Quando gli uomini
portavano la toga.
Solenne e prestigiosa,
la toga era la veste che i Romani indossavano in occasioni pubbliche e
cerimonie rituali. Riservata ai soli cittadini, era anche il simbolo delle più
alte cariche dello Stato.
Come
scrive il poeta Virgilio (70-19 a.C.) nel primo libro dell’Eneide, i Romani
erano: “I signori del mondo, la stirpe togata”. Niente più di quel sontuoso
capo d’abbigliamento distingueva da tutti gli altri, i cittadini dell’urbe. La
toga era l’abito principale di un vero romano, fin dai tempi della monarchia,
ed esisteva addirittura lo ius togue, il diritto a indossarla, riservato
unicamente ai cittadini romani maschi; ne erano tassativamente esclusi gli
stranieri, le donne e, naturalmente, gli schiavi, oltre ai cittadini condannati
all’esilio. Esistevano addirittura delle guardie preposte al controllo
dell’abbigliamento degli stranieri, per evitare che si potessero compiere
abusi.
Statua con toga dell'imperatore Caligola
Un segno di prestigio. Sfoggiata da magistrati
e personaggi di spicco, la toga (il cui nome deriva dal verbo tegere, che
significa ‘coprire’) era un’ampia sopravveste, prevalentemente tessuta in lino
e portata sopra la tunica. Si trattava, in sostanza, di un semicerchio di
stoffa lungo quasi tre metri, che si distingueva da ogni altro capo proprio per
la forma tondeggiante. Imponente e pesante, niente affatto facile da indossare.
Nella sua versione orlata di porpora, la cosiddetta toga pretesta, costituiva
un segno di riconoscimento per le più alte magistrature. Per tutto il periodo
repubblicano e il primo periodo imperiale, ogni autentico romano non poteva
esimersi dall’indossarla, nonostante riuscire a drappeggiarla con arte,
facendone ricadere le pieghe in modo elegante e plastico, richiedesse pratica e
tempo, oltre che l’aiuto di mani esperte: spesso quelle della consorte, a volte
quelle di un servo, il vestiplicus, ossia lo schiavo addetto alla cura dell’abbigliamento
del padrone, lo aiutava a disporre sapientemente le pieghe per creare il
cosiddetto sinus, che dal braccio sinistro scendeva sino ai piedi, e poi il
balteus, che dalla spalla scendeva oltre il ginocchio. Per indossarla, se ne
appoggiava un lungo lembo sulla spalla sinistra, facendola ricadere fin quasi
ai piedi, il resto dell’indumento veniva poi fatto passare dietro la schiena,
riportato sul davanti del corpo lasciando libero il braccio destro di nuovo
riportato sulla spalla sinistra. Il peso della parte terminale, ricadendo
dietro il corpo, teneva ferma la toga, le cui pieghe dovevano essere ‘disegnate’
con cura, per dare all’abito l’imponenza che gli era propria. Ricoperto dalla
toga, ogni personaggio assumeva una maestà che lo rendevano autorevole. Per altro
si trattava di un indumento che, per sua natura, per il suo peso e per come
veniva avvolto attorno al corpo, senza essere fissato con fibule o altro, non
permetteva gesti scomposti. Questo contribuiva a dare un aspetto dignitoso e
quasi statuario a chi la portava. I Romani, del resto, attribuivano un
fortissimo valore simbolico a quest’abito, che indicava rango, età e status di
chi lo indossava. La toga veniva indossata sopra la tunica, che con l’indumento
più comune e pratico. La plebe portava la tunica come vestito unico, mentre gli
uomini di rango la usavano come sottoveste. Cucita in maniera semplice, la
tunica era formata dall’unione di due rettangoli di lana o di lino, in cima ai
quali si trovava un foro per far passare la testa. Era trattenuta in vita da
una cintura che serviva anche a regolarne la lunghezza, di solito maggiore
dietro le ginocchia. Non aveva vere maniche: le braccia erano coperte dall’abbondanza
della stoffa. Sotto la tunica s’indossava un perizoma, il subligaulum, che
veniva legato sui fianchi. Con questi indumenti semplici, i Romani erano soliti
anche andare a dormire.
romano con toga
Le braghe dei barbari. Sulla Colonna Traiana, inaugurata
nel 113 d.C., sono raffigurati diversi ausiliari (reclutati fra le
popolazioni sottomesse) vestiti con bracae. Sul monumento non compaiono
legionario romani con i pantaloni a rimarcare l’origine barbarica di quel
capo di abbigliamento |
Ricca sopravveste. Lungo i secoli, la toga
subì alcune modifiche. In epoca repubblicana era più stretta (toga rescrita) e
più corta, mentre divenne sempre più ampia e drappeggiata (toga fusa) nel
periodo imperiale. In origine era intessuta solo di lino, decisamente più
morbide e leggere. La toga fusa era a forma di mezzaluna, doveva essere larga
quanto l’altezza della persona e lunga circa tre volte tanto. Solitamente,
dalla vita fuoriusciva un lembo che formava un nodo di pieghe. Durante i riti
sacri, l’officiante si copriva il capo con un lembo delle toga. Esistevano diversi
tipi di toga. La toga pretesta, che era la più prestigiosa, appannaggio delle
più alte cariche statali e poi anche dell’imperatore, era bordata da una fascia
di porpora ed era riservata ai dittatori, sommi magistrati, consoli, pretori e
ad alcuni sacerdoti. La indossavano però anche i fanciulli fino all’età di 17
anni. Dopo quell’età, in una solenne cerimonia che di solito cadeva il 17 marzo,
durante le festività dedicate a Bacco, i ragazzi entravano nella maturità e
iniziavano a vestire una semplice toga bianca e priva di ornamenti (durante la
stessa cerimonia, ai ragazzi veniva tolta dal collo anche la bulla, una sorta
di amuleto che li proteggeva dalle influenze maligne). Esistevano poi la toga
picta, di vari colori, ornata con ricami in oro e indossata dai comandanti che
celebravano il trionfo militare; la toga candida, portata dai candidati alle
cariche pubbliche per indicarne la purezza e l’onestà; la toga pulla, o atra,
che era nera, marrone o grigia, e veniva indossata nei giorni di lutto. Nonostante
si trattasse dell’abito formale dei cittadini, da indossare nelle occasioni
pubbliche e durante le cerimonie, la toga risultava poco pratica e in epoca
imperiale il suo uso fu spesso trascurato.
Le furono preferiti
mantelli e sopravvesti meno elaborati e pesanti. Nelle sue Satire, il poeta
Giovenale (60-127) notava come in gran parte d’Italia nessuno indossasse più la
toga, se non i morti (si trattava, infatti, dell’indumento con cui venivano abbigliati
i defunti di rango). Fu anche per questo motivo che Augusto, notando che i
cittadini si recavano al Foro abbigliati in modo non consono, si indignò e
cercò d’imporne l’uso, dando ordine agli edili di controllare che il suo
desiderio fosse rispettato. Essa rimase l’abito tradizionale dell’uomo libero,
il civis togatus, contrapposto al tunicatus populus.
Articolo in gran parte
di Mario Santoni pubblicato su Civiltà Romana n. 2 – altri testi e immagini da
wikipedia.
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