mercoledì 8 aprile 2020

Salomone e la regina di Saba, la storia dietro la leggenda.

Salomone e la regina di Saba, la storia dietro la leggenda.

Salomone, figlio di David e suo successore sul trono d’Israele, ricevette la visita della regina di Saba, desiderosa di conoscere il sovrano. È la Bibbia a raccontare quest’incontro al confine tra storia e leggenda, sullo sfondo del Vicino Oriente del X secolo a.C.

  

                          

                               Salomone e la regina di Saba, di Konrad Witz (1434-35).

Dopo aver sentito parlare della fama di Salomone, la regina si recò in Israele con prodotti esotici dell’Arabia: cammelli, spezie, oro e pietre preziose, al fine di mettere alla prova il re con domande e quesiti difficili da risolvere. Con sua grande soddisfazione, il saggio sovrano seppe indovinare tutte le risposte, e quindi la regina tornò nella sua terra. È grazie alla Bibbia, esattamente per mezzo del Primo libro delle cronache e del Secondo libro delle cronache che conosciamo la storia dell’incontro tra Salomone e la regina di Saba. Ogni elemento della narrazione porta a credere che l’incontro tra i due sovrani fosse stato inserito nella Bibbia all’unico scopo di mettere in risalto l’incredibile saggezza di Salomone, sulla base di alcune voci che probabilmente circolavano in Siria e in Palestina e che accennavano al regno di una donna bella e potente nelle lontane, ricche ed esotiche terre dell’Arabia meridionale.

                                                

                                                       

                                  La regina di Saba in visita a Salomone. Olio su tela di Giovanni Demin (XIX secolo, collezione privata).

 

Cronologia: due regni a mitici.

 

970 a.C.

A Gerusalemme muore David, re di Israele. Gli succederò il figlio Salomone, secondo e ultimo monarca del regno unificato.

957 a.C.

Termina la costruzione del tempio di Gerusalemme, voluta da Salomone. Vi collaborano artigiani fenici,

931 a.C.

Muore Salomone e il suo regno si divide in due: Giuda a sud governato da Roboamo, e Israele a nord, governato da Geroboamo I.

850 a.C.

Nella Stele di Tel Don si fa cenno alla casata di David; è l’unica testimonianza archeologica che comprova l’esistenza della dinastia.

VIII secolo a.C.

A quest’epoca risale il primo riferimento scritto al regno yemenita di Saba, proveniente da fonti assire.

I secolo d.C.

Nell’opera dello storico giudaico-romano Flavio Giuseppe si menzione per la prima volta la relazione tra la regina di Saba e l’Etiopia.

Terre d’Arabia.

Regno di Sheba (senape) nel III secolo d.C.


La sovrana senza nome del racconto biblico possedeva dei territori dello Yemen, nell’Arabia meridionale. Tutta la penisola arabica era un deserto, tranne che nel sud, dove i venti monsonici lasciavano cadere abbondante acqua, che veniva conservata con zelo, vicino a Marib si trovava la grande diga che fece la fortuna del regno sabeo, perché permise l’agricoltura e quindi il rifornimento dei centri urbani. La regione era conosciuta, infatti, come Arabia Felix: una felicità dovuta al fatto che era un punto di snodo per il commercio dell’incenso e della mirra, aromi utilizzati, per esempio, nei rituali religiosi del regno di Salomone. L’omaggio che, stando alla Bibbia, rese al monarca la signora di un Paese esotico favolosamente ricco conferì al piccolo regno di Israele un’aura di grande splendore,

                                                                

                                                       

                                    Regno di Israele (a nord) e Regno di Giuda (a sud) alla morte di Salomone (circa 933 a.C.).

