lunedì 10 settembre 2018

Esercito Usa - Battaglie, corpi speciali, armi e mezzi del gigante che ha cambiato il conflitto

Esercito Usa
Battaglie, corpi speciali, armi e mezzi del gigante che ha cambiato il conflitto.

FORZE DI TERRA.

Nel corso della Seconda guerra mondiale le Forze Armate americane sono state in grado di vincere contemporaneamente su due fronti vasti e complicati come l’Europa e il Pacifico, dopo aver trionfato anche in Africa e tenuto a bada il nemico nell’Atlantico. Uno sforzo gigantesco, che ha comportato l’impiego di una quantità di mezzi militari di terra, di cielo e di mare al di là di ogni possibile previsione. Tutto ciò è ancora più notevole se si tiene conto del fatto che l’industria americana ha contribuito in modo importante anche a sostenere lo sforzo bellico degli alleati, Gran Bretagna e Unione Sovietica su tutti. C’è però un elemento, spesso trascurato, che più di ogni altro dà l’idea del miracolo compiuto dagli Stati Uniti: essi entrarono in guerra molto impreparati, con Forze Armate non organizzate e una disponibilità di strumenti e mezzi militari irrisoria. In pochi mesi avvenne il grande balzo che ha portato Washington ad avere un apparato militare vincente e sotto molti punti di vista ineguagliabile.

UNA SUPERPOTENZA NATA IN QUATTRO ANNI. Fu la repentina sconfitta della Francia a spingere gli Stati Uniti a introdurre per la prima volta nella loro storia una forma di coscrizione obbligatoria in tempo di pace (Selective Service Act) con cui, mettendo sotto controllo federale anche le milizie statali, poterono portare in breve tempo gli effettivi delle Forze Armate a 1,5 milioni di uomini dagli appena 170mila che le formavano prima. Addirittura, dopo la fine della Prima guerra mondiale era stata smantellata la National Army, rimpiazzata da una piccola Regular Army, dagli Organized Reserve Corps e dalle State Militias. Fu solo nel 1941 che l’Esercito venne riorganizzato in modo organico con la nascita dell’Army of the United States. Dalle quattro divisioni del 1939 l’Esercito passò nel 1941 a 28 divisioni per 456mila soldati, più 43mila effettivi nelle forze corazzate, 308mila in 215 reggimenti
specializzati di artiglieria terreste, antiaerea, reparti trasmissioni e altre unità di supporto, 120mila uomini in guarnigioni d’oltreoceano, 46mila effettivi nella difesa dei porti e 167mila nell’aviazione. Numeri destinati a crescere nel corso degli anni. Da quel momento, durante il secondo conflitto mondiale, prestarono servizio più di 16 milioni di americani; di questi 290mila morirono in combattimento e 670mila rimasero feriti, mentre 130mila caddero prigionieri, e in molte migliaia non tornarono più a casa.
Anche l’apparato industriale fu riconvertito a sostegno dello sforzo bellico, prima per gli alleati, per i quali in virtù della Legge Affitti e Prestiti (Lend-Lease Act) furono investiti 45milioni di dollari, e poi direttamente per le truppe americane. Le armi obsolete furono sostituite in massa: all’inizio il fucile d’ordinanza era lo Springield 1903, ma a guerra iniziata fu quasi completamente sostituito dal Garand M1, mentre cominciarono a diffondersi anche i mitra Thompson e M3 e i mitragliatori di squadra BAR. Stesso miglioramento fu fatto per le armi pesanti, considerando che prima dell’inizio del conflitto l’artiglieria era ormai obsoleta mentre l’equipaggiamento anticarro e antiaereo era quasi inesistente. Per gli americani non fu un cattivo affare: le industrie cominciarono a produrre a pieno ritmo, la disoccupazione sparì, il Pil crebbe del 50%. Dal 1939 al 1945 gli americani riuscirono a produrre 3.200.000 automezzi da trasporto, 88.410 carri armati, 41.170 semicingolati e 82mila trattori e mezzi vari.

Il corpo speciale dei rangers.
I rangers americani risalgono al 1756, e anche durante la seconda guerra mondiale diedero il loro contributo. Furono ricostruiti proprio per quel conflitto, dopo che per decenni non era stata mantenuta alcuna loro unità. Fu il generale Lucian Truscott che nel maggio del 1942 ridiede vita a unità specializzate nelal guerra non convenzionale, ispirandosi ai commando britannici. Il 1° battaglione Ranger al comando del capitano William Darby fu formato con 600 uomini in Irlanda e si addestrò duramente presso il severissimo centro dei commando inglesi in Scozia. Dopo il fallimentare sbarco a Dieppe, in Francia, la prima operazione rilevante fu lo sbarco in Algeria, di notte, per aprire la strada alla 1a divisione di fanteria. Vennero allora formati altri due battaglioni Ranger, impiegati prima in Tunisia, poi in Sicilia, e negli sbarchi di Salerno e di Anzio, dove riuscirono a impadronirsi del porto. Vennero però annientati dai tedeschi a Cisterna di Latina. Due nuovi battaglioni Ranger costituite negli Stati Uniti sbarcarono il 6 giugno 1944 a Omaha Beach, in Normandia, contribuendo in modo decisivo a eliminare alcune delle più ostiche difese nemiche. In seguito si distinsero nella battaglia delle Ardenne. Un altro battaglione Ranger, il sesto, operò sul fronte del Pacifico, distinguendosi nelle Filippine.
  
Armi e mezzi dell’esercito.

MK2

TIPO bomba a mano a frammentazione
PESO  595 g
ALTEZZA 111 mm
DIAMETRO  59 mm
CARICA 56 g di TNT
COLT M1911
M1911a1.jpg

TIPO Pistola semiautomatica
PESO 1,105 KG
LUNGHEZZA 210 MM
LUNGHEZZA CANNA 127 mm
CALIBRO 11,43 mm
TIRO UTILE 40-80 m
M1917 ENFIELD
M1917 Enfield - USA - 30-06 - Armémuseum.jpg

TIPO fucile
PESO 4,16 kg
LUNGHEZZA 1180 mm
LUNGHEZZA CANNA 660 mm
CALIBRO 7,62mm
TIRO UTILE 550 M
GITTATA MASSIMA 5000 M
M24 CHAFFE

TIPO carro armato leggero
EQUIPAGGIO 5
LUNGHEZZA 5,56 M
LARGHEZZA 3 M
ALTEZZA 2,77
PESO 18,41 t
VELOCITA’ MAX. 56 km h
ARMAMENTO  1 cannone M6 da 75 mm, 2 mitragliatrici browning M1919A4
M4 SHERMAN
TankshermanM4.jpg
TIPO carro armato medio
EQUIPAGGIO 5
LUNGHEZZA 5,84
LARGHEZZA 2,62
PESO 30,3 t
VELOCITA’ MASSIMA 42 km h
ARMAMENTO 1 CANNONE DA 75 mm M3 L-40, 1 mitragliatrice Browining M2HB e 2 mitragliatrici Browning M1919A4

M26 PERSHING

TIPO carro armato pesante
EQUIPAGGIO 5
LUNGHEZZA 6,51 m
LARGHEZZA 3,51 m
PESO 41,7
VELOCITA’ MAX 40 Km h
ARMAMENTO: 1 cannone da 90 mm M3, 1 mitragliatrice Browning M2HB e 2 mitragliatrici Browning M1919A4

M18 HELLCAT
M18 hellcat side.jpg
TIPO Caccia-carri
EQUIPAGGIO 5
LUNGHEZZA 5,28 m
LARGHEZZA 2,87 m
PESO 17, 7 t
VELOCITA’MAX 80 Km h
ARMAMENTO 1 cannone da 76 mm M1A2, 1 mitragliatrice Browning M”HB
M7 PRIEST
M7-Priest-beit-hatotchan-2.jpg
TIPO artiglieria semovente
EQUIPAGGIO 6
LUNGHEZZA 6,02 m
LARGHEZZA 2,87 m
ALTEZZA 2,54 m
PESO 23 t
VELOCITA’ MAX su strada 41 Km h
ARMAMENTO 1 obice da 105 mm M1-M2, 1 mitragliatrice Browning M2 da 12, 7 mm
M1 THOMPSON
TIPO mitra
PESO 4,81 kg.
LUNGHEZZA 811 mm
LUNGHEZZA CANNA 270 mm
CALIBRO 11,5 mm
CADENZA DI TIRO Fino a 1000 colpi al minuto (in base al modello)
TIRO  UTILE  50-100 m
M1918A2BAR
Army Heritage Museum B.A.R..jpg
TIPO mitragliatrice leggera
PESO 8,30 kg
LUNGHEZZA 1190mm
LUNGHEZZA CANNA 610 mm
CALIBRO 7,62 MM (0,30)
CADENZA DI TIRO 300-650 colpi al minuto TIRO UTILE 500-1000 m


