Ostaggi reali.
Nei giochi di potere del passato si ricorreva spesso al
sequestro di principi o giovani rampolli della nobiltà. Che spesso finivano
male.
Nei
casi migliori espatriavano in corti sfarzose e vi trascorrevano un periodo
“formativo” tra mille riguardi. In quelli peggiori venivano rinchiusi in buie
prigioni e sotto posti a violenze fisiche e psicologiche. Queste le ambivalenti
sorti di molti rampolli delle grandi famiglie del passato: parenti di re,
sultani e imperatori spesso finivano invischiati in trame politiche più grandi
di loro e diventavano preziose “merci di scambio”, ostaggi di corti nemiche e,
talvolta, prigionieri nella loro stessa patria e della loro stessa famiglia.
Francesco
I.
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Francesco I di Francia | |
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Re di Francia | |
In carica | 1º gennaio 1515 - 31 marzo 1547 |
Incoronazione | 25 gennaio 1515, Reims |
Predecessore | Luigi XII |
Successore | Enrico II |
Duca di Milano | |
In carica | 11 ottobre 1515 – 24 febbraio 1525 |
Predecessore | Massimiliano Sforza |
Successore | Francesco II Sforza |
Nome completo | François de Valois-Angoulême |
Nascita | Cognac, 12 settembre1494 |
Morte | Rambouillet, 31 marzo 1547 |
Luogo di sepoltura | Basilica di Saint-Denis, Francia. |
Casa reale | Valois-Angoulême |
Dinastia | Capetingi |
Padre | Carlo di Valois-Angoulême |
Madre | Luisa di Savoia |
Coniugi | Claudia di Valois Eleonora d'Asburgo |
Figli | Francesco Enrico II Maddalena Carlo Margherita |
Francesco I (nato François d'Orléans; Cognac, 12 settembre 1494 – Rambouillet, 31 marzo 1547) è stato re di Francia dal 1515 alla sua morte.
Era il figlio di Carlo di Valois-Angoulême (1459 - 1º gennaio 1496) e di Luisa di Savoia (11 settembre 1476 - 22 settembre 1531) e fu il primo della dinastia regale dei Valois-Angoulême, che si estinguerà con la morte del nipote Enrico III, avvenuta nel 1589.
Catturato
nel corso della sanguinosa battaglia di Pavia nel 1525, il trentunenne re di
Francia Francesco I finì nelle mani del suo acerrimo nemico, l’imperatore
Carlo V, che lo trattò con magnanimità, in ossequio alle regole della
cavalleria. Trattenuto nella rocca di Pizzighettone (Lombardia) e poi, per un
breve periodo, nell’Abbazia della Cervara
(Liguria), fu infine trasferito in Spagna, trascorrendo undici mesi
all’Alcazar (o palazzo reale) di Madrid. Qui godette di una prigionia più che
“dorata”, potendo cacciare e cavalcare in relativa autonomi. Prima del
rilascio fu però costretto a sottoscrivere il trattato di Madrid (14 gennaio
del 1526), nettamente sfavorevole alla Francia.
PICCOLI
OSTAGGI. Per garantire il rispetto dell’accordo, il re francese lasciò in
ostaggio all’imperatore i suoi figlioletti: Francesco (di otto anni) ed
Enrico (di sette), che rimasero in Spagna per più di quattro anni. Quella
prigionia fu decisamente meno dorata di quella paterna e lasciò tracce
indelebili nella psiche dei ragazzi, incupendone profondamente il carattere.
