La vera e curiosa storia della regina d’Africa.
Una delle imprese più singolari della gloriosa Marina Britannica
fu il trasporto di due navi per mare, ferrovia, traino su terra e navigazione
fluviale, per andare a combattere una battaglia navale sul lago Tanganica – che
fu persa, contro una nave dai cannoni finti, ma portò ugualmente gloria al suo
comandante.
Nel
1951 un film famoso del grande John Housto, “La regina d’Africa” tratto da un
romanzo di Cecil C. Forester, racconta una storia ambientata in una località
sperduta dell’Africa, Katherine Hepburn e Humphrey Bogart, decidono di
affondare, con la loro barchetta, una nave cannoniera tedesca, la Konigin
Luise, in servizio sul lago Tanganica. Qualcosa di vero in quella storia di
fantasia c’è: l’esistenza di navi di guerra su uno dei più grandi laghi del
mondo, nel cuore del Continente Nero, dove si sono scontrate due potenze navali
dell’epoca, Gran Bretagna e Germania. protagonista della vera storia della
Regina d’Africa fu Geoffrey Spicer-Simson, un ufficiale della Marina di Sua
Maestà Britannica dalla storia personale alquanto singolare. Geoffrey
Spicer-Simson non godeva di particolare stima da parte dell’Ammiragliato
britannico, e a ragion veduta. In meno di un anno di guerra, nel 1915, aveva
già perso ben due navi per banali errori e, alla soglia dei 40 anni, era il
tenente di vascello (un grado di livello modesto per un ufficiale) più anziano
di tutta la Royal Navy: una carriera e una vita arenata che, grazie a
circostanza imprevedibili, stavano per conoscere una svolta insperata.
IL DOMINIO DI UN LAGO VASTO COME UN MARE. La
Prima Guerra mondiale nel teatro dell’Africa centrale vedeva le potenze della
Triplice Intesa in gravi difficoltà, rispetto alla Triplice Alleanza di Austria
e Germania. I tedeschi, infatti, controllavano il Tanganica, il grande lago
lungo il quale correva il confine tra l’Africa orientale tedesca e il Congo
belga. Nelle sue acque la Germania teneva una piccola flotta: due vaporiere, la
Hedwig von Wissmann di 60 tonnellate e la Kingani di 45. Entrambe erano state
smontate e trasportate in sezioni con la ferrovia fino a Dar er Salaam, la
capitale e da lì spostate a Kigoma, dove erano state rimorchiate e varate.
IL DOMINIO DI UN LAGO VASTO COME UN MARE. La
Prima guerra mondiale nel teatro dell’Africa centrale vedeva le potenze della
Triplice Intesa in gravi difficoltà, rispetto alla Triple Alleanza di Austria e
Germania. I tedeschi, infatti, controllavano il Tanganica, il grande lago lungo
il quale correva il confine tra l’Africa orientale tedesca e il Congo belga.
Nelle sue acque la Germania teneva una piccola flotta: due vaporiere, la Hedwig
von Wissmann di 60 tonnellate e la Kingani di 45. Entrambe erano state smontate
e trasportate in sezioni con la ferrovia fino a Dar es Salaam, la capitale e da
lì spostate via terra a Kigoma, dove erano state rimontate e varate. Una terza
cannoniera, la Graf von Goetzen, di 1000 tonnellate, aveva affrontato lo stesso
viaggio ed era arrivata a destinazione, ma era ancora in cantiere, in fase di
assemblaggio.
Con queste
imbarcazioni, dal 1915, le Forze Armate della colonia dell’Africa orientale
tedesca detenevano la completa supremazia navale sul versante occidentale
dell’immenso lago Tanganica. Dopo un disastroso tentativo degli Alleati di
invadere la colonia tedesca di Tanga nel novembre 1914 i britannici e i loro
alleati belgi furono in grado di prendere in considerazione un secondo
tentativo di invasione via terra, con una manovra combinata dall’Africa
orientale del lago Vittoria, e dal Congo Belga a ovest. In questo quadro
logistico divenne subito evidente l’importanza strategica del Lago Tanganica,
le cui acque permettevano ai tedeschi di spostare truppe e rifornimenti a
proprio piacimento lungo i suoi 650 km di lunghezza, per sbarcare
tempestivamente alle spalle delle forze alleate.
