Imperativo e categorico: bombardare New York.
Mentre i quadrimotori americani bombardavano le città italiane e tedesche, gli strateghi del Patto Tripartito preparavano la laoro risposta. Numerosi progetti per mandare aerei a lunga autonomia a bombardare gli Usa erano in preparazione, ma non ci fu il tempo per portarli a termine.
Il prototipo Me 264 V1 del 1942
Gli
Stati Uniti divennero formalmente paesi belligeranti della Seconda Guerra
mondiale il 7 dicembre 1941, trascinati nel conflitto dal pesante attacco
giapponese senza preavviso alle Hawaii, seguito a poche ore di distanza da
incursioni aeree sulle Filippine e sulle isole di Guam e Wake. Nel Pacifico,
quindi, la guerra era già stata scatenata dal Giappone, per assicurarsi il
controllo di vaste aree del continente asiatico e questo lasciava pochi dubbi
sul fatto che il coinvolgimento degli USA si sarebbe esteso in Europa. Infatti,
come conseguenza della guerra del Giappone, gli Stati Uniti si trovarono di
fatto in conflitto armato anche con i suoi alleati: la Germania e l’Italia,
uniti nel cosiddetto Asse.
Del resto, il
coinvolgimento USA era praticamente già in atto, con numerose schermaglie
sull’Oceano Atlantico poiché, seppur formalmente neutrale, Washington forniva
materiali di prima necessità (armamenti compresi) alla Gran Bretagna, con la
quale manteneva stretti rapporti di cooperazione.
sommergible I 400 avevano un hangar a tenuta stagna, in grado di contenere tre idrovolanti Yokosuka M6A1
Gli USA al sicuro da ogni minaccia. Nell’immane
conflitto che in brevissimo tempo sarebbe divampato a livelli senza precedenti,
gli Stati Uniti si trovavano in una situazione privilegiata: a Occidente
avevano l’Oceano Pacifico, a Nord vi erano le acque artiche ben difficilmente
percorribili, a Sud c’era l’America Latina, con stati neutrali o amici, e a
Oriente c’era l’Oceano Atlantico. Per avvicinarsi al nemico, il Giappone riuscì
a occupare le isole Aleutine (arcipelago inospitale che costituiva una
propaggina dell’Alaska) mentre la Germania pose qualche base in Groenlandia
(allora appartenente alla Danimarca), nessuna di queste azioni, però, fu
risolutiva per minacciare da vicino gli USA, al sicuro grazie al loro
isolamento geografico. Per dare un’idea delle difficoltà che si sarebbero
incontrate per bombardare importi centri del Nord America, partendo da
aeroporti accessibili a Germania, Giappone e Italia basti ricordare che
decollando dagli aeroporti del Nord della Francia occupata per arrivare a New
York, sarebbe stato necessario percorrere 5800 km. Tra l’area di Tokyo e
Seattle, sulla costa nordoccidentale degli USA, c’erano 5700 km e ancora più
difficile per l’Italia colpire New York, partendo da un aeroporto della
Sardegna: 6800 km (sempre parlando della sola andata). Nonostante ciò, i
Quartieri generali del Tripartito studiarono dei piani per portare una reale minaccia
sui cieli degli USA. Questo non solo avrebbe in qualche modo pareggiato i conti
con la potenza che bombardava le città italiane e tedesche ma avrebbe avuto un
valore altamente simbolico e un forte impatto sul morale della popolazione
nordamericana, che in parte era contraria al coinvolgimento USA nel conflitto
europeo.
Forte di un’industria
aeronautica all’avanguardia, la Germania era la nazione con le maggiori
possibilità di realizzare l’ambizioso piano: portare uno stormo di bombardieri
su New York, sganciare un carico di bombe devastanti e poi ripiegare su un
aeroporto amico, una difficile sfida da affrontare. Su indicazione del
Ministero dell’Aeronautica (il potentissimo RLM), l’Aviazione tedesca mise in
cantiere numerosi progetti, prendendo in considerazione differenti opzioni,
compresa quella di una missione senza ritorno, sacrificando gli aerei e
salvando solo gli equipaggi, paracadutati in mare e raccolti da un
sommergibile. Fin dalla fine degli anni Trenta, quando si stavano delineando
gli scenari possibili per la guerra che già appariva inevitabile, i vertici
della Luftwaffe si resero conto che un aereo in grado di bombardare gli Stati
Uniti partendo dalla Germania non sarebbe stato tecnicamente possibile. Furono
fatti ugualmente dei passi in avanti negli studi, che avrebbero portato alla
realizzazione di bombardieri a grande autonomia con la possibilità di svolgere
azioni limitate contro insediamenti industriali americani della costa
orientale, soprattutto allo scopo di cogliere un importante risultato di
immagine.
