RACCOLTO AMARO.
Negli Anni ’30 la
collettivizzazione forzata, con le requisizioni di prodotti agricoli voluti da
Stalin, provocò in Ucraina la morte per fame di milioni di persone.
Kolchoz[1] (in russo: колхоз? , plur. kolchozy, qualche volta italianizzato in colcos[2]) è l'abbreviazione dikollektivnoe chozjajstvo in russo: коллективное хозяйство?, che significa "proprietà agricola collettiva" .
Fu una tragedia così grande
che gli ucraini inventarono una nuova parola per descriverla: Holodomor o
“sterminio per fame”. Si riferisce alla morte, provocata negli anni ’30 dalle
politiche di Stalin, di milioni di ucraini. Un’ecatombe che ancora oggi è una
delle ragioni del risentimento di Kiev verso Mosca. La tragedia ebbe inizio quando
Stalin, tra l’autunno del 1932 e la primavera del 1933, decise la
collettivizzazione agraria, Kulaki, i contadini agiati (coltivatori diretti o
piccoli proprietari terrieri), ad aderirvi contro la loro volontà. La
collettivizzazione forzata delle terre innescò una gigantesca carestia che
colpì varie parti dell’Unione Sovietica, dal Caucaso alla Siberia dal
Kazakistan all’area del fiume Volga.
Gli Ucraini furono tuttavia
quelli che ne soffrirono di più le conseguenze, poiché lo sterminio dei
contadini s’intrecciò con la persecuzione dell’intellighenzia e la lotta al
patriottismo di un intero popolo. Per l’URSS la fertile Ucraina, soprannominata
non a caso il granaio d’Europa, era un Paese da sfruttare e per questo Stalin
decise di spezzare la schiena ai kulaki, forti oppositori della
collettivizzazione. E così, alla fine degli anni ’20, come gli altri
coltivatori dell’Unione Sovietica, anche i contadini ucraini furono costretti
ad aderire ai Kolchoz, le fattorie collettive di Statp, mentre le loro terre venivano
confiscate. “La prima mortalità di massa
fu causata direttamente dal fatto che le autorità sovietiche, indifferenti alle
naturali variazioni di produzione, mantennero percentuali altissime di
requisizioni (circa il 20%)” scrive lo storico francese Bernard Brunetau
nel suo libro Il secolo dei genocidi (Il
Mulino).
Il congresso Canadese-Ucraino del 2005 riconobbe l'Holodomor come genocidio di oltre 7 milioni di persone
OPPOSIZIONE. “In Ucraina fu collettivizzato il 70% delle fattorie contro il 59% della Russia” scrive ancora Bruneteau. In molti si
opposero alle requisizioni, si rifiutarono di cedere i raccolti, nascosero le
derrate alimentari e uccisero il bestiame piuttosto che darlo ai kolchoz.
Questo atteggiamento degli ucraini fu considerato dal Politburo sovietico un
gravissimo atto di ribellione e, pur conoscendo la preoccupante carenza di cibo
per gli abitanti delle campagne, agenti e attivisti locali del partito furono
mandati a fare requisizioni e confiscare derrate nelle case e nelle fattorie.
Inoltre, per evitare che i contadini si rifugiassero nelle città, queste
vennero isolate. “La necessità di
sfamarsi era considerata un crimine contro lo stato” spiega Brunetau. La
situazione era difficile in tutta l’Urss, la popolazione era stremata e
affamata, tuttavia Stalin rifiutò qualsiasi aiuto dall’esterno e accusò i
contadini che stavano letteralmente morendo di fame di essere i colpevoli della
loro stessa situazione. E come se non bastasse promulgò leggi draconiane che
non fecero altro che aumentare la tensione, il terrore e il numero di vittime:
chiunque fosse trovato a nascondere qualcosa da mangiare, anche solo delle
bucce di patata, sarebbe stato fucilato.
Fu un massacro: in tutta l’Urss circa cinque milioni di
persone – deliberatamente private dei mezzi di sostentamento – morirono di
fame. Di questi, secondo le stime, quattro milioni erano ucraini. “Le epidemie si diffusero e si registrarono
casi di cannibalismo, tutti fatti di cui il governo tenne un bilancio preciso.
