kriegsmarine poteva contare soltanto su 28
sommergibili oceanici. Eppure, la guerra sottomarina era cominciato con un
risultato memorabile: il 14 ottobre 1939, il sottomarino U 47, agli ordini del
tenente di vascello Gunther Prien, si introdusse nella base della Royal Navy di
Scapa Flow, nelle Orcadi scozzesi, e affondò con due siluri la corazzata Royal
Oak. Il successo di questa missione e di quella successiva, il cui il 19 maggio
1940 l’U 37 riuscì ad affondare 9 navi per 41mila tonnellate, diede inizio
all’operazione più propagandata della guerra sottomarina. 11 sommergibili,
battezzati dalla stampa tedesca i “lupi grigi”, salparono per altrettanti
missioni individuali (erano troppo pochi per operare efficacemente in squadra)
allo scopo di far strage degli Alleati che viaggiavano tra i porti
dell’Atlantico quasi senza scorta. Il mese di giugno 1940 si concluse con un
bilancio drammatico per la Marina britannica militare e mercantile: 355mila
tonnellate di navi perdute in attacchi di sommergibili. L’occupazione del
versante settentrionale della Francia offrì alla Marina tedesca l’opportunità
di operare da più parti e il numero dei sommergibili raddoppiò: la tattica di
caccia uno schema nel quale l’unità che avvistava il convoglio prima di
attaccare segnalava la posizione alle altre, poi si metteva per l’ a distanza,
mentre gli altri sottomarini convergevano per l’agguato finale.
A settembre 1940, il convoglio SC 2 fu la prima vittima di questo metodo e
subì l’attacco dei sommergibili U 65, U 47, U28 e U99. A ottobre,
nell’effettuazione di tre convogli, affondarono 42 navi. I risultati erano così
lusinghieri che l’ammiraglio tedesco Karl Donitz incominciò a vagheggiare
d’impiegare tutta l’industria tedesca per portare il numero di sommergibili in
servizio a 100 unità, al ritmo di 29 al mese, ma il meglio che riuscì ad
ottenere fu una produzione di 6 sommergibili mensili, con l’ambizione di
aumentare addirittura a 9 entro la fine del 1940.
Classi di U-Boot tedeschi[modifica | modifica wikitesto]
Classe | Tipo | Anno | Numero | Note |
---|---|---|---|---|
U-Boot Tipo I | U-Boot Tipo IA | 1934 | 2 | |
U-Boot Tipo II | U-Boot Tipo IIA | 1935 | 6 | |
U-Boot Tipo IIB | 1934 | 20 | ||
U-Boot Tipo IIC | 1937 | 8 | ||
U-Boot Tipo IID | 1939 | 16 | ||
U-Boot Tipo V | U-Boot Tipo V | 1940 | 1 | Questo U-boot è anche conosciuto come V-80 (AIP). |
U-Boot Tipo VII | U-Boot Tipo VIIA | 1935 | 10 | |
U-Boot Tipo VIIB | 1936 | 24 | ||
U-Boot Tipo VIIC | 1938 | 568 | ||
U-Boot Tipo VIIC/41 | 1941 | 91 | ||
U-Boot Tipo VIIC/42 | 1942 | 0 | ||
U-Boot Tipo VIID | 1940 | 6 | Progettato per essere utilizzato come posamine. | |
U-Boot Tipo VIIF | 1941 | 4 | Progettato per essere utilizzato come trasporto siluro. | |
U-Boot Tipo IX | U-Boot Tipo IX | 1936 | 8 | |
U-Boot Tipo IXB | 1937 | 14 | ||
U-Boot Tipo IXC | 1939 | 54 | ||
U-Boot Tipo IXC/40 | 1940 | 87 | ||
U-Boot Tipo IXD1 | 1940 | 2[2] | Progettato per missioni a largo raggio. | |
U-Boot Tipo IXD2 | 1940 | 28 | ||
U-Boot Tipo IXD/42 | 1942 | 2[3] (+ 4 cancellati) | Non è mai entrato in servizio nella Seconda Guerra Mondiale. | |
U-Boot Tipo X | U-Boot Tipo XB | 1939 | 8 | Progettato per essere utilizzato come posamine. |
