sabato 13 ottobre 2018

Gli ebrei in Egitto


Gli ebrei in Egitto.
Gli ebrei vissero a lungo in Egitto lavorando come schiavi, finché intrapresero l’esodo nella Terra promessa sotto la guida di Mosè. Così ci racconta la Bibbia. Ma cosa ci dicono la storia e l’archeologia?

A quanto narra la Bibbia, la storia del popolo ebraico comincia con il patriarca Abramo, spinto da Dio ad accompagnare il popolo di Israele dalla Mesopotamia fino a Canaan, in Palestina, dove gli ebrei vivono sotto la guida dei patriarchi Isacco e Giacobbe. Tuttavia, uno dei figli di quest’ultimo, Giuseppe, si rende protagonista di una svolta radicale. In seguito a una lite con i fratelli, è venduto come schiavo e condotto in Egitto.
Dopo diverse peripezie, Giuseppe porta la famiglia nel paese del Nilo, dove gli ebrei rimarrano 400 anni in schiavitù, fino alla nascita di un bambino, Mosè, scelto da Yahweh per liberare il suo popolo. Sotto la sua guida gli ebrei intraprenderanno una fuga attraverso il mar Rosso e il deserto sino ad arrivare alla Terra promessa.
I primi cinque libri dell’Antico testamento che narrano la storia del popolo eletto furono redatti a partire dal VI secolo a.C., molto tempo dopo i patriarchi Giuseppe e Mosè (vissuti tra il XIX e il XII secolo a.C,). Non possono quindi considerarsi una fonte storica diretta degli eventi, e difatti gli studiosi non hanno trovato alcuna testimonianza archeologi su Mosè, l’esodo o i quattro secoli di schiavitù degli ebrei in Egitto. Questo non significa che si tratti di una storia del tutto immaginaria. Quanto racconta la Bibbia sulla permanenza degli ebrei in Egitto potrebbe essere il riflesso di una lontana realtà storica. Il ricordo degli eventi si sarebbe trasformato con il tempo e avrebbe assunto un significato simbolico. I fedeli, infatti, riconoscono questi racconti come validi principalmente per il loro valore simbolico. In ogni caso, gli episodi biblici manterrebbero dei parallelismo con fatti e personaggi dell’antico Egitto, come mostrato nella teoria presentata qui di seguito.

1552 a.C. Dopo diversi anni di lotta, Amosi riesce ad espellere gli hyksos dall’Egitto.
1550 a.C. La stele della Tempesta allude a piaghe simili a quelle della Bibbia.
1364 a.C. Akhenaton sale al trono d’Egitto. Stabilisce il culto del disco solare Aton (vedi l’articolo la giustizia dei faraoni su questo blog)

XIII secolo a. C. Gli studiosi situano in questo periodo la figura storica di Mosè.
VIII-V secoli a.C. Vengono scritti i libri della Bibbia sulla permanenza degli ebrei in Egitto.
1.      Gli ebrei furono davvero schiavi in Egitto? La storia degli ebrei in Egitto ha inizio con Giuseppe, figlio di Giacobbe. I fratelli, invidiosi, finiscono per venderlo a mercanti che lo portano in Egitto dove, grazie a un colpo di fortuna, diventa visir del faraone. Come visir, Giuseppe ordina di accumulare riserve di grano e salva così gli egizi da una carestia. La famiglia di Giuseppe, invece, patisce la siccità e si reca in Egitto a comprare il grano. Giuseppe concede il perdono ai fratelli e li invita a rimanere con lui: comincia la permanenza ebraica in Egitto.
Questa vicenda riflette una realtà storica: in caso di carestia, la popolazione di Canaan emigrava in Egitto alla ricerca di cibo, perché lì i raccolti erano abbondanti e non dipendevano dalle piogge ma quanto dalle inondazioni del Nilo. Nella Genesi, la Bibbia ricorda gli eventi come le “discese in Egitto” di Abramo o dei figli di Giacobbe.
D’altro canto è noto un episodio di migrazione massiccia nel delta del Nilo alla ricerca di una vita migliore. Questi colonizzatori di lingua semita, come gli ebrei, dominarono il delta per un secolo. Chiamavano sé stessi aamu, ovvero asiatici, anche se erano conosciuti come hyksos, dall’egizio heka khaset ovvero sovrani di paesi stranieri.
Gli hyksos stabilirono la loro capitale ad Avari, nel delta, e veneravano quale dio principale Baal, anche se lo raffiguravano in stile egizio. Questo, però, non portò alcun conflitto religioso con i nativi, che continuarono ad adorare tranquillamente i propri dei. Gli egizi, con capitale a Tebe e seguaci del dio Amon, iniziarono una guerra di liberazione contro gli hyksos che sarebbe culminati ai tempi di Amosi (1539-1514 a.C). fondatore della XVIII dinastia, con la sconfitta degli hyksos e l’unificazione del Paese. Avari fu distrutta e gli hyksos tornarono a Canaan.
In poche parole, un gruppo di persone di origine semita, che venerava come dio principale una divinità straniera, entrò in conflitto con il popolo egizio e venne ricacciato nella terra da cui proveniva: Canaan. In quel momento della storia non è corretto parlare di ebrei, ma indubbiamente l’idendikit coincide con quello dei discendenti di Giacobbe che viene menzionato dalla Genesi.