L’ORGANIZZAZIONE DELLE TRUPPE. Un buon esempio dello sforzo bellico e dei progressi conseguenti è costituito dalle forze corazzate. Esse nacquero solamente a cavallo tra il 1940 e il 1941. Dopo Pearl Harbor furono subito disponibili quattro divisioni corazzate, ma a quell’epoca erano ancora dotate solo di due modelli minori di cingolati, il carro leggero M2A4 e il carro medio M2A1. Nel 1941 cominciò la produzione del carro intermedio M3 Lee con un cannone da 37 mm in torretta e uno da 75 mm in basso. Il mitico tank M4 Sherman entrò in servizio solo nel 1942,ma contribuì a cambiare le sorti della guerra, mostrando tutta la potenza dell’apparato industriale statunitense che solo di questo modello produsse 50mila esemplari. La divisione corazzata inizialmente era strutturata sulla base di una brigata corazzata (due reggimenti di carri leggeri M3, uno di carri medi M3, basati ciascuno su tre battaglioni tank) con l’aggiunta di un reggimento di fanteria e uno di artigliere con due gruppi di semoventi da 105 mm. In seguito i tank furono ridotti a due reggimenti (uno leggero e uno medio) mentre i battaglioni del reggimento fanteria e i gruppi di artiglieria da 2 diventarono 3. in seguito le divisioni corazzate furono ulteriormente ridotte di forza, a vantaggio di quelle di fanteria, tutte a loro volta dotate di battaglioni di carri armati. Divisioni di fanteria e divisioni corazzate combattevano insieme all’interno dei Corpi d’Armata, i quali a loro volta erano raggruppati in Armate.
Anche le divisioni di fanteria subirono diverse ristrutturazioni nel corso della guerra. Costituite inizialmente da due brigate di due reggimenti ciascuna, furono poi reimpostate sulla base di tre reggimenti di fanteria, supportati da quattro battaglioni di artiglieria e da altre unità di supporto (ricognizione, genio, sanità). In seguito vennero aggiunti battaglioni autonomi di carri armati, insieme a cannoni senza rinculo, mortai pesanti, proiettili a razzo (bazooka), cannoni anti-carri. Una organizzazione caratteristica delle forze americane erano i Combat Command, sezioni nate nel 1942 in cui erano suddivise le divisioni in modo che ciascuno fosse formata dai diversi tipi di truppe e potesse così agire come una forza autonoma. Non c’era una strutturazione fissa di queste unità tattiche, che venivano messe insieme secondo le necessità. Alla base di tutto poi c’era la squadra di fanti, che era costituita da dodici uomini, di solito armati di undici fucili Garand (che fornivano un’ottima potenza di fuoco) e di una mitragliatrice automatica.

Un’arma in più: le razioni k.
un esempio delle razioni K
Uno degli strumenti che permisero ai soldati americani di combattere al meglio furono le celebri Razioni K. Esse nacquero dalla ricerca di una razione militare poco ingombrante che i paracadutisti potessero portare con sé, ma presto viene estesa a tutti i militari, perché le truppe potevano rimanere per giorni lontane dal raggio della logistica dei rifornimenti.
C’erano diversi menù e tutti stavano in pochissimo spaio. La confezione era pensata per essere impermeabile e resistente a -20 gradi. Era divisa in tre pacchetti comprendeva cibo in scatola, cioccolata, biscotti, caffè solubile, latte in barrette, formaggio in scatola, chewing gum, caramelle e inoltre sigarette, tavolette per purificare l’acqua, apriscatole e carta igienica, che era parte del set di igiene personale, accompagnato dal set per il cucito. A cinque mesi dall’entrata in guerra, gli Stati Uniti avevano già distribuito un milione di Razioni K e raggiunsero i 100 milioni nel 1944. 

IL PRIMATO DELLA LOGISTICA. Alla fine del 1943 Washington schierava 17 divisioni in Europa per una forza complessiva di 1,4 milioni di uomini e 13 divisioni nel Pacifico per 913mila effettivi. Nel settembre 1944 le divisioni in Europa erano diventate 40 (di cui 6 in Italia). Nel maggio 1945 si raggiunse l’apice con l’impiego contemporaneo di 68 divisioni di fanteria, 16 corazzate, 5 aviotrasportate e una da montagna (anche questa, la Decima, costituita a guerra iniziata perché prima non era compresa nei piani degli americani). Questa crescita esponenziale dell’Esercito statunitense diede risultati visibili nell’efficienza che dimostrò sul campo di battaglia:a guerra vinta il soldato americano era ormai considerato insuperabile, ma in realtà prima della partecipazione al conflitto era del tutto inesperto e dalla bellicosità tutta da testare. Uno degli elementi che contribuì a far funzionare al meglio questa macchina da guerra nuova ed enorme fu il suo apparato logistico: gli americani riservarono gli uomini migliori non al fronte di battaglia ma alle strutture di supporto, e nel 1944 ben due milioni di persone erano impiegate nei servizi amministrativi, logistici e di comunicazione. Ogni tre uomini impiegati nei reparti combattenti, altri due erano impiegati nei servizi logistici. Anche per questo gli Stati Uniti fecero ampio ricorso alle ausiliarie femminili, oltre centomila nel solo Esercito, il cui contributo fu determinante.

AVIAZIONE.

Per quanto la guerra aerea sia stata essenziale per la vittoria finale, gli Stati Uniti nel 1941 neanche avevano una Aeronautica militare. La specifica Arma autonoma fu creata solo nel 1947. Durante il conflitto i reparti aerei rimasero sotto il comando di entità distinte: l’Aviazione dell’Esercito, quella della Marina e quella dei Marines. Nel 1939 queste forze erano ancora poco temibili, anche se gli americani avevano portato avanti il settore ricerca, così che quando decisero di scendere in campo furono in grado di fornire al loro enorme settore industriale modelli avanzati ed efficienti da mettere in produzioni in grandi numeri. E ce n’era davvero bisogno: nel 1939, quando Hitler invase la Polonia e mentre il Giappone conduceva già la Guerra in Cina, l’Aviazione dell’Esercito (United States Army Air Force) disponeva di appena 20mila uomini e 2400 aerei, fra i quali il comparto bombardieri che prevedeva i Douglas B-18, bimotori dalle scarse prestazioni. Ma già nel biennio successivo, prima di Pearl Harbor, Washington aveva portato il personale della sua aviazione a 152mila effettivi, iniziando a far entrare in linea velivoli di ben altro livello, come i bombardieri quadrimotore B-17 Flying Fortress, che saranno assoluti protagonisti in Europa.
Douglas B-18 No. 34 061128-F-1234S-022.jpg
un B18 in volo

I fanti volanti delle divisioni aviotrasportate.

Members of the 551st Parachute Infantry Regiment on patrol in the French Alps during World War II.

Una delle immagini chiave della Seconda guerra mondiale è quella dei paracadutisti americani che atterrano in Francia nelle ore precedenti lo Sbarco in Normandia. Eppure anche nei confronti dei parà l’attrazione statunitense fu tardiva. Washington fu una delle ultime potenze a sviluppare corpi aviotrasportati, solo dopo che quelli tedeschi si erano distinti con azioni eclatanti all’inizio della guerra. L’Airbone Command venne istituito il 21 marzo 1942: dividendo l’82a divisione di fanteria motorizzata vennero create l’82a e la 101a aviotrasportate. Vennero istituiti prima i PIB (Parachute Infantry Battalion). Il 550° AIB (Airborne Infantry Battalion) fu invece la prima unità statunitense preparata per il dispiegamento tramite alianti, trainati in volo da aeroplani da trasporto e sganciati in prossimità delle zone di atterraggio. Quando finalmente i parà americani furono pronti per raggiungere i fronti di guerra (prima in Nord Africa, poi in Sicilia e infine in Inghilterra in vista del D-Day), una divisione paracadutisti era strutturata su una forza di 8400 uomini divisa in PIR (reggimenti di paracadutisti) e GIR (reggimenti trasportati a bordo di alianti,  in inglese Glider) ed era dotata di era dotata di equipaggiamenti e veicoli più leggeri rispetto alle divisioni tradizionali. Le divisioni aviotrasportate (che alla fine furono sei, operarono diversi lanci importanti: dopo la Normandia ci fu “l’Operazione Market Garden” in Olanda, cui seguì l’attraversamento del Reno; esse però si distinsero anche nei combattimenti come fanti d’élite: per esempio, la 101° resistette a lungo assediata a Bastogne contro forze soverchianti, permettendo agli americani di riprendersi e rovesciare le sorti dell’Offensiva delle Ardenne.
 
UNA INEGUAGLIBILE CAPACITA’ PRODUTTIVA. L’aviazione di Marina nel frattempo disponeva di 5200 aeroplani (compresi quelli da addestramento), con 5900 piloti e 8 portaerei. I modelli di aereo imbarcati all’inizio del conflitto erano soprattutto il Douglas SBD Dauntless, il Brewster F2A Buffalo e il Grumman Hellcat che si fecero valere soprattutto sul fronte del Pacifico. Fronte dove l’attacco giapponese di Pearl Harbor costò agli americani più di un terzo degli aerei dispiegati inizialmente a oriente, garantendo così alcuni mesi di dominio dei cieli ai velivoli giapponesi, superiori anche per efficacia. Poi, però, anche nell’aria fu la grande capacità industriale degli Stati Uniti a farla da padrona rendendo presto clamorosa la loro superiorità. Basta un dato: gli americani persero in guerra  ben 53mila velivoli (quasi quanti altre importanti nazioni ne avevano prodotti) ma ne costruirono quasi 300mila (di cui un terzo fornito agli alleati), fra i quali 45mila nuovi caccia. L’organizzazione dell’aviazione dell’Esercito (USA AF) aveva l’elemento base negli squadroni, che radunati in tre o quattro formavano un gruppo. Dal 7 dicembre 1941 (attacco di Pearl Harbor) al settembre 1945 furono attivi 1226 squadroni da combattimento, e vennero schierati fino a 269 gruppi da combattimento, con un picco di 243 gruppi  impegnati in operazioni nel 1945. i gruppi erano sotto il comando di strutture chiamate Forze Aeree, che arrivarono a essere 16, distribuite nelle varie parti del mondo.

