sabato 29 giugno 2019

Lo squadrone Folgore e l’operazione Herring.


Lo squadrone Folgore e l’operazione Herring.
Mentre l’esercito italiano usciva a pezzi dalla seconda guerra mondiale, gli uomini di questa unità militare , dopo l’armistizio con gli Alleati, operarono a fianco delle truppe britanniche e si fecero onore durante una pericolosa  missione  dietro le linee nazifasciste. Ecco la loro storia.



Operazione Herring


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Operazione Herring
parte della seconda guerra mondiale
Paracadutisti italiani salgono a bordo di un C-47 all'aeroporto di Rosignano (20 aprile 1945).jpg
Imbarco dei paracadutisti a Rosignano su un C-47
Data20 aprile 1945
LuogoPianura padanaItalia
EsitoVittoria tattica italiana
Schieramenti
Comandanti
Regno Unito Alan Ramsay
Italia Carlo F. Gay
Italia Guerrino Ceiner
Effettivi
intorno a 7000 uomini 200 tra carri e altri veicoli226 paracadutisti italiani
14 C-47 Dakota
gruppi partigiani locali
Perdite
481 morti
1 983 prigionieri
44 veicoli distrutti
31 morti
14 feriti 10 dispersi
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L'operazione Herring (in italiano: Aringa[1]) fu un'operazione di infiltrazione e sabotaggio effettuata dalla notte del 20 aprile al 23 aprile 1945 dalle forze alleate e cobelligeranti nell'Italia settentrionale, a sud del fiume Po, allora nel territorio della Repubblica Sociale Italiana.
L'operazione Herring è ricordata come l'unico aviolancio di guerra effettuato in Italia nella storia dei paracadutisti italiani[2].


L’8 settembre 1943 il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio alle ore 19.42 annuncia alla popolazione italiana l’entrata in vigore dell’armistizio, firmato alcuni giorni prima con gli anglo-americani. Il proclama giunge improvviso non solo per la popolazione, ma anche per i militari che si trovano in quel momento a combattere su numerosi fronti, dall’Africa alla Russia alla Grecia e persino su suolo italiano. È un dramma senza precedenti, nel quale ogni soldato si trova costretto a prendere una decisione che, senza preparazione e conoscenze adeguate, è dettata spesso dal caso e dalla forza della disperazione. Da che parte stare? Rimanere al fianco dei tedeschi oppure schierarsi con gli Anglo-americani? La Divisione Paracadutisti Nembo è divisa su due fronti: il 185° Reggimento in Calabria, pronto a contrastare l’avanzata alleata, e il resto della Divisione dislocato in Sardegna. Le prime forme di resistenza alle truppe nazifasciste, in quei giorni confusi, sono esclusivamente compiute dai militari, soldati che rimangono al loro posto obbedendo agli ordini del governo legittimato dalla presenza del re. In seno alla Divisione Nembo, le scelte dei paracadutisti sono diverse. Alcuni cercano di tornare a casa. Buona parte del III Battaglione del capitano Edoardo Sala, che in quel momento è a Soveria Mannelli in provincia di Catanzaro, decide di proseguire la guerra al fianco dell’alleato tedesco, “per l’onore dell’Italia”e, in Sardegna, opta per la stessa scelta anche il maggiore Mario Rizzatti, mettendo il XII Battaglione al seguito della 90a Panzergrenadier division tedesca. I due diventeranno i più celebri comandanti paracadutisti della Repubblica Sociale Italiana. Guardando a queste scelte, si potrebbe attribuire ai paracadutisti uno spirito mosso da fanatismo politico di stampo fascista, ma sarebbe un giudizio affrettato. Quelli che si arruolarono nella Repubblica di Salò furono solo una parte. Il resto operò da cobelligerante, prima nel Corpo Italiano di Liberazione e successivamente nel Gruppo di Combattimento Folgore, guidato dal generale Giorgio Morigi.


