Mobili fatti ad arte.
Nelle città medievali, i legnaioli erano tra le corporazioni più
forti: sgabelli, tavoli e cassoni che uscivano dalle botteghe dovevano
corrispondere a misure e caratteristiche indicati negli statuti. Ma la loro
creatività spesso andava oltre, producendo veri capolavori.
Prima
dell’anno Mille, in Europa prevaleva un’attività artigiana limitata
all’essenziale, in grado di soddisfare le scarse esigenze dei villaggi di
campagna (dove l’autoproduzione andava per la maggiore) e quella delle corti
signorili e delle residenze dei grandi proprietari. Un cambiamento sostanziale
si produsse quando le professioni artigiane sciolsero il vincolo le legava all’agricoltura, e ciò avvenne al
momento della rinascita delle città e dell’affermarsi di un’economia di scambio
tra il contado e l’urbe.
arte dei maestri di pietra e legname stemma corporazione
L'arte dei maestri di pietra e legname scelse i Quattro santi coronati come loro protettori; secondo la leggenda, Claudio, Nicostrato, Sinfronio e Castorio erano degli scultori romani convertitisi al Cristianesimo e quando si rifiutarono di scolpire una statua di Esculapio per l'imperatore Diocleziano, vennero martirizzati scorticati vivi.
Le statue all'interno della nicchia di Orsanmichele vennero eseguite da Nanni di Banco nel 1408 circa; un curioso aneddoto riporta l'imbarazzo di Nanni quando si accorse che le sue figure non riuscivano ad entrare nello stretto spazio del tabernacolo e dovette perciò chiedere consiglio al più esperto Donatello, che gli offrì il suo aiuto in cambio di una cena offerta ai garzoni della sua bottega; in realtà i quattro personaggi sono stati scolpiti in tre blocchi di marmo, per cui i due personaggi di destra sono stati ricavati da un unico blocco.
IL MESTIERE DEL LEGNO. Le attività
manifatturiere divennero mestieri e si assistette all’esplosione delle
corporazioni. Queste arti si raggruppavano in un nuovo mondo del lavoro basato
sulla specializzazione, che finì per trovare il suo spazio produttivo nella
bottega. Nelle città, tra le arti più forti si affermò quella dei legnaioli,
antenati dei moderni falegnami, sia per il numero degli associati che per la
varietà dei mestieri che comprendeva: dai commercianti delle materia prima ai
produttori dei semilavorati (segatori e piallatori), fino agli esecutori del
prodotto finito (falegnami veri e propri, ma anche intagliatori e
intarsiatori). Senza dimenticare che in un’altra corporazione, quella dei
maestri di pietra e legname, completamente impegnata nell’edilizia, trovavano
posto figure come quelle dei carpentieri, la cui opera si rivelava
indispensabile allo sviluppo urbanistico delle città: la stragrande maggioranza
delle abitazioni, a eccezione di chiese e palazzi, era costruita per buona
parte in legno. Nelle architetture spesso il legno rimaneva nascosto,
dissimulato entro le volte e le coperture degli edifici. Anche per questo, i
lavori di carpenteria necessitavano di grandi abilità e ingegno. Un consumo
supplementare di legname si rendeva inoltre necessario per risparmiare il
ferro, materiale prezioso e raro. Inoltre, a causa della scarsità di travi di
lunghezza sufficiente, i carpentieri si ingegnarono a congiungere i vari
elementi con caviglie o corde, evitando perni e bulloni o fasce metalliche. Le
corde erano costituite da una resina estratta dal tiglio, oppure da rami
flessibili di salice o di quercia. Venivano eseguite legature ben strette,
inserendo dei cunei in legno e tendendo al massimo le funi per rendere la
struttura il più possibile stabile e sicura. Dopo il Mille, le città si
trasformarono in cantieri a cielo aperto: immense fabbriche furono approntate
per l’erezione dei palazzi del potere e delle grandi cattedrali, mentre nei
mercati e nelle vie dedicate alle corporazioni cresceva, tra mercanti e
artigiani, il seme della futura borghesia. La nuova classe sociale lavorava in
bottega e abitava in case nuove, dove all’essenziale arredamento altomedievale
si andavano sostituendo oggetti che dimostravano un gusto più raffinato per il
bello e, quando possibile, anche per il superfluo.