I mezzi dell’aviazione USA.

BOEING B-17 FLYING FORTRESS

  
TIPO Bombardiere
EQUIPAGGIO 10
MOTORI 4 radiali WrightR-1820
LUNGHEZZA 22,7 m
APERTURA ALARE 31,6 m
VELOCITA’ 486 km h
ARMAMENTO 13 mitragliatrici Browining M2 da 12,7 mm, 2-3,6 t di bombe
NORTH AMERICAN B-25 MITCHELL

 North American Aviation's B-25 medium bomber, Inglewood, Calif.jpg
TIPO Bombardiere strategico
EQUIPAGGIO 6
MOTORI 2 radiali Wright R-2600-29 Cyclone
LUNGHEZZA 16,1 m
APERTURA ALARE 20,6 m
VELOCITA’ 438 km h
ARMAMENTO 13 mitragliatrici da 12,7 mm, 1,8 t di bombe
CONSOLIDATED B-24

 B-24 Liberators in Formation, 1980.JPEG
TIPO Bombardiere strategico
EQUIPAGGIO 8-10
MOTORI 4 Pratt & Whitney R-1830-65
LUNGHEZZA 27,6
APERTURA ALARE 33,52 m
VELOCITA’ 488 km h
ARMAMENTO 10 mitragliatrici browning M2 da 12,7 mm, bombe da 1,2 t (lungo raggio) a 3,6 t (corto raggio)
REPUBLIC B47 THUNDERBOIT

Republic P-47 Thunderbolt USAF.JPG
TIPO Caccia bombardiere
EQUIPAGGIO 1
MOTORI Radiale Pratt & Whitney R-2800 con turbocompressore
LUNGHEZZA 11 m
APERTURA ALARE 12,4 m
VELOCITA’ 690 km h
ARMAMENTO 8 mitragliatrici da 12, 7mm, 2 calibro 7,62 mm, nella postazione del navigatore, fino a 1020 kg di bombe.
DOUGLAS SBD-3 DAUNTLESS
Republic P-47 Thunderbolt USAF.JPG

TIPO Caccia bombardiere
EQUIPAGGIO 2
MOTORI Radiale a 9 cilindri Wright Cyclone
LUNGHEZZA 10,6 m
APERTURA ALARE 12,65 m
VELOCITA’ 406 km h
ARMAMENTO 2 mitragliatrici frontali calibro 12,7 mm, 2 calibro 7,62 mm nella postazione del navigatore, fino a 1020 kg di bombe
DOUGLAS TBD-1 DEVASTATOR


TIPO Aereosilurante
EQUIPAGGIO 3
MOTORI Radiale Pratt & Whitney R-1830-64 Twind Wasp
LUNGHEZZA 10,7 m
APERTURA ALARE 15,24 m
VELOCITA’ 332 km h
ARMAMENTO 2 mitragliatrici Browning M1919 calibro 7,62 mm,un siluro Mark XIII
GRUMMAN F4F – 3 WILDCAT

Grumman F4F-4 del VF-11,Guadalcanal 1942.

TIPO Caccia imbarcato
EQUIPAGGIO 1
MOTORI Radiale Pratt & Whitney R-1830-76
LUNGHEZZA 8,81 m
APERTURA ALARE 11,58 m
VELOCITA’ 529 km h
ARMAMENTO 4 mitragliatrici Browning calibro 12,7 mm
ALIANTE AIRSPEED HORSA

TIPO Aliante da trasportoUn gruppo di paracadutisti esce dal portellone laterale di un Airspeed AS.51 Horsa utilizzato come addestratore dal No 21 Heavy Glider Conversion Unit aBrize Norton, 4 giugno 1943.

EQUIPAGGIO 2
CAPACITA’ 25 soldati
LUNGHEZZA 20,43 m
APERTURA ALARE 26,83 m
PESO CARICO 7045 kg
YOUGHT F4U CORSAIR
 
Una squadriglia di F4U-1D Corsair di base a Iwo Jima nel 1945
TIPO Caccia imbarcato
EQUIPAGGIO 1
MOTORI Radiale Pratt & Whitney R-2800-32 W
LUNGHEZZA 10,2 m
APERTURA ALARE 12,5 m
VELOCITA’ 756 km h
ARMAMENTO 4 cannoncini da 20 mm nelle ali, 907 kg di bombe
C-53 SKYTROOPER


TIPO Aereo trasporto
EQUIPAGGIO4
CAPACITA’ 28 paracadutisti
MOTORI 2 Pratt & Whitney R-1830-90C
LUNGHEZZA 19,43 m
APERTURA ALARE 29,41 m
VELOCITA’ 360 km h




A CIASCUN FRONTE LA SUA TATTICA. Per l’America i due fronti di guerra rimasero radicalmente distinti, e questo riguardò anche le tattiche che vennero applicate. In Europa le basi aeree erano terrestri e si collocavano in Gran Bretagna a nord e in Nord Africa a Sud, per poi spostarsi in Francia e in Italia con il progredire delle campagne militari. Da quelle basi partivano soprattutto i bombardieri, i quali tempestarono i bersagli sul continente con il preciso obiettivo di disarticolare e distruggere l’apparato industriale ed economico e le infrastrutture dei Paesi dell’Asse. A differenza della Germania, gli Stati Uniti e i loro alleati non si limitarono all’impiego di bombardieri medi bimotori, ma fecero grande affidamento sui possenti bombardieri strategici quadrimotori. Velivoli che, soprattutto all’inizio, dovevano difendersi da soli, e per questo erano dotati di molte postazioni di mitragliatrici anti-aeree (da questo il soprannome di “fortezze volanti” attribuito ai B17). Non era un compito facile e gli equipaggi dei bombardieri – colpiti tanto dalla efficace contraerea tedesca quanto da caccia di ottima qualità e tecnologicamente avanzati – pagarono un prezzo altissimo, risultando una delle specialità con la più alta percentuale di vittime rispetto agli effettivi impiegati. La strategia fu quella dei bombardamenti a tappeto. In realtà ancora prima dell’entrata in guerra, tra il 1939 e il1940, il presidente Usa Roosevelt si era preoccupato di chiedere a tutti i belligeranti di non usare l’aviazione come arma di terrore. Ma dopo la caduta della Francia e la Battaglia d’Inghilterra cambiò tutto, e la guerra divenne senza esclusione di colpi. In realtà furono soprattutto i Britannici a spingere per gli attacchi indiscriminati sulla Germania, anche per fiaccare il morale dei tedeschi. Dal 1942 il Bomber Command britannico (sostenuto dai bombardieri americani) abbandonò gli attacchi di precisione per dare il via all’”Operazione Millennium”, che prevedeva l’impiego di mille bombardieri alla volta sulle città tedesche. Le tattiche americane prevedevano il volo in formazione, concentrando la potenza di fuoco difensiva nel 1943 venne introdotta una specifica formazione a ranghi serrati, che prevedeva l’impiego di 18 squadroni in volo ravvicinato, che contavano circa 300 grandi bombardieri, i quali procedevano a gruppi di tre con uno davanti, un secondo a quota più alta e un terzo a quota più bassa. Ci volevano due o tre ore per preparare la formazione, e questo dava il tempo ai tedeschi di individuarla, ma poi la potenza di questa “falange aerea” era devastante.

