Salomone e la regina di
Saba, la storia dietro la leggenda.
Salomone, figlio di
David e suo successore sul trono d’Israele, ricevette la visita della regina di
Saba, desiderosa di conoscere il sovrano. È la Bibbia a raccontare
quest’incontro al confine tra storia e leggenda, sullo sfondo del Vicino
Oriente del X secolo a.C.
Salomone e la regina di Saba, di Konrad Witz (1434-35).
Dopo aver sentito parlare della fama di Salomone, la regina si recò in Israele con prodotti esotici dell’Arabia: cammelli, spezie, oro e pietre preziose, al fine di mettere alla prova il re con domande e quesiti difficili da risolvere. Con sua grande soddisfazione, il saggio sovrano seppe indovinare tutte le risposte, e quindi la regina tornò nella sua terra. È grazie alla Bibbia, esattamente per mezzo del Primo libro delle cronache e del Secondo libro delle cronache che conosciamo la storia dell’incontro tra Salomone e la regina di Saba. Ogni elemento della narrazione porta a credere che l’incontro tra i due sovrani fosse stato inserito nella Bibbia all’unico scopo di mettere in risalto l’incredibile saggezza di Salomone, sulla base di alcune voci che probabilmente circolavano in Siria e in Palestina e che accennavano al regno di una donna bella e potente nelle lontane, ricche ed esotiche terre dell’Arabia meridionale.
La regina di Saba in visita a Salomone. Olio su tela di Giovanni Demin (XIX secolo, collezione privata).
Cronologia: due regni a mitici. |
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970 a.C. A
Gerusalemme muore David, re di Israele. Gli succederò il figlio Salomone,
secondo e ultimo monarca del regno unificato. |
957 a.C. Termina
la costruzione del tempio di Gerusalemme, voluta da Salomone. Vi collaborano
artigiani fenici, |
931 a.C. Muore
Salomone e il suo regno si divide in due: Giuda a sud governato da Roboamo, e
Israele a nord, governato da Geroboamo I. |
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850 a.C. Nella
Stele di Tel Don si fa cenno alla casata di David; è l’unica testimonianza
archeologica che comprova l’esistenza della dinastia. |
VIII secolo
a.C. A
quest’epoca risale il primo riferimento scritto al regno yemenita di Saba,
proveniente da fonti assire. |
I secolo d.C. Nell’opera
dello storico giudaico-romano Flavio Giuseppe si menzione per la prima volta
la relazione tra la regina di Saba e l’Etiopia. |
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Terre d’Arabia. Regno di Sheba (senape) nel III secolo d.C. La sovrana senza nome del racconto
biblico possedeva dei territori dello Yemen, nell’Arabia meridionale. Tutta
la penisola arabica era un deserto, tranne che nel sud, dove i venti
monsonici lasciavano cadere abbondante acqua, che veniva conservata con zelo,
vicino a Marib si trovava la grande diga che fece la fortuna del regno sabeo,
perché permise l’agricoltura e quindi il rifornimento dei centri urbani. La
regione era conosciuta, infatti, come Arabia Felix: una felicità dovuta al
fatto che era un punto di snodo per il commercio dell’incenso e della mirra,
aromi utilizzati, per esempio, nei rituali religiosi del regno di Salomone.
L’omaggio che, stando alla Bibbia, rese al monarca la signora di un Paese
esotico favolosamente ricco conferì al piccolo regno di Israele un’aura di
grande splendore, |
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Regno di Israele (a nord) e Regno di Giuda (a sud) alla morte di Salomone (circa 933 a.C.).
Il racconto diventa leggenda. Grazie alla
narrazione biblica la visita della regina di Saba a Gerusalemme finì per
divenire uno dei più fantasiosi e fertili cicli di leggende e racconti
d’Oriente. Ed è in seno all’antica letteratura ebraica che nacque
quest’episodio ricco di fascino, condito di tutti gli ingredienti necessari a
renderlo avvincente: la bellezza, il potere, la ricchezza, l’esotismo, gli
intrighi, la magia e l’amore. Man mano tali elementi confluirono in opere di
differenti genere, o tematica, come le Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe,
del I secolo d.C., il Targun Sheni, una libera traduzione in aramaico del Libro
di Ester. Secondo queste fonti, un’upupa informò Salomone che il regno di Saba era
l’unico sula terra da lui non soggiogato e che la sua regina venerava il sole.
