venerdì 17 aprile 2020

Dietro i capolavori.

Dietro i capolavori.

Spiritualità, bellezza, eroismi: le opere del Rinascimento trasudano valori esemplari. Ma a dipingerle furono uomini non sempre perfetti.

 

Geniali, colti e misteriosi, ma anche capricciosi, sadici e criminali. Non sempre gli artisti del Rinascimento sono stati ‘esempio di virtù1’. Anzi, dietro i loro capolavori, riconosciuti a livello mondiale come la massima espressione di grazia e armonia, spesso si nascondono vite spericolate e condotte deplorevoli. Gli scritti del passato, su tutti le ‘Vite dei più eccellenti pittori, scultori, e archi tettori di Giorgio Vasari (1511-1574)’ considerata la prima storiografia artistica moderna, ci hanno tramandato notizie e aneddoti sulle biografie dei grandi maestri dell’arte svelandone anche gli aspetti più oscuri: scopriamo quindi soggetti dall’indole eccentrica e nevrotica, geni tormentati da stati depressivi, uomini dai costumi sessuali troppo disinvolti per le leggi dell’epoca, imbevute di morale cristiana.

Nella top ten dei vizi cui spesso indulgevano gli artisti, c’è la lussuria, ovviamente condannata dalla morale cristiana.

All’italiana. Particolarmente invisa alla società del Rinascimento era la sodomia, comportamento per cui si poteva finire sotto processo (capitò a Leonardo, e molti artisti ne furono sospettati) e rischiare la condanna capitale, indipendentemente dal fatto che si realizzasse o meno fra individui dello stesso sesso. La pratica era talmente diffusa in Italia, in particolare nella città di Firenze, che nel 1432 venne istituito un corpo speciale di guardie: gli “Ufficiali di notte”, così detti perché l’attività, essendo clandestina, aveva luogo soprattutto al calar del sole. La fama degli italiani in tal senso oltrepassò i confini, tant’è che in ambiente francese la sodomia era definita ‘rapporto alla maniera italiana, mentre in Germania diventò sinonimo di ‘fiorentino’.

I grandi artisti del Cinquecento finivano col cavarsela quasi sempre: le corti se li contendevano ed erano troppo preziosi per bloccarne l’ingegno.

Qui di seguito alcune storie dei geni che hanno avuto storie non proprio edificanti:

 

la vendetta di Benvenuto Cellini.

File:Benvenuto cellini, ninfa di fontainebleau, 1542-43 ca. 02.JPG

la ninfa di Fontanainebleau 

Scultore, scrittore e.. ‘fuorilegge’, questo potremmo dire del fiorentino Benvenuto Cellini (1500-1571) artista dal ricchissimo curriculum criminale. Tra i reati di cui si macchiò, uno in particolare stava per costargli la condanna al rogo: la sodomia. Si trovava in Francia alla corte di Francesco I, dove era stato chiamato nel 1540. Ad accusarlo di sodomia furono Caterina (che aveva posato per La ninfa di Fontanainebleau), e un inserviente di nome Pagolo. Per fortuna, la denuncia fu subito ritirata, ma Cellini, anziché rallegrarsene, reagì in maniera sadica: dopo aver obbligato i due giovani a sposarsi, costrinse la ragazza a orari di lavoro massacranti, abusandone sessualmente. In tal modo l’artista si prendeva una duplice vendetta, come affermò egli stesso nella autobiografia: “prima la faccio soffrire con lunghe pose completamente nuda, e poi posso dare del cornuto a Pagolo”.

                                                                                           

                                                                               Ritratto di Benvenuto Cellini alla Biblioteca Nazionale di Vienna

“il sodoma” Giovanni Antonio Bazzi.