Una missione per fare “morale” : il raid Doolittle


Il morale a volte più delle armi. Fu quello che pensarono i comandanti americani quando progettavano il Raid Doolittle (dal nome del comandante James Harold Doolittle) su Tokyo. Nel 1942 il Giappone era al massimo della sua potenza, ma per gli americani c’era da vendicare l’affronto di Pearl Harbor. Per questo gli Stati Uniti cominciarono a lavorare su bombardieri capaci di decollare da portaerei, fino a riuscirci. Il 18 aprile, 16 bombardieri B25 decollarono dalla USS Home e, grazie all’effetto sorpresa, intorno a mezzogiorno e mezza riuscirono a bombardare la capitale giapponese, per poi atterrare in Cina. I danni materiali arrecati alla città non furono rilevanti, ma assi più profonda si rivelò la ferita inferta all’orgoglio imperiale nipponico.
I B-25 stivati sul ponte di volo dellaHornet durante il viaggio

           
UNA SUPERIORITA’ DECISIVA IN EUROPA. Gli aerei americani B-17 e B-24 erano abbastanza armati e veloci da poter compiere azioni diurne (i britannici invece preferivano attaccare di notte); inoltre disponevano di rudimentali computer come il sistema di puntamento Norden, che permetteva di colpire bersagli specifici (o almeno di avvicinarsi loro più di quanto fosse possibile a chiunque altro per l’epoca). Una ulteriore svolta avvenne alla fine del 1943: fino ad allora i bombardieri avevano dovuto raggiungere la Germania da soli, mentre l’introduzione del caccia P51 Mustang a lungo raggio fornì agli stormi di bombardieri un’eccellente servizio di scorta fin nel cuore dei territori nemici. Anche gli aerei americani parteciparono alle devastanti incursioni che colpirono in particolare le città di Amburgo, Dresda e Berlino, benché l’iniziativa fosse stata britannica. Sul fronte occidentale, per quanto il ruolo dei bombardieri sia stato predoominante e decisivo, i velivoli dell’Aviazione furono impiegati anche per le azioni dei paracadutisti nonché per il fondamentale ruolo di garantire la superiorità aerea in combattimento,regalando di fatto alle truppe di terra la vittoria. Non ci fu azione nella riconquista dell’Europa che non vide un ruolo determinante dell’arma aerea, con i bombardamenti sulle linee nemiche e il supporto dei caccia. Da Montecassino alla Normandia fu la superiorità aerea a vincere la guerra.
 North American P-51 Mustang.JPG

P-51D del 375th Fighter Squadron, 361st Fighter Group

PORTAEREI PROTAGONISTE NEL PACIFICO. Sul fronte del Pacifico, insieme all’USAAF un grande ruolo fu svolto dall’Aviazione della Marina e dalla componente aerea dei Marines. La grande campagna del Pacifico fu soprattutto un immenso scontro aeronavale. Nel maggio 1942 si combatté la Battaglia del Mar dei Coralli, che fu la prima nella quale tutto l’onere fu assunto dagli aerei, mentre le flotte statunitensi e giapponesi non arrivarono mai a vedersi né a scambiarsi un colpo di cannone. Da allora in poi fu sempre così, tanto che le portaerei assunsero un ruolo da assolute protagoniste nella guerra del Pacifico, mentre scemò l’importanza delle corazzate. Quello di combattere le navi nemiche e i relativi aerei di scorta fu dunque uno dei ruoli principali dell’Aviazione a oriente, ma non mancò quello del supporto alle operazioni di terra, in particolare agli sbarchi che gli americani conducevano di isola in isola.
I velivoli furono dunque impegnati in fondamentali operazioni di martellamento delle difese giapponesi, nonché in azioni di superiorità aerea, attacco al suolo e supporto alle truppe di terra contro le forze nemiche, spesso composte tanto da fanti di artiglieria trincerata, quanto di navi e aerei di supporto. Un aspetto da notare è che l’aspetto strategico delle isole da parte dei comandi americani in base alle piste aeree da occupare per permettere ai grandi bombardieri americani di estendere il proprio raggio di azione contro l’aerea controllata dal nemico, fino al Giappone stesso. Anche a est, infatti, i bombardieri giocarono un ruolo importante. Gli Stati Uniti condussero sull’arcipelago nipponico una campagna aerea di bombardamenti a tappeto equivalente e altrettanto devastante di quella perpetrata in Europa contro la Germania. E anche stavolta ottennero il risultato voluto, perché il contributo dell’Aviazione alla vittoria finale della guerra fu determinante attraverso la distruzione delle infrastrutture nemiche. È poi solo il caso di ricordare che furono due specialissimi bombardamenti a porre fine al conflitto: nell’agosto del 1945 due bombardieri B-29 americani sganciarono le bombe atomiche si Hiroshima e Nagasaki. E cambiò il mondo.

MARINA.

Un’altra flotta USA: i mercantili corazzati liberty.
SS John W Brown.jpg
La John W. Brown nel 2000
L’industria americana diede il meglio di sé nel contribuire alla vittoria con la realizzazione di naviglio commerciale per i rifornimenti all’Europa. Il bilancio del conflitto si può anche riassumere in questo dato: per quanto sia stata grande la determinazione degli U-Boot tedeschi nel colpire i mercantili nemici, gli Alleati conclusero la guerra con più navi di quante ne avessero all’inizio, perché gli Stati Uniti ne produssero una quantità immensa. La flotta mercantile statunitense passò dalle 4268 navi del 1942 alle 12875 navi del 1945. Parte del merito andò alle navi Liberty, navi mercantili realizzate con la tecnica della prefabbricazione e assemblaggio che sfruttava la pratica della catena di montaggio e l’uso della saldatura al posto della chiodatura. In questo modo una nave capiente ed efficiente veniva realizzati in pochi giorni. Alla fine della guerra gli Stati Uniti ne avevano circa tremila unità (e ne persero solo il 10%). Si trattava di mercantili corazzati da 7200 tonnellate, per la cui realizzazione dall’inizio dei lavori al varo bastavano 60 giorni. Sulle navi mercantili venne trasportato qualsiasi tipo di equipaggiamento, dai camion ai carri armati, dagli aerei ai muli e cavalli, passando ovviamente per munizioni, cibo e tutto il necessario al prosieguo dei combattimenti.

Dopo la Prima guerra mondiale, gli Stati Uniti erano stati fra i promotori degli accordi per il disarmo navale che poneva forti limitazioni alla costruzione e alla potenza delle navi militari. Fu però proprio la Marina il settore che gli americani svilupparono di più negli anni Trenta, soprattutto a partire dal programma di adeguamento lanciato nel 1933. oltretutto lo spirito isolazionista che dominava in quegli anni aveva fatto sì che come unica minaccia strategica venisse preso in considerazione l’attacco al territorio nazionale da parte di una flotta di invasione, così le difese furono strutturate di conseguenza. Allo scoppio della guerra in Europa, fu la Marina la prima arma cui Washington pose mano, presentando la Legge per la Protezione navale dei due Oceani e avviando una forte espansione navale. Il personale passò dai circa 126mila addetti del settembre 1939 ai 330mila del dicembre 1941, al 1.260.000 del dicembre 1942 sino ai 3.220.000 del dicembre 1944. Vennero convertiti impianti industriali e costruiti dal nulla cantieri navali. Crebbe così in misura esponenziale anche la flotta militare statunitense. La U.S Navy, il cui comando faceva parte del consiglio ristretto del presidente degli Stati Uniti, giocò un ruolo fondamentale nella guerra, ma il suo impiego fu molto diverso tra il fronte euro-atlantico e quello del Pacifico. In Occidente le navi americane furono impegnate soprattutto in due compiti fondamentali: la difesa dei convogli e le operazioni di sbarco. Nel novembre del 1942 dalle coste americane partì la flotta di invasione che dopo due settimane di viaggio avrebbe condotto l’operazione Torch sulle spiagge del Marocco. Da allora le tecniche di sbarco vennero perfezionate e risultarono determinanti in Europa: nel luglio 1943 la Marina sbarcò le forze Alleate in Sicilia, e in seguito in Italia si agì allo stesso modo a Salerno e ad Anzio. Ma lo sbarco più celebre sul fronte occidentale è ovviamente quello in Normandia, la più grande operazione anfibia mai vista fino ad allora. Furono impiegate cinquemila navi, e tra queste un ruolo decisivo lo ebbero senza dubbio i mezzi appositamente inventati in America per questo tipo di azioni: i mezzi da sbarco, ciascuno specializzato nel trasporto di soldati per i primi attacchi, truppe per gli arrivi successivi, carri armati, equipaggiamenti e rifornimenti. Caratteristiche di questi mezzi era la chiglia piatta per raggiungere direttamente la spiaggia dopo essersi staccate dalle navi madri. Per quando riguarda i soldati a bordo fossero fanti o marines (nel Pacifico), i mezzi erano operati dalla Marina. Questa aveva creato apposite unità (dette Seabees) per gestire tutta la logistica degli sbarchi e dirigere il traffico, l’equivalente del Genio, in grado di costruire dal nulla interi porti artificiali.

I mezzi in dotazione alla marina.