Un razzo V-2 in posizione di lancio nella chiatta sottomarina trainata Prüfstand XII . Nota la sala di controllo e lo stoccaggio di ossigeno liquido sotto il razzo.
I tedeschi progettano, gli americani bombardano. Già
nel 1937 l’industriale e progettista Willy Messerschmitt, desideroso di imporre
la sua azienda anche nel settore dei grandi aeroplani plurimotori e non solo in
quello dei monomotori e bimotori da caccia, aveva proposto un Amerikabomber a
Hitler, ma i vertici della Luftwaffe erano dubbiosi sulla reale fattibilità di
un aereo del genere. Anche Hermann Goring, asso della Prima guerra mondiale e
dal luglio 1940 Maresciallo del Reich (il grado più alto della gerarchia
militare tedesca), nonché uno dei personaggi più influenti del regime, rimase
sempre piuttosto tiepido sulla possibilità di un volo senza scalo per attaccare
il continente nordamericano. Tuttavia, la Germania dell’epoca non corrispondeva
affatto all’immagine granitica e unitaria che la propaganda cercava di
accreditare: personaggi influenti dell’industria e gruppi di potere all’interno
della macchina statale e delle forze armate procedevano spesso in autonomia e
magari in contrasto con le direttive dei vertici. Così si mise mano ai progetti
di bombardieri pesanti a lungo raggio, potenzialmente in grado di colpire
l’America. D’altra parte, a dispetto del parere degli strateghi della
Luftwaffe, Hitler considerava favorevolmente l’idea di attaccare gli Stati
Uniti e il 18 giugno 1940 ne aveva parlato anche a Mussolini. In quei giorni di
grande ottimismo niente sembrava impossibile.
Il primo aereo
concepito per realizzare questo ambizioso piano fu il Messerschmitt ME 264 che,
dopo mille incertezze durante il suo sviluppo, arrivò al primo volo il 23
dicembre 1942: era un aeroplano dalle linee eleganti, con quattro motori
Junkers 211 da 1340 CV, considerati provvisori in attesa della disponibilità di
una motorizzazione più adeguata; l’autonomia (teorica) era di 13000-15000 km.
Purtroppo per la Germania di Hilter, il 18 luglio 1944 il prototipo, ancora
impegnato nella laboriosa messa a punto, fu casualmente distrutto da un
bombardamento americano. Ci fu un altro Amerikabomber che giunse a
realizzazione, lo Junkers JU 390, una rielaborazione con sei motori BMW 901 da
1970 CV dei quadrimotori da trasporti JU 90 e 290. Ne furono costruiti due, il
primo dei quali decollò il 20 ottobre 1943. Di questo aereo si disse che in
collaudo del gennaio 1944, partendo da un aeroporto francese, fosse arrivato a
19 km da New York per poi rientrare alla base, dopo 32 ore di volo; successivi
approfondimenti, però, hanno riscontrato diverse incongruenze in
quest’affermazione e tendono a farla rientrare nelle ‘leggende di guerra’. Per
aeroplani di questo tipo (ed anche per altri progetti), furono studiate
soluzioni fantasiose, come quella di trasportare una caccia ‘parassita’
Messerschmitt ME 328, armato con una bomba da 1000 kg, ma non vi fu alcuna
realizzazione pratica. L’ultimo aeroplano a concorrere al ruolo di
Amerikabomber fu l’avveniristico Horten HVIII, un’ala volante con sei motori
Junkers 004 da 900 kg/s; l’autonomia sarebbe stata di soli 6450 km e perciò fu
ipotizzato il ritorno ad un aeroporti in Groelandio. Tra febbraio ed aprile del
1945 fu iniziata la costruzione dei primi elementi strutturali ma di lì a poco
la guerra sarebbe finita.