Autoritratto del Sodoma in un dettaglio da uno degli affreschi dell'Abbazia di Monte Oliveto Magg


Fu tra i più apprezzati artisti dell’epoca, tanto da comparire ritratto da Raffaello nel grande a ffresco della Scuola di Atene nei panni di Protogene (pittore greco vissuto nel III secolo a.C.). Ma la notorietà di cui godeva non era dovuta solo al suo talento. Giovanni Antonio Bazzi (1477-1549) era conosciuto per il carattere sin troppo stravagante e una sessualità sregolata, tanto da essere soprannominato ‘Il Sodoma’. Per il pittore non era un’ingiuria: egli anzi si vantava di quel nomignolo, tanto che lo usava per firmare le proprie opere. Non deve stupire, quindi, il suo San Sebastiano particolarmente sensuale e conturbante. L’iconografia del martire era, tra l’altro, una delle più gettonate dagli artisti rinascimentali italiani, anche perché pretesto per la rappresentazione del nudo maschile.

                  

                                                                                           

Il Sodoma. Villa Farnesina fresco1.jpg

Le Nozze di Alessandro e Rossane sono un affresco (370x660 cm) di Giovanni Antonio Bazzi detto Il Sodoma, databile al 1519 e situato sul lato nord della camera da letto di Agostino Chigi, al primo piano di Villa Farnesina a Roma.

Il rimorso di Rosso Fiorentino.

Giorgio Vasari e assistenti, Ritratto di Rosso FiorentinoCasa Vasari, Firenze

La categoria degli è nota per un alto tasso di suicidi, e il primo caso riportato in letteratura pare sia stato quello di Rosso Fiorentino (1495-1540), autore della celebre Deposizione della Croce (la cui drammaticità ha ispirato intellettuali come Gabriele d’Annunzio e Pier Paolo Pasolini). A parlare del suo caso è ancora Vasari: “un giorno l’artista, vittima di un furto, accusò l’amico e collaboratore Francesco Pellegrini, che a sua volta gli intentò causa per diffamazione. Il Rosso, già travolto dai rimorsi per aver tradito l’amico (il quale tra l’altro dovette subire torture per confessare un crimine mai commesso), preferì allora uccidersi da sé stesso piuttosto che essere castigato da altri” e così, il 14 novembre 1540 si tolse la vita bevendo un velenosissimo liquore.

      

                                                                  

                                              Deposizione dalla Croce (1521), VolterraPinacoteca e museo Civico

                            

Il sesso secondo Marcantonio Raimondi.

 

Ritratto di Marcantonio Raimondi,
dalle Vite del Vasari

Anche l’Italia ha il suo kamasutra. Si tratta di un volumetto dal titolo ‘I modi o le sedici posizioni’ ed è il primo libro erotico dato alle stampe nel nostro Paese. esso raccoglie, appunto, sedici posizioni realizzate da Marcantonio Raimondi (1480-1534), su bozze di Giulio Romano, che ritraggono diverse “attitudini e positure con cui giacciono i disonesti”, come scriveva indignato il Vasari. Il libro si rivelò un grande successo editoriale, tanto che per frenarne la diffusione, papa Clemente VII dovette farne sequestrare ogni copia in circolazione e far arrestare l’autore. Grazie al poeta toscano Pietro Aretino, influente negli ambenti ecclesiastici, Raimondi fu tuttavia rilasciato e nel 1527 venne pubblicata una seconda edizione del libro ancora più scandalosa: ogni incisione era infatti accompagnata da un sonetto erotico composto dallo stesso Aretino. La censura pontificia colpì ancora, e degli originali non rimane perciò traccia.

  

                                                                          

                                                                                               Frammenti della seconda edizione de I Modi di Raimondi conservati al British Museum.[1]


Il misterioso Sandro Botticelli


La Primavera

Interprete del Rinascimento a 360 gradi, Sandro Botticelli (1445-1510) ha abbracciato la cultura umanista anche nei suoi aspetti più oscuri. Il dipinto La primavera ne è un esempio. Dietro la sua apparente limpidezza si cela infatti un significato più profondo non ancora del tutto svelato. Se per alcuni studiosi si tratta di un’allegoria dell’età dell’oro medicea, altre interpretazioni individuano nell’opera il paradigma del Neoplatonismo. Altre ancora vi leggono invece simboli che rimandano all’alchimia, pratica a cui in realtà si accostarono molti artisti dell’epoca. Nonostante la sua enorme popolarità, quindi, La primavera rimane uno dei dipinti più misteriosi della storia dell’arte, e con essa anche il suo autore: ciò ha contribuito ad alimentare la leggenda secondo cui Sandro Botticelli sarebbe stato uno dei Gran Maestri del fantomatico Priorato di Sion.