Lower Egypt-en.png
sito di Avaris


  •  Si ritiene che Avaris sia stata la prima capitale durante la XIV dinastia, ma dopo il passaggio di questa sotto il controllo dei sovrani della XV dinastia la regalità si sia spostata a Xois
    1. ^ Esistono varie ipotesi sulla identità etnica degli Hyksos (termine greco per rendere l'originale Heka Khawaset), ma esistono dubbi anche sul fatto che si trattasse di un unico popolo etnicamente individuabile: esuli, mercenari, mercanti di area orientale, ed il fatto stesso che non esistano riscontri storici di una occupazione militare, lascia supporre che la loro ascesa al potere reale nel Basso Egitto sia avvenuta gradualmente e senza “traumi”
    2. ^ Non si hanno tuttavia riscontri archeologici di una invasione militare dell'Egitto da parte degli Heka Khawaset, o Hyksos (i “re Pastori”, o anche “Capi dei Paesi Stranieri”), e si ritiene più aderente alla realtà storica una presa di potere sviluppatasi nel tempo. D'altro canto, i re Hyksos mantennero la titolatura regale completa dei re che li avevano preceduti, adorarono gli stessi dei scegliendo solo, quale dio dinastico, Seth e fondando una nuova capitale nel Delta, Khutwaret poi chiamata Avaris dai greci. Agli Hyksos si dovrebbe, nel 1650 a.C. circa, l'introduzione in Egitto del cavallo.


    2.      Mosè fu davvero una figura storica? Quanto sappiamo su Mosè non proviene solo da testimonianze letterarie. Nel libro dell’Esodo della Bibbia, redatto in una versione definitiva nel V secolo a.C., si narrano gli episodi più noti della sua vita, a cominciare dal miracoloso salvataggio quando era un neonato: per sottrarsi all’ordine del faraone di uccidere i figli maschi degli ebrei, i genitori lo lasciarono lungo il Nilo in una cesta che sarebbe stata  successivamente raccolta dalla figlia del faraone.
    Altre fonti presentano un racconto diverso. Per esempio, il sacerdote egizio Manetone (III secolo a.C.) scrive che, ai tempi di Amenofi, l’Egitto affrontò una piaga in seguito alla quale un gruppo di contagiati decise di andarsene in Palestina. Lungo il cammino si fermarono ad Avari, antica capitale degli hyksos, e lì scelsero come capo Osarseph, un sacerdote egizio di Eliopoli. Osarseph dettò una legge contraria a quella degli egizi, e dopo essersi alleato con gli hyksos conquistò il paese del Nilo e adottò il nome di Mosè, ovvero sono nato, come nel caso del faraone Tutmosi “(il dio) Toth è nato”.
    Sia la Bibbia sia i cronisti successivi rapportano sempre Mosè al suo ruolo di guida religiosa, alle relazioni con il popolo d’Israele e alle calamità (piaghe). Alcuni studiosi hanno ritrovato i tre elementi in una fase precisa della storia dell’antico Egitto: la XVIII dinastia (1552-1305 a.C.). In quel periodo l’Egitto andò incontro a tre dolorose esperienze: il dominio degli hyksos, la rivoluzione religiosa del faraone Akhenaton (il quale soppresse il culto tradizionale e impose quello di Aton, il disco solare) e la piaga della peste che devastò il Medio Oriente.
    Negli anni trenta del Novecento, Sigmund Freud indicò l’affinità tra il culto di Aton e quello di Yahweh, e ipotizzò che Mosè fosse in realtà un egizio che aveva trasmesso agli ebrei il monoteismo di Akhenaton. Autori successivi hanno proposto spiegazioni più elaborate. L’egittologo tedesco Jan Assmann, ad esempio, considera che gli eventi traumatici vissuti dagli egizi nella XVIII dinastia diedero luogo a un racconto mitico in cui comparivano invasori asiatici, un capo religioso e una piaga. Poiché il ricordo di Akhenaton, il faraone eretico, venne cancellato, ne prese il posto Mosè. La tradizione egizia sarebbe stata poi adottata dai cronisti ebrei che redassero la Bibbia.