Quasi la metà delle vittime era costituita da bambini”, racconta ancora lo
storico. Cifre che naturalmente a Mosca rimasero ben chiuse nei suoi archivi.
Articolo del Chicago American che
racconta la tragedia ucraina. La stampa internazionale sposava spesso le tesi
di Mosca, ma alcune notizie trapelarono lo stesso.
GIORNALISTI A CONFRONTO.
Dalle storie di due giornalisti che
all’epoca si occuparono in modi diversi, della vicenda, si capisce perché il
dramma dell’Holodomor è rimasto a lungo nell’oblio. Nel 1932 il giovane
cronista gallese Gareth Jones iniziò a raccogliere le grida di disperazione
dei contadini ucraini ridotti alla fame. Con un coraggioso lavoro di ricerca
sul campo documentò – unico giornalista occidentale a farlo – la terribile
carestia ucraina , individuandone le cause nelle politiche criminale del
regime sovietico. Le sue corrispondenze, pubblicati su quotidiani inglesi e
statunitensi, furono le prime denunce del dramma, trasformandosi presto in un
atto d’accusa contro Stalin
.
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IL DISGELO. Mosca soffocò qualsiasi forma di dissenso e non
riconobbe mai questo spaventoso crimine: manipolando i dati demografici riuscì
a nascondere l’improvvisa scomparsa di milioni di esseri umani. L’insabbiamento
delle responsabilità fu totale non solo all’epoca dei fatti ma anche in
seguito. Dopo la morte di Stalin (1953), il suo successore Nikita Krusciov
avviò alla destalinizzazione e denunciò i crimini del predecessore, soprattutto
le epurazioni all’interno del partito, le purghe avvenute con processi farsa
tra il 1936 e 1938. Tuttavia non fece mai parola del dramma ucraino – che fu il
più grande sterminio della storia del XX secolo dopo l’Olocausto degli ebrei –
poiché nonostante le aperture di Krusciov negli anni ’50 il partito andava
ancora protetto per il bene dello Stato Sovietico.
Proprio
in quei anni però una voce si alzo: fu lo scrittore russo di origini ucraine
Vasilij Grosmann. Nel suo famoso romanzo dal titolo Tutto scorre, scritto tra
il 1955 e il 1963, uno dei personaggi, Anna Sergeevna, racconta i terribili
anni della collettivizzazione, della carestia e dello sterminio dei kulaki in
Ucraina. Il libro, come è facile immaginare, ebbe una vicenda editoriale
complessa. Negli anni ’60 agenti del kgb sequestrarono il manoscritto, ma
l’autore lo riscrisse. La copia, ritrovata dopo la sua morte (1964), fu poi
pubblicata nel 1970, a Francoforte. Mentre in Russia il romanzo apparve solo
nel 1989, all’epoca di Gorbaciov in piena glasnost, la politica della
trasparenza. Qualche anno prima, nel 1986, in Inghilterra e negli Stati Uniti, era
uscito il saggio Harvest of Sorrow dello storico inglese Robert Conquest, nel
quale per la prima volta l’Holodomor veniva documentato e descritto nei
particolari. Secondo Conquest la carestia non fu provocata dalla
collettivizzazione delle terre ma dalla confisca del cibo, dalle liste di
proscrizione imposte a fattore e villaggi e dai blocchi stradali che impedivano
gli spostamenti della popolazione. Lo sterminio di milioni di kulaki, per lo storico
inglese, fu insomma un atto deliberato di genocidio.
Capo indiscusso Stalin segretario del
partito comunista sovietico.