Paracadutisti della Centuria Nembo salgono sull'autocarro diretto all'aeroporto di Rosignano

LA TERZA VIA. Diversa fu invece la posizione assunta dal capitano Carlo Francesco Gay. Classe 1914, Gay ufficiale piemontese di ferrea fede monarchica che proviene dalla Cavalleria, trovandosi in disaccordo con il proprio comandante, il parigrado Edoardo Sala, imbocca una strada molto personale, che solo dopo si dimostrerà essere “intermedia”. Dapprima cerca di raggiungere un comando italiano, presso il deposito o presso lo Stato Maggiore. Trovandosi però nell’impossibilità di spingersi fino a Roma e non ricevendo alcun ordine superiore, decide di lasciare liberi i suoi uomini. Chi vuole lo può seguire, gli altri possono valutare di tornare a casa. Messi di fronte a queste opzioni, alcuni militari tentano la fortuna rimanendo con Gay, mentre la maggior parte rientra al deposito badogliano della Nembo. È da questo momento che si apre la “strada intermedia”. Quelli che decidono di rimanere con Gay sono soldati, ben addestrati e ben armati e, volendo restare tali, si offrono ai canadesi. Non sono né partigiani né più badogliani. Con Gay a Castelfranco in Miscano (provincia di Benevento) il 12 settembre 1943 ci sono solo otto paracadutisti. Pian piano il primo nucleo s’ingrandisce e arriva alla dimensione di un battaglione. Ai primi nove si aggiungono, alla spicciolata, altri militari, arrivando a diciannove uomini che vanno a costituire il 1° Reparto Speciale Autonomo, poi ribattezzato Squadrone F, dove F sta per Folgore, chiamato dagli inglesi F Recce Squadrone.

Paracadutisti in volo verso la zona di lancio dell'operazione Herring


FARSI ONORE. Dall’ottobre al dicembre del 1943 i parà di Gay, divisi in gruppi di soli tre uomini, eseguono operazioni di pattugliamento oltre le linee tedesche, ognuna della durata di alcune giornate, nella linea che va da Campobasso a Ortona. Il gruppo del capitano Gay ottiene la fiducia degli inglesi, tanto che il comandante del XIII Corps, il generale Sidney Kirkman, acconsente alla formazione di uno squadrone di autoblindo. Gay incontra invece grosse resistenze da parte del Regio Esercito Italiano, che ritiene prematura l’istituzione di un gruppo autonomo e per giunta alle dipendenze di un esercito straniero. A fine conflitto, Kirkman confermerà che gli uomini dello Squadrone F furono trattati “con una certa diffidenza e persino con ostilità latente da parte dello Stato Maggiore Italiano”. Il generale ammira i paracadutisti, e di Gay dirà: “Era un comandante capace e determinato che ha avuto la piena fiducia dei suoi uomini. Per un italiano era insolitamente riservato  e privo di quei tratti eccitabili, tipici dei caratteri latini (…). Grazie alle particolari caratteristiche dei suoi uomini e dei compiti a esso affidati, lo Squadrone F ebbe un ruolo ben superiore a quelle che erano le sue effettive proporzioni”.
Gli inglesi intuiscono subito le potenzialità di questo gruppo – tanto da prenderlo in forza con un coordinamento gerarchico che dipende dal comando di corpo d’armata, distaccando le pattuglie che all’esigenza potevano essere aggregate ai battaglioni – e spingono per l’istituzione di un reparto. Gay riceve l’autorizzazione per recarsi al deposito del 185° Nembo nei pressi di Santa Maria di Leuca per cercare di arruolare altri uomini.
Nonostante le proteste del comandante ad interim del 185° Nembo, il maggiore Angelo Massimino, un centinaio di parà si uniscono al capitano Gay. Il 15 gennaio 1944 nasca il 1° Squadrone da Ricognizione Folgore. Costituito da 137 uomini, lo squadrone è composto da paracadutisti del 185° Nembo in buona parte provenienti dall’XI Battiglione Nembo. Nel momento di massimo organico i paracadutisti arrivano a superare di poco le trecento unità.

