Il tempio greco.
In Grecia i santuari
non erano semplici luoghi di culto, ma rispecchiavano l’organizzazione sociale
delle città e il modo in cui i suoi abitanti concepivano l’universo.
Fu realizzato verso la prima metà del V secolo a.C. sulle fondamenta di edifici più antichi.[1] Si tratta del tempio meglio conservato di Selinunte, anche se il suo attuale aspetto si deve all'anastilosi(ricostruzione) effettuata, tra le polemiche, nel 1959. Consacrato ad Era, si trova sulla collina ad est dell'acropoli della città.
Il tempio, periptero, appartiene al periodo di transizione tra dorico arcaico e periodo classico e presenta un peristilio con sei colonne sul fronte (esastilo) e quindici sui lati lunghi, avendo per conseguenza una disposizione planimetrica insolitamente allungata. La conformazione planimetrica comprende il naos, piuttosto stretto e senza colonnato interno, il pronao, l'adyton con il pavimento rialzato, ed anche l'opistodomo.
Sono presenti diversi accorgimenti ottici, tipici dell'ordine dorico: la forte rastremazione delle colonne, la contrazione angolare, l'ampliamento delle ultime metope.[2]
Il fregio presenta metope figurate databili intorno al 470 a.C. che mostrano l'evoluzione verso lo stile classico, in particolare quelle che rappresentano Zeus ed Era e Artemide ed Atteone.[3]
Dopo
il crollo della civiltà micenea attorno al 1100 a.C., la Grecia attraversò una
lunga “età oscura”, il Medioevo ellenico, di cui sono rimasti pochi resti
materiali. Di fatto, del primo tempio greco conosciuto non restano che alcune
tracce sul terreno. Si sa però che fu eretto nell’VIII secolo a Eretria,
sull’isola di Eubea, che era dedicato ad Apollo Dafne-foro (portatore di
alloro) e che era in legno. Aveva una navata centrale allungata, coperta da un
tetto a due spioventi sostenuto da pilastri esterni anch’essi in legno.
Significativamente la pianta di questo tempio sembra rifarsi a quella di un
edificio pubblico di poco precedente, di cui sono state trovate tracce sulla
stessa isola. La dimora della divinità seguiva insomma il modello della casa
degli esseri umani.
Duecento anni più
tardi, sull’isola di Samo, di fronte alle coste dell’Asia Minore, sorse il
primo tempio greco in pietra del quale ci sono giunte tracce. Dedicato a Era,
la moglie di Zeus, aveva una struttura simile ai templi arcaici e presentava
già quella forma che avrebbe caratterizzato i santuari nel corso della
storia: una cella (naos) con la statua del dio, circondata da colonne.
Secondo alcune teorie,
il tempio greco di pietra sarebbe stato influenzato dall’architettura religiosa
egizia, anch’essa in pietra, ma non ci sono elementi sufficienti ad avvalorare
quest’ipotesi. Se è vero che i templi egizi presentano spesso un gran numero di
colonne, queste sono generalmente situate all’interno dello spazio sacro, del
quale costituiscono la cosiddetta sala ipostila, e non all’interno, come invece
avveniva in Grecia. Pertanto è molto probabile che il modello greco – un
recinto circondato da colonne – sia frutto di un’evoluzione autonoma. Lo
sviluppo di questa struttura non può essere spiegato unicamente tramite la
religione e le necessità del culto, ma è strettamente relazionato con le
caratteristiche della società e del suo elemento più rilevante, la polis.
La mètopa è un elemento architettonico del fregio dell'ordine dorico dell'architettura greca e romana. Consiste in una formella in pietra, scolpita a rilievo, a seconda dei casi altorilievo o bassorilievo, posta in alternanza con i triglifi. Spessissimo il soggetto rappresentato in una metopa fu il bucranio, ovvero un teschio di bue in bassorilievo.
Le metope scolpite spesso costituivano dei cicli compiuti, come nel caso del Partenone dell'Acropoli di Atene, in cui sono rappresentate scene mitologiche che celebrano la vittoria sui persiani.