    'Moses' by Michelangelo JBU160.jpg

    3.      Sono davvero esistite le dieci piaghe d’Egitto? Il libro dell’Esodo narra che, nel momento di maggior oppressione degli ebrei da parte del faraone, Mosè e il fratello Aronne si recarono a corte per minacciarlo: se non avesse lasciato partire il loro popolo, Yahweh avrebbe scagliato una terribile piaga sull’Egitto. E così avvenne: l’acqua del Nilo diventò sangue e tutti i pesci morirono. Poiché il faraone non cedette, seguirono altre nove piaghe: rane, zanzare, mosche ecc., finché gli ebrei ottennero il permesso di lasciare il paese.
    Davanti alla domanda se queste piaghe abbiano o meno una base storica, alcuni studiosi hanno trovato riferimenti che rimandano al regno di Akhenaton. Le cosiddette Lettere di Amarna, tavolette che contengono la corrispondenza tra la corte egizia e altri stati del Vicino Oriente, riferiscono di una piaga (la peste?) che si sarebbe diffusa da Caanan al regno ittita e da lì a Cipro e ad Akhetaton, la capitale dell’Egitto. Nel villaggio dei lavoratori di Akhetaton (l’attuale Amarna) hanno scoperto nel 2004 un’alta concentrazione di pulci e parassiti fossili che contenevano il batterio responsabile della peste (Yersinia Pestis).
    Tuttavia la peste fu solo una delle dieci piaghe menzionate nel libro dell’Esodo. Forse possiamo trovare un’eco delle altre nella stele della Tempesta, scritta ai tempi del faraone Amosi (XVIII dinastia). Vi compare una serie di straordinari fenomeni atmosferici che si verificarono in Egitto, molto probabilmente in seguito all’eruzione del vulcano dell’isola di Thera, l’attuale Santorini, nell’Egeo. La devastante eruzione provocò tsunami che giunsero fino alle coste dell’Egitto e fenomeni come la pioggia di cenere, l’oscuramento del cielo, terremoti o strani comportamenti degli animali che probabilmente, ebbero luogo in tutto il Mediterraneo orientale e, certamente, anche in Egitto. Possiamo credere che il ricordo di tale disastro, evidente anche nella stele della Tempesta, originò una serie di racconti orali che successivamente avrebbero ispirato gli autori dell’Antico testamento.
    tavoletta di Amarna.