Allora il monarca mandò l’upupa nella città sabea di Kitor, con una lettera in
cui intimava la regina di sottomettersi al suo potere. in risposta lei inviò
una flotta “con tutte le barche del mare”, cariche di doni preziosi. Sulle navi
viaggiavano, inoltre, seimila giovani della stessa statura e aspetto, nati lo stesso
giorno alla stessa ora e agghindati con abiti di porpora. I giovani
consegnarono a Salomone una missiva in cui la regina annunciava che sarebbe
giunta a Gerusalemme dopo un viaggio di tre anni.
Quando alla fine la
regina entrò nel palazzo di Salomone, pensò che il pavimento tirato a lucido
fosse una piscina piena d’acqua e alzò la veste, mostrando così le gambe.
Salomone si accorse che la regina aveva le gambe pelose e glielo fece notare
dicendo che non era una cosa appropriata in una donna. La regina gli presentò
poi alcuni indovinelli, che il monarca risolse con facilità.
Il regno di Salomone. Diversamente da quanto succede nel
regno di Saba, non esistono prove archeologiche inconfutabile, né
testimonianze epigrafiche riguardanti il regno di Salomone. L’unica
informazione è quella che ci offre la Bibbia e che permetterebbe di situare
questo regno nel X secolo a.C. Tuttavia tale dato è messo in
ombra da rielaborazioni tardive, le quali pretendono di collocare Salomone
come il saggio monarca costruttore del tempio di Gerusalemme. L’estensione
che il Libro dei re attribuisce al suo regno, dall’Eufrate al torrente
d’Egitto, coincide esattamente a quello dalla satrapia transeufratica
dell’impero persiano, e risponde piuttosto al sogno di presentare Israele
come un regno degno di competere con le grandi potenze dell’epoca. |
La città del re “pacifico” Questa ricostruzione del regno di
Salomone cerca di interpretare in modo critico i dati forniti dall’unica
fonte a nostra disposizione, la Bibbia. Lo scenario che ne emerge sarebbe più
realistico: quello di Salomone era un piccolo regno in crisi, che comprendeva
il territorio tribale delle montagne di Giuda e che non lambì mai né il mare,
dominio dei filistei, né il nord, dove poi si sarebbe assestato ed esteso il
regno d’Israele. Le stesse dimensioni della capitale, la Gerusalemme di
allora, dimostrano che si trattava di uno stato piuttosto modesto. Nella
città che il padre David aveva conquistato, Salomone fece edificare il primo
tempio per accogliere l’Arca dell’Alleanza. La cinta muraria – innalzata sul
monte Moriah e, secondo la Bibbia, dalle misure di 31 metri di lunghezza,
10,5 di larghezza e 15,6 di altezza – fu la maggiore opera architettonica del
regno. Il nome di Salomone, inoltre, è più che altro un appellativo, “il
pacifico”, e solo grazie ai racconti biblici il re passò a incarnare il
sovrano perfetto in cui si riunivano potere, saggezza, prudenza e pietà. Man mano Salomone diventò una
figura mitica, che diede luogo ad altre feconde leggende sul magico Oriente. |
La Bilqis dei racconti arabi. Gli arabi
conoscevano sicuramente i dettagli di questo racconto, che adattarono alla
propria sensibilità aggiungendovi nuovi particolari. La vicenda della regina di
Saba era talmente famosa da comparire persino nel Corano. Infatti, nella sura o
capitolo 27 sono riassunti molti elementi della leggenda già trattata dagli
autori ebraici. Tuttavia nel Corano Salomone è descritto come un devoto di
Allah, saggio ed esperto di magia, a capo di un esercito formata da uomini,
spiriti buoni e uccelli. Si ripetono la comparsa dell’upupa e la descrizione di
una regina senza nome, ricca, potente e adoratrice del sole, che siede sul
trono maestoso di un lontano Paese. nel Corano il re manda alla sovrana una
lettera, ma non per sottometterla quanto per invitarla a convertirsi: lei
risponde mandandogli emissari e ricchi regali, che lui rifiuta. Nel racconto
appare, però, un nuovo elemento: lo stratagemma cui ricorre Salomone per
mettere alla prova la sagacia della regina. Mentre lei è in viaggio, il re
manda uno spirito buono, un genio, perché le rubi il trono e lo porti a
Gerusalemme così da trasformarlo e vedere se la regina lo avrebbe riconosciuto.