USS IOWA


TIPO Nave da battaglia
CLASSE Iowa
DISLOCAMENTO 45.00 t.
LUNGHEZZA 271,27 m
LARGHEZZA 32,92 m
VELOCITA’ 33 nodi
EQUIPAGGIO 2.780 uomini
ARMAMENTO 9 cannoni da 406,50 mm, 20 cannoni da 127 mm, 80 cannoni AA da 40-56 mm, 49 mitraliere AA da 20-70 mm.
USS WICHITA
USS Wichita CA-45.jpg
 USS Wichita (CA-45), 22 April 1942

TIPO Incrociatore pesante
CLASSE Wichita
VARO 1937
DISLOCAMENTO 14000 t
LUNGHEZZA  189,7 m
LARGHEZZA 21,8 m
VELOCITA’32 nodi
EQUIPAGGIO 1.569 uomini
ARMAMENTO 2 cannoni da 203 mm, 8 cannoni da 127 mm, 2 pezzi da 47 mm, 8 mitragliatrici da 12, 7 mm
USS BELLEAU WOOD
USS Belleau Wood (CVL-24) underway on 22 December 1943 (NH 97269).jpg

TIPO Portaerei leggera
CLASSE Independence
DISLOCAMENTO 14000 t 
LUNGHEZZA 189,7 m
LARGHEZZA 21,8 m
VELOCITA’ 32 nodi
EQUIPAGGIO 1.569 uomini
ARMAMENTO 26 pezzi da 0 mm, 21 pezzi da 20 mm, 45 aerei
USS YORKTOWN
 USS Yorktown (CV-5) anchored in Hampton Roads on 30 October 1937.jpg

TIPO Portaerei
DISLOCAMENTO 25.893 t a pieno carico
LUNGHEZZA 246,7 m
LARGHEZZA 32 m
VELOCITA’ 32,5 nodi
EQUIPAGGIO 2.200 uomini
AEREI 90
USS ENTERPRISE


TIPO Portaerei
DISLOCAMENTO 27.500 t a pieno carico
LUNGHEZZA 246, 7 m
LARGHEZZA 32 m
VELOCITA’33 nodi
EQUIPAGGIO 2.919 uomini
AEREI 90
USS ESSEX
USS Essex (CV-9) - January 1960.jpg

 La USS Essex, in una foto del dopoguerra, nella quale è evidente come fosse stata già dotata del ponte di volo angolato
TIPO Portaerei
CLASSE Essex
DISLOCAMENTO 40.000 t
LUNGHEZZA 270 m
LARGHEZZA 34 m
VELOCITA’ 28 nodi
EQUIPAGGIO 2.400 uomini
ARMAMENTO 16 cannoni contraerei da 127 mm (affusti singoli), 60 mitragliere da 40 mm
AEREI 91
USS GATO
USS Gato;0821235.jpg

TIPO Sommergibile
DISLOCAMENTO 2.460 t in immersione
LUNGHEZZA 93,6 m
LARGHEZZA 8,31 m
VELOCITA’ 9 nodi in immersione, 20 nodi in emersione 
EQUIPAGGIO 80 uomini
ARMAMENTO 1 cannone AA da 76-50 mm, 2 mitragliere AA da 12,7 mm, 2 mitragliatrici da 7,62 mm, 10 tubi lanciamissili da 533 mm
LANDING CRAFT INFANTRY

Invasion Training in England 02.jpg
TIPO mezzo da sbarco per fanteria
DISLOCAMENTO 209 t
LUNGHEZZA 48,3 m
VELOCITA’ 15,5 nodi
EQUIPAGGIO 29 uomini
CARICO 209 soldati o 75 t
LANDING CRAFT TANK  


TIPO Mezzo da sbarco per carri armati
DISLOCAMENTO 209 t
LUNGHEZZA 48,3 m
VELOCITA’ 15,5 nodi
EQUIPAGGIO 12 uomini
CARICO  6 carri armati da 40 t o 9 carri armati da 30 t
USS ARIZONA
 USS Arizona (BB-39) - NH 57658.jpg

TIPO Corazzata
DISLOCAMENTO 31.400 t
LUNGHEZZA 185 m
LARGHEZZA 32 m
VELOCITA’ 21 nodi
EQUIPAGGIO 93 ufficiali e 1.639 marinai
ARMAMENTO 12 cannoni da 356,45 mm, 22 cannoni da 127,51 mm, 4 cannoni da 76,50 mm, 2 lanciasiluri da 533 mm

LA GUERRA DEI CONVOGLI. Decisiva per l’esito del conflitto fu la guerra dei convogli, vale a dire lo scontro lungo le rotte marittime (specialmente dell’Oceano Atlantico) per portare i rifornimenti e gli equipaggiamenti dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna e alla Russia, e poi per trasportare in Europa anche soldati e mezzi americani, tutte operazioni che allora avvenivano su navi e non su aerei. La Battaglia dell’Atlantico per gli Stati Uniti cominciò addirittura prima dell’entrata ufficiale in guerra, in quanto erano spesso navi e prodotti americani quelli che viaggiavano verso la Gran Bretagna e lungo la rotta venivano minacciati dai sottomarini tedeschi. Per questo, già prima di Pearl Harbor si verificarono alcuni scontri tra navi militari americane e U-Boot tedeschi. Con l’ingresso ufficiale degli USA nella guerra, i tedeschi acquisirono un iniziale vantaggio, perché i loro sommergibili poterono andare a caccia di mercantili isolati anche lungo le coste americane. Ma presto la US Navy si riorganizzò e insieme alla flotta britannica iniziò a organizzare convogli ben scortati. Divenne determinante il ruolo delle navi di scorta, che furono in gran parte americane, nel senso che anche quelle britanniche erano spesso di produzione americana. A creare una superiorità sui temibili U-Boot tedeschi contribuirono i progressi tecnologi sviluppati soprattutto dagli Stati Uniti. Le navi moderne infatti venivano tutte dotate di radar e di sonar, nonché di efficaci bombe di profondità.
Inoltre gli Stati Uniti realizzarono un numero enorme di portaerei di scorta (classificate CVE, Carrier Vessel Escort), spesso mercantili riadattati ma comunque efficaci nel portare un numero di aerei sufficiente a individuare in tempo i sommergibili nemici e anche ad attaccarli con bombardamenti aerei. Le portaerei di scorta erano grandi circa un terzo delle unità standard, avevano la velocità dei migliori mercantili e ospitavano tra i venti e i trenta aerei, prevalentemente in funzione anti-sommergibile. Oltre a difendere i convogli, le CVE furono usate per trasportare aerei attraverso gli oceani. Queste navi (che si distinsero in un ruolo analogo anche sul fronte del Pacifico) furono realizzate tutte a guerra in corso, con numeri impressionanti: gli Stati Uniti avevano cominciato la guerra nel 1941 con otto portaerei classiche e un po’ antiquate, rischiando anche di perderne una quota significativa a Pearl Harbor, ma per loro fortuna quel 7 dicembre 1941 non erano in porto; alla fine del conflitto avevano messo in mare 143 portaerei, di cui venti maggiori, 10 leggere e il resto portaerei di scorta, 38 delle quali vennero trasferite alla Marina britannica.     
Portaerei di scorta, classe Long Island
   

Marine, il soldato-simbolo americano.
Fra i protagonisti dell’immaginario della Seconda guerra mondiale, i Marine hanno sempre rappresentato un Corpo autonomo fondato nel 1775, nel 1834 furono inseriti nel Dipartimento della Marina, lavorando fianco a fianco con la Marina statunitense ma restandone autonomi. Proprio in prossimità del secondo conflitto mondiali ci furono tentativi per riassorbire i Marine nelle altre strutture, ma il loro eccezionale comportamento durante la guerra fece sì che nel 1947 Washington votasse una legge per l’indipendenza dell’United States Marine Corps. I Marine furono destinati all’impiego quasi esclusivo nel teatro del Pacifico: in Europa la loro presenza fu limitata e circoscritta ad azioni speciali; anche gli sbarchi furono condotti da unità dell’Esercito, a cui team dei Marine fornirono l’addestramento necessario. Nella lotta contro il Giappone i Marine ebbero modo di essere utilizzati al meglio delle loro capacità, cioè dando vita a operazioni anfibie per la riconquista delle isole che erano state occupate dai giapponesi. La strategia scelta dai comandi americani prevedeva il salto da un’isola all’altra, valorizzando al massimo le specializzazioni dei fanti di marina, che presto conquistarono anche l’immaginario collettivo e vennero identificati con il soldato-tipo delle forze americane. Ma questo non vuol dire che essi ebbero vita facile, anzi.
I Marine furono impegnati nelle più aspre battaglie del teatro del Pacifico: Guadalcanal, Bougainville, Tarawa, Peleliu, Iwo Jima e Okinawa. In alcuni casi dovettero vedersela da soli per settimane contro i soldati dell’esercito giapponese, ben trincerati e determinati a combattere fino alla morte. I Marine disponevano di una loro aviazione e di mezzi navali, benché per il grosso degli sbarchi contassero sulla Marina. I soldati in virtù del loro impiego tattico disponevano di un equipaggiamento leggero, non avevano armi pesanti e contavano molto sull’apporto dei loro aerei, non a caso specializzati in attacchi al suolo. Anche l’Aviazione dei Marine era autonoma ma integrata con la Marina così da operare dalle portaerei; arrivò a contare 118mila arruolati. I Marine crearono anche una propria unità di paracadutisti, che si distinse conquistando molte medaglie ma non effettuò mai alcun lancio. Dalle due Brigate che contava inizialmente (19500 effettivi, compresi ufficiali e personale di supporto) l’US Marine Corps arrivò a schierare sei divisione e cinque squadroni aerei, più venti battaglioni di difesa (i marine si occupavano anche della difesa a bordo delle navi, nonché della sicurezza di basi e ambasciate). Nel Corpo durante la guerra furono arruolati 600mila uomini e donne, facendo registrare alla fine 20mila morti e 67mila feriti.  

