Nei quartieri spagnoli.
Viaggio in una delle
zone di Napoli più ricche di storia. Nata nel cinquecento e ancora oggi
protagonista della città.
Quartieri Spagnoli | |
---|---|
Stato | Italia |
Città | [[{{{nomeComune}}}]] |
I quartieri spagnoli sorgono nella parte storica della città di Napoli, costituiti, a loro volta, dai quartieri San Ferdinando, Avvocata e Montecalvario.
A Napoli oggi, i
Quartieri Spagnoli sono un dedalo intricato abitato da almeno 15mila persone
con 90 “bassi”, 170 isolati e chiese, trattorie, edicole votive. Divisi nelle
borgate di San Ferdinando, Avvocata e Montecalvario, sono una delle zone più
caratteristiche e ricche di storia della città. ma non hanno mai goduto di
buona fama se già nell’Ottocento il poeta partenopeo Salvatore Di Giacomo scriveva che “le oneste famiglie popolane e borghesi si guardavano bene dal
frequentarli”. Quanto al nome, è presto spiegato.
Qui, nel 1536, decise
di alloggiare le sue truppe il viceré spagnolo don Pedro da Toledo. Preferì la
zona chiamata “dei Celsi”, per gli alberi di gelso coltivati. Carlo Celano,
letterato e avvocato del tempo, scrisse che “per
l’amenità e salubrità del sito, si cominciò ad abitare da diversi spagnoli e
ministri”. Le nuove costruzioni si moltiplicarono, come si moltiplicarono,
come i guadagni del proprietario dei terreni, il conte di Castrovillari
Spinelli, che speculando si arricchì. Erano nati i Quartieri Spagnoli.
RISSE, FURTI E AGGRESSIONI. Durante il vicereame vi
abitavano dai 5mila ai 6mila soldati
spagnoli, che difendevano la “fedelissima città di Napoli”. Non c’erano
caserme, i soldati erano sistemati nelle case e avevano a disposizione centinaia
di prostitute che si trasferirono ai Quartieri. Quel dedalo di stradine in
salita, che davano sulla centralissima via Toledo ricca di palazzi nobiliari e
crocevia di carrozze fu subito affollato da un’umanità varia, che si dedicò ai
commerci più diversi con i soldati. Ma le risse erano all’ordine del giorno,
come i furti e le aggressioni. Così il nuovo viceré conte d’Ognatte decise, nel
1651, di spostare i soldati a Pizzofalcone (la collina nel quartiere San
Ferdinando), in un grande palazzo trasformato in caserma. La zona dove i
soldati spagnoli facevano la guardia davanti a Castel Nuovo venne chiamata “la
garitta della guardia spagnola”. A causa dell’aumento dei residenti iberici,
furono costruiti proprio in quegli ospedali e chiese con fondi personali dei
diversi viceré. Come l’ospedale di San Giacomo degli spagnoli, nella zona
dell’attuale sede del Municipio. E non mancavano neppure le carceri per gli occupanti.
Un esempio? In zona, l’impronta spagnola è rimasta: via Ponte di Tappia prese
il nome (alterato) dal ponte realizzato dal reggente Carlo Tapia “per la
comodità di passare dalla sua casa grande alla piccola”.
RIBELLI E POETI. Anche dopo la fine del
vicereame spagnolo (1707), i Quartieri rimasero un’aerea importante. Qui visse
Eleonora Pimentel Fonseca, poetessa, intellettuale, direttrice del Monitore
napoletano (il primo giornale politico della città) per i 6 mesi di vita della
Repubblica partenopea, nel 1799. Abitava nella via Sant’Anna di Palazzo, dove,
in una locanda oggi enoteca, si riunivano i giacobini che organizzarono la
rivolta contro Ferdinando IV di Borbone. Nella parte iniziale della via oggi
c’è invece la pizzeria con la targa che ricorda in creazione della pizza
Margherita, in onore della principessa dei Savoia, con i colori della bandiera
italiana: il verde del basilico, il bianco della mozzarella e il rosso del
pomodoro.
Nel suo soggiorno
napoletano anche il poeta Giacomo Leopardi visse per un paio di anni ai
Quartieri Spagnoli. Vi arrivò nell’ottobre del 1833 e si sistemò al secondo
piano di palazzo Berio, in via San Mattia 88. Ma vi restò solo due mesi, perché
la proprietaria dell’appartamento lo sfrattò, temendo il contagio della tisi.
Leopardi si spostò così nel palazzo Cammarota, in via Santa Maria Ogni Bene 35.
Vi rimase quasi due anni.
Particolare di una via dei Quartieri, via Santa Teresella degli Spagnoli
QUI SI VENDE. Il cuore dei Quartieri è stato a
lungo vico Tiratoio, pullulante di venditori improvvisati di panni vecchi, pane
caldo, frutta. Quei commerci sono quasi del tutto scomparsi agli inizi degli
Anni ’70 del secolo scorso e i bassi – piccole abitazioni a una/due stanze al
piano terra, con l’accesso diretto sulla strada – dove si sistemavano i
venditori, sono oggi murati o abitati da persone anziane. Un antico mercato è
rimasto a Sant’Anna di Palazzo, dove il re Carlo di Borbone fece costruire la
sua stamperia ufficiale.
Fin dal Settecento qui
nacquero anche diversi teatri. A ridosso del Nuovo, costruito nel 1723, in
periodo fascista iniziò la sua attività una donna detta “la bottigliera”,
perché vendeva da bere. Il suo spaccio restava aperto 24 ore su 24 e fu
frequentato da Umberto II, che andava agli spettacoli di una subrettina sua
amica. C’è chi racconta dell’invito del “re di maggio” alla bottiglieria per
una cerimonia, quando si trovava ormai in esilio.
E a Montecalvario
nascevano i capintesta.
Nella camorra
ottocentesca, organizzata in modo verticistico, era consuetudine che il capo
dei capi dovesse esser originario di Miontecalvario, nei Quartieri Spagnoli.
Era il “capintesta”, eletto dai “capintriti”, i referenti della camorra nei
12 quartieri cittadini.
CAMORRA IERI E OGGI.
Non per nulla veniva da Montecalvario il capintesta di fine ‘800 Ciccio
Cappuccio, commerciante di carrube, il cibo dei cavalli. Prima di lui, dello
stesso quartiere fu capintesta Salvatore De Crescenzo, artefice dell’accordo
con il ministro borbonico Liborio Romano per favorire l’ingresso di Garibaldi
a Napoli il 7 settembre 1860.
La tradizione del
capintesta di Montefcalvario rimase a lungo nella camorra cittadina e si
interruppe solo negli Anni del ’90 del secolo scorso, con l’affermazione dei
clan delle zone periferiche di Secondigliano e Scampia, a nord della città.
|
Articolo in gran parte
di Gigi di Fiore, pubblicato su Focus storia n. 144. Altri testi e immagini da
Wikipedia.
Articolo breve ma interessante così come lo sono diventati i quartieri spagnoli . Un tempo luogo di malaffare da tenersi a distanza , oggi invece luoghi di arte contemporanea con i suoi murales e storia tanto da averli inseriti nei miei tour guidati! Sicuramente consigliati!
RispondiElimina