La casa di Ottaviano Augusto? Un covo di serpenti.
È
raro
che un grande uomo abbia dei figli della sua stessa levatura, e neanche
Ottaviano Augusto è sfuggito a questa regola. La mancanza di un discendente
all’altezza, capace di succedergli al comando dell’impero e di reggere il
potere con mano ferma e saggia, è stato il grande cruccio dei suoi ultimi anni.
Nel tentativo di risolvere il problema, ha computo scelte affrettate e non
appropriate, in una vorticoso giro di matrimoni sciolti e imposti, di adozioni
più o meno forzate, di condanne all’esilio, che finì con trasformare la sua
casa sul Palatino in un luogo di intrighi e gelosie, congiure e vendette,
agguati e assassini, come raramente è stato visto nel corso della Storia. Il
risultato? Tra i suoi successori diretti non ce n’è uno che si salvi, e per
trovare un imperatore degno di questo nome bisogna aspettare il 69 d.C, quando
Vespasiano darà inizio a una nuova dinastia.
Per tentare di far luce
sul complicato groviglio di parentele e crimini intorno al quale matura la
successione del primo imperatore romano, bisogna ricostruire i collegamenti fra
i numerosi membri della dinastia Giulio-Claudia, a cui apparteneva Augusto.
Intanto, va detto che il duplice nome della famiglia deriva da Giulio Cesare,
che adottò il giovane Ottaviano, designandolo come erede; e da Tito Claudio
Nerone, primo marito di Livia Drusilla (ultima moglie di Augusto) e padre
dell’imperatore Tiberio. Quando si unì a Livia, Ottaviano aveva già avuto due
mogli. Una, la giovanissima Claudia, era stata rispedita alla famiglia “ancora
intatta e vergine”, come ricorda Svetonio, per contrasti insorti con la madre
di lei (merce avariata e rifiutata, insomma). La seconda moglie era stata
Scribonia, a sua volta reduce da due matrimoni che aveva dato a Ottaviano la
sua unica figlia, Giulia. Dopo di che era stata ripudiata perché aveva costumi
troppo disinvolti.
Livia | |
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Busto in basalto dell'imperatrice Livia (31 a.C. circa) | |
Imperatrice consorte dell'Impero romano | |
In carica | 31 a.C.-29 d.C. |
Predecessore | Repubblica romana |
Successore | Livia Orestilla |
Nome completo | Livia Drusilla Claudia |
Nascita | Roma, 30 gennaio 58 a.C. |
Morte | Roma, 28 settembre 29 |
Dinastia | Giulio-claudia |
Padre | Marco Livio Druso Claudiano |
Madre | Alfidia |
Consorti | Tiberio Claudio Nerone[1] Augusto[1] |
Figli | Tiberio Druso Maggiore |
Livia Drusilla Claudia (in latino: Livia Drusilla Claudia; Roma, 30 gennaio 58 a.C. – Roma, 28 settembre 29), anche conosciuta semplicemente come Livia e dopo il 14 come Giulia Augusta,[2] è stata una nobildonna romana, moglie dell'imperatore romano Augusto[1] e Augusta dell'Impero. Fu la madre di Tiberio e di Druso maggiore, nonna di Germanico e Claudio, nonché bisnonna di Caligola e trisavola di Nerone. Fu divinizzata da Claudio.
IL FIGLIO CHE NON VENNE. Il legame con Livia
durò invece tutta la vita. Si racconta che Ottaviano, non ancora imperatore, la
conobbe nel 37 a.C. a una festa in casa del marito, quando lei era incinta di
un secondo figlio, Druso. A metà della cena se la portò in una vicina camera da
letto, da dove poi tornarono entrambi rossi in volto e con i cappelli
arruffati. Dalla loro unione non nacquero figli. Quell’erede che Augusto
sperava di avere dalla donna che amava cercò dunque di procurarselo inseguendo
altri progetti e coinvolgendo altri familiari. Con i risultati deludenti di cui
si diceva.