Più antiche sono le metope dell'Heraion alla foce del Sele presso Poseidonia, conservate presso il Museo archeologico nazionale di Paestum.
Le dimore degli
immortali.
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VIII Secolo a.C.
A
Eretia, sull’isola di Eubea, viene costruito il primo tempio greco
conosciuto. È
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VI secolo a.C.
Sull’isola di Samo compare il primo tempio
greco in pietra di cui sono giunte tracce. È consacrato al culto di Era,
moglie di Zeus.
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500 a.C. circa.
A
Selinunte (Sicilia) inizia la costruzione del tempio “G”, dedicato ad Apollo
o a Zeus. È uno dei più grandi della Magna Grecia.
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450 a.C.
Consacrazione
del tempio di Zeus a Olimpia, che diventerà il modello dei templi di ordine
dorico del Peloponneso.
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447 a.C.
Inizia
la costruzione del Partenone, tempio dorico dedicato ad Atena e voluto da
Pericle, leader della democrazia ateniese.
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438 a.C.
Durante
le feste panatenee viene inaugurato il Partenone, pur ancora privo di alcuni
elementi della decorazione scultorea.
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421-406 a.C.
Nell’Acropoli
di Atene viene realizzato l’Eretteo, tempio di ordine ionico dedicato
all’omonimo sovrano mitologico dell’Attica.
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Vista panoramica dell'Acropoli di AteneCiviltàAntica Grecia
Il Partenone (in greco antico Παρθενών Parthenṓn /partʰe'nɔ:n/, in greco moderno Παρθενώνας Parthenṓnas /parθe'nɔnas/) è un tempio greco, octastilo, periptero[1] di ordine dorico che sorge sull'acropoli di Atene, dedicato alla dea Atena.
È il più famoso reperto dell'antica Grecia[2]; è stato lodato come la migliore realizzazione dell'architettura greca classica e le sue decorazioni sono considerate alcuni dei più grandi elementi dell'arte greca. Il Partenone è un simbolo duraturo dell'antica Grecia e della democrazia ateniese ed è universalmente considerato uno dei più grandi monumenti culturali del mondo.
IL TEMPIO E LA CITTA’. La statua della divinità era sempre situata
all’interno dell’edificio sacro, che era la casa del dio. Per questo il tempio
era anche chiamato oikos, termine che indica la dimora e, per estensione, la
famiglia. Il culto si svolgeva invece su un altare esterno, posto davanti alla
facciata. Questo suddivideva il tempio in due aree distinte. Da un lato c’era la
cella della divinità, in cui poteva entrare unicamente il personale addetto ai
riti per lavare e vestire la statua sacra, e le cui porte erano sempre chiuse
perché nessun altro potesse accedervi. Dall’altro, un’area porticata e
colonnata che circondava la zona sacra ed era aperta a tutti.
Il santuario greco,
quindi, consiste in uno spazio privato e chiuso, circondato da uno spazio
pubblico. La cella che ospita la
divinità – o la sia rappresentazione terrena – non ha praticamente aperture, è
una specie di luogo oscuro e segreto che appartiene esclusivamente agli dei.
Invece il portico circostante è della collettività, e i suoi membri possono
deambularvi liberamente. In questo senso si può dire che il santuario ha due
proprietari, ognuno dei quali possiede una parte specifica dell’edificio: la
polis controlla il portico, aperto ai cittadini, mentre la divinità domina la
cella. Da un certo punto di vista lo spazio pubblico del tempio rappresenta i
cittadini intesi come collettività. I cittadini (uomini liberi di più di 30
anni) di una città-stato come Atene sono
uguali tra loro: hanno gli stessi diritti e doveri e svolgono le medesime
funzioni. Sono pertanto come le colonne del santuario, identiche ed
equidistanti. Questa ripartizione del tempio tra la cella della divinità e il
portico corrisponde alla struttura della polis, generalmente suddivisa in una
città bassa e in una alta fortificata, l’acropoli, dov’erano situati gli spazi
sacri. La città bassa era nelle mani della comunità e aveva il centro della sua
vita sociale nell’agorà, la piazza pubblica in cui si svolgeva il mercato, si
concludevano accordi commerciali e si discuteva di politica e di filosofia.