U-Boot Tipo XI | U-Boot Tipo XI | 1937 | 0 | Non ordinato. |
U-Boot Tipo XIV | U-Boot Tipo XIV | 1940 | 10 | Concepito per risolvere il problema del rifornimento degli U-Boot in alto mare. |
U-Boot Tipo XVII | U-Boot Tipo XVIIA | 1942 | 4 | |
U-Boot Tipo XVIIB | 1943 | 3 | ||
U-Boot Tipo XVIII | U-Boot Tipo XVIII | 1943 | 0 | Prototipi; non divennero mai operativi. |
U-Boot Tipo XXI | U-Boot Tipo XXI | 1943 | 118 | |
U-Boot Tipo XXIII | U-Boot Tipo XXIII | 1943 | 61 |
- Marina imperiale giapponese
- Sommergibili della Kriegsmarine catturati dai giapponesi dopo la resa tedesca ed entrati in servizio nella Marina imperiale giapponese :
- U-Boot Tipo IX (2) ex U-511 ed ex U-862
- U-Boot Tipo X (1) ex U-219
Flottiglie di U-Boot tedeschi[modifica | modifica wikitesto]
L’ASCOLTO SOTTACQUA. L’8 marzo 1941, la
Kriegsmarine subì la perdita dell’U 47 comandato dal leggendario Prien,
affondato dal cacciatorpediniere HMS Wolverine. La Royal Navy, a fronte del
disastro di così tanti mercantili perduti, era corsa ai ripari, collaudando e
mettendo in servizio dispositivi sempre nuovi di intercettazione acustica (i
sonar) e cominciarono ad abbinare il loro uso con i radar di superficie. I
britannici aumentarono subito dopo anche la sorveglianza aerea delle coste,
impiegando, a fianco degli idrovolanti Sunderland, anche i Lockheed Hudson e i
Consolidate PBY Catalina di fornitura americana, che permisero pattugliamenti e
azioni antisommergibile sempre più efficaci. Inoltre, le scorte ai convogli
divennero più numerose e fitte. L’ammiragliato tedesco decise allora di muovere
i gruppi di sottomarini ancor più a occidente , per cercare di colpire i
convogli prima che questi si unissero alle navi di scorta.
La nuova strategia pagò
quando, all’inizio di aprile del 1941, un gruppo di otto U-Boot disposti in
linea di pattugliamento individuò il convoglio SC 26 senza protezione: ben 10
navi vennero colate a picco. Il successivo e più determinante cambiamento nell’equilibrio
di forze si ebbe dopo l’attacco dei giapponesi contro Pearl Harbour e l’ingresso
in guerra degli Stati Uniti. A gennaio 1942, la Germania schierava 91
sommergibili operativi, ma solo 5 concentrarono il loro sforzo contro i convogli
che salvano dall’America, affondando senza troppa resistenza un buon numero di
bastimenti, soprattutto navi cisterna, il solo U 123, in poche notti, affondò
ben 9 navi per un totale di 35mila tonnellate. La Marina americana era stata
colta completamente impreparata, nonostante gli avvertimenti britannici. Nell’Atlantico
settentrionale, la Germania aveva migliorato la sua capacità operativa
impiegando 40 o 50 sottomarini alla volta, ma gli Alleati avevano iniziato a
circondare ciascun convoglio con almeno cinque cacciatorpediniere o corvette
dotati di radar avanzati e di nuovi sistemi per lanciare con precisione le cariche
di profondità: in più, i mercantili potevano contare sulla protezione dei nuovi
bombardieri a lungo raggio B-24 Liberator.
L’utilizzo da parte
degli Alleati, di nuovi apparecchiature e di tattiche più aggressive mise in
crisi i tedeschi: nel maggio 1943, le perdite di U-Boot erano più che
raddoppiate, raggiungendo il 30% dei sommergibili in attività.