Al comando delle forze
tedesche vi era un genio della guerriglia con il colonnello Paul von
Lettow-Vorbeck, che pochi giorni dopo lo scoppio della guerra aveva ordinato al
Wissman di distruggere il piroscafo belga Del Commune e altre due navi,
eliminando così ogni ostacolo alla supremazia germanica. Il controllo tedesco
del lago sembrava incontestabile, ma il cacciatore di elefanti britannico John
Lee, familiare del territorio per i suoi frequenti safari, lasciò l’Africa per
tornare in Patria portando con sé la convinzione di poter risolvere questo
apparentemente insolubile problema strategico.
Arrivato a Londra, ottenne un incontro con il First Sea Lord, Sir Henry
Jackson, durante il quale si disse convito che una sola nave da guerra inglese
veloce avrebbe potuto avere la meglio sulla flotta germanica. L’importante era
riuscire a portarla sul lago e John Lee espose un piano particolareggiato su
come fare quel trasporto di una nave fino al lago Tanganica partendo dal
Sudafrica. Lee aveva studiato il
percorso, lo aveva anche personalmente compiuto, ed era sicuro di riuscirci con
un opportuna spedizione. Henry ascoltò impassibilmente, senza dare una
risposta, ma il giorno seguente diede il via all’operazione dichiarando “E’ dovere e tradizione della Royal Navy
ingaggiare il nemico ovunque ci sia abbastanza acqua per far galleggiare
un’imbarcazione”.
Era un’idea di quelle
che si adottano solo in tempo di guerra, quando le risorse a disposizione sono
praticamente illimitate e un tentativo, per quanto strampalato, non si nega a
nessuno; soprattutto quando può essere l’occasione per levarsi elegantemente di
torno un tipo ingombrante come Spicer-Simson, ufficiale dall’utilizzo incerto.
George Spicer-Simson
HMS Mimi e Tou-tou.
Kingani later HMS Fifi
Le navi di Sua Maestà (His
Majesty’s Ship) Mimi e Tou-tou furono le più piccole unità a potersi fregiare
di questa prestigiosa qualifica. Erano infatti due semplici lance a motore
lunghe appena 12 metri e capaci di una velocità massima di 35 km/h. In previsione
dei combattimenti che le attendevano in Africa vennero entrambe dotate a prua
di un cannone da 3 libbre e a poppa di una mitragliatrice Maxim. Il cannone
però si rivelò troppo potente per la fragile struttura delle due
imbarcazioni: il rinculo rischiava di rovesciarle o di distruggere il ponte.
Poteva sparare solo se perfettamente allineato alla prua, ma si ritenne che
l’estrema manovrabilità lo avrebbe consentito.
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Lake Tanganyika, contested by Britain, Belgium and Germany.
UN’OCCASIONE INSPERATA PER
UNA CARRIERA AL TRAMONTO. Geoffrey Spicer-Simson
era nato in Tasmania il 15 gennaio 1876, dove il padre, un inquieto giramondo,
aveva avviato un allevamento di pecore. Per i suoi studi, però, ritornò
giovanissimo in Europa, prima in Francia e poi in Inghilterra, e, ad appena 14
anni, entrò nella Royal Navy. La sua carriera fu compromessa dai due incidenti
di cui si è detto, che entrambe le volte lo costrinsero a terra a svolgere
lavoro d’ufficio. Nel primo sbagliò una manovra e con il suo cacciatorpediniere
urtò un’altra imbarcazione, nel secondo la sua nave fu affondata da un siluro
tedesco in pieno giorno mentre il suo comandante, anziché essere al posto di
comando, pranzava romanticamente con la moglie sulla riva del mare.