Invece l’acropoli era dedicata al culto
religioso. A differenza di quanto avveniva nella città mesopotamica, che
apparteneva interamente agli dei, in Grecia le divinità risiedevano nel loro
piccolo spazio separato da quello degli umani. In questo modo il tempio è
espressione dell’organizzazione sociale della polis. Situato in cima
all’acropoli, visibile da ogni punto della città, il santuario rende manifesta
la presenza degli dei, indifferenti alla sorte dei mortali che si affannano ai
loro piedi nella città bassa, attorno all’agorà. Ma allo stesso tempo
testimonia l’autonomia degli esseri umani, che si prendono cura degli dei ma
vivono indipendentemente da loro. Il tempio è la dimora della divinità, ma
ricorda ai cittadini che la polis è loro.
Posizione
delle colonne.
tempio di Atena Nike
L’elemento
essenziale dei templi greci è la naos, ovverosia la cella che ospita la
statua della divinità (qui sopra si può vedere quella di Atena Nike
nell’Acropoli di Atene). Le varie tipologie di tempio si distinguono in base
alla disposizione delle colonne che circondano la cella: anfiprostilo se ha
un porti davanti e dietro la cella, periptero se è circondato sui quattro lati.
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UNA NAVE PER GLI IMMORTALI. A volte si è
contrapposto il modello del tempio greco a quello delle chiese cristiane. In
queste ultime l’edificio è organizzato attorno a uno spazio centrale che
conduce all’altare e in cui le persone possono circolare liberamente, a
differenza di quanto avviene nel tempio greco. Gli edifici religiosi cristiani
si configurano così come un luogo di accoglienza, in cui mortali e immortali
trovano un punto di incontro e di condivisione dei valori. La chiesa, in quanto
spazio che non rifiuta nessun essere vivente e in cui tutti si sentono
protetti, diventa una riproduzione dell’Eden biblico e dell’arca dell’alleanza,
la cassa in cui erano conservate le tavole della legge che Dio consegnò a Mosè;
o della stessa arca di Noè. Non è quindi casuale che questo luogo di
sovrapposizione tra l’umano e il divino abbia in alcuni casi la forma di
un’imbarcazione rovesciata. Ma la metafora navale non è esclusiva del santuario
cristiano. Anche il tempio greco presenta delle similitudini con una barca.
L’immagine è resa ancora più evidente dalle file di colonne che lo circondano,
simili a remi. Va notato che nell’antica Grecia i remi, per il loro modo rapido
e sincronizzato di muoversi al di sopra dei flutti marini, erano spesso
paragonati a uno stormo di uccelli migratori, come le gruche che guidavano i
marinai, e il termine che designa lo spazio porticato del tempio greco, pteron,
significa “ala”.
Si può vedere allora il
tempio greco come una nave che supera lo spazio invalicabile tra immortali e
mortali. È un’imbarcazione solida come una roccia, che sebbene sembri fluttuare
nell’aria – soprattutto quando riverbera alla luce del sole, al di sopra delle
nebbie umide che coprono la cittò inferiore e il suo porto – è in realtà
saldamente ancorato per l’eternità. Gli edifici, come le barche, hanno bisogno
di essere ormeggiati perché le correnti del tempo e dell’oblio non li
trascinino via. E la nave di pietra è così solida e inamovibile da trasmettere
sicurezza a quelle creature effimere che sono gli uomini. Il passaggio degli
esseri umani sulla terra è fugace, ma il tempio è progettato e costruito per
ispirare un senso di protezione di fronte alla precarietà dell’esistenza.
Quella nave attraccata sopra la città ha la sua ancora nel cosmo. Anticamente
gli architetti disponevano i templi
secondo la posizione di pianeti, stelle o costellazioni particolarmente
luminosi (come Venere, la Stella polare o le Pleiadi) e li orientavano in basi
ai punti cardinali. Il mondo greco non faceva eccezione in tal senso, e i suoi
santuari avevano una corrispondenza con l’ordine cosmico.
