SCIPIONI SOTTO ACCUSA
Due fratelli, abili
condottieri e raffinati politici, furono rovinati dalle persecuzioni
giudiziarie orchestrate dai loro avversari. A cominciare da Catone.
Busto di Scipione dal Museo Puškin di Mosca | |
Nome originale | Publius Cornelius Scipio Africanus |
---|---|
Nascita | 236 a.C.[1] Roma |
Morte | 183 a.C. Liternum |
Coniuge | Emilia Paola Terzia |
Figli | Publio Cornelio Scipione, Lucio Cornelio Scipione, Cornelia Africana maggiore, Cornelia Africana minore |
Gens | Cornelia |
Padre | Publio Cornelio Scipione |
Madre | Pomponia |
Edilità | 213 a.C.,[2] prima dell'età richiesta[3][4] |
Consolato | 205 a.C. 194 a.C. |
Proconsolato | 204, 203 e 202 a.C. |
Princeps senatus | 199 - 183 a.C. |
“Ingrata patria, non avrai neanche le mie ossa”. Stando allo storico
Valerio Massimo, fu questo l’amaro epitaffio che Scipione l’Africano volle far
incidere sul proprio sepolcro. Il celeberrimo generale romano aveva deciso di
abbandonare per sempre Roma e rifugiarsi in esilio nella sua villa campana di
Liternum, dove sarebbe rimasto fino alla fine dei suoi giorni. Aveva i suoi
buoni motivi per polemizzare con l’Urbe: per colpa di Roma lui e suo fratello
Lucio erano usciti perdenti da due clamorosi casi giudiziari.
Lucio Cornelio Scipione Asiatico (Roma, 238 a.C. – post 184 a.C.) è stato un politico e militare romano. Fratello di Publio Cornelio Scipione, del quale fu legato in Spagna nel 207 a.C. - 206 a.C., Sicilia (205 a.C.) e Africa (204 a.C. - 202 a.C.), fu pretore nel 193 a.C. e console nel 190 a.C
EROE DI GUERRA. Dopo la Seconda guerra punica
(218-202 a .C.),
Roma divenne padrona assoluta del Mediterraneo Occidentale. Il merito della
vittoria sui Cartaginesi era dovuto in gran parte ai successi di un brillante
console di appena 34 anni: Publio Cornelio Scipione. Nel 202 a .C. , sulla pianura di
Zama, in Africa settentrionale, le sue legioni avevano trionfato sul temibile
esercito di Annibale,impresa che gli era valsa l’appellativo di “Africano” e
una fama senza uguali. Attorno alla sua figura si coagulò un nuovo partito
politico, opposto alla fazione aristocratica e tradizionalista del giovane
Marco Porcio Catone. Scipione e Catone non potevano essere più diversi.
L’Africano, amante delle arti, voleva aprire l’Urbe alla ricercata cultura
greca ellenistica, mentre Catone era ostile al mondo ellenico perché legato
alla vecchia idea di una Roma contadina e conservatrice.
La battaglia di Zama fu l'ultima battaglia della seconda guerra punica e determinò il definitivo ridimensionamento diCartagine quale potenza militare e politica del Mar Mediterraneo. Fu combattuta il 19 ottobre 202 a.C. fra trupperomane e cartaginesi nella località di Zama.
SCONTRO IN SENATO. “Non si trattava solo di uno scontro tra personalità,
ma di visioni diverse del ruolo che la Repubblica avrebbe dovuto assumere nello scenario
internazione. I tradizionalisti volevano che Roma approfittasse della propria
superiorità militare per imporre il diretto dominio su Mediterraneo Orientale,
mentre la fazione scipionica propendeva per una sorta d’imperialismo indiretto,
fatto di una rete di protettorati vassalli dell’Urbe”, racconta Gastone
Breccia, autore del libro Scipione l’Africano, l’invincibile che rese grande
Roma (Salerno edizioni). Queste opposte visioni vennero presto ai ferri corti.