Dopo che ha superato la prova, Salomone le mostra il suo straordinario palazzo
di vetro, costruito con l’arte della magia; la sovrana, impressionata dal
potere del re d’Israele abbandona il paganesimo e si converte alla fede di
Allah. Gli esegeti del testo coranico aggiunsero ancora altri dettagli. Oltre a
indicare il nome della regina Bilqis (che probabilmente è una deformazione del
greco pallakios, concubina) e a descrivere la sua incredibile bellezza,
spiegarono pure che i demoni erano contrari al matrimonio, e sparsero la
notizia che la donna avesse le gambe pelose come Lilith, il terribile demone
femmina della notte. Per verificaro, Salomone ordinò che i geni costruissero un
pavimento di vetro Bilqis lo scambiò per acqua e alzò la veste per
attraversarlo, lasciando così a nudo le gambe. Dopo aver ordinato agli spiriti
buoni una pozione depilatoria, Salomone poté finalmente sposarla.
Dipinto del XVII secolo d.C. della regina di Saba da una chiesa di Lalibela , in Etiopia e ora nel Museo Nazionale dell'Etiopia ad Addis Abeba
La Makeda degli etiopi. Negli altopiani
settentrionali del Corno d’Africa – le attuali Etiopia e Somalia – la vicenda
biblica ispirerà diverse leggende fondative, nonché le tradizioni letterarie e
folcloristiche più ricche circa la relazione tra Salomone e la regina di Saba.
Tre aspetti permisero di adeguare tale narrazione al contesto etiope. Il primo
fu il cristianesimo che, a metà del IV secolo d.C., era diventato la religione
del regno di Aksum, da cui la moderna Etiopia. A poco a poco questa nuova
religione, giunta probabilmente dalla Siria o dall’Egitto, incorporò molti
elementi ebraici e si sviluppò in modo autoctono e originale. Il secondo
aspetto riguarda la cultura etiope e il suo carattere semitico, forse dovuto alla
stretta relazione con lo Yemene e, in particolare, con il regno di Saba.
Difatti l’influenza di quest’ultimo in Etiopia è ancor più evidente nella
scrittura, una derivazione di quella sud-arabica utilizzata in tale parte dello
Yemen preislamico.
Infine, la stretta
relazione tra l’Etiopia e la regina di Saba fece sì che la sua dinastia fosse
sempre legittimata e consacrata, soprattutto grazie ai racconti della Bibbia.
Il vincolo della regina di Saba con l’Etiopia aveva origini molto antiche,
perché già Flavio Giuseppe vi fa riferimento nel I secolo d.C., e la stessa
opinione si ripete in autori cristiani come Eusebio di Cesarea od Origine. Non
è perciò strano che fosse conosciuta anche dai cristiani di Etiopia.
