sabato 1 giugno 2019

La vera e curiosa storia della regina d’Africa.


La vera e curiosa storia della regina d’Africa.
Una delle imprese più singolari della gloriosa Marina Britannica fu il trasporto di due navi per mare, ferrovia, traino su terra e navigazione fluviale, per andare a combattere una battaglia navale sul lago Tanganica – che fu persa, contro una nave dai cannoni finti, ma portò ugualmente gloria al suo comandante.

Nel 1951 un film famoso del grande John Housto, “La regina d’Africa” tratto da un romanzo di Cecil C. Forester, racconta una storia ambientata in una località sperduta dell’Africa, Katherine Hepburn e Humphrey Bogart, decidono di affondare, con la loro barchetta, una nave cannoniera tedesca, la Konigin Luise, in servizio sul lago Tanganica. Qualcosa di vero in quella storia di fantasia c’è: l’esistenza di navi di guerra su uno dei più grandi laghi del mondo, nel cuore del Continente Nero, dove si sono scontrate due potenze navali dell’epoca, Gran Bretagna e Germania. protagonista della vera storia della Regina d’Africa fu Geoffrey Spicer-Simson, un ufficiale della Marina di Sua Maestà Britannica dalla storia personale alquanto singolare. Geoffrey Spicer-Simson non godeva di particolare stima da parte dell’Ammiragliato britannico, e a ragion veduta. In meno di un anno di guerra, nel 1915, aveva già perso ben due navi per banali errori e, alla soglia dei 40 anni, era il tenente di vascello (un grado di livello modesto per un ufficiale) più anziano di tutta la Royal Navy: una carriera e una vita arenata che, grazie a circostanza imprevedibili, stavano per conoscere una svolta insperata.

IL DOMINIO DI UN LAGO VASTO COME UN MARE. La Prima Guerra mondiale nel teatro dell’Africa centrale vedeva le potenze della Triplice Intesa in gravi difficoltà, rispetto alla Triplice Alleanza di Austria e Germania. I tedeschi, infatti, controllavano il Tanganica, il grande lago lungo il quale correva il confine tra l’Africa orientale tedesca e il Congo belga. Nelle sue acque la Germania teneva una piccola flotta: due vaporiere, la Hedwig von Wissmann di 60 tonnellate e la Kingani di 45. Entrambe erano state smontate e trasportate in sezioni con la ferrovia fino a Dar er Salaam, la capitale e da lì spostate a Kigoma, dove erano state rimorchiate e varate.