BATTAGLIE NAVALI A DISTANZA. Le portaerei leggere (CVL) nacquero per l’urgenza seguita alla perdita di tre unità principali nella guerra del Pacifico. Le classi Indipendence eWright vennero realizzate a partire da scafi di incrociatori leggeri già in corso di costruzione. Esse erano destinate a rafforzare le Task Force navali in cui era organizzata la Marina militare statunitense, di solito intorno alle portaerei di flotta (cioè le maggiori) e alle corazzate. Da notare che all’inizio della guerra gli Stati Uniti, al pari delle altre potenze, avevano ancora puntato sulle corazzate come principali navi da battaglia, ma, soprattutto nel Pacifico, si resero presto conto di come l’equilibrio in mare stava cambiando a tutto vantaggio delle portaerei. Benché la forza navale statunitense si incrementò anche con diverse corazzate (dalla South Dakota alla Iowa), con gli incrociatori pesanti delle classi Baltimore e Alaska, gli incrociatori leggeri delle classi Brooklyn e Cleveland, e con i cacciatorpediniere della classe Fletcher, la costruzione di portaerei divenne una priorità. Così, se nell’autunno 1942 erano rimaste solo le portaerei Saratoga, Enterprise e Ranger in servizio sui mari, alla fine del 1943 le portaerei operative dei vari tipi erano diventate oltre 50. senza portaerei la guerra nel Pacifico durante gli anni 1941-1945 sarebbe stata del tutto diversa. Furono le battaglie aereonavali a risultare decisive per l’esito del conflitto in quel teatro. Nel maggio 1942 , nel Mar dei Coralli avvenne il primo scontro navale della storia in cui le navi avversarie non si vedevano, ma tutto l’onere della battaglia ricadeva sugli aeroplani che fecero il loro dovere: oltre a seri danneggiamenti, fu affondata una portaerei per parte. In tutta la guerra quasi tutte le portaerei statunitensi, giapponesi e britanniche, furono affondate per merito di aerei decollati da altre portaerei.
Sempre nel Pacifico fu molto importante anche la guerra sottomarina. Gli Stati Uniti applicarono al Giappone quello che U-Boot tedeschi facevano nell’Atlantico. Gli Americani infatti decretarono una guerra indiscriminata attaccando tutte le navi dirette ai territori giapponesi. I sommergibili USA mutuarono dai tedeschi anche la tattica dei “branchi di lupi”, cioè l’attacco a gruppi. Eppure all’inizio il Giappone era in lieve vantaggio in quanto a sottomarini: nel 1941 ne aveva 60 contro 55 e a differenza degli americani non doveva preoccuparsi dell’Atlantico. Ma anche in questo settore a vincere fu soprattutto l’industria americana: fino alla fine della guerra gli Usa produssero il doppio di nuovi battelli rispetto ai nipponici, 204 contro 106. Inoltre Tokyo perse un numero di scafi molto superiore a Washington, nonostante questa combattesse su più fronti: 125 contro 54. I sommergibili statunitensi furono responsabili della perdita del 55% dei mercantili giapponesi, contribuendo in modo determinante al tramonto del Sol Levante.

Le 10 battaglie più importanti degli americani.
Due di queste battaglie Midway e Golfo di Leyte sono state già trattate nei rispettivi capitoli in questo blog.  Seguiranno le altre battaglie.

MIDWAY, OCEANO PACIFICO 4-6 giugno 1942.

Presso le isole Midway i giapponesi cercarono di attirare in trappola la flotta statunitense per dargli il colpo di grazia dopo Pearl Harbor. Gli ammiragli americani accettarono la sfida. E in pochi minuti cambiarono le sorti della Guerra nel Pacifico. La possente flotta giapponese infatti non riuscì a intercettare quella americana, mentre furono i velivoli delle portaerei Enterprise e Yorktown a piombare in picchiata sulle portaerei giapponesi. In appena cinque minuti ne ridusse tre in rottami fumanti. Dalla Hiryu partì un contrattacco aereo, che riuscì a individuare la Yorktown e la mise a sua volta fuori gioco. Fu l’ultima impresa di quella portaerei giapponese perché altri Dauntless della Enterprise  la raggiungessero e la distrussero. A quel punto la flotta giapponese optò per la ritirata.
GUADALCANAL, ISOLE SALOMONE, 7 agosto 1942-9 febbraio 1943
Marines rest in the field on Guadalcanal.jpg

Marines della 2ª Divisione si riposano durante una pausa nei combattimenti sull'isola di Guadalcanal (novembre 1942).
Fu l’inferno nella giungla, ma la battaglia di Guadalcanal fu anche una delle battaglie più decisive della Seconda guerra mondiale, perché rappresentò l’evento di svolta nello scontro tra le forze statunitensi e quelle giapponesi: la prima azione di riconquista di un territorio dopo la travolgente ondata di invasioni nipponiche. L’operazione fu lunga, complicata  e drammatica, anche per le condizioni dell’ambiente naturale, ma in questa occasione emersero con evidenza la volontà e l’intraprendenza dei Marine, i quali già il primo giorno conquistarono il loro obiettivo, una pista aerea che poi difesero strenuamente nelle settimane successive pur essendo isolati. Poi in novembre le navi americane riconquistarono il controllo del mare e portarono i rinforzi che fecero vincere la battaglia. 
CAMPAGNA DI TUNISIA, NORD AFRICA 17 novembre 1942 – 13 maggio 1943
American troops landing on the beach at Arzeu.jpg
Truppe statunitensi sbarcano presso Orano

La prima azione condotta dagli Stati Uniti in Occidente fu l’operazione Torch, lo sbarco in Marocco e in alcune località algerine, dopo il quale si ottenne rapidamente il cambio di campo delle colonie francesi. restava ancora la Tunisia, dove si erano asserragliate le truppe dell’Asse, spinte via da Egitto e Libia dall’8a armata britannica di Montgomery. Lo scontro in Tunisia fu però più duro del previsto. A dicembre il contrattacco tedesco mise in grande difficoltà gli americani. I leader alleati si unirono a Casablanca e si resero conto della necessità di riorganizzare il fronte d’attacco, costituendo finalmente un comando supremo alleato (Allied Force Headquarters, o AFHQ) affidato al generale Eisenhower. Le forze dell’Asse però colpirono ancora con la vittoria del passo di Kasserine, ma alla fine l’ondata montante delle truppe Alleate, supportata da una schiacciante superiorità aerea, si dimostrò inarrestabile. Tunisi cadde il 7 maggio

SBARCO IN SICILIA, ITALIA 10 luglio – 17 agosto 1943

Il piano di sbarco e la dislocazione delle forze italo-tedesche in Sicilia
Vinta la guerra in Africa, le forze anglo-franco-americane ancora non erano riuscite a mettere piede in Europa. L’operazione “Husky” fu la prima azione di guerra terrestre sul suolo del Vecchio Continente. Per lo sbarco in Sicilia furono radunate tremila navi. Agli americani spettava occuparsi del teatro della parte occidentale dell’isola: in campo c’era la VII Armata del generale George Patton. Il giorno dello sbarco il tempo non fu clemente e le azioni aviotrasportate non ebbero buon esito. Procedettero meglio le azioni anfibie, con lo sbarco delle truppe avvenuto senza eccessivi contrasti. Consolidate l teste di ponte sull’isola e fatte affluire ingenti rinforzi, Patton – i cui soldati si macchiarono di atti feroci verso i prigionieri italiani – occupò Palermo e poi si diresse a est lungo la costa, operando nuove operazione anfibie ogni volta che ritenesse utile aggirare capisaldi difensivi dell’Asse. Il 17 agosto raggiunse Messina. 
       
SBARCO DI ANZIO, ITALIA 22 gennaio-26 maggio 1944

Per aggirare le ostiche difese tedesche, in particolare quelle incentrate sulla linea Gustav e imperniate su Monte Cassino (dove era impegnata la 5a Armata statunitense del generale Mark Clark), e per facilitare la presa di Roma, il comando Alleato decise di effettuare uno sbarco tra Anzio e Nettuno (operazione Shingle). Fu il VI Corpo d’Armata statunitense, guidato dal generale John Lucas, a effettuare con successo lo sbarco approfittando della sorpresa iniziale dei nemici. Già la stessa notte del 22 gennaio 27mila americani, 9mila britannici e 3mila veicoli avevano occupato la testa di sbarco, larga 25 chilometri e profonda dai 4 ai 6. quel primo giorno furono registrate solo tredici vittime. Poi però il generale tedesco Albert Kesselring riuscì a organizzare tanto la resistenza che i contrattacchi e così bloccò gli americani nella loro testa di ponte, da cui riuscirono ad uscire solo dopo aver conquistato Cassino.
SBARCO DI NORMANDIA, FRANCIA  6 giugno 1944

Gli americani e i loro Alleati si erano preparati a lungo per quella che ritenevano l’operazione più importante della guerra. Con lo Sbarco in Normandia avrebbero rimesso piede in Francia. Già la notte del 5 giugno i primi paracadutisti anglo-americani cominciarono ad atterrare in Francia, per preparare lo sbarco che iniziò poco dopo. La più grande operazione anfibia della storia fu anche un’enorme operazione aerea e di forze speciali. All’alba del 6 giugno oltre 5mila navi provenienti dall’Inghilterra coprì il mare. Dalle imbarcazioni si staccarono i mezzi da sbarco che in più ondate si riversarono sulle spiagge. Per gli americani gli obiettivi furono quelle denominate Utah e Omaha, mentre gli anglo-canadesi si occuparono di Sword, Juno e Gold. In totale, nei giorni successivi gli americani portarono nel nord della Francia 13 divisioni di fanteria, 5 divisioni corazzate e 2 divisioni aviotrasportate. 
BATTAGLIA DEL GOLFO DI LEYTE, FILIPPINE 23-26 ottobre 1944.
Musashi under fire.jpg