La prima scelta cadde
sulla figlia Giulia. Ottaviano la diede in sposa al nipote Marcello – figlio di
sua sorella Ottavia – appena uscito dall’infanzia, come del resto lei. Però
Marcello morì poco dopo e Giulia si ritrovò vedova a soli 16 anni. Il padre le impose subito un altro marito.
Marco Vipsanio Agrippa, che era il suo più fidato collaboratore, ma aveva oltre
vent’anni più di lei ed era felicemente sposato con un’altra figlia di Ottavia,
sorella quindi di quel Marcello appena scomparso. Augusto lo obbligò a lasciare
la moglie che amava per unirsi a Giulia, che nel frattempo si era già fatta una
solida fama di donna di facili costumi, come la madre Scribonia. L’unione tra i
due, se non proprio felice, risultò almeno prolifica. Da Giulio e Agrippa
nacquero infatti cinque figli: due femmine, Giulia e Agrippina, e tre maschi:
Gaio, Lucio e Agrippa, detto Postumo perché venuto al mondo dopo la morte
prematura del padre. Questa girandola di nomi, molti dei quali si ripetono
com’era costume nelle famiglie romane, impone ai lettori un inevitabile surplus
di attenzione e di pazienza. Ma gli intrecci dinastici permettono di capire
meglio il gioco al massacro che ne seguirà.
L’inattesa scomparsa di
Agrippa, che lasciava tre figli maschi ancora troppo piccoli per poterli
candidare alla successione, mise in discussione il complicato piano predisposto
da Augusto. Il quale ripiegò su una soluzione tutta interna alla famiglia, che
nella sua mente avrebbe dovuto eliminare ogni intoppo e sistemare la faccenda.
Fece sposare sua figlia Giulia al figlio di Livia, Tiberio. Ma anche Tiberio
era sposato, con una donna di cui era innamoratissimo. Si chiamava Vipsania
Agrippina e, come suggerisce il nome, era figlia di Agrippa ma nata da un
matrimonio precedente a quello con Giulia. Insomma, per accontentare
l’imperatore (poteva forse rifiutarsi?) e
sposare Giulia, Tiberio dovette divorziare da una moglie che era figlia
di quell’Agrippa già precedente marito di Giulia. Vedete un po’ che confusione!
E che dramma, per il povero Tiberio, che dopo il divorzio, essendosi imbattuto
nell’amata Vipsania, scoppiò in lacrime! Tanto che gli addetti alla sua
sorveglianza ebbero l’ordine di non farli più incontrare.
L’unione di Tiberio e
Giulia diede un solo figlio, che morì ancora bambino. Allora Augusto adottò
Gaio e Lucio, i primi due maschi avuti da Giulia, deciso a farne i suoi eredi.
Sennonché Lucio morì di malattia a Marsiglia, nel 2 d.C. a soli 18 anni;
seguito da Gaio due anni dopo, per una ferita riportata durante una campagna
militare in Oriente.
albero genealogico Gens-Giulia.