I Frontoni di Egina sono due complessi scultorei che decoravano il tempio di Afaia nell'isola di Egina in Attica. In marmo pario, sono considerati tra i capolavori della scultura greca arcaica a un passo dallo stile severo e sono entrambi conservati nella Gliptoteca di Monaco di Baviera.
L’Eretteo, un complesso unico.
vista frontale della loggia con le Cariatidi.
Nell’Acropoli sono conservate le
rovine dell’Eretteo, dedicato al leggendario primo re dell’Attica. Il
santuario sorge nei pressi del luogo dove, secondo il mito, Poseidone e Atena
si sfidarono per il controllo della regione. Poseidone colpì il suolo con il
suo tridente e fece sgorgare una fonte d’acqua salata; ma Atena si impose
piantando il primo ulivo. Il tempio fu costruito tra il 421 e il 406 a.C.
approfittando di una parentesi di pace nella Guerra del Pelponneso, che
vedeva fronteggiarsi Atene e Spata. Di ordine ionico, l’edificio riunisce
varie costruzioni precedenti dedicate al culo di Atena Poliade – il cui
tempio era stato distrutto dai persiani nel 480 a.C., durante l’occupazione
di Atene – e di Poseidone, Eretteo ed Efesto (che secondo il mito era il
padre di Eretteo). Le cariatidi, sei colonne a forma di fanciulle, potrebbero
rappresentare le sei figlie del mitologico sovrano.
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I tre ordini, o stili, greci.
Ordini dorico, ionico e corinzio.
Gli storici dell’arte definiscono
ordini i diversi stili architettonici, che si distinguono essenzialmente per
la disposizione degli elementi fondamentali – le colonne, i capitelli e la
trabeazione (ovvero la struttura al di sopra delle colonne) – e per le
relative proporzioni. I due ordini di base dell’architettura greca erano il
dorico e lo ionico, sorti tra il VII e o VI secolo a.C. Il terzo ordine, il
corinzio, era una variante dello ionico apparsa nel IV secolo a.C. Il dorico
e lo ionico proseguirono per tutta l’antichità classica, anche se con alcune
variazioni delle proporzioni, in particolare dell’altezza e del diametro
delle colonne, che si fecero a mano a mano più sottili, mentre la trabeazione
divenne più leggera. Lo stile corinzio si differenzia dagli altri due in
quanto utilizza elementi naturali, come le foglie d’acanto nei capitelli.
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IL TEMPIO E L’UNIVERSO. La facciata principale
del tempio, dov’era situata l’entrata, era rivolta a est. Così, quando le porte
del santuario si aprivano, i raggi del sole nascente illuminavano il volto
della divinità, permettendole di entrare in contatto con sé stessa. Anche le
prime chiese cristiane erano orientate secondo i punti cardinali, ma l’ingresso
era rivolto a ovest, affinché la luce dell’alba, penetrando attraverso le
vetrate del coro, orientate a est, investisse il viso dei fedeli che
procedevano verso l’altare. Questa disposizione e il ruolo giocato dalla luce
evidenziano una differenza essenziale tra tempio cristiano e greco; il primo è
la dimora di tutti gli umani; il santuario pagano ospita invece la divinità, e
le persone non vi hanno accesso, a eccezione di re e sacerdoti. I templi greci
non erano collegato al cosmo solo tramite i punti cardinali, ma avevano con
esso una connessione matematica più profonda. Nella costruzione di un tempio l’importante
non erano le dimensioni dei vari elementi ma le specifiche relazioni che questi
intrattenevano tra di loro, come per esempio i rapporti tra l’altezza, la larghezza
e la lunghezza di una sala, o tra l’altezza delle colonne e la loro distanza
reciproca. Tutti i componenti architettonici dovevano attenersi a queste
proporzioni. Nel caso del Partenone, la relazione tra larghezza e lunghezza della cella contenente la grande
statua della dea Atena era di 3 a 4. Tali relazioni si ritrovano anche nella
musica, nella quale gli intervalli armonici tra le note emesse da due corde
dipendono dal rapporto tra le rispettive lunghezze. Di fatto, le colonne che
circondavano la cella del tempio rievocavano le corde tese di uno strumento,
pronte a vibrare per mano di un divino musicista.