24 ottobre 1944: la nave da battagliagiapponese Musashi sotto il fuoco degli aerei statunitensi della Task Force 38.
La riconquista delle Filippine aveva una valenza strategica, dal momento che fungevano da base aerea e navale naturale per controllare le rotte tra il Giappone e l’Asia sud-orientale. Per questo i giapponesi gettarono nello scontro gran parte della flotta superstite. Fu questo che rese lo scontro di Leyte la battaglia navale più grande della storia moderna. Fu anche la battaglia in cui per la prima volta i nipponici utilizzarono in modo organizzato gli squadroni kamikaze. I giapponesi tentarono di attirare lontano la maggior parte delle navi combattenti americane, ma gli statunitensi avevano navi sufficienti per impegnare tutte le squadre nemiche, senza doverne trascurare alcuna. Un gruppo navale nipponico riuscì comunque a penetrare all’interno del Golfo di Leyte, trovandovi solo tre gruppi di portaerei di scorta, armati soprattutto di aerei antisommergibile: lì avrebbero potuto vincere, ma poiché era notte e l’indemoniata potenza di fuoco delle non grandi unità statunitense fece credere ai giapponesi di avere di fronte il grosso delle forze nemiche. Così i nipponici si ritirarono.  
BATTAGLIA DELLE ARDENNE, FRANCIA 16 dicembre 1944-28 gennaio 1945.

Truppe statunitensi in marcia nella regione di Saint-Vith.
Nella Battaglia delle Ardenne (che gli anglo-americani chiamano Battle of the Bulge) i tedeschi lanciarono la loro maggiore controffensiva in Francia dopo lo Sbarco in Normandia, sperando ancora di poter capovolgere le sorti della guerra. In effetti gli Alleati furono totalmente sorpresi dall’attacco tedesco, che inizialmente riuscì in più punti a sfondare in profondità. Ma inesorabilmente le forze americane ripresero il controllo della situazione e del territorio, dopo che le truppe della 1a Armata americana erano riuscite a rallentare l’avanzata tedesca. a Bastogne, nodo cruciale di tutta l’operazione,  rimasero intrappolate numerose unità americane fra cui si distinsero le truppe aviotrasportate, le quali riuscirono da sole a resistere per settimane all’assedio nemico. il 26 dicembre la III Armata di Patton raggiunse Bastogne e, seppur lentamente, la controffensiva americana proseguì inesorabile fino al Reno.   
IWO JIMA, GIAPPONE, 19 febbraio-26 marzo 1945.
L'isola di Iwo Jima con i tre aeroporti (il terzo in costruzione), la stazione meteorologica e le principali vie di comunicazione
Un’isola non più larga di 4 chilometri, con un solo rilievo alto appena 169 metri. Eppure la battaglia di Iwo Jima, che rappresentò l’epopea dei Marine e incarna uno dei simboli della vittoria americana grazie alla fotografia in cui viene issata la bandiera a stelle e strisce, fu un atroce e prolungato massacro, l’unica battaglia in cui gli americani ebbero più caduti dei giapponesi, 26mila contro 21mila. L’isola di Iwo Jima insieme a quella di Okinawa strategicamente erano luoghi ideali per collocare le basi aeree per colpire il Giappone con i bombardieri B29. il generale Kuribayashi aveva fortificato l’isola, scavando una complessa rete di grotte e di gallerie della lunghezza di oltre 20 chilometri, puntando su una strategia di resistenza e logoramento. Fu contro questa barriera sotterranea che si dovette andare a infrangere l’ondata dei Marine, che dopo essere sbarcati sull’isola il 19 febbraio rimasero a lungo inchiodati sulla spiaggia, sotto il fuoco di artiglierie e mitragliatrici. Nelle settimane successive dovettero conquistare palmo a palmo ogni anfratto dell’isola, mentre anche in mare infuriava la battaglia, che infine arrise agli americani.    
OKINAWA, GIAPPONE, 1 aprile-2 luglio 1945
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Un Marine cerca riparo dal tiro di una mitragliatrice giapponese nel settore soprannominato "Death Valley"

La battaglia di Okinawa può essere considerata la più grande battaglia della storia fra quelle combattute contemporaneamente in terra, cielo e mare. L’isola era stata massicciamente fortificata dai giapponesi per resistere il più a lungo possibile mentre la flotta d’invasone veniva bersagliata dagli aerei basati a Taiwan e nel Giappone meridionale. E così fu: continue ondate di 150-200 aerei giapponesi misero in seria difficoltà la gigantesca flotta statunitense, anche con un susseguirsi di attacchi kamikaze. Intanto a terra, la X armata statunitense formati da fanti e Marine viene inchiodata nel centro dell’isola dalla 32a armata giapponese trincerate nelle alture a sud e impegnata in assalti sanguinosi, che coinvolsero anche la popolazione civile come fino ad allora non era accaduto se non nei bombardamenti. Gli americani fra morti e feriti contarono 50mila vittime, persero  768 aerei di vaio tipo e contarono 36 navi affondate e 368 gravemente danneggiate. Però alla fine l’isola strategica era stata conquistata, ma il prezzo era stato così alto che incise sulla decisione di usare le bombe atomiche per limitare le proprie perdite. 


Le nuove armi che cambiarono le sorti del conflitto.
La guerra fu decisa anche dalla tecnologia e da nuove armi. Gli Stati Uniti, rispetto ad altre potenze come la Germania, adottarono un atteggiamento stranamente conservatore, pur contando su una ricerca tecnologia avanzata. D’altro canto, furono gli USA a inventare l’arma che oltre a determinare la fine della guerra segnò poi tutta la storia successiva, fino ad oggi: la bomba atomica, senz’altro il prodotto più sconvolgente di tutto il conflitto. A questo caso eclatante gli americani hanno affiancato alcuni avanzamenti che hanno determinato l’efficacia e affidabilità di armi caratterizzate da buona qualità: un esempio il ruolo decisivo giocato dai caccia Mustang quando raggiunsero un’autonomia di volo sufficiente a fare da scorta ai bombardieri in Europa, una altro è il fucile Garand, semplice ma così efficace da essere sopranominato il fucile che ha vinto la Seconda guerra mondiale.
LE SUPERFORTEZZE
B29
B29.maxwell.750pix.jpg
TIPO bombardiere
EQUIPAGGIO 10-14
MOTORI 4 radiali Wright R-3350 turbocomplessi.
LUNGHEZZA 30,18 m
APERTURA ALARE 43,05 m
ALTEZZA 8,46 m
SUPERFICE ALARE 161,6 Mq
Peso 54 T Carico
VELOCITA’ 576 km h
ARMAMENTO fino a 9 t bombe, 12 mitragliatrici Browning M2 calibro 12,7 mm, un cannone calibro 20mm nella cda

I grandi bombardieri americani furono decisi per l’esito del conflitto. Il quadrimotore  B29  entrò in azione sul finire della Seconda guerra mondiale e venne impiegato solo sul fronte del Pacifico. Si trattò del progetto tecnologico militare più costoso di tutto il conflitto e del più grande e avanzato aereo schierato dagli Alleati nella guerra. La Difesa cercava bombardieri dal raggio più lungo possibile: così nacque il B29, che aveva un raggio operativo di 4500 chilometri, con la capacità di trasportare fino a 9 tonnellate di bombe, un record. In un anno di guerra contro il solo Giappone questi bombardieri parteciparono a 34mila missioni d’attacco. Ai B29 venne inoltre affidato il compito di trasportare e lanciare le prime bombe atomiche. Segnarono diverse novità tecnologiche come la cabina interamente pressurizzata  e i computer analogici per comandare dal remoto le mitragliatrici. Di fatto furono i progenitori dei bombardieri strategici .
I FUORISTRADA AVIOLANCIABILI
Covered Willy's jeep Wings Over Wine Country 2007.JPG
JEEP FOR-WILLYS
TIPO 4x4 aviolanciabile
EQUIPAGGIO 2+4 Passeggeri
MOTORE Willys 442 4 cilindri a valvole laterali
LUNGHEZZA 3,33 m
LARGHEZZA 1,575 m
ALTEZZA 1,83 m con il top, riducibile a 1,32m 
PESO 1,105 t
VELOCITA’ 97 km h

La comparsa di una vettura compatta 4x4 utilizzabile per molteplici scopi (la parola jeep deriva dalla pronuncia di GP che stava per General Purpose, traducibile appunto con “uso versatile”) contribuì alle sorti della guerra quanto i mezzi armati. Grazie ad essa, prodotta in centinaia di migliaia di esemplari, gli spostamenti divennero semplici, tanto per gli ufficiali che dovevano percorrere il fronte quanto per le truppe aviotrasportate, dato che le jeep avevano anche una versione aviolanciabile.