L’offensiva giapponese con palloni
aerostatici. pallone bomba giapponese Il Giappone, durante la Seconda
guerra mondiale, aveva pianificato un’opzione alternativa per colpire la
costa Ovest del continente nordamericano, dai costi e dal livello tecnologico meno impegnativi
rispetto alle altre: il lancio, sfruttando la direzione prevalente dei venti,
di palloni aerostatici senza equipaggio, armati con bombe esplosive ed
incendiarie. Paradossalmente, quest’arma ottenne effetti maggiori di quelli
registrati dagli attacchi con i sommergibili o dall’accoppiata sommergibile
più idrovolante. Questi palloni, chiamati Fu-Go (ma
anche Fu-5, cioè involucro 5), erano aerostati riempiti di idrogeno ai quali
erano sospese alcune bombe incendiare alla termine o antiuomo di piccolo
calibro. Dal 3 novembre 1944 ne furono lanciati più di 9000 e solo 361 arrivarono
sul continente americano, dal Canada al Messico; altri 210 furono ripescati
in mare e circa un centinaio esplose in aria. Uno cadde su una città, Medford
(Oregon), il 4 gennaio 1945, mentre un altro a Bly (sempre nell’Oregon), il 5
maggio, provocò la morte di una maestra e 5
bambini: quello fu il più alto numero di vittime causato alla
popolazione civile degli Stati Uniti continentali da un’azione nemica. |
La soluzione giapponese. In Giappone, come negli
Stati Uniti, esistevano due forze aeree, rispettivamente alle dipendenze
dell’esercito e della marina: entrambe disponevano di bombardieri strategici
con buone doti di autonomia ma, in ogni caso, non in grado di raggiungere il
Nord America e rientrare in una base amica. Per questo motivo il Giappone si
dedicò allo studio di metodologie di attacco differenti, puntando inizialmente
sul connubio tra aeroplano e sommergibile.
Il 9 settembre 1942,
infatti, il maresciallo Nobuo Fujita, a bordo di un piccolo idrovolante da
osservazione Yokosuka E141Y1, messo in mare dal sommergibile oceanico I-25,
lanciò due bombe incendiare su una zona boscosa dell’Oregon, sulla costa
occidentale, ripetendo l’operazione il 29 settembre. Un collaudo che non ebbe
seguito. Lo stesso Fujita fu l’ideatore di un progettato attacco al Canale di
Panama mediante l’Aichi M6A1 Seiran. Vi furono anche dei piani che prevedevano
di attaccare gli Stati Uniti con ondate di aerei dalle portaerei Shokaku e
Zuikaku, ma non giunsero mai all’attuazione pratica, anche perché, dopo Pearl
Harbor, non vi sarebbe potuto più essere un effetto sorpresa: una portaerei in
avvicinamento verso le coste americane sarebbe stata identificata e prontamente
neutralizzata.
Per attaccare il Canale
di Panama si sarebbero impiegati i sommergibili classe I-400, da 6500
tonnellate in immersione. Queste unità prevedevano un hangar a tenuta stagna
nel quale potevano entrare 2 o 3 aerei Yokosuka M6A1 Seiran (tempesta a cielo
sereno), modernissimi idrovolanti capaci di trasportare una o due bombe da 250
kg. o una da 850 kg. (oppure un siluro). Al rientro della missione il pilota
avrebbe compiuto un ammaraggio di fortuna presso il sommergibile e l’aereo
sarebbe andato perso. I primi aeroplani di questo tipo furono pronti
nell’ottobre 1944. La loro prima missione operativa sarebbe dovuta essere un
attacco condotto da quattro sommergibili porta idrovolanti (I-400, I-401 e
I-14) e dieci Seiran, con il carico bellico massimo, contro le chiuse di Gatun
del Canale di Panama.
Nel corso del mese di
giugno del 1945, tuttavia, fu deciso di rinunciare all’attacco a Panama in
favore dell’Operazione Arashi (tempesta) contro la flotta americana all’ancora
presso l’atollo di Ulithi. Neppure quest’evenienza si verificò, perché la
piccola flotta di sommergibili (con i loro aerei a bordo) fu intercettata dai
radar americani e l’effetto sorpresa sfumò. Entrambe le forze aeree del
Giappone intrapresero allora congiuntamente la realizzazione di bombardieri con
carico bellico ed autonomia che andasse ben oltre le possibilità dei tipi fino
a quel momento disponibili. Su questo tema (come del resto su quello degli
analoghi progetti tedeschi) si innesta quello dell’ipotesi di impiegare
bombardieri, tanto giapponesi quanto tedeschi, per trasportare ordigni atomici.
Anche in questo caso, però, le attività portate avanti in Germania e in
Giappone erano soltanto a uno stadio embrionale, utili per un futuro non certo
vicino: infatti non vi furono piani concreti per bombardare gli Stati Uniti con
armi atomiche perché nessuna delle potenze del Tripartito ne poteva disporre.