IL DOMINIO DI UN LAGO VASTO COME UN MARE. La Prima guerra mondiale nel teatro dell’Africa centrale vedeva le potenze della Triplice Intesa in gravi difficoltà, rispetto alla Triple Alleanza di Austria e Germania. I tedeschi, infatti, controllavano il Tanganica, il grande lago lungo il quale correva il confine tra l’Africa orientale tedesca e il Congo belga. Nelle sue acque la Germania teneva una piccola flotta: due vaporiere, la Hedwig von Wissmann di 60 tonnellate e la Kingani di 45. Entrambe erano state smontate e trasportate in sezioni con la ferrovia fino a Dar es Salaam, la capitale e da lì spostate via terra a Kigoma, dove erano state rimontate e varate. Una terza cannoniera, la Graf von Goetzen, di 1000 tonnellate, aveva affrontato lo stesso viaggio ed era arrivata a destinazione, ma era ancora in cantiere, in fase di assemblaggio.
Con queste imbarcazioni, dal 1915, le Forze Armate della colonia dell’Africa orientale tedesca detenevano la completa supremazia navale sul versante occidentale dell’immenso lago Tanganica. Dopo un disastroso tentativo degli Alleati di invadere la colonia tedesca di Tanga nel novembre 1914 i britannici e i loro alleati belgi furono in grado di prendere in considerazione un secondo tentativo di invasione via terra, con una manovra combinata dall’Africa orientale del lago Vittoria, e dal Congo Belga a ovest. In questo quadro logistico divenne subito evidente l’importanza strategica del Lago Tanganica, le cui acque permettevano ai tedeschi di spostare truppe e rifornimenti a proprio piacimento lungo i suoi 650 km di lunghezza, per sbarcare tempestivamente alle spalle delle forze alleate.
Al comando delle forze tedesche vi era un genio della guerriglia con il colonnello Paul von Lettow-Vorbeck, che pochi giorni dopo lo scoppio della guerra aveva ordinato al Wissman di distruggere il piroscafo belga Del Commune e altre due navi, eliminando così ogni ostacolo alla supremazia germanica. Il controllo tedesco del lago sembrava incontestabile, ma il cacciatore di elefanti britannico John Lee, familiare del territorio per i suoi frequenti safari, lasciò l’Africa per tornare in Patria portando con sé la convinzione di poter risolvere questo apparentemente insolubile problema strategico.  Arrivato a Londra, ottenne un incontro con il First Sea Lord, Sir Henry Jackson, durante il quale si disse convito che una sola nave da guerra inglese veloce avrebbe potuto avere la meglio sulla flotta germanica. L’importante era riuscire a portarla sul lago e John Lee espose un piano particolareggiato su come fare quel trasporto di una nave fino al lago Tanganica partendo dal Sudafrica.  Lee aveva studiato il percorso, lo aveva anche personalmente compiuto, ed era sicuro di riuscirci con un opportuna spedizione. Henry ascoltò impassibilmente, senza dare una risposta, ma il giorno seguente diede il via all’operazione dichiarando “E’ dovere e tradizione della Royal Navy ingaggiare il nemico ovunque ci sia abbastanza acqua per far galleggiare un’imbarcazione”.
Era un’idea di quelle che si adottano solo in tempo di guerra, quando le risorse a disposizione sono praticamente illimitate e un tentativo, per quanto strampalato, non si nega a nessuno; soprattutto quando può essere l’occasione per levarsi elegantemente di torno un tipo ingombrante come Spicer-Simson, ufficiale dall’utilizzo incerto.

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George Spicer-Simson

HMS Mimi e Tou-tou.
Kingani later HMS Fifi
Le navi di Sua Maestà (His Majesty’s Ship) Mimi e Tou-tou furono le più piccole unità a potersi fregiare di questa prestigiosa qualifica. Erano infatti due semplici lance a motore lunghe appena 12 metri e capaci di una velocità massima di 35 km/h. In previsione dei combattimenti che le attendevano in Africa vennero entrambe dotate a prua di un cannone da 3 libbre e a poppa di una mitragliatrice Maxim. Il cannone però si rivelò troppo potente per la fragile struttura delle due imbarcazioni: il rinculo rischiava di rovesciarle o di distruggere il ponte. Poteva sparare solo se perfettamente allineato alla prua, ma si ritenne che l’estrema manovrabilità lo avrebbe consentito.

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Lake Tanganyika, contested by Britain, Belgium and Germany.