Il racconto diventa leggenda. Grazie alla narrazione biblica la visita della regina di Saba a Gerusalemme finì per divenire uno dei più fantasiosi e fertili cicli di leggende e racconti d’Oriente. Ed è in seno all’antica letteratura ebraica che nacque quest’episodio ricco di fascino, condito di tutti gli ingredienti necessari a renderlo avvincente: la bellezza, il potere, la ricchezza, l’esotismo, gli intrighi, la magia e l’amore. Man mano tali elementi confluirono in opere di differenti genere, o tematica, come le Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe, del I secolo d.C., il Targun Sheni, una libera traduzione in aramaico del Libro di Ester. Secondo queste fonti, un’upupa informò Salomone che il regno di Saba era l’unico sula terra da lui non soggiogato e che la sua regina venerava il sole. Allora il monarca mandò l’upupa nella città sabea di Kitor, con una lettera in cui intimava la regina di sottomettersi al suo potere. in risposta lei inviò una flotta “con tutte le barche del mare”, cariche di doni preziosi. Sulle navi viaggiavano, inoltre, seimila giovani della stessa statura e aspetto, nati lo stesso giorno alla stessa ora e agghindati con abiti di porpora. I giovani consegnarono a Salomone una missiva in cui la regina annunciava che sarebbe giunta a Gerusalemme dopo un viaggio di tre anni.

Quando alla fine la regina entrò nel palazzo di Salomone, pensò che il pavimento tirato a lucido fosse una piscina piena d’acqua e alzò la veste, mostrando così le gambe. Salomone si accorse che la regina aveva le gambe pelose e glielo fece notare dicendo che non era una cosa appropriata in una donna. La regina gli presentò poi alcuni indovinelli, che il monarca risolse con facilità.

 

 

Il regno di Salomone.

Diversamente da quanto succede nel regno di Saba, non esistono prove archeologiche inconfutabile, né testimonianze epigrafiche riguardanti il regno di Salomone. L’unica informazione è quella che ci offre la Bibbia e che permetterebbe di situare questo regno nel X secolo a.C.

Tuttavia tale dato è messo in ombra da rielaborazioni tardive, le quali pretendono di collocare Salomone come il saggio monarca costruttore del tempio di Gerusalemme. L’estensione che il Libro dei re attribuisce al suo regno, dall’Eufrate al torrente d’Egitto, coincide esattamente a quello dalla satrapia transeufratica dell’impero persiano, e risponde piuttosto al sogno di presentare Israele come un regno degno di competere con le grandi potenze dell’epoca.

La città del re “pacifico”

Questa ricostruzione del regno di Salomone cerca di interpretare in modo critico i dati forniti dall’unica fonte a nostra disposizione, la Bibbia. Lo scenario che ne emerge sarebbe più realistico: quello di Salomone era un piccolo regno in crisi, che comprendeva il territorio tribale delle montagne di Giuda e che non lambì mai né il mare, dominio dei filistei, né il nord, dove poi si sarebbe assestato ed esteso il regno d’Israele. Le stesse dimensioni della capitale, la Gerusalemme di allora, dimostrano che si trattava di uno stato piuttosto modesto. Nella città che il padre David aveva conquistato, Salomone fece edificare il primo tempio per accogliere l’Arca dell’Alleanza. La cinta muraria – innalzata sul monte Moriah e, secondo la Bibbia, dalle misure di 31 metri di lunghezza, 10,5 di larghezza e 15,6 di altezza – fu la maggiore opera architettonica del regno. Il nome di Salomone, inoltre, è più che altro un appellativo, “il pacifico”, e solo grazie ai racconti biblici il re passò a incarnare il sovrano perfetto in cui si riunivano potere, saggezza, prudenza e pietà.

Man mano Salomone diventò una figura mitica, che diede luogo ad altre feconde leggende sul magico Oriente.  