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FUTURI ALLEATI. Secondo una delle interpretazioni
più diffuse, il termine ostaggio deriverebbe dal latino hospes (ospite). Questa
pratica era non a caso già diffusa nel mondo romano, e prima ancora in quello
greco. “Alla corte degli imperatori
furono spesso educati giovani principi di regni vassalli o rivali dell’Urbe,
con la speranza che, rientrati in patria, si orientassero verso una convivenza
pacifica con Roma”, conferma Giuseppe Zecchini, docente di Storia romana
all’università Cattolica di Milano. Fu così per il principe giudeo Erode
Agrippa II (I secolo d.C.), talmente a
suo agio tra i Romani da diventare amico fidato dell’impero e venendo perciò
ricompensato con vari territori mediorientali. “Avveniva anche il contrario, che aristocratici e futuri regnanti
romani finissero in corti barbare”, precisa lo storico. Nel V secolo, per
esempio, quando era ancora ragazzino, il celebre generale Ezio fu ospite per
tre anni della “selvaggia” corte unna, e lo stesso accadde a suo figlio. Tali
scambi rimasero in auge, quale espediente diplomatico, fino alle soglie della
modernità, anche se non sempre si riusciva a forgiare futuri alleati: il condottiero
Giorgio Castriota Scanderger (1405-1468), istruito alla corte ottomana di Murad
II, si rivelò fiero oppositore degli stessi turchi dopo l’uccisione dei
fratelli, nonostante fosse stato tra i giovani più apprezzati del sultano.
Teodorico
il Grande.
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Teodorico | |
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Medaglione aureo con busto e nome di Teodorico. Si notano i baffi, secondo l'usanza gotica.[1] | |
Re degli Ostrogoti | |
In carica | 474 – 30 agosto 526 |
Incoronazione | 478 |
Predecessore | Teodemiro |
Successore | Atalarico |
Patrizio d'Italia sottoposto formalmente all'Impero d'Oriente | |
In carica | 15 marzo 493 – 30 agosto 526 per cause sconosciute |
Predecessore | Odoacre |
Successore | Atalarico |
Nascita | Pannonia, 12 maggio 454 |
Morte | Ravenna, 30 agosto 526 |
Sepoltura | Ravenna |
Dinastia | Amali |
Padre | Teodemiro |
Madre | Ereleuva |
Consorte | Rossana |
Figli | Amalasunta |
Religione | Arianesimo |
Teodorico, detto il Grande, più correttamente Teoderico, dal goto Þiudareiks (Pannonia, 12 maggio 454 – Ravenna, 30 agosto 526), è stato re degli Ostrogoti dal 474 e patrizio d'Italia dal 493 al 526, secondo dei re barbari di Roma.
«Teodorico era un uomo di grande distinzione e di buona volontà verso tutti e governò per trentatré anni. Per trent'anni l'Italia godette di tale buona fortuna che i suoi successori ereditarono la pace, poiché qualunque cosa facesse era buona. Egli governò così due stirpi, i Romani e i Goti, e -sebbene fosse un ariano- non attaccò mai la religione cattolica, organizzò giochi nel circo e nell'anfiteatro, sicché infine dai Romani fu chiamato Traiano o Valentiniano, i cui tempi prese a modello; e dai Goti, per il suo editto col quale stabiliva la giustizia, egli fu considerato sotto ogni punto di vista il loro re migliore»
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(Uno storico latino) |
Nato
attorno al 454, a otto anni Teodorico fu inviato come ostaggio alla corte
bizantina, in base a un trattato di pace tra suo padre, il re ostrogoto
Teodomiro, e l’imperatore Leone I. il giovane principe rimase a
Costantinopoli (allora capitale dell’impero d’Oriente) fino alle soglie dei
diciott’anni, ricevendovi un’istruzione di prim’ordine e imparando tra
l’altro il greco e il latino. Tornato tra la sua gente e succeduto a
Teodomiro (474), si distinse quale fedele vassallo di Bisanzio.
PADRONE
DI ROMA. Spalleggiato dall’imperatore Zenone, Teodorigo intraprese
un’ambiziosa spedizione per conquistare l’Italia, finita nelle mani del re
degli Eruli, Odoacre, dopo la caduta dell’impero d’Occidente (476). La
campagna militare terminò con l’uccisione a tradimento del rivale, e per i
successivi 35 anni, pur formalmente subordinato a Bisanzio, Teodorico regnò sulla Penisola. Fu proprio
la profonda conoscenza della cultura latina appresa da giovane a permettergli
di governare in modo lungimirante, collaborando con gli amministratori romani
e guadagnandosi l’epiteto di “Grande”.