UN’OCCASIONE INSPERATA PER  UNA CARRIERA AL TRAMONTO. Geoffrey Spicer-Simson era nato in Tasmania il 15 gennaio 1876, dove il padre, un inquieto giramondo, aveva avviato un allevamento di pecore. Per i suoi studi, però, ritornò giovanissimo in Europa, prima in Francia e poi in Inghilterra, e, ad appena 14 anni, entrò nella Royal Navy. La sua carriera fu compromessa dai due incidenti di cui si è detto, che entrambe le volte lo costrinsero a terra a svolgere lavoro d’ufficio. Nel primo sbagliò una manovra e con il suo cacciatorpediniere urtò un’altra imbarcazione, nel secondo la sua nave fu affondata da un siluro tedesco in pieno giorno mentre il suo comandante, anziché essere al posto di comando, pranzava romanticamente con la moglie sulla riva del mare.
Oltre che per l’incompetenza, Spincer-Simson si era distinto per il suo carattere litigioso, arrogante e fanfarone. Un punto a suo favore: era già stato in Africa, anche se solo per condurre delle rilevazioni geografiche, e conosceva il francese e il tedesco, quindi avrebbe potuto avere rapporti diretti con gli alleati belgi del posto, ed eventualmente anche con i nemici germanici. Così, quando Spicer-Simson si offrì volontario per l’impresa, l’Ammiragliato ritenne di offire al compromesso tenente di vascello quest’ultima occasione di riscatto.
Per realizzare il piano studiato da Lee, si pensò quindi di inviare non una ma due motobarche della Thornycroft da 4,5 tonnellate che, equipaggiate ciascuna di un cannone da 3 libbre e capaci di una velocità di punta di 19 nodi (35 chilometri), avrebbero potuto contrastare efficacemente le più lente e antiquate imbarcazioni tedesche.
Le due unità prescelte, destinate originariamente alal Grecia, erano le più piccole imbarcazioni della Royal Navy a potersi fregiare del titolo di HMS. I loro nomi non avevano molto di bellicoso: Spicer-Simon avrebbe voluto chiamarle Cat e Dog, ma l’Ammiragliato si era opposto a nomi cos’ banalmente familiari, accettando invece di battezzarle Mimi e Tou-Tou – l’equivalente francese dei nostri “Miao” e “bau bau” – il che dà il senso delle condizioni di smarrimento in cui versava la Royal Navy dopo il fallimento dello sbarco anfibio nella penisola di Gallipoli contro la Turchia (alleata delle Potenze centrali durante la Prima guerra mondiale) e il conseguente siluramento di Winston Churchill, ministro della Marina, che ne era stato l’ispiratore e il grande sostenitore.
Il punto era che per giungere nel teatro delle operazioni, le due motobarche dovevano fare un viaggio proibitivo: innanzitutto dovevano arrivare a Città del Capo imbarcate su una nave di linea, poi da lì risalire per oltre 4mila km. fino ad Elisabethville. Qui la ferrovia terminava (a Fungurme) e le sezioni delle due imbarcazioni dovevano procedere via terra per quasi 200 km su una strada improvvisata per l’occasione, trainate da trattore a vapore e buoi, scavalcando i quasi 2000 metri dei monti Mitumba. Al di là dei Mitumba c’era il fiume Laulaba, ovvero altri 300 km circa di navigazione fluviale e altrettanti in ferrovia per arrivare finalmente sulla sponda britannica dell’immenso lago.
Graf Goetzen


UN EPICO PERCORSO DI OLTRE 5MILA KM. Il 2 luglio 1915, i 4 ufficiali e i 24 uomini della spedizione, ai quali si era aggiunto John Lee, guidati da Spicer-Simson, erano a Città del Capo con le loro imbarcazioni. Durante il viaggio. Spicer-Simson aveva avuto modo di farsi notare intrattenendo i passeggeri con i suoi mirabolanti racconti, compresa l’uccisione di un gigantesco rinoceronte in Costa d’Oro, regione che notoriamente ne è priva, ma anche minacciando di destituire il comandante della nave di linea, cosa di cui ovviamente non aveva l’autorità, perché gli aveva impedito di fumare vicino alle taniche di carburante.
Il 5 agosto la spedizione giunse a Fungurume, dopo di che ci volle più di un mese per scavalcare i monti Mitumba, impresa indescrivibile, tra traversie di ogni genere: strade che franavano, ponti – ne furono costruiti 150 – che crollavano sotto il peso delle imbarcazioni e dei trattori a vapore preposti al loro traino, incontri con i leoni, che ogni tanto si mangiavano qualcuno dei 1400 lavoratori indigeni che si occupavano della manutenzione della strada, con lunghe colonne di donne che portavano l’acqua per i trattori a vapore con anfore in equilibrio sulla testa; vicissitudini a ripetizione, sopportate con britannica flemma. Per le pendenze più ripide, nemmeno i trattori aiutati da decine di buoi erano state sufficienti e si era fatto ricorso a un sistema di verricelli per sollevare le due imbarcazioni.
Arrivati finalmente al fiume Lualaba, si misero in acqua le navi per una perigliosa navigazione tra coccodrilli e ippopotami, nuvole di tormentose mosche tse-tse, strisciando sui numerosi banchi di sabbia del fiume le chiglie delle imbarcazioni, trainate a forza di braccia dalle rive, per arrivare alla sospirata meta.
Geoffrey Spicer-Simson durante l’arduo percorso aveva confermato la sua fama tutt’altro che raccomandabile. I suoi uomini lo avevano conosciuto più a fondo: fanfarone, litigioso al punto da insultare gli alleati belgi, alienandosene la collaborazione, e da cacciare l’ideatore della spedizione, John Lee, con false accuse di ubriachezza, privandosi così del suo contributo. Senza contare l’imbarazzante abitudine di indossare una gonna disegnata da lui e cucita da sua moglie (lo teneva fresco) e di mostrare in ogni occasione i suoi numerosi tatuaggi: un capo pressoché insopportabile per i membri dell’impresa. Una circostanza fortuita giocò a suo favore: fra i suoi tatuaggi aveva anche un grande serpente, quando gli appartenenti alla tribù degli Holo-holo lo videro, esultarono per l’avverarsi della profezia che annunciava loro l’arrivo del Dio Serpente e presero a venerare Spicer-Simson come una divinità incarnata, il che li mantenne docili per tutto il massacrante percorso. Un bel passo in carriera per un anziano tenente di vascello, capace di guadagnarsi l’entusiastica collaborazione degli indigeni.