Prigionieri nazisti catturati dai paracadutisti italiani dell'operazione Herring (Mirandola, aprile 1945)

LE PRIME MISSIONI. In quel periodo gli Alleati hanno superato il fiume Sangro e lo Squadrone, dopo aver frequentato un ciclo di addestramento a Campobasso, si trasferisce a Casoli, in provincia di Chieti. Un plotone si trova da qualche giorno sul fronte della V armata, nella zona di Caserta, per svolgere servizio di pattuglia oltre le linee. È comandato dal tenente Eldo Capanna, uno dei primi volontari di Gay, che cadrà prigioniero e sarà orribilmente torturato nel settembre del 1944. Sulla Maiella il fronte ristagna. I tedeschi, aiutati dalle continue nevicate, riescono a mantenere saldo il controllo. I comandi inglesi vogliono sferrare un attacco mirato a spezzare il fronte che si estende da Roccaraso a Cassino e che ha come punto strategico Pizzoferrato. Il compito di liberare tale paese è affidato al maggiore inglese Lionel Wigram, un tale paese è affidato al maggiore inglese Lionel Wigram, un noto istruttore di tattica militare. Al capitano Gay viene ordinato di mettersi a sua disposizione. La battaglia di Pizzoferrato del 2 e 3 febbraio 1944 è il primo importante combattimento dello Squadrone F e durante questo scontro i parà si trovano a operare al fianco di un altro gruppo autonomo, la Brigata della Maiella. Tra le nevi dell’Abruzzo vengono effettuate numerose operazioni di pattugliamento, soprattutto a Gamberale, dove il 6 febbraio restano sul terreno soprattutto a Gamberale, dove il 6 febbraio restano sul terreno sette caduti e rimase ferito anche Gay. Il ciclo operativo si conclude il 25 marzo 1944. A questo punto lo Squadrone al completo è destinato a un periodo di riposo a Sesto Campano. I paracadutisti pensano di avere alcune giornate di svago e invece scoprono di dover rimanere lì per un mese perché devono frequentare un corso d’istruzione. I militi ricevono la stessa formazione riservata ai SAS britannici (Special Air Service): sabotaggio delle immediate retrovie, colpi di mano, pattuglie a scopo informativo nello schieramento nemico, lezioni teoriche e pratiche sugli esplosivi e sui metodi di demolizioni di opere di interesse militari, lotta corpo a corpo e tecniche di sopravvivenza. I paracadutisti sono per loro natura un reparto di élite, una forza speciale. Una delle caratteristiche che li distingue è la tendenza accentuata all’individualismo: ogni militare deve saper operare da solo e questa caratteristiche da sempre fondamentale si rivela indispensabile e coerente al nuovo modo di combattere. Questo individualismo feroce e autonomo è alla base della formaione impartita durante il corso d’istruzione.