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PRIGIONIERI DI GUERRA. A volte nobili e
regnanti, prigioni di sovrani reali, riguadagnavano la libertà dopo il
pagamento di ingenti riscatti. Fu il caso di re Luigi IX di Francia, catturato
insieme a migliaia di suoi soldati dopo essere stato sbaragliato nel 1250 dalle
truppe mussulmane nel Nord Africa durante la settima crociata. Lo stesso
avvenne due secoli dopo a un altro regnante francese, Francesco I. Le cifre
richieste erano spesso proibitive: per liberare il re d’Inghilterra Riccardo
Cuor di Leone, la madre e il fratello Giovanni dovettero racimolare una cifra
superiore agli incassi annui dell’intero regno inglese.
“Catturato
dal duca Leopoldo d’Austria nel 1192, di ritorno dalla terza crociata, tredici
mesi dopo Riccardo fu restituito alla madre, Eleonora d’Aquitania a nome
dell’imperatore Enrico VI di Svevia, quale pedina di un complesso gioco
internazione che coinvolse anche il papa e il re di Francia”,
racconta lo storico Adam J. Kosto, autore del libro Hostages in the Middle Ages
(Oxford University Press).
L’oro di Atahualpa.
Dopo aver vinto una sanguinosa
guerra civile e conquistato il trono inca, nel 1532 Atahualpa cadde in
un’imboscata tesagli dallo spagnolo Francisco Pizarro a Cajamarca,
nell’attuale Perù. Il sovrano si ritrovò così per nove mesi ostaggio
dell’infido conquistador, e per salvarsi prov. A far leva sulla sua
cupidigia: in cambio della liberazione, avrebbe riempito di oggetti preziosi
una stanza di 100 metri quadrati (detta El Cuarto del Rescate e anvora oggi
esistente).
INGANNATO. Il riscatto fu uno dei
più ricchi di sempre. Nel complesso, la quantità d’oro e d’argento raccolta,
una volta fusa in lingotti, risultò pari a 24 tonnellate. Ma Pizarro non
intendeva rispettare la parola data. Incassati tali favolose ricchezze,
ordinò infatti di mandare Atahualpa al rogo. Il supplizio fu poi commutato in
strangolamento, avendo il condannato accettato di abbracciare in extremis la
fede cristiana. La tragica morte di Atahualpa, poco più che trentenne, segnò
il tramonto definitivo dell’impero inca.
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ARMI DI RICATTO. Avere in custodia
rampolli di stirpe nobile poteva ovviamente costituire una potente arma di
ricatto. Popolare è al riguardo l’episodio che vide protagonista l’intrepida
Caterina Sforza (1462-1509), la quale, durante i tumulti scoppiati dopo
l’uccisione del marito, signore di Forlì, si asserragliò nella rocca di
Ravaldino decisa a riprendere il potere, nonostante i figli fossero finiti
nelle grinfie della famiglia degli Orsi, sua nemica. La minaccia era quella di
uccidere i fanciulli se Caterina non si fosse arresa, ma la donna non cedette:
alzando la gonna e mostrando il pube di fronte ai nemici, affermò di non
curarsi della sorte dei pargoli, potendo generarne altri. Impressionati, gli
Orsi desistettero da ogni ritorsione: Caterina l’ebbe così vinta, e salvò la
prole. Ben più tragica fu la fine dello zar russo Nicola II, imprigionato nel
1918 dai bolscevici insieme alla moglie Alessandra e ai giovanissimi Alessio,
Tatiana, Olga, Maria e Anastasia. All’inizio i bolscevichi nascosero la
famiglia imperiale a Ekaterinburg, negli Urali, tentando invano di usarli come
ostaggi politici. Ma dopo due mesi e mezzo d’isolamento, nella notte del 16
luglio 1918 fucilarono tutti i Romanov, finendoli a colpi di baionetta.
Caterina Sforza
Giovanna la pazza.