CONTRO L’UMANITA’. La verità su quanto accade in quegli anni, tuttavia
iniziò a diffondersi su vasta scala soltanto dopo la dichiarazione di
indipendenza dell’Ucraina (1991) e l’apertura degli archivi sovietici. Nel 2003
le Nazioni Unite hanno stabilito che l’Holodomor è stato “il risultato di politiche e azioni crudeli che provocarono la morte di
milioni di persone”. Cinque anni dopo, nel 2008, il Parlamento europeo ha
adottato una risoluzione nella quale lo sterminio ucraino viene classificato
come crimine contro l’umanità. Tuttavia non è mai stato riconosciuto come
genocidio, per non irritare la Russia. Dal
punto di vista storiografico il dibattito è tutt’ora aperto e gli studiosi si
dividono ancora oggi sulle cause scatenanti di quella tremenda carestia: fu la
conseguenza dei piani quinquennali di Stalin che ridussero alla fame i
cittadini? O fu creata ad arte da Mosca per decapitare il nazionalismo ucraino?è
poi corretto definirla un atto di genocidio, con le inevitabili implicazioni
politiche che ne deriverebbero? Il primo a ritenerlo tale, molti anni prima di
Conquest, era stato il giurista polacco Raphael Lemkin, che nel 1944 coniò il
termine genocidio e che in seguito si è battuto per inserirlo nel diritto
internazionale. Ne è anche convito lo storico Ettore Cinnella, autore del
recente saggio Ucraina: il genocidio
dimenticato 1932-1933 (Della Porta editore), che non ha dubbi: “Fu sicuramente un genocidio sociale, ovvero
un tentativo di sterminare buona parte del mondo contadino sovietico, quindi
non solo ucraini ma anche russi. Tuttavia Stalin cercò anche di distruggere il
carattere nazionale del popolo ucraino attraverso le persecuzioni
antireligiose, la sconsacrazione e la distruzione delle chiese. Sia il mondo
contadino ucraino, sia l’intellinghenzia del Paese furono colpiti per cercare
di cancellare la loro memoria storica, a cominciare dai maestri di scuola e
dalla Chiesa, che era allora indipendente da Mosca. Mettendo insieme tutti
questi tasselli, considerando che ci fu la volontà deliberata di ridimensionare
e reprimere quel popolo, ritengo sia lecito parlare di genocidio”.
Dalla
realtà alla fiction.
La tragedia ucraina è stata
raccontata per la prima volta sul grande schermo lo scorso anno con il film
Bitter Harvest, del regista canadese di origine ucraina, George Mendeluk. La
storia ruota attorno all’amore tra due giovani, l’artista Yuri e Natalka, le
cui vite finiscono travolte dalla collettivizzazione delle terre che priva i
contadini di ogni mezzo di sostentamento, mentre le truppe bolsceviche reprimono
qualsiasi tentativo di ribellione.
FIABA E TRAGEDIA. Il film descrive con una scenografia suggestiva una
Ucraina quasi fiabesca, che fa da contraltare alla tragedia che si abbatté
sulla regione. Il governo ucraino non ha avuto alcun ruolo nella realizzazione
della pellicola di Mendeluk, costata 21 milioni di dollari e finanziata da
Ian Ihnatowycz, magnate canadese anch’esso di origine ucraina, interessato a
far conoscere l’Holodomor al mondo occidentale attraverso questo film.
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NON RICONOSCIUTO. Esiste tuttavia un
problema di carattere giuridico che impedisce l’inclusione della tragedia
ucraina dell’Holodomor nella lista dei genocidi ufficialmente riconosciuti
dalla comunità internazionale. È quanto spiega la studiosa statunitense Anne
Applebaum, già vincitrice del premio Pulitzer e autrice del recente saggio Red Faminie: Stalin’s War on Ukraine: “Ciò
che accadde in Ucraina tra il 1932 e il 1933 coincide perfettamente con la
definizione di genocidio di Raphael Lemkin, ma non può rientrare nella formulazione
redatta nel 1948 con la
Convenzione sul genocidio. L’Unione Sovietica contribuì alla
stesura di quel documento in modo decisivo proprio al fine di escludere
l’Olocausto ucraino”. Finché il diritto internazionale non sarà aggiornato,
l’Holodomor continuerà a essere formalmente escluso dall’elenco dei genocidi.
Articolo in gran parte di Riccardo Michelucci,
pubblicato su Focus storia n.139 immagini da wikipedia
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