Per i greci le
proporzioni musicali rimandava a loro volta alle distanze tra i corpi celesti :
il sole, la luna, la terra, gli altri pianeti allora conosciuti (Saturno,
Giove, Marte, Mercurio e Venere) e la fascia delle stelle fisse. Se le
posizioni degli astri erano governate dagli stessi rapporti che erano alla base
della musica, allora i movimenti dei corpi celesti dovevano produrre armonie,
la cosiddetta “musica delle sfere”.
E i templi, che
seguivano lo stesso modello di proporzioni, rappresentavano un’immagine
perfetta del cielo. Erano un’immagine in scala ridotta dell’universo. Il santuario
greco replicava il cosmo e allo stesso tempo si situava in esso, orientandosi
secondo i punti cardinali.
Bellezza e occhio umano.
Le proporzioni dei templi greci
rispecchiavano l’armonia dell’universo, e la matematica si poneva al servizio
di questi rapporti armonici per evitare che fossero rovinati dall’imperfezione
dell’occhio umano; gli architetti del Partenone, per esempio, calcolarono
attentamente la curvatura da imprimere alla facciata del tempio per
compensare la distorsione prospettica che fa apparire concave le lunghe
superficie piane.
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IN TERRA COME IN CIELO. Se il cielo e il tempio
erano strettamente relazionati, quest’ultimo non poteva essere una struttura
chiusa o isolata, ma doveva aprirsi alla vota celeste. Ecco perché era
delimitato da colonne e non da pareti continue. Il santuario era organizzato
secondo gli stessi rapporti che regolavano il firmamento e mirava a renderli
manifesti. Da questo punto di vista era del tutto logico e comprensibile ritenere
che la divinità dimorasse nel tempio, proprio come abitava nel cosmo. L’architettura
sacra offriva un’immagine chiara e comprensibile del mondo, dissipava timori e
incertezze, era uno specchio capace di svelare l’universo e di fugare l’ignoranza
di fronte ai movimenti celesti. In definitiva, era una chiave per capire gli
enigmi del cosmo.
Il tempio di Zeus a Olimpia.
L’area del santuario di Olimpia
nel Peloponneso ospitava le famose gare di atletica che si tenevano ogni
quattro anni in onore di Zeus. Durante i giochi i greci interrompevano ogni
conflitto per permettere ad atleti e spettatori di raggiungere liberamente la
città. Qui furono costruiti due imponenti templi dorici: uno dedicato a Zeus,
terminato nel 456 a.C. e uno a sua moglie Era, risalente alla fine del VII
secolo a.C.
ORDINE MATEMATICO PER ZEUS. Il progetto
dell’edificio è opera dell’architetto Libone di Elide. Il tempio, largo quasi
27 metri e lungo 64, è di tipo esastilo, cioè con 6 colonne sui lati corti e
13 su quelli lunghi. Questo rapporto non è arbitrario, ma corrisponde alla
formula 2-n + 1 dove n è il numero di colonne: 2.6 colonne anteriori + 1 = 13
colonne laterali.
Le dimensioni di ogni elemento
dell’edificio sono un multiplo di un modulo di base, costituito dalla
distanza tra gli assi di due colonne. Il frutto di questi calcoli sono delle
proporzioni perfette che ne fanno un esempio di tempio dorico canonico.
LA STATUA PIU’ AFFASCINANTE. La statua
di Zeus era crisoelefantina, cioè in oro e avorio, ed era alta più di 12
metri senza contare la base. Conclusa da Fidia nel 433 o nel 432 a.C., era
considerata una delle sette meraviglie dell’antichità. La cella che la
ospitava misurava quasi 13 metri di lunghezza per 29 metri di larghezza, ed
era suddivisa in tre parti da due file di 7 colonne cisascuna, sormontate da
una seconda fila di colonne.
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Articolo in gran parte di Pedro Azara
università politecnica della
Catalogna,Scuola tecnica superiore di Architettura di Barcellona pubblicato da
Storica National Geographic del mese di novembre 2018. Altri testi e immagini
da Wikipedia.