UNA GIRANDOLA DI NOMI PER UNA DIFFICILE SCELTA. A
questo punto restavano ad Augusto due soli possibili eredi: il terzo figlio di
Giulia, Agrippa Postumo, e il figlio di Livia, Tiberio. Li adottò entrambi. Ma
poco dopo diseredò e confinò Agrippa prima a Sorrento e poi a Pianosa, “per il
suo carattere sordido e ribelle”, come annotava Svetonio. Mandò in esilio a
Ventotene al figlia Giulia, di cui non poteva più tollerare i comportamenti
immorali. Con la stessa accusa di immoralità relegò alle isole Tremiti anche la
nipote, che di nome faceva pure Giulia e che doveva aver preso i costumi
illeciti della madre e della nonna Scribonia. “Fossi rimasto celibe e perito
senza figli!” si lamentava amareggiato Augusto negli ultimi anni di vita,
riprendendo un verso dell’Iliade. Della grande famiglia imperiale, decimata
dalle morti e dalle condanne, non rimaneva infatti che il solo Tiberio come
possibile candidato alla successione. Ma Tiberio, coraggioso soldato e ottimo
generale, era però ombroso e crudele, amico di nessuno e diffidente nei
confronti di tutti; ambizioso senza
darlo a vedere e vendicativo in modo implacabile, oltre che figlio di un padre
che ai tempi della guerra civile si era schierato contro Ottaviano, dalla parte
di Antonio: non era l’erede che il primo imperatore di Roma si sarebbe
augurato. Certo, lo aveva adottato, forse più per le insistenze di Livia che
per proprio convincimento, ma obbligandolo ad adottare a usa volta il nipote
Germanico, figlio di quel Druso di cui Livia era incinta quando si legò a
Ottaviano. Ebbene, se si considera che Tiberio aveva già un figlio suo, anche
lui di nome Druso, è facile capire come l’arrivo in famiglia di un erede
adottivo imposto dall’imperatore, il quale non faceva mistero della
considerazione che nutriva per quel giovanotto, la cui adozione metteva a
rischio l’eventuale successione del figlio naturale, non poteva piacere né a
Tiberio, né a sua madre Livia, che da sempre sosteneva la candidatura del
primogenito (con tanto di accanimento che fu addirittura sospettata di aver
tramato per la morte di Gaio e Lucio).
Ma chi era questo
Germanico sul quale il vecchio Augusto riponeva tante speranze come suo nuovo
successore? Il nome gli veniva dal padre Druso, a cui “Germanico” era stato
conferito come titolo onorifico per i successi militari ottenuti in Germania.
Vi aggiunse poi il patronimico di Giulio Cesare quando, con l’adozione ad opera
di Tiberio a sua volta adottato da Augusto, entrò a far parte della gens Julia.
Il legame con la dinastia imperiale si fece ancora più stretto a seguito del
suo matrimonio con Agrippina, primogenita dell’unione di Giulia con Agrippa.
Dopo essersi fatto le ossa nelle campagne nell’Illirico e in Pannonia, accanto
al padre adottivo Tiberio, Germanico fu mandato a riportare l’ordine tra le
legioni sul Reno che si erano ribellate. Con un atteggiamento al tempo stesso
deciso e comprensivo, affrontò i rivoltosi, riconobbe le ragioni del loro
malcontento, accettò le richieste di compensi più alte e di leve più brevi (c’erano legionari con
oltre vent’anni di servizio nelle gelide terre del Nord) e si conquistò, oltre
all’obbedienza, anche la loro simpatia. Al punto che, quando giunse la notizia
della morte di Augusto, le truppe volevano proclamarlo imperatore e lui dovette
faticare non poco per richiamarle all’ordine. Un ruolo decisivo, nel
conquistargli la grande popolarità di cui godeva tra i soldati, lo svolse la
moglie Agrippina, che aveva voluto accompagnarlo in Germania e si era portata
dietro il quinto dei suoi figli, anche se era il terzo di quelli ancora in vita
(ne avrà nove in tutto, di cui tre morti in tenera età), il piccolo Gaio.
Agrippina vestiva il bambino con una minuscola divisa militare che comprendeva
anche i calzari, caligae in latino. Da qui gli deriva il soprannome “Caligola”
con cui passerà alla storia.