Riesumazione nell'estate 1945 dei quattordici caduti dell'Operazione Herring


Il museo della seconda guerra mondiale del fiume Po.
Il Museo della Seconda guerra mondiale del fiume Po a Felonica, nel mantovano, è un piccolo scrigno per chi s’interessa allo Squadrone. Moderno centro che custodisce la memoria dei fatti bellici, che si sono susseguiti sul territorio lungo il fiume Po durante il Secondo conflitto mondiale, il museo raccoglie filmati, fotografie, documenti e cimeli del periodo che va dalle prime incursioni aeree del 1944 sino al passaggio del fronte nell’aprile del 1945. L’area a ridosso della Linea Gotica ha, infatti, rivestito un importante ruolo nelle vicende della Seconda Guerra mondiale, e il paese di Felonica si trovava in posizione centrale rispetto agli attraversamenti del fiume Po. Nel museo sono raccolti inoltre documenti e materiali dell’Operazione Herring ed è esposta un’uniforme originale, completa dell’armamento e dotata di kit bag, il sacco che i paracadutisti inglesi legavano alla gamba durante i lanci. È possibile vedere inoltre documentazione cartacea e un raro video girato dagli Alleati. Il filmato mostra alcune fasi dell’Operazione Herring, tra cui il momento in cui alcuni paracadutisti raggruppano dei prigionieri tedeschi. per chi voglia trascorrere una giornata sulle tracce dello Squadrone F tra le provincie di Ferrara e Mantova, va ricordati che a pochi chilometri dal Museo di Felonica si raggiunge l’Ara Monumentale di Dragoncello a Poggio Rusco (MN) dove sono riportati nel marmo i nomi dei parà che presero parte all’Operazione Herring. Nelle vicinanze dell’area sorge la Chiesa della Madonna dei Paracadutisti. Sempre all’interno del territorio comunale di Poggio Rusco, nella calma della pianura padana, ci si trova di fronte alla cascina di Ca’ Bruciata, sanguinoso epicentro degli scontri della Centuria Nembo, dove perirono tutti e 14 i paracadutisti italiani coinvolti, assieme a 16 soldati tedeschi e due civili.
I caduti nell'operazione