IL FUCILE CHE VINSE LA GUERRA
Garand.jpg
M1 GARAND
TIPO fucile semiautomatico
PESO 4,3-5,3 kg
LUNGHEZZA 1100 mm
LUNGHEZZA CANNA 610 mm
CALIBRO7,62 mm
TIRO UTILE 500 m
CADENZA DI TIRO 30 colpi al minuto., di fatto ridotta a 16 a causa del riscaldamento.
Il Garand fu il fucile di ordinanza tanto nell’Esercito che dei Marine statunitensi, fu utilizzato su tutti i fronti e prodotto in migliaia di esemplari. Fu il primo fucile semiautomatico prodotto in grandi quantitativi. Soprattutto all’inizio della guerra “americana”, dal 1941, il Garand assicurava al fante statunitense una chiara superiorità in termini di potenza di fuoco nei confronti dei nemici. Infatti ogni militare armato di questo fucile semiautomatico, che si caricava con clip da otto proiettili, poteva sparare 30 colpi al minuto comprendendo il tempo necessario per il caricamento, cioè più del doppio rispetto alla cadenza di fuoco della maggior parte degli altri fucili disponibili. Il Garand poi si dimostrò molto affidabile e venne impiegato con successo su qualsiasi tipo di terreno operativo, dalla sabbia del deserto nordafricano al fango dell’Europa, dall’umidità e dal caldo delle isole dell’Oceano Pacifico alla pioggia e al gelo dei fronti nordeuropei. Per questo fu soprannominato il fucile vinse la guerra e secondo il generale Patton era il più grande ritrovato bellico mai introdotto. 

IL LANCIARAZZI PORTATILE
Soldier with Bazooka M1.jpg
TIPO Lanciarazzi
PESO 6 kg
LUNGHEZZA 1390 mm
LUNGHEZZA CANNA 60 mm
GITTATA MASSIMA 700 m
TIRO UTILE 200 m

Nella corsa allo sviluppo degli armamenti, i carri armati fecero in poco tempo passi da gigante, mentre i fanti restavano legati ai fucili classici o alle loro versioni anti-materiale, presto rese inutili dalla crescita della corazzatura. Gli eserciti in guerra si misero alla ricerca di un’arma per i fanti: i tedeschi svilupparono il Panzerfaust, gli americani nel 1942 l’M1 Rocket Launcer 2,36
Bazooka. Si trattava di un lanciarazzi che aveva il pregio dell’essenzialità: era praticamente un tubo con impugnature a pistola e grilletto per l’accensione, costruito in funzione del razzo M6A3 calibro 60mm a carica cava, ritenuto adatto a perforare le corazzature dei panzer. 
IL CACCIA DALL’AUTONOMIA RECORD.

I tre tipi di tettuccio utilizzati sul Mustang
P51 MUSTANG
TIPO caccia e caccia-bombardiere
EQUIPAGGIO 1
MOTORE V12 Packerd V-1650-7 Merlin
LUNGHEZZA 9,9 m
APERTURA ALARE  11,9 m
APERTURA ALARE 11,9 m
VELOCITA’ 703 km h
ARMAMENTO 6 mitragliatrici Browning da 12,7 mm, 2 bombe da 227 kg o 8 razzi aria-terra

La svolta portata dall’arrivo di questo caccia nel 1942 derivava dalla sua autonomia, superiore a quella di qualsiasi velivolo di quel tipo prodotto fino ad allora. Poteva restare in aria per sette ore e mezza e questo permise ai caccia che partivano dall’Inghilterra di sorvolare l’Europa fino alla Germania (ma fu operativi anche nel Pacifico) per scortare efficacemente i bombardieri che fino ad allora avevano dovuto percorrere almeno parte dei loro tragitti sprovvisti di aerei di sostegno. I Mustang riuscirono a ridurre di dieci volte la percentuale di perdite nelle missioni aree sulla Germania. Avevano inoltre una aerodinamica innovativa e una velocità superiore agli altri aerei di categoria, senza rimetterci negli altri aspetti, come le prestazioni ad alta quota. Altra caratteristica era la visibilità a 360 gradi, grazie al tettuccio apribile e alla posizione sopraelevata del pilota, i Mustang avrebbero abbattuto in Europa circa 4950 aerei nemici, la metà di tutti gli aerei distrutti dagli americani. Utilizzato inoltre come bombardiere in picchiata, compì migliaia di missioni in Europa con oltre 8mila tonnellate di bombe sganciate tra il 1942 e il 1944.

IL CARRO ARMATO ANFIBIO
M4 SHERMAN DO

Un carro armato britannico M4 Sherman e un aliante da trasportoAirspeed Horsa in Ranville,Normandia, 10 giugno 1944
TIPO Carro armato anfibio
EQUIPAGGIO 5
MOTORE Continental R975
LUNGHEZZA 6,4 m
LARGHEZZA  2,7 m
PESO 31 t
VELOCITA’ 7 km-h in acqua, 39 km-h a terra
ARMAMENTO
1 CANNONE 75-37 mm, due mitragliatrici 7,62 mm, 1 mitragliatrice 12,7 mm

Uno dei problemi degli sbarchi in massa di truppe condotti dagli Alleati era garantire un fuoco di appoggio mirato. C’era il bombardamento aereo e navale delle zone bersaglio, ma non c’erano armamenti tattici sul campo di battaglia. In collaborazione con i britannici in vista dello sbarco in Normandia (ma la soluzione fu ripetuta anche in seguito) vennero allestiti carri armati anfibi. Si trattava degli onnipresenti M4 Sherman, un tank americano già di per sé decisivo per l’esito della guerra grazie alla produzione e alla sua versatilità, che furono attrezzati con uno schermo di tela, ripiegabile, e 36 camere d’aria di gomma, che potevano essere gonfiate in un quarto d’ora grazie a due bombole d’aria. La combinazione di schermo e camere d’aria garantiva il galleggiamento del mezzo, che si muoveva grazie a eliche posteriori. Venne chiamato Duplex Drive (DD) proprio per la doppia trazione, a motore e a elica.
LA BOMBA ATOMICA.
MK 1 LITTLE BOY


TIPO bomba atomica aeronautica all’uranio
PESO 4,037 kg
LUNGHEZZA 3 m
DIAMETRO 71 cm
ESPLOSIVO 64,13 kg di uranio arricchito all’80%

Fu la determinazione suicida dei soldati giapponesi a spingere il presidente americano Truman ad autorizzare l’impiego delle bombe atomiche in Giappone. Truman infatti temeva che una conquista territoriale dell’arcipelago del Giappone sarebbe costata troppo in termine di vite umane, soprattutto fra i soldati a stelle e strisce. Il programma per arrivare alla bomba atomica era comunque iniziato da tempo. Il Progetto Manhattan venne avvitato dal presidente Roosevelt dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor, ma già nel 1939 Albert Einstein in persona aveva messo sull’avviso che la Germania nazista stava studiando un’arma di distruzione di massa e bisognava  quindi batterla sul tempo. Costato più di due o forse tre miliardi di dollari di allora, il progetto coinvolse non solo le migliori menti dell’epoca – in gran parte venute da diversi angoli d’Europa, compreso l’italiano Enrico Fermi,che guidò l’esperimento in cui si ottenne per la prima volta una reazione a catena controllata: la pila di Fermi – ma anche molte decine di migliaia di lavoratori di ogni tipo in tutti gli Stati Uniti. Gli scienziati di spicco di questa ricerca, guidati da Jiulius Roberto Oppenheimer, nel 1943 furono trasferiti nella base segreta del laboratorio nazionale di Los Alamos, in New Mexico. Vennero sviluppati due progetti  paralleli di bomba a fissione: una ad uranio arricchito con l’isotopo U-235, con un sistema di innesco dal funzionamento simile a una pistola, con un proiettile di uranio sparato contro un bersaglio dello stesso materiale; mentre la seconda, più raffinata, usava un meccanismo a implosione, nel quale un nucleo di plutonio veniva compresso da esplosivo ad alto potenziale, in modo da raggiungere la massa critica e scatenare la reazione a catena incontrollata. A questo secondo tipo apparteneva The Gadget, la bomba utilizzata nel Trinity Test all’alba del 16 luglio 1945. Pochi giorni dopo due possenti B29 vennero modificati per trasportare e sganciare gli ingombranti e delicati ordigni, che intanto furono inviati via mare alle basi delle isole Marianne. Lunedì 6 agosto 1945 il bombardiere Enola Gay lanciò la bomba chiamata Little Boy sulla città di Hiroshima, una bomba all’uranio che sprigionò una potenza di 15 chilotoni. Le vittime dell’esplosione furono circa 80mila. Non ci fu neanche il tempo di riprendersi dallo choc che aveva per sempre cambiato il mondo che il 9 agosto la scena  si ripeté. Stavolta la bomba, al plutonio si chiamava Fat Man, il B29 Bockscar e il bersaglio fu il porto di Nagasaki. L’esplosione scatenò 21 chilotoni di potenza provocando decine di migliaia di vittime. Il risultato strategico fu ottenuto: il Giappone finalmente si arrese, senza rendere necessaria la sua invasione.




Articolo in gran parte di Osvaldo Baldacci pubblicato su Storie di guerre e guerrieri Sprea editori. Altri testi e immagini da Wikipedia

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