Busto di GermanicoNome originaleNero Claudius Drusus (alla nascita)
Nero Claudius Drusus Germanicus (dal 9 a.C. al 4)
Germanicus Iulius Caesar(dopo l'adozione)Nascita24 maggio 15 a.C.Morte10 ottobre 19
Antiochia di SiriaConiugeAgrippina maggiore (4-19)FigliNerone Cesare
Druso Cesare
Tiberio Cesare
Gaio Cesare
Gaio Cesare "Caligola"
figlia ignota
Agrippina minore
Giulia Drusilla
Giulia LivillaDinastiaGiulio-claudiaPadreDruso maggiore
Tiberio (adottivo)MadreAntonia minoreQuesturanel 7Consolatonel 12Proconsolatonel 13 in Gallia;
dal 14 al 16 sulla Germania;
dal 17 al 19 su tutto l'Oriente romano
GERMANICO VENDICATORE DI VARO. Germanico si
coprì di gloria combattendo contro le tribù barbare che occupavano il vasto
territorio tra il Reno e l’Elba e che, nel 9 d.C. nella foresta di Teutoburgo,
avevano inflitto una pesante sconfitta alle legioni comandate da Lucio
Quintilio Varo. In quel frangente, alla notizia della disfatta, il popolo si
era affollato nel Foro stracciandosi le vesti mentre l’imperatore fuori di sé
si aggirava nelle sale del suo palazzo implorando: “Varo, Varo, rendimi le
legioni”. Ebbene, nelle campagne condotte tra il 14 e il 16, Germanico riuscì a
battere ripetutamente Arminio, il capo di quelle tribù, recuperare due delle
tre aquile legionarie perdute in battaglia e dare sepoltura ai poveri resti dei
soldati caduti. Furono più che altro vittorie morali, che non portarono né al
controllo pieno di quelle regioni inospitali, coperte di boschi e paludi, né
all’ampliamento dell’impero. Il confine settentrionale restò infatti fissato
sulla linea del Reno, come stabilito da Augusto e confermato poi da Tiberio. E
tuttavia, il giovane generale andato a combattere i terribili Germani,
portandosi dietro moglie e figlio diventò il beniamino dei Romani.
Augusto morì a Nola,
nell’agosto del 14 d.C., a 76 anni di età. Prima ancora che fosse data notizia
del decesso, un centurione si presentò a Pianosa, l’isola dove Agrippa Postumo
era esiliato, e lo assassinò. Tiberio negò di aver dato lui l’ordine. Forse
l’aveva dato sua madre Livia, per eliminare un possibile ostacolo alla
successione del figlio? I sospetti e le voci, in quei giorni di lutto, si
moltiplicarono. Si mormorava perfino che Livia avesse accelerato con il veleno
la morte di Augusto, nel timore che un estremo ripensamento lo inducesse a
cambiare le sue ultime volontà. Un’altra voce voleva che il povero Agrippa
stesse preparando la fuga da Pianosa con l’intento di raggiungere la sorella
Agrippina su Reno e scatenare una guerra civile con le legioni del marito di
lei, Germanico. Vere o false, queste voci non cambiarono il corso della Storia.
Il testamento di Augusto aperto in Senato indicava in Tiberio come successore e
Livia venne insignita del titolo di Augusta. La nuova imperatrice madre
ricompensò con un milione di sesterzi un cittadino che sosteneva di aver visto
lo spirito di Augusto salire al cielo dal rogo su cui bruciava la salma.
Mentre la città era
sconvolta da questi eventi, e dai lugubri sospetti che ne seguirono, Germanico
proseguiva le sue campagne militari nel Nord Europa, che lo tennero impegnato
per altri due anni. Quando finalmente tornò
a Roma, il nuovo imperatore Tiberio gli concesse, nell’anno 17, l’onore del
trionfo. Ma subito dopo lo spedì in Siria. L’incarico ufficiale: mettere ordine
nelle provincie orientali, rese instabili dalla scomparsa quasi contemporanea
di alcuni sovrani locali (ma l’intento
vero era di allontanare dalla capitale un personaggio troppo amato dal popolo e
dall’esercito, e perciò possibile concorrente). Gli mise al fianco come legato
imperiale un uomo di sua fiducia, Gneo Calpurnio Pisone, che avrebbe dovuto
consigliare il giovane proconsole e tenere a freno gli slanci del suo animo
generoso e impulsivo.