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Giovanna di Castiglia | |
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Giovanna di Castiglia | |
Regina di Castiglia e León | |
In carica | 26 novembre 1504 - 12 aprile 1555 |
Predecessore | Isabella di Castiglia e Ferdinando II di Aragona |
Successore | Carlo V |
Regina d'Aragona | |
In carica | 23 gennaio 1516 – 12 aprile 1555 |
Predecessore | Ferdinando II di Aragona |
Successore | Carlo IV |
Altri titoli | regina di Napoli (III), regina di Sicilia, regina di Sardegna, regina delle Indie, duchessa consorte di Borgogna e di Brabante |
Nascita | Toledo, 6 novembre 1479 |
Morte | Tordesillas, 12 aprile 1555 |
Sepoltura | Cattedrale di Granada |
Casa reale | Trastámara |
Padre | Ferdinando II |
Madre | Isabella I la Cattolica |
Consorte di | Filippo d'Asburgo |
Figli | Eleonora Carlo Isabella Ferdinando Maria Caterina |
Giovanna di Trastamara, o Giovanna di Aragona e Castiglia, conosciuta anche come Giovanna la Pazza (in castigliano Juana I de Trastámara, o Juana la Loca, in catalano Joana d'Aragó i de Castella o Joana la Boja; Toledo, 6 novembre 1479 – Tordesillas, 12 aprile 1555), è stata duchessa consorte di Borgogna, delle Fiandre e altri titoli dal 1496 al 1506, principessadelle Asturie dal 1498 al 1504 e principessa di Girona dal 1498 al 1516, regina di Castiglia e León dal 1504 al 1555, poi regina dell'Alta Navarra dal 1515 al 1555 e, infine, regina di Aragona, Valencia, Sardegna, Maiorca, Sicilia e Napoli e contessa di Barcellona e delle contee catalane dal 1516 al 1555.
Figlia dei re cattolici Ferdinando
d’Aragona e Isabella di Castiglia, Giovanna fu vittima della sete di potere
dei suoi stessi familiari. Dopo aver ricevuto un’educazione intrisa di
fanatismo religioso, verso cui fu sempre piuttosto insofferente, a 17 anni
sposò Filippo d’Asburgo il Bello, e con lui ebbe sei figli tra cui il futuro
CarloV. Alla morte della madre (1504), fu estromessa dalla corona di
Castiglia dal padre Ferdinando, che ottenne la reggenza accampando la scusa
di una presunta follia di Giovanna. Dopodiché scomparso il consorte (1506),
fu confinata insieme alla figlia Caterina nel castello di Tordesillas dove
visse per 14 anni in una stanza priva di finestre.
DESTINO SEGNATO. Scavalcata sul trono anche dal figlio
Carlo, che alimentò il mito della sua pazzia, fu liberata nel 1520, durante
la rivolta dei comun eros contro il nuovo re. Una volta sconfitti i
rivoltosi, però, Carlo la segregò nuovamente a Tordesillas, dove vivrà altri
25 anni in condizioni disumane, seviziata dai carcerieri e stavolta realmente
destinata alal pazzia. Morì nel 1555.
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VITTIME IN FAMIGLIA. Per ritrovarsi nel
novero degli ostaggi non bisognava necessariamente cadere in mano ai nemici. Spesso
la prigionia era un modo per estromettere familiari scomodi dalla successione,
come avvenne a Giovanna di Castiglia o ai principini inglesi Edoardo e
Riccardo, legittimi eredi alla corona che, in seguito alla morte del padre
Edoardo IV (1483), furono dallo zio Riccardo nella Torre di Londra per poi
sparire in circostanze misteriose.
Nell’impero ottomano,
invece, i probabili eredi al trono venivano confinati e sorvegliati a vista in
un’ala del palazzo reale chiamata Kafes (gabbia). L’ennesima prigione dorata,
seppure alla lunga, causa di gravi disturbi psichici per molti coloro che vi
transitarono. A dimostrazione di come il lignaggio non fosse sempre garanzia di
felicità.
Articolo in gran parte
di Massimo Manzo pubblicato su Focus Storia n. 145. Altri testi e immagini da
wikipedia.