    4.      la legge ebraica deriva dalla legislazione egizia? Secondo il racconto biblico, mentre guidava gli ebrei nell’esodo in Palestina, Mosè giunse davanti al monte Sinai, salì alla vetta e il Dio gli si manifestò e gli ordinò di annunciare al popolo il Decalogo, i dieci comandamenti. Mosè avrebbe dettato anche l’insieme di leggi rituali raccolte nella Bibbia.
    Secondo alcuni studiosi sia il Decalogo sia le altre leggi del Pentateuco si caratterizzano per la contrapposizione agli egizi. Il Decalogo inizia così: “Io sono il Signore tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal Paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù; non avrai altri dei al di fuori di me”. L’ebraismo si definisce per il suo carattere monoteista, in disaccordo con i politeismo degli egizi. I riti ebraici si contraddistinguono per il disprezzo verso quanto è sacro agli egizi; per esempio, alcuni autori hanno inteso il sacrificio dell’agnello pasquale come un modo per prendere le distanze dal montone caro ad Amon.
    Malgrado il contrasto, sono evidenti le similitudini tra l’ebraismo e un episodio particolare della religione egizia: il culto di Aton favorito dal faraone Akhenaton. Il salmo 104 dell’Antico testamento, successivo all’Inno di Aton, ne ripropone alcuni temi, ma non abbiamo prove per dire se l’autore lo conoscesse o ne avesse tratto ispirazione. Uno dei capitoli dell’Inno recita: “Tutto il bestiame si pasce del proprio foraggio; gli alberi e le erbe fioriscono, gli uccelli lasciano i nidi, i loro voli lodano il tuo ka. Tutto il bestiame saltella sulle sue zampe. Tutti gli esseri alati volano e si posano di nuovi, tornano alla vita quando tu sorgi”.
    Se ora leggiamo il salmo 104, le somiglianze saltano agli occhi: “Si abbeverano tutte le bestie del campo, gli asini selvatici vi si dissetano. Vicino a loro si posano gli uccelli del cielo; tra le fronde fanno udire la loro voce. Egli annaffia i monti dall’alto delle sue stanze; la terra è saziata con il frutto delle tue opere. Egli fa germogliare l’erba per il bestiame, e le piante per il servizio dell’uomo”.
    inno al sole in una tavoletta di 
    Amarna


    5.      Ci fu davvero l’esodo? Come succede per altri elementi della storia di Mosè, non esiste alcuna fonte storica o archeologica che confermi l’esistenza di un esodo di ebrei dall’Egitto a Canaan, come lo descrive la Bibbia. A ogni modo, se fosse accaduto, forse gli egizi non ne avrebbero comunque lasciato traccia, perché gli abitanti del paese del Nilo non erano inclini a ricordare le sconfitte e umiliazioni. Inoltre il numero di persone coinvolte (60mila maschi per un totale di circa due milioni) è poco realistico, perché avrebbe superato il popolo di Canaan in un rapporto, come minimo, di venti a un. Uno studio recente propone la cifra di 20mila persone.
    Problematica risulta pure la datazione dell’episodio. La Bibbia dice che l’esodo avvenne 480 anni prima della fondazione del tempio di Salomone a Gerusalemme, il che lo situa verso il 1450 a.C. Ciononostante, nella stessa fonte si narra che gli ebrei lavorarono alla costruzione di una città chiamata Ramesse, probabilmente Pi-Ramses, la capitale costruita da Ramses II sul delta del Nilo nel XIII secolo a.C., e ingrandirono sempre per volontà del faraone, la cittò di Pitom. Malgrado ciò, alcuni indizi lo danno per certo: il percorso che, secondo la Bibbia, seguirono gli ebrei è lo stesso di alcuni schiavi fuggiti dall’Egitto nel XIII secolo a.C., i cui spostamenti furono indicati nel Papiro Anastasi V. Inoltre, anche altri antichi testi egiziani documentano il passaggio di schiavi in fuga dall’Egitto. Come la storia di un certo Sinuhe che fuggirà nel deserto nottetempo.
    Va pure detto che probabilmente l’esodo dall’Egitto evoca altri episodi storici in cui gli ebrei erano rimasti lontani dalle proprie terre, schiavi, con il desiderio di tornare in patria. Nell’VIII secolo a.C., il regno d’Israele andò in rovina e il suo popolo fu deportato dagli assiri. Nacque il mito delle tribù perdute d’Israele. Ancora, il regno di Giuda fu conquistato dal re babilonese Nabucodonosor II nel 586 a.C., e l’élite ebraica venne deportata a Babilonia. Se consideriamo che il racconto biblico fu elaborato forse nel V secolo a.C., appaiono ancora più evidenti i parallelismi tra i due episodi menzionati e la storia di Mosè, che nella Bibbia è presentato quale modello di fedeltà a Yahweh e di obbedienza alla legge.

    Articolo in gran parte di Javer Alonso Lopes IE University di Madrid pubblicato su Storica National Geografic del mese di Agosto 2018. Altri testi e immagini da Wikipedia.

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