I rapporti tra i due
risultarono subito difficili, anche per la rivalità che contrappose le mogli,
Agrippina e Plancina. I contrasti esplosero in aperto conflitto quando il
proconsole Germanico, al ritorno dall’Egitto dove aveva passato l’inverno,
scoprì che Pisone annullato o modificato tutte le sue disposizioni prese prima
della partenza. Venuta a meno ogni possibilità di intesa, il legato decise di
lasciare la Siria. Ma prima ancora che si mettesse in viaggio, Germanico fu
colpito da un’improvvisa malattia. gli atroci dolori al ventre, il progredire
del male resistente a tutte le cure, il ritrovamento nella sua casa di lamine
di piombo che invocavano su di lui la maledizione degli inferi, tutto questo
convinse la moglie, gli amici e lo stesso Germanico moribondo che qualcuno lo
aveva avvelenato. Ma chi? I sospetti si appuntarono su Pisone, che nel
frattempo era in viaggio per l’Italia. E quindi su Tiberio, di cui costui era
la longa manus. Come spesso succede, i sospetti diventarono presto certezze per
il popolino romano. Appena si sparse la notizia della morte di Germanico,
avvenuta il 10 ottobre del 19 (aveva solo 34 anni), in città apparvero cartelli
contro l’imperatore e nel buio della notte si levavano voci che gridavano
“Rendici Germanico!”. Finito sotto processo Pisone si uccise prima della
sentenza. Non perché fosse stata provata la sua responsabilità nella morte del
proconsole (impossibile trovare tracce del veleno dopo che il corpo era stato
cremato), ma perché, abbandonato dal Senato, lasciato dalla moglie, osteggiato
dal popolo, sapeva di andare incontro ad una condanna certa per altri reati,
quali l’insubordinazione e il tradimento.
Busto marmoreo di Agrippa.
Germanico
come Alessandro Magno.
Se
il popolo romano, come si è visto, aveva eletto Germanico a suo beniamino, a
celebrarne le qualità umane è stato il più grande storico del primo secolo
dell’impero, cioè Tacito, che nei suoi Annali arriva a paragonare lo
sfortunato generale romano ad Alessandro Magno. Ecco cosa scrive: “Vi furono alcuni che vollero paragonare
il suo destino a quello di Alessandro il Grande, prendendo come termini a
confronto la prestanza fisica, l’età, il modo in cui è morto e la vicinanza
fisica dei luoghi in cui entrambi spirarono. Infatti, erano stati tutti e due
bellissimi di persona e nobili di nascita, ed erano morti a poco più di 30
anni tra genti straniere, vittime della perfidia dei loro familiari.
Germanico era però sempre stato mite con gli amici e moderato nei piaceri, si
era appagato di una sola moglie e aveva procreato solo figli legittimi. Non
era stato inferire neppure sui campi di battaglia, anche se non aveva avuto
la stessa temerità di Alessandro e gli era stato impedito di imporre il giogo
della servitù alla Germania fiaccata da tante sue vittorie. Se anche
Germanico fosse stato unico arbitro del potere, se fosse stato re di diritto
e di nome, avrebbe conseguito la gloria militare tanto più aveva superato
Alessandro per clemenza, per moderazione e per ogni altra nobile dote”.
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Agrippina minore Busto di Agrippina minore (Civico museo archeologico, Milano)Consorte dell'imperatore romanoIn carica1º gennaio 49 – 13 ottobre 54PredecessoreValeria MessalinaSuccessoreClaudia OttaviaNome completoIulia Agrippina (alla nascita)
Iulia Agrippina Augusta(dopo il 50)NascitaAra Ubiorum, 6 novembre 15MorteBaia, marzo 59Luogo di sepolturaTomba di Agrippina, MisenoDinastiaGiulio-claudiaPadreGermanicoMadreAgrippina maggioreConiugiGneo Domizio Enobarbo(28-40)
Gaio Sallustio Passieno Crispo (41-47)
Claudio (49-54)FigliNerone (da Enobarbo)
Giulia Agrippina Augusta (in latino: Iulia Agrippina Augusta; Ara Ubiorum [1], 6 novembre 15[2] – Baia, marzo 59[3]), nata semplicemente Giulia Agrippina e meglio conosciuta come Agrippina minore (Agrippina minor, per distinguerla dalla madre Agrippina maggiore), è stata una nobildonna e imperatrice romana, appartenente alla dinastia giulio-claudia.