Uno sviluppo della
leggenda compare le Kebra Nagast o Gloria dei re d’Etiopia, un’opera compilata nel
XIII secolo, ma con elementi molto più antichi, e che contiene una storia
romanzata sull’origine della dinastia etiope. Il fine ultimo della Gloria dei
re è dimostrare come il carattere sacro della dinasta provenisse addirittura
dall’unione tra la regina e Salomone, dalla quale sarebbe nato il primo monarca
etiope della stirpe. Secondo il Kebra Nagast, la Regina del Sud (così come
viene citata anche nei Vangeli di Matte 12:42 e Luca 21:31), ovvero la regina
d’Etiopia, venne un giorno a sapere da un commerciante di nome Tamrin che
esisteva un regno governato da Salomone, famoso nel mondo per la ricchezza e la
giustizia. Mossa dalla curiosità, a Gerusalemme, dove rimase affascinata dalla
saggezza del sovrano biblico. A sua volta, il re s’invaghì della bellezza di
Makeda e cercò di trattenerla a sé con uno stratagemma. Makeda fu così
costretta a rimanere a Gerusalemme e a giacere con lui. Ne nacque un bambino,
Menilek, riconosciuto da entrambi i genitori. I sacerdoti di Gerusalemme lo
battezzarono con il nome di David e gli permisero sia di tornare in Etiopia
come re sia di portare con sé l’Arca dell’Alleanza. Anche se forse non è mai
avvenuto l’incontro tra Salomone e la bella Regina del Sud, è probabile che la
Bibbia abbia usato per i propri scopi l’esistenza e la fama del regno di Saba,
sul quale possediamo molte notizie grazie a iscrizioni rinvenute nel sud
dell’Arabia, alcune delle quali risalgono all’VIII secolo a.C.
Grazie a queste, e ai
ritrovamenti archeologici, possiamo oggi affermare che quello di Saba fu una
cultura florida per quasi un millennio prima dell’arrivo dell’Islam. I suoi
abitanti dominavano buona parte dello Yemem e a lungo rimasero a capo di una
coalizione cui aderivano altri popoli culturalmente simili, di Main, Qataban e
Hadramaut.
Opera di Salomone? L’archeologia non ci fornito
risposte circa i confini del regno di Salomone. Al giorno d’oggi, infatti, ci
sono due teorie diverse e contrapposte. La prima è quella tradizionale, che attribuisce
a Salomone alcuni degli strati scavati nei palazzi delle città di Megiddo e
di Hazor, entrambe nell’attuale Israele. Se fosse vera, quest’ipotesi
confermerebbe la versione della Bibbia, secondo la quale il re costruì stalle
ed edifici. Tuttavia, molti autori si chiedono come una città così povera
com’era la Gerusalemme del X secolo a.C. potesse dominare grandi centri
urbani quali i due appena menzionati. Un’altra cronologia ipotizza date più
recenti per questi ritrovamenti e li attribuisce piuttosto alla dinastia
degli omridi, successiva a Salomone, il cui regno, semmai esistito, doveva
essere piuttosto modesto: “David e Salomone furono poco più che capi tribali
di zone montuose”, hanno indicato gli archeologi Israel Finkelstein e Neil
Asher Silberman. Cionostante, il fascino emanato da questi personaggi è
indiscutibile. |
La regina d’Etiopia. La regina di Saba e la sua visita
a Salomone occupano un posto così importante nell’identità etiope che perfino
la prima costituzione dell’Etiopia, promulgata nel 1931, ne riconosce
l’attendibilità. L’articolo n. 3 infatti, recita quanto segue: “La legge stabilisce
che la dignità imperiale appartiene esclusivamente alla linea di Haile
Selassie I, discendente della dinastia di Menelik, nato a sua volta dal re
Salomone e dalla regina d’Etiopia, chiamata regina di Saba”. L’articolo viene
ripetuto in modo identico nella costituzione promulgata dal negus (titolo che
viene dato ai sovrani etiopi) nel 1955, che è rimasta in vigore fino al
rovesciamento della monarchia e la nascita della repubblica in seguito alla
rivoluzione del 1974. |
Il regno di Saba. La prima menzione del
regno di Saba risale all’VIII secolo a.C. e proviene da fonti assire. Qui la
terra sabea è descritta come abitata da un popolo di mercanti “il cui luogo è
molto lontano” e diventa ricca grazie all’esportazione di spezie e incenso.
Sappiamo che gli abitanti di Saba effettuarono alcune missioni diplomatiche e
commerciali inviando regali e ambasciatori alla corte assira, allo scopo di
stabilire o rinforzare le relazioni tra i due regni.