Oltre che per
l’incompetenza, Spincer-Simson si era distinto per il suo carattere litigioso,
arrogante e fanfarone. Un punto a suo favore: era già stato in Africa, anche se
solo per condurre delle rilevazioni geografiche, e conosceva il francese e il
tedesco, quindi avrebbe potuto avere rapporti diretti con gli alleati belgi del
posto, ed eventualmente anche con i nemici germanici. Così, quando
Spicer-Simson si offrì volontario per l’impresa, l’Ammiragliato ritenne di
offire al compromesso tenente di vascello quest’ultima occasione di riscatto.
Per realizzare il piano
studiato da Lee, si pensò quindi di inviare non una ma due motobarche della
Thornycroft da 4,5 tonnellate che, equipaggiate ciascuna di un cannone da 3
libbre e capaci di una velocità di punta di 19 nodi (35 chilometri), avrebbero
potuto contrastare efficacemente le più lente e antiquate imbarcazioni
tedesche.
Le due unità prescelte,
destinate originariamente alal Grecia, erano le più piccole imbarcazioni della
Royal Navy a potersi fregiare del titolo di HMS. I loro nomi non avevano molto
di bellicoso: Spicer-Simon avrebbe voluto chiamarle Cat e Dog, ma l’Ammiragliato
si era opposto a nomi cos’ banalmente familiari, accettando invece di
battezzarle Mimi e Tou-Tou – l’equivalente francese dei nostri “Miao” e “bau
bau” – il che dà il senso delle condizioni di smarrimento in cui versava la
Royal Navy dopo il fallimento dello sbarco anfibio nella penisola di Gallipoli
contro la Turchia (alleata delle Potenze centrali durante la Prima guerra
mondiale) e il conseguente siluramento di Winston Churchill, ministro della
Marina, che ne era stato l’ispiratore e il grande sostenitore.
Il punto era che per
giungere nel teatro delle operazioni, le due motobarche dovevano fare un
viaggio proibitivo: innanzitutto dovevano arrivare a Città del Capo imbarcate
su una nave di linea, poi da lì risalire per oltre 4mila km. fino ad Elisabethville.
Qui la ferrovia terminava (a Fungurme) e le sezioni delle due imbarcazioni
dovevano procedere via terra per quasi 200 km su una strada improvvisata per
l’occasione, trainate da trattore a vapore e buoi, scavalcando i quasi 2000
metri dei monti Mitumba. Al di là dei Mitumba c’era il fiume Laulaba, ovvero
altri 300 km circa di navigazione fluviale e altrettanti in ferrovia per
arrivare finalmente sulla sponda britannica dell’immenso lago.
Graf Goetzen
UN EPICO PERCORSO DI OLTRE 5MILA KM. Il
2 luglio 1915, i 4 ufficiali e i 24 uomini della spedizione, ai quali si era
aggiunto John Lee, guidati da Spicer-Simson, erano a Città del Capo con le loro
imbarcazioni. Durante il viaggio. Spicer-Simson aveva avuto modo di farsi
notare intrattenendo i passeggeri con i suoi mirabolanti racconti, compresa
l’uccisione di un gigantesco rinoceronte in Costa d’Oro, regione che
notoriamente ne è priva, ma anche minacciando di destituire il comandante della
nave di linea, cosa di cui ovviamente non aveva l’autorità, perché gli aveva
impedito di fumare vicino alle taniche di carburante.
Il 5 agosto la
spedizione giunse a Fungurume, dopo di che ci volle più di un mese per
scavalcare i monti Mitumba, impresa indescrivibile, tra traversie di ogni
genere: strade che franavano, ponti – ne furono costruiti 150 – che crollavano
sotto il peso delle imbarcazioni e dei trattori a vapore preposti al loro
traino, incontri con i leoni, che ogni tanto si mangiavano qualcuno dei 1400
lavoratori indigeni che si occupavano della manutenzione della strada, con
lunghe colonne di donne che portavano l’acqua per i trattori a vapore con
anfore in equilibrio sulla testa; vicissitudini a ripetizione, sopportate con
britannica flemma. Per le pendenze più ripide, nemmeno i trattori aiutati da
decine di buoi erano state sufficienti e si