UNA RESISTENZA INASPETTATA. Gli Alleati erano convinti che una volta sbarcati sulla Penisola tutto sarebbe stato semplice, senza tenere conto delle caratteristiche del territorio e della forza e determinazione dei soldati tedeschi. Solo di fronte alla linea Gustav si scontrano con la durezza della realtà.
In Abruzzo la morfologia del terreno aveva favorito il fedelmaresciallo Albert Kesselring, comandante in capo dello scacchiere Sud, nell’ideazione della guerra del centimetro, la “Zentimeter Krieg”. È una guerra lenta, di logoramento che non conta nessuna battaglia importante, ma tanti e continui scontri a piccoli gruppi. L’idea di Kesselring era stata proprio quella di rallentare il più possibile le truppe alleate. La necessità di modificare il tipo di formazione e di combattimento è evidente al maggiore Lionel Wigram, che per mettere in pratica la sua teoria stava formando la Brigata della Maiella, chiamata in suo onore anche Wigforce. Il maggiore era convinto che i tedeschi avessero macchiato in modo decisivo il successo alleato in Sicilia, riuscendo a ritirarsi con forze quasi intatte. Era così diventato facile per i nazisti tenere in scacco una valle o una collina con pochi uomini. Ma gli inglesi a loro volta avevano imparato la lezione ricevuta in Malesia contro i giapponesi, dove le loro posizioni erano simili a quelle dei tedeschi in Sicilia: in Malesia i giapponesi attaccavano, infatti, con l’impiego di mitragliatori, e s’infilavano nelle linee inglesi durante la notte. Alla spicciolata erano in grado di istituire blocchi stradali, di colpire i posti di osservazione, di distruggere le linee di comunicazione, tanto da costringere i tedeschi a combattere una serie di battaglie di retroguardia, ovunque. L’ideale è che ogni battaglione disponga di alcune pattuglie, che operino in gruppi piccoli anche di soli tre uomini ben armati, tutti volontari disposti a lavorare in completo isolamento.
Per una casualità anche il capitano Gay era convinto della necessità di dover adottare le tecniche della guerriglia. In Croazia, nell’aprile del 1943, la Nembo aveva dovuto contrastare la guerriglia sostenuta dai partigiani nella zona di Postumia e Montenero d’Idria. Gay comandava lì un intero settore dove, secondo l’intelligence italiana, aveva sede il motore dell’attività partigiana. L’operazione anti-partigiani fu particolarmente utile a Gay per studiare e capire a fondo le tattiche della guerriglia. L’attività principale svolta dai paracadutisti dello Squadrone per conto del XIII Corps diventa così quella di operare in pattuglie. Si consideri che, alla data del primo agosto 1944, lo Squadrone aveva già al suo attivo quasi settecento azioni. Nel suo caso, fare pattuglia significa penetrare, in piccoli gruppi di dieci uomini, entro l’area “di nessuno” e nel dispositivo nemico. Le pattuglie possono essere di diverso tipo: da ricognizione, cercando di individuare le posizioni avversarie; di distruzione e sabotaggio per collocare mine nell’area nemica o per colpire siti già individuati; atte a eseguire sabotaggi minori come la rimozione della segnaletica stradale, distruzione degli impianti di trasmissione, rapimenti o sottrazioni di materiali bellici. Bisogna considerare che lo Squadrone agisce raramente in modo unitario. I plotoni e le singole pattuglie lavorano per lunghi periodi separati, vivendo all’addiaccio o in ricoveri di fortuna. In queste condizioni va a cadere buona parte delle convenzioni tipiche di un ambiente militare e lo Squadrone prende le sembianze di una sorta di compagnia di ventura dove, più del grado, contano il mestiere delle armi e il buon senso.
A coronamento dell’attività svolta dai paracadutisti, i vertici alleati, che ne sono soddisfatti, voglio il capitano Carlo Francesco Gay al comando dell’Operazione Herring. Tra il 20 e il 23 aprile 1945 si materializza così quella che nella storia militare è considerata l’ultima missione aerotrasportata del Secondo conflitto mondiale nel Vecchio Continente: una vasta azione di sabotaggio dietro le linee nel territorio ancora in mano alla Repubblica Sociale e ai reparti tedeschi. il piano prevede il lancio di 226 paracadutisti così suddivisi: 117 appartenenti allo Squadrone F e 109 del Reggimento Nembo, inquadrato nel Gruppo di Combattimento Folgore.
Si stabilisce che i lanci avvengano in un’area piuttosto vasta, compresa tra Ferrara, Mirandola, Modena e il Po, alle spalle dell’esercito tedesco arroccato dietro la Linea Gotica. Dopodiché, a terra una volta riunitesi, le squadre hanno l’ordine di penetrare le linee nemiche e, con il supporto di partigiani, provocare il maggior danno possibile, sabotando linee telefoniche, depositi di munizioni, strade e ponti, più tutta una serie di obiettivi sensibili. Il raid nel suo complesso dovrebbe durare trentasei ore, ma ben presto quella che era stata pensata come un’operazione di guerriglia si trasforma in una serie di battaglie senza esclusione di colpi. Molte di queste squadre, infatti, fin dalla tarda serata del 20 aprile, sono costrette a combattere in netta inferiorità numerica, coadiuvate solo da piccoli gruppi di partigiani. Uno degli episodi più drammatici, accorso a una pattuglia della Centuria Nembo, si consuma nelle campagne di Dragoncello, in provincia di Mantova. Qui un reparto di paracadutisti, dopo aver catturato due tedeschi, viene scoperto dal nemico e costretto a rifugiarsi in un’abitazione isolata. Ma inutilmente, anche in questo caso vengono individuati. E nelle ore successive l’edificio è teatro di un battaglia furibonda con un tragico finale: tutti i quattordici parà vengono uccisi, così come due abitanti della casa, insieme a sedici tedeschi. solo dopo tre giorni di scontri gli italiani vengono finalmente raggiunti dalle truppe alleate che, superato il Po, riescono ad alleggerire la pressione e consento ai parà di sganciarsi dal nemico. L’operazione nel suo complesso si conclude, però, in modo lusinghiero. Il nemico accusa 1083 prigionieri, 44 automezzi distrutti, 7 strade di grande traffico minate, 77 linee telefoniche interrotte, un deposito di munizioni sabotato, la messa in sicurezza di tre ponti sul Po che furono poi usati dalle truppe anglo-americane per attraversare il fiume. Lo Squadrone accusa 12 perdite e 6 feriti. L’Operazione Herring era stato il loro capolavoro e un meritato riscatto per l’esercito italiano che usciva distrutto dalla Seconda guerra mondiale.


Articolo in gran parte di Daniele Battistella pubblicato su Storie di Guerre e guerrieri n. 2 – altri testi e immagini da Wikipedia 

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