Poiché i resoconti
assomigliano a quelli che riguardano le missioni diplomatiche del regno
d’Israele (tra i secoli IX-VIII a.C.), possiamo dedurre che pure gli autori
della Bibbia ne fossero venuti a conoscenza.
Nelle più antiche
iscrizioni sabee, redatte in arabo meridionale con un alfabeto completamente
diverso da quello arabo classico, si accenna alle figure, che si tramandavano
il potere per discendenza in linea materna. I sovrani chiamavano sé stessi
“unificatori”, capi di una confederazione di popoli sui quali mantenevano
l’egemonia politica e militare. La capitale del regno era l’imponente città di
Marib, situata in una fertile oasi al limite del deserto. La prima fioritura di
tale cultura durò all’incirca fino al I millennio a.C., momento in cui il
controllo delle vie dell’incenso passò mano ad altri popoli del sud
dell’Arabia. Da allora, a quanto risulta, i sabei mantennero solo delle colonie
commerciali nel Corno d’Africa, nell’area che poi sarebbe divenuta l’Etiopia,
mescolandosi così alle popolazioni locali. Più tardi, mille anni dopo,
Salomone, tra il I e il III secolo d.C.,
Saba riacquistò un ruolo predominante nel panorama politico ed economico
dell’Arabia meridionale. Durante quel periodo i suoi sovrani stabilirono la
capitale a Zafar e si fregiarono del titolo di “re di Saba e di Raydan, di
Hadramaut e dello Yemen”, per dimostrare che governavano su più popoli
dell’Arabia meridionale. In realtà il titolo era conteso pure dal re di Himyar,
un altro popolo dello Yemen con cui i sabei erano spesso in lotta e che divenne
poi la potenza egemone della regione. Come mille anni fa, la prosperità di Saba
risiedeva nella maestria nel gestire le risorse idriche e nel controllo delle
rotte commerciali di spezie e incenso. Il collasso arrivò con la distruzione
della grande diga di Marib, costruita sette chilometri a nord della città nel
VI secolo d.C. Alcuni decenni più tardi, la conquista mussulmana finì per
oscurare il glorioso passato dei sabei.
Tuttavia, il ricordo
dell’antico splendore rimase nella leggenda, in cui sfolgorano le fastose
ricchezze che una regina senza nome mise ai piedi del sovrano più saggio della
terra – lui sì con un nome. “Essa diede al re centoventi talenti d’oro, aromi
in gran quantità e pietre preziose. Non arrivarono mai tanti aromi quanti ne
portò la regina di Saba a Salomone”. Con queste parole il Primo libro dei re
elevò il capo di un regno montagnoso e non molto esteso alla categoria di
autorevole sovrano, che riceveva il riconoscimento dello stato più florido
dell’Asia. E fu così che la sua immagine rimase consacrata per l’eternità.
La ricerca della regina. Antica città di Ma'rib Wendell Philips era un archeologo
e avventuriero nordamericano che riuscì a integrarsi nella società tribale
dell’Arabia meridionale, e che poi diventò multimilionario grazie al commercio dell’olio. Nel biennio
1951-1952 poté far scavare le rovine di un antico tempio vicino a Marib, la
capitale dei sabei, che gli arabi chiamavano Haram Bilqis, “il santuario di
Bilqis”. Non trovò però, nessun indizio che potesse dimostrare l’esistenza
della regina di Saba o il legame tra il tempio e la sovrana. Ad Awwam,
Philips trovò sia bellissime statue di metallo sia ulteriori elementi che
dimostravano come in quel luogo si celebrassero rituali in onore del dio
Almaqah. |
Il tempio dei sabei. Le iscrizioni ritrovate nel tempio
di Awwam, com’è oggi conosciuto Haram Bilqis, risalgono almeno al VII secolo
a.C. Il tempio, il maggiore della confederazione tribale sabea, era dedicato
al dio solare Almaqah. I sabei si chiamavano “figli di Almaqah”. |
Articolo in gran parte
di Francisco del Rio Sanchez università di Barcellona pubblicata su Storica
National Geographic del mese di gennaio 2019.
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