Sposò l'imperatore romano Claudio, suo zio, il quale adottò il figlio da lei avuto dal precedente matrimonio con Gneo Domizio Enobarbo, Nerone, che sarebbe poi diventato a sua volta imperatore. Insignita del titolo di Augusta dell'Impero romano nel 50, Agrippina ebbe il ruolo di reggente durante l'assenza del marito Claudio e fu la prima donna a governare di fatto l'impero durante i primi anni di regno del figlio.
L’ACCANIMENTO CONTRO GLI EREDI DEL MORTO. In
quanto a Tiberio, se non era colpevole fece di tutto per apparirlo. In primo
luogo, l’imperatore intervenne generosamente in favore della moglie e dei figli
di Pisone. Al contrario, una volta deposte nel mausoleo di Augusto le ceneri di
Germanico e trascorsi i giorni del lutto e della commozione popolare, si diede
a perseguitare apertamente la vedova e i figli del morto. “L’ardente entusiasmo popolare ne confronti di Agrippina lo faceva
andare in bestia, così come la richiesta insistente che i due figli maggiori di
Germanico, in quanto discendenti del primo imperatore, venissero considerati
suoi successori”, riferisce Tacito. Alle lamentele di Agrippina per la
scarsa considerazione che le era riservata, lei che era nipote di Augusto,
reagì confinandola nell’isola di Ventotene, dove già era stata esiliata sua
madre Giulia. L’orgogliosa moglie di Germanico decise allora di lasciarsi
morire di fame e inutili furono i tentativi di obbligarla a mangiare, aprendole
a forza la bocca per introdurle il cibo.
Anche i due primi figli
di Germanico, Nerone e Druso, fecero una brutta fine. Tiberio li accusò di
averlo oltraggiato e calunniato, così da poterli dichiarare nemici pubblici.
Nerone venne deportato a Ponza. Secondo Svetonio “Fu spinto a darsi da sé la morte quando il carnefice, venuto a lui
come se ne avesse l’ordine dal Senato, gli mostrò i lacci e gli uncini” che
dovevano servire a giustiziarlo. A Druso, chiuso nei sotterranei del palazzo, “Furono talmente rifiutati gli alimenti che
tentò di mangiare la lana del materasso”.
Della numerosa
figliolanza di Germanico restava solo un maschio, Gaio, conosciuto come
Caligola, e tre femmine. La prima di queste, Agrippina, detta Minore, per
distinguerla dalla madre, diventerà a sua volta la madre di Nerone. Caligola sopravviverà
all’ecatombe della sua famiglia e succederà a Tiberio. Pazzo e crudele, sarà il
più indegno di tutti gli imperatori romani.
L'Augusto loricato, detto "di Prima Porta"
Statua dell'imperatore Augusto, ritratto in tenuta militare da parata. Il rilievo sulla corazza rappresenta la scena della consegna delle insegne legionarie di Marco Licinio Crasso da parte del re dei Parti, Fraate IV, a un generale romano, probabilmente Tiberio, accompagnato da un cane. Le figure ai lati rappresenterebbero quindi le province di Germania e Pannonia, conquistate dallo stesso Tiberio tra il 12[17] e l'8 a.C.[
Statua dell'imperatore Augusto, ritratto in tenuta militare da parata. Il rilievo sulla corazza rappresenta la scena della consegna delle insegne legionarie di Marco Licinio Crasso da parte del re dei Parti, Fraate IV, a un generale romano, probabilmente Tiberio, accompagnato da un cane. Le figure ai lati rappresenterebbero quindi le province di Germania e Pannonia, conquistate dallo stesso Tiberio tra il 12[17] e l'8 a.C.[
Articolo in gran parte
di Gianni Bragato giornalista e scrittore di Storia pubblicato su BBC Histoy
del mese di settembre 2018. Altri testi e immagini da Wikipedia.
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