C’erano infatti due partite da giocare: una riguardava il destino del regno di
Macedonia, governato dall’ambizioso Filippo V; l’altra come protagonista
Antioco III di Siria, monarca selucide deciso a espandersi nell’Oriente
ellenistico. Catone e i suoi spingevano per la guerra contro Filippo, che alla
fine arrivò.
Antioco il Grande (in greco antico: Ἀντίoχoς Μέγας, Antíochos Mégas; 241 a.C. circa[1] – 3 luglio 187 a.C.[2]), chiamato nella storiografia moderna Antioco III, è stato un sovrano seleucide, figlio di Seleuco II Callinico, che governò dal 222 a.C. fino alla sua morte.
DI NUOVO IN CAMPO. Le ostilità
iniziarono nel 200 a .C.,
e tre anni dopo il console Tito Quinzio Flaminio (vicino alla fazione
conservatrice) sconfisse le truppe macedoni a Cinocefale. In quel frangente
Scipione restò lontano dai campi di battaglia, guadagnandosi la carica di
censore il titolo di Princeps senatus, che identificava il senatore più importante.
Si rifece vivo con decisione nel 194
a .C., salendo per la seconda volta al consolato. “Nel frattempo, si addensavano nubi di un
nuovo conflitto: Antioco III aveva occupato varie città dell’Asia Minore, oltre
alla Tracia e aveva dato asilo ad Annibale,esule da Cartigene”, racconta
Breccia. Resosi conto dell’inevitabilità della guerra, scoppiata quando Antioco
invase la Grecia
nel 192 a .C., il vincitore di Zama prese in mano la situazione.
All’inizio le operazioni furono condotte da Manio Acilio Glabione, ma poi entrò
in campo lo stesso Publio, nel ruolo di legatus di Lucio Cornelio Scipione, suo
fratello minore (salito al consolato nel 190 a .C.). L’esito fu scontato: neutralizzata
la flotta siriana, le legioni schiacciarono Antioco nella battaglia di Magnesia
e Lucio poté fregiarsi del titolo di “Asiatico” , anche se il merito del
successo era in realtà del fratello.
Mappa degli scontri tra Romani ed Antioco III degli anni 192-189 a.C. compresa la battaglia di Magnesia
Da
Catilina al tramonto della Repubblica.
Chiuso il capitolo Scipione, più di un secolo dopo, Roma
fu sconvolta da una congiura che ne mise in pericolo le istituzioni
repubblicane. A ordirla, Lucio Sergio Catilina, ambizioso aristocratico noto
per l’appoggio a Silla (dittatore dall’82 all’81 a.C.). Già titolare di varie
cariche, Catilina provò a farsi eleggere console con un programma favorevole
alla plebe e sgradito all’aristocrazia.
NON ELETTO. Nel
Dichiarato nemico pubblico, Catilina
fuggì verso Fiesole, dove lo attendevano i suoi fedelissimi (morirà in
battaglia nel
|
Marco Porcio Catone (in latino: Marcus Porcius Cato; nelle epigrafi M·PORCIVS·M·F·CATO; Tusculum, 234 a.C. circa – Roma, 149 a.C.) è stato un politico, generale e scrittore romano, chiamato anche Catone il Censore (Cato Censor), Catone il Sapiente (Cato Sapiens), Catone l'Antico (Cato Priscus), Catone il Vecchio per aver superato di molto l'età media massima di vita allora a Roma o Catone il Maggiore (Cato Maior) per distinguerlo dal pronipote Catone l'Uticense.
https://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Porcio_Catonehttps://it.wikipedia.org/wiki/Publio_Cornelio_Scipione
TRATTATIVE SOSPETTE. A una breve
tregua seguì un periodo di trattative terminatosi con la pace di Apamea (188 a .C.), favorevole a Roma “Fu in tale situazione che il partito di
Catone mise sotto accusa Scipione e i suoi fedelissimi. Il primo a essere attaccato
fu Glabrione, chiamato in giudizio dai tribuni della plebe per essersi
indebitamente appropriato di una parte del bottino mentre era in Grecia. Catone
aveva servito agli ordini di Glabiorne in quella campagna, ma fu proprio lui a
presentarsi come principale testimone d’accusa, costringendolo a ritirare la
candidatura a censore”, precisa Breccia. Nel 187
a .C.
fu la volta di Lucio Cornelio. I tribuni chiesero, infatti, al fratello
dell’Africano di rendere conto al Senato dei 500 talenti d’argento ricevuti da
Antioco durante le trattative, utilizzati ufficialmente per pagare le legioni.