U-Boot Tipo VII (dati relaviti alla variante VIIC) | |
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Lo U-Boot di Tipo VIIC U-570 in navigazione | |
Descrizione generale | |
Tipo | sommergibile |
Cantiere | Kiel, Amburgo, Danzica, Flensburg |
Varo | a partire dal 1938 (U-69) |
Caratteristiche generali | |
Dislocamento | |
Lunghezza | 67,1 m |
Larghezza | 6,2 m |
Altezza | 9,6 m |
Pescaggio | 4,74 m |
Profondità operativa | |
Propulsione | motori:
potenza massima:
|
Velocità |
|
Autonomia | |
Equipaggio | 44-52 uomini |
Armamento | |
Artiglieria |
|
Siluri |
|
Altro | 26 mine antinave TMA |
dati forniti da uboat.net
| |
voci di classi di sommergibili presenti su Wikipedia |
Lo U-Boot Tipo VII è stata una classe di sommergibile oceanico tedesco, attivo tra la seconda metà degli anni trenta e la fine della seconda guerra mondiale.
Si tratta di un battello di dimensioni relativamente ridotte, caratterizzato da una ottima manovrabilità e da una buona rapidità di immersione.
Il progetto del Tipo VII fu scelto scartando lo studio del precedente Tipo I-A, ciò soprattutto per la mole inferiore che permetteva la produzione di più U-Boot all'interno dei limiti di dislocamento imposti dal Trattato di Pace firmato dalla Germania alla fine della Prima Guerra Mondiale. Il progetto del tipo VII formò la spina dorsale della Flotta U-Boot con più di 700 sommergibili di tutti i sottotipi completati, rendendolo di gran lunga il Tipo di U-Boot prodotto nel maggior numero.
La Regia Marina italiana doveva essere fornita di 9 di questi battelli (U-428, U-746, U-747, U-429, U-748, U-430, U-749, U-1161 e U-750, ribattezzati nell'ordine da S1 a S9) che avrebbero composto la Classe S in cambio di 9 battelli italiani stanziati a BETASOM (da riconvertire al trasporto di metalli rari e prodotti preziosi per l'industria bellica da e per l'Estremo Oriente), ma l'Armistizio di Cassibile causò l'annullamento della consegna.
IL RIMEDIO VIENE DALL’ARIA. L’ultima mossa contro i
“lupi grigi” fu l’introduzione nei gruppi di scorta dell’unità navale di superficie
più determinante dell’intero conflitto: la portaerei. Dall’estate del 1943 la
caccia indiscriminata degli U-Boot ai convogli dovette essere sospesa, mentre i
bombardamenti aerei alleati sul territorio germanico cominciarono a infliggere
seri danni alla produzione di nuovi sommergibili.
Durante i cinque anni e
mezzo di guerra, i tedeschi avevano costruito ben 1157 U-Boot: di tutta questa
flotta erano andati perduti 784 sommergibili, compresi 3 catturati. La maggior
parte di quelli affondati in mare, 500 su 632, fu distrutta dai britannici o da
forze al loro comando. Di contro, i sommergibili tedeschi affondarono 2840 navi
per un totale di circa 15 milioni di tonnellate, più 175 unità da guerra, in
massima parte britanniche.
Qualcuno ha detto che
se il sogno di Donitz di disporre di 100 sottomarini operativi simultaneamente
si fosse avverato, la Germania avrebbe assunto il controllo dell’Inghilterra,
riducendola alla fame. Tuttavia, la produzione industriale tedesca non era all’altezza
di questa richiesta, sia per le sue limitazioni intrinseche, sia per lo sforzo
di condurre una guerra che impegnava tanti mezzi su tanti fronti: contemporaneamente
ai nuovi sottomarini, si producevano grandi navi di superficie, aerei, mezzi di
trasporto e carri armati, e si addestravano equipaggi per operare sui diversi
fronti. L’invasione dell’Inghilterra venne continuamente rimandata da Hitler
fino al giorno in cui la Germania non avrebbe neutralizzato la Raf e la Royal
Navy, ma quel giorno non arrivò mai. In un certo senso, la fine del conflitto
in Europa fu decisa anche da questo: ogni nazione coinvolta sopportò un enorme
sforzo in fatto di risorse industriali, ,alimentari e umane, e l’unica a essere
piegata completamente fu la Germania , che aveva rischiato il tutto per tutto,
confidando di terminare il conflitto nei tempi più brevi.
Articolo in gran parte
di Alessio Sgarlato pubblicato su Conoscere la Storia del n. 49 sprea editori,
altri immagini e foto da wikipedia.
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