 

 

La Bilqis dei racconti arabi. Gli arabi conoscevano sicuramente i dettagli di questo racconto, che adattarono alla propria sensibilità aggiungendovi nuovi particolari. La vicenda della regina di Saba era talmente famosa da comparire persino nel Corano. Infatti, nella sura o capitolo 27 sono riassunti molti elementi della leggenda già trattata dagli autori ebraici. Tuttavia nel Corano Salomone è descritto come un devoto di Allah, saggio ed esperto di magia, a capo di un esercito formata da uomini, spiriti buoni e uccelli. Si ripetono la comparsa dell’upupa e la descrizione di una regina senza nome, ricca, potente e adoratrice del sole, che siede sul trono maestoso di un lontano Paese. nel Corano il re manda alla sovrana una lettera, ma non per sottometterla quanto per invitarla a convertirsi: lei risponde mandandogli emissari e ricchi regali, che lui rifiuta. Nel racconto appare, però, un nuovo elemento: lo stratagemma cui ricorre Salomone per mettere alla prova la sagacia della regina. Mentre lei è in viaggio, il re manda uno spirito buono, un genio, perché le rubi il trono e lo porti a Gerusalemme così da trasformarlo e vedere se la regina lo avrebbe riconosciuto. Dopo che ha superato la prova, Salomone le mostra il suo straordinario palazzo di vetro, costruito con l’arte della magia; la sovrana, impressionata dal potere del re d’Israele abbandona il paganesimo e si converte alla fede di Allah. Gli esegeti del testo coranico aggiunsero ancora altri dettagli. Oltre a indicare il nome della regina Bilqis (che probabilmente è una deformazione del greco pallakios, concubina) e a descrivere la sua incredibile bellezza, spiegarono pure che i demoni erano contrari al matrimonio, e sparsero la notizia che la donna avesse le gambe pelose come Lilith, il terribile demone femmina della notte. Per verificaro, Salomone ordinò che i geni costruissero un pavimento di vetro Bilqis lo scambiò per acqua e alzò la veste per attraversarlo, lasciando così a nudo le gambe. Dopo aver ordinato agli spiriti buoni una pozione depilatoria, Salomone poté finalmente sposarla.

                                                                         

                                            

Dipinto del XVII secolo d.C. della regina di Saba da una chiesa di Lalibela , in Etiopia e ora nel Museo Nazionale dell'Etiopia ad Addis Abeba

    

La Makeda degli etiopi. Negli altopiani settentrionali del Corno d’Africa – le attuali Etiopia e Somalia – la vicenda biblica ispirerà diverse leggende fondative, nonché le tradizioni letterarie e folcloristiche più ricche circa la relazione tra Salomone e la regina di Saba. Tre aspetti permisero di adeguare tale narrazione al contesto etiope. Il primo fu il cristianesimo che, a metà del IV secolo d.C., era diventato la religione del regno di Aksum, da cui la moderna Etiopia. A poco a poco questa nuova religione, giunta probabilmente dalla Siria o dall’Egitto, incorporò molti elementi ebraici e si sviluppò in modo autoctono e originale. Il secondo aspetto riguarda la cultura etiope e il suo carattere semitico, forse dovuto alla stretta relazione con lo Yemene e, in particolare, con il regno di Saba. Difatti l’influenza di quest’ultimo in Etiopia è ancor più evidente nella scrittura, una derivazione di quella sud-arabica utilizzata in tale parte dello Yemen preislamico.

Infine, la stretta relazione tra l’Etiopia e la regina di Saba fece sì che la sua dinastia fosse sempre legittimata e consacrata, soprattutto grazie ai racconti della Bibbia. Il vincolo della regina di Saba con l’Etiopia aveva origini molto antiche, perché già Flavio Giuseppe vi fa riferimento nel I secolo d.C., e la stessa opinione si ripete in autori cristiani come Eusebio di Cesarea od Origine. Non è perciò strano che fosse conosciuta anche dai cristiani di Etiopia.