Era un’inchiesta legittima, anche se ostile, facilmente superabile presentando
i libri contabili. Nessuno si aspettava che di lì a breve la situazione sarebbe
degenerata.
RESA DEI CONTI. Indignato per la sorte del fratello, Publio
intervenne con un gesto plateale. Lo storico Polibio racconta che “quando gli fu portato il libro, tenendolo
dinanzi a sé lo strappò sotto gli occhi di tutti, e disse a chi gli aveva
chiesto conto di andare a cercare in quei pezzi”. La scenata mise a tacere
le accuse (Lucio se la cavò con una multa, che tra l’altro non dovette alla
fine pagare), ma rafforzò i suoi nemici. “Stracciando
i libri contabili, Publio cancellò la possibilità di verificare la condotta del
fratello, forse perché sapeva che c’era qualcosa di compromettente davvero,
anche se non grave”, precisa l’esperto.
Fu l’inizio della fine: da quel momento gli attacchi politici e
giudiziari agli Scipioni s’intensificarono, nonostante il tentativo di Lucio di
recuperare la popolarità perduta finanziando alcuni giochi pubblici. Dopo un
aspro confronto politico, nel 184
a .C. i conservatori misero in scena la resa dei conti
contro lo stesso Africano, ancora una volta tramite un tribuno della plebe,
Marco Nevio, il quale gli intimò di comparire di fronte al popolo per
rispondere di tradimento.
Per
giustificare il gravissimo capo d’imputazione, i conservatori sfruttarono
alcuni episodi della campagna siriana. In primo luogo il rilascio senza
riscatto del figlio adolescente dell’Africano, Lucio, preso in ostaggio da
Antioco. Poi una missiva sospetta con cui Scipione suggeriva al sovrano di
attendere la sua presenza prima di ingaggiare battaglia. “Publio non aveva commesso alcun crimine, tanto più che alla
liberazione del figlio non seguì nessun favore per Antioco. L’unica cosa che
gli era rimproverata era un atteggiamento troppo cordiale nei confronti del re
di Siria, mentre il suggerimento di aspettare prima della battaglia mirava a
evitare di infierire contro un nemico il cui destino era già segnato”,
precisa ancora l’esperto.
USCITA DI SCENA. Scipione era in un vicolo cieco: la sua carriera
politica era definitivamente compromessa. Decise quindi di uscire dalla scena
con un nuovo colpo di teatro. Il giorno fissato per la comparsa di fronte ai
tribuni cadeva proprio nell’anniversario della vittoria di Zama, e
approfittando dell’occasione si presentò al popolo vestito elegantemente.
Invece di rispondere alle accuse, trascinò con sé i presenti al tempio di Giove
Capitolino, in Campidoglio, per celebrare la storica ricorrenza, seguito da una
folla numerosa. “In quel momento, come
avvenuto più volte in passato, avrebbe potuto sfruttare la sua popolarità per
imporsi come uomo forte, stravolgendo la costituzione della Repubblica, ma
preferì non scatenare un conflitto civile, giacché profondamente rispettoso
delle istituzioni”, termina Breccia. L’udienza non si tenne mai, ma il
vincitore di Annibale si ritirò in esilio volontario, amareggiato per l’immeritata
persecuzione di cui era stato vittima. Neutralizzato il partito scipionico, i
conservatori non ritennero necessario infierire. Publio morì a Liternum poco
tempo dopo (183 a .C.),
a 52 anni. La sua esperienza in politica era stata breve e tormentata, ma il
suo contributo alla gloria dell’Urbe rimase per sempre nella memoria dei
Romani.
Articolo
in gran parte di Massimo Manzo, pubblicato su Focus Storia n. 140. Altri testi
e immagini da wikipedia.
Nessun commento:
Posta un commento