FINALMENTE LO SCONTRO NAVALE. Nel frattempo, la notizia che degli “altri bianchi” avevano portato due navi sopra le montagne era giunta ai tedeschi, che – sentita la storia del dio serpente – la liquidarono sbrigativamente come la fantasia di indigeni superstiziosi. La battaglia lacustre con i tedeschi avvenne finalmente nel giorno di S. Stefano del 1915: l’apparire di Mimi e Tou-Tou e la loro velocità sorpresero completamente l’equipaggio della Kingani. Nella battaglia navale, il suo capitano venne ucciso e lan nave catturata  (poi ribattezzata Fifi). Era la prima bandiera navale tedesca catturata durante la Prima guerra mondiale dalla flotta britannica, un primato che portò di colpo Spicer-Simson nell’empireo dei grandi ammiragli britannici. Il 9 febbraio fu la volta della Hediwig von Wissmann, che dopo un intenso scontro a fuoco venne affondata. Al di là di ogni speranza, il lago Tanganica era in mani britanniche. O forse no. Con grande disappunto di Spicer-Simson, pochi giorni dopo quello che sembrava il coronamento del suo successo, comparvero all’orizzonte della miagolante-abbaiante-cinguettante flotta britannica le 1000 tonnellate della Graf von Gotzen, che i tedeschi avevano finalmente completato all’insaputa dei britannici.
L’avventura di Spicer-Simson si concludeva qui: non restava che la fuga, di fronte a tanta potenza di fuoco. O meglio: tanta supposta potenza di fuoco, poiché i tedeschi assemblando la Graf von Gotzen non avevano installato i suoi cannoni, che servivano alle forze dittera, sostituendoli con tronchi di legno dipinti. Consapevoli che il loro bluff non poteva proseguire all’infinito i tedeschi smantellarono la loro cannoniera senza cannoni, abbandonando il Tanganica in mani britanniche.
Spicer-Simson fu rimpatriato: era stato raggiunto dalla notizia che suo fratello minore era morto sul fronte occidentale e, data la sua personalità già instabile e l’enorme stress di quella improbabile spedizione dal successo insperato, fu inevitabile il suo collasso nervoso.  Promosso capitano e carico di riconoscimenti e decorazioni, per lui la guerra era finita, ma era entrato nella Storia. Si trasferì in Canada, dove morì nel 1947.

Articolo in gran parteNicola Zotti pubblicato su BBC History del mese novembre 2018 Sprea Editori. Altri testi e immagini da Wikipedia.

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