Uno sviluppo della leggenda compare le Kebra Nagast o Gloria dei re d’Etiopia, un’opera compilata nel XIII secolo, ma con elementi molto più antichi, e che contiene una storia romanzata sull’origine della dinastia etiope. Il fine ultimo della Gloria dei re è dimostrare come il carattere sacro della dinasta provenisse addirittura dall’unione tra la regina e Salomone, dalla quale sarebbe nato il primo monarca etiope della stirpe. Secondo il Kebra Nagast, la Regina del Sud (così come viene citata anche nei Vangeli di Matte 12:42 e Luca 21:31), ovvero la regina d’Etiopia, venne un giorno a sapere da un commerciante di nome Tamrin che esisteva un regno governato da Salomone, famoso nel mondo per la ricchezza e la giustizia. Mossa dalla curiosità, a Gerusalemme, dove rimase affascinata dalla saggezza del sovrano biblico. A sua volta, il re s’invaghì della bellezza di Makeda e cercò di trattenerla a sé con uno stratagemma. Makeda fu così costretta a rimanere a Gerusalemme e a giacere con lui. Ne nacque un bambino, Menilek, riconosciuto da entrambi i genitori. I sacerdoti di Gerusalemme lo battezzarono con il nome di David e gli permisero sia di tornare in Etiopia come re sia di portare con sé l’Arca dell’Alleanza. Anche se forse non è mai avvenuto l’incontro tra Salomone e la bella Regina del Sud, è probabile che la Bibbia abbia usato per i propri scopi l’esistenza e la fama del regno di Saba, sul quale possediamo molte notizie grazie a iscrizioni rinvenute nel sud dell’Arabia, alcune delle quali risalgono all’VIII secolo a.C.

Grazie a queste, e ai ritrovamenti archeologici, possiamo oggi affermare che quello di Saba fu una cultura florida per quasi un millennio prima dell’arrivo dell’Islam. I suoi abitanti dominavano buona parte dello Yemem e a lungo rimasero a capo di una coalizione cui aderivano altri popoli culturalmente simili, di Main, Qataban e Hadramaut.

 

Opera di Salomone?

L’archeologia non ci fornito risposte circa i confini del regno di Salomone. Al giorno d’oggi, infatti, ci sono due teorie diverse e contrapposte. La prima è quella tradizionale, che attribuisce a Salomone alcuni degli strati scavati nei palazzi delle città di Megiddo e di Hazor, entrambe nell’attuale Israele. Se fosse vera, quest’ipotesi confermerebbe la versione della Bibbia, secondo la quale il re costruì stalle ed edifici. Tuttavia, molti autori si chiedono come una città così povera com’era la Gerusalemme del X secolo a.C. potesse dominare grandi centri urbani quali i due appena menzionati. Un’altra cronologia ipotizza date più recenti per questi ritrovamenti e li attribuisce piuttosto alla dinastia degli omridi, successiva a Salomone, il cui regno, semmai esistito, doveva essere piuttosto modesto: “David e Salomone furono poco più che capi tribali di zone montuose”, hanno indicato gli archeologi Israel Finkelstein e Neil Asher Silberman. Cionostante, il fascino emanato da questi personaggi è indiscutibile.

La regina d’Etiopia.

La regina di Saba e la sua visita a Salomone occupano un posto così importante nell’identità etiope che perfino la prima costituzione dell’Etiopia, promulgata nel 1931, ne riconosce l’attendibilità. L’articolo n. 3 infatti, recita quanto segue: “La legge stabilisce che la dignità imperiale appartiene esclusivamente alla linea di Haile Selassie I, discendente della dinastia di Menelik, nato a sua volta dal re Salomone e dalla regina d’Etiopia, chiamata regina di Saba”. L’articolo viene ripetuto in modo identico nella costituzione promulgata dal negus (titolo che viene dato ai sovrani etiopi) nel 1955, che è rimasta in vigore fino al rovesciamento della monarchia e la nascita della repubblica in seguito alla rivoluzione del 1974.

 

Il regno di Saba. La prima menzione del regno di Saba risale all’VIII secolo a.C. e proviene da fonti assire. Qui la terra sabea è descritta come abitata da un popolo di mercanti “il cui luogo è molto lontano” e diventa ricca grazie all’esportazione di spezie e incenso. Sappiamo che gli abitanti di Saba effettuarono alcune missioni diplomatiche e commerciali inviando regali e ambasciatori alla corte assira, allo scopo di stabilire o rinforzare le relazioni tra i due regni.