                                                                                                                                    

                                                                                                  

                                                                                                               Presunto autoritratto dall'Adorazione dei Magi degli Uffizi

Raffaello Sanzio: pazzo per le donne.

Raphael's Triumph of Galatea 02.jpg

Trionfo di Galatea

È tra i pittori più raffinati del Rinascimento italiano, dotato di uno stile così elegante che chiunque si aspetterebbe di avere a che fare con un uomo mite e discreto. Tutt’altro. Raffaello (1483-1520) era assai lussurioso, anzi, in tema di femmine trasudava una tal sicurezza da essere “con rispetto da’ suoi grandissimi amici osservato”, come scriveva Vasari. La fissa per le donne se la portava pure al lavoro, chiamato a Roma per dipingere la loggia del palazzo della Farnesina di Agostino Chigi, l’artista urbinate pretese e ottenne che anche la sua amata si trasferisse lì. Quella donna era Margherita Luti, il cui volto è impresso nel Trionfo di Galatea della Farnesina. Quello per Margherita fu un amore travolgente, che condusse Raffaello fino alla tomba: stando sempre al Vasari, egli morì il 6 aprile 1520 in seguito a una notte di eccessi sessuali.

 Presunto autoritratto (1506 circa), Galleria degli UffiziFirenze


L’enigma Albert Durer.

Dürer Melancholia I.jpg

Melencolia I


È noto per essere stato il massimo esponente del Rinascimento tedesco. L’incisione Melencolia I, la sua opera più famosa, è diventata l’emblema dello spirito introspettivo dell’artista stesso. Secondo la ‘dottrina dei quattro umori’, tornata di gran moda proprio nel Rinascimento, la Melencolia è lo stato patologico tipico dei creativi, nei quali provoca un atteggiamento che oscilla tra ‘mal di vivere’ e genialità. Ma il senso dell’incisione, ricca simboli spesso indecifrabili, non si esaurisce qui. Come La primavera di Botticelli, anche l’opera di Durer (1471-1528), si presta a più livelli di lettura, tra cui molti in chiave alchemica, a dimostrazione di quanto questa scienza occulta fosse diffusa. L’oggetto più misterioso è il “quadrato magico” o “planetario”, dove i numero sono disposti in modo tale che la somma su ogni riga, colonna e diagonale, dia sempre lo stesso risultato: 34.

 

                                                          

Albrecht Dürer, Autoritratto con fiore d'eringio (1493)

Il sanguigno Carlo Crivelli.

Carlo crivelli, madonna della passione, 1460 ca. 01.jpg

Madonna della Passione

“Chi fa le cose di Cristo, con Cristo deve stare per sempre”, diceva Fra’ Beato Angelico, secondo cui gli artisti dovevano essere uomini santi dalla condotta impeccabile. Eppure il pittore veneziano Carlo Crivelli (1430-1495) santo non lo era affatto, a dispetto delle sue opere dall’indiscutibile spiritualità, coma la Madonna della Passione. e fu proprio per passione che un giorno Crivelli si macchiò di un grave misfatto: in preda al desiderio per una donna sposata, prima la sequestrò (approfittando dell’assenza del marito) e poi la segregò in casa propria. Il 5 marzo 1457 fu per questo condannato a sei mesi di carcere duro e al pagamento di una multa di 100 lire. Tanta immoralità avrebbe dovuto porre fine alla sua carriera, e invece la fama del pittore e l’alto valore sacro delle sue opere non risentirono mai del peccato commesso, con buona pace del Beato Angelico.


 

Articolo a cura di Federica Campanelli, pubblicato su Focus storia n. 144 – altri testi e immagini da Wikipedia.


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