Tra i programmi che presentavano un certo livello di concretezza vi fu, da
parte dell’Esercito Imperiale, il Kawaski Ki.91, con quattro motori Mitsubisbhi
HA214 da 2500 CV, un carico bellico di 4270 kg ed un’autonomia di 10000 km.
Mentre era in costruzione, però, nel febbraio 1945 il prototipo fu distrutto da
un bombardamento. La tenace Marina Imperiale lavorò al più ambizioso Nakajima
GION Fugaku (catena di montagne), con sei motori Nakajima NK11 da 250 CV ed
un’autonomia massima stimata tra 16500 e 19400 km. Nel luglio 1944, tuttavia,
la lentezza delle operazioni e l’enorme dispendio di risorse indussero alla
cancellazione del progetto.
Armi d’avanguardia tedesche. Vista artistica dell'Horten Ho 229 In Germania si prestò grande
attenzione alle armi non convenzionali e tra esse due erano idonee ad
attacchi contro gli Stati Uniti. La prima fu studiata dai coniugi
austriaci Eugen Sanger e Irene Bredt e fu chiamata ‘bombardiere antipodico’,
talvolta citato come Sibervogel (uccello d’argento): l’idea verteva su un
aeroplano, con propulsione a razzo, che avrebbe dovuto ‘rimbalzare’ sugli
strati più alti dell’atmosfera, dopo aver raggiunto quote orbitali ed una
velocità di oltre 22000 km/h. Il progetto teorico prese forma nella seconda
metà degli anni Trenta ma fu abbandonato nella primavera del 1941. La seconda
prese il via l’11 dicembre 1944 con lo studio per impiegare contro gli Stati
Uniti i missili balistici A4 (universalmente noti come V-2): il progetto
prevedeva un contenitore di lancio da rimorchiare mediante un sottomarino
fino a distanza utile dalle coste degli Stati Uniti. Si trattava di una sorta
di enorme siluro lungo 45 m, con la possibilità di assumere la posizione
verticale, idonea al lancio del missile contenuto al suo interno. I cantieri
Vulkan ne consegnarono il prototipo (con il nome in codice Prufstand XII) il
25 marzo 1945, mentre iniziava anche la produzione, ma dopo pochi giorni la
guerra finì. |
Le pianificazioni italiane. Nel nostro paese la
Regia Aeronautica aveva una grande esperienza di voli sulle lunghe distanze e
prese in considerazione ogni possibilità di compiere un attacco a New York. Poiché,
in ogni caso, si sarebbe trattato di un’azione essenzialmente dimostrativa, furono
valutate tutte le opzioni che andavano dal massimo risultato possibile con un
unico bombardamento da parte di un solo aeroplano fino alla semplice missione
di guerra psicologica con il lancio di volantini inneggianti all’amicizia
italoamericana. A suggerire una missione a New York era stato, nella primavera
del 1942, Nicolò Lana, capo collaudatore della Piaggio, che intendeva impiegare
il trimotore da record P.23R, in grado di trasportare una bomba da 1000 kg. Poiché
l’autonomia non avrebbe consentito il rientro in Europa, il trimotore avrebbe
compiuto un ammaraggio in prossimità della costa americana dove i due uomini d’equipaggio
sarebbero stati raccolti da un sommergibile. L’idea fu però scartata, anche perché
il P.23R andò fuori uso il 23 maggio 1942 per un incidente, ma fu ripresa dalla
Regia Aeronautica in ottobre, quando valutò l’impiego dei quadrimotori CRDA
cant. Z.511 e SIAI Marchetti SM.95. Il secondo sarebbe stato in grado di
trasportare due bomba da 250 kg con un’autonomia di 11000 km ma la caduta del
regime, il 25 luglio 1943, ed il conseguente disorientamento dei vertici
militari, unitamente al fatto che nessuno dei tre SM.95 in allestimento per
questo scopo era ancora pronto, portarono ad un nulla di fatto.
In quegli stessi giorni
anche la X Flottiglia MAS della Regia Marina stava vagliando la possibilità di
caricare sul Cant.Z.511 (che era un idrovolante) due siluri pilotati modello
SLC Maiale con i loro equipaggi o un SLC, un motoscafo esplosivo MTSM e sette
incursori subacquei, con i quali compiere azioni all’interno di alcuni porti
degli Stati Uniti, ma, per gli stessi motivi, neppure quest’ipotesi giunse a
realizzazione pratica.
Articolo di Nico
Sgarlato, giornalista e saggista pubblicato su BBC History Sprea editoridel mese di dicembre
2018 – altri eventuali testi e immagini da Wikipedia.
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