Poiché i resoconti assomigliano a quelli che riguardano le missioni diplomatiche del regno d’Israele (tra i secoli IX-VIII a.C.), possiamo dedurre che pure gli autori della Bibbia ne fossero venuti a conoscenza.

Nelle più antiche iscrizioni sabee, redatte in arabo meridionale con un alfabeto completamente diverso da quello arabo classico, si accenna alle figure, che si tramandavano il potere per discendenza in linea materna. I sovrani chiamavano sé stessi “unificatori”, capi di una confederazione di popoli sui quali mantenevano l’egemonia politica e militare. La capitale del regno era l’imponente città di Marib, situata in una fertile oasi al limite del deserto. La prima fioritura di tale cultura durò all’incirca fino al I millennio a.C., momento in cui il controllo delle vie dell’incenso passò mano ad altri popoli del sud dell’Arabia. Da allora, a quanto risulta, i sabei mantennero solo delle colonie commerciali nel Corno d’Africa, nell’area che poi sarebbe divenuta l’Etiopia, mescolandosi così alle popolazioni locali. Più tardi, mille anni dopo, Salomone,  tra il I e il III secolo d.C., Saba riacquistò un ruolo predominante nel panorama politico ed economico dell’Arabia meridionale. Durante quel periodo i suoi sovrani stabilirono la capitale a Zafar e si fregiarono del titolo di “re di Saba e di Raydan, di Hadramaut e dello Yemen”, per dimostrare che governavano su più popoli dell’Arabia meridionale. In realtà il titolo era conteso pure dal re di Himyar, un altro popolo dello Yemen con cui i sabei erano spesso in lotta e che divenne poi la potenza egemone della regione. Come mille anni fa, la prosperità di Saba risiedeva nella maestria nel gestire le risorse idriche e nel controllo delle rotte commerciali di spezie e incenso. Il collasso arrivò con la distruzione della grande diga di Marib, costruita sette chilometri a nord della città nel VI secolo d.C. Alcuni decenni più tardi, la conquista mussulmana finì per oscurare il glorioso passato dei sabei.

Tuttavia, il ricordo dell’antico splendore rimase nella leggenda, in cui sfolgorano le fastose ricchezze che una regina senza nome mise ai piedi del sovrano più saggio della terra – lui sì con un nome. “Essa diede al re centoventi talenti d’oro, aromi in gran quantità e pietre preziose. Non arrivarono mai tanti aromi quanti ne portò la regina di Saba a Salomone”. Con queste parole il Primo libro dei re elevò il capo di un regno montagnoso e non molto esteso alla categoria di autorevole sovrano, che riceveva il riconoscimento dello stato più florido dell’Asia. E fu così che la sua immagine rimase consacrata per l’eternità.

 

La ricerca della regina.

Antica città di Ma'rib

Wendell Philips era un archeologo e avventuriero nordamericano che riuscì a integrarsi nella società tribale dell’Arabia meridionale, e che poi diventò multimilionario  grazie al commercio dell’olio. Nel biennio 1951-1952 poté far scavare le rovine di un antico tempio vicino a Marib, la capitale dei sabei, che gli arabi chiamavano Haram Bilqis, “il santuario di Bilqis”. Non trovò però, nessun indizio che potesse dimostrare l’esistenza della regina di Saba o il legame tra il tempio e la sovrana. Ad Awwam, Philips trovò sia bellissime statue di metallo sia ulteriori elementi che dimostravano come in quel luogo si celebrassero rituali in onore del dio Almaqah.

Il tempio dei sabei.

Le iscrizioni ritrovate nel tempio di Awwam, com’è oggi conosciuto Haram Bilqis, risalgono almeno al VII secolo a.C. Il tempio, il maggiore della confederazione tribale sabea, era dedicato al dio solare Almaqah. I sabei si chiamavano “figli di Almaqah”.


 

 

Articolo in gran parte di Francisco del Rio Sanchez università di Barcellona pubblicata su Storica National Geographic del mese di gennaio 2019.


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