un laboratorio di falegnameria incisione del XVI secolo
LA TASSA SULL’INTAGLIO. I mobili che si
potevano ordinare nella bottega del falegname erano selvatici o isfoggiati:
sotto la prima definizione venivano ricompresi manufatti semplici come
sgabelli, tavoli e cassoni, realizzati con legni poco pregiati e privi di
decorazione; alla seconda appartenevano prodotti la cui costruzione era più
accurata, con la superficie arricchita da intagli, intarsi e scene dipinte.
Agenti incaricati dalle corporazioni di mestiere sorvegliavano da vicino il
lavoro del legnaiolo, verificando che il suo prodotto fosse conforme ai canoni
stabiliti dallo statuto dell’Arte. Solo i mobili in linea con tali
prescrizioni, per dimensioni e caratteristiche, venivano definiti a foggia; gli
altri, concepiti e realizzati per rispondere a richieste di maggior lusso da
parte del cliente, presero il nome di isfoggiati e per realizzarli era necessario presentare
richiesta alla corporazione e versare una tassa particolare. Per esempio, per i
cassoni e i cofani esistevano misure autorizzate, definite di foggia maggiore,
mezzana e minore.
I falegnami lavoravano
contemporaneamente su oggetti raffinati e su altri dal mero valore d’uso, e per
sbarcare il lunario accettavano ogni tipo di richiesta. Per questo avevano un
tipo di clientela molto variegata: dall’ecclesiastico che commissionava lo
stallo del coro della cattedrale, allo sgabello richiesto dell’artigiano, fino
allo scrittoio istoriato per il nobile o il ricco commerciante. Senza però
dimenticare che, fino al Rinascimento, anche nelle magioni più nobili gli
arredi che andavano per la maggiore erano quelli cosiddetti selvatici, come
cassoni (che avevano la funzione di armadi ove riporre le vesti), mobili
semplici e privi di decorazioni; questi prodotti erano spesso ricoperti da
stoffe, tappeti o coperture in cuoio. I mobili di pregio erano invece presenti
perlopiù nelle stanze di rappresentanza, a cui avevano accesso gli ospiti, e
nelle camere da letto.
CHIODI E METALLO. Nella bottega, il
falegname raramente usava la colla (di origine animale) per assemblare le
tavole, che si preferivano inchiodate, oppure assicurate l’una all’altra
mediante incastri (come quello di tenone e mortasa, utilizzato soprattutto per
unire pezzi che formavano un angolo di 90°, oppure quello a canale e
linguetta). L’incastro a coda di rondine, seppure già conosciuto e largamente
utilizzato nell’edilizia dagli Egizi e in età romana, fece la sua ricomparsa in
Europa solo dopo il Quattrocento, quando si diffuse l’utilizzo dei cassetti.
Rinforzare i mobili e
preservarli dall’usura era un compito importante, ottenuto con rinforzi in
metallo, assicurati mediante chiodi alle parti più esposte, prime fra tutte gli
angoli; in altri casi, soprattutto per i cassoni, si preferiva fasciarli interamente
con delle cinture di rinforzo. Quanto agli attrezzi del falegname, si può dire
che il Medioevo si sia prolungato fino alla prima metà del Novecento, quando
ancora si trovavano seghe ad arco, scalpelli per gli intagli, succhielli e
trivelle per i fori, e asce per sgrossare il legno.
Articolo in gran parte
di Marco Dalla Fiora pubblicato su Medioevo misterioso Sprea edizioni. Altri
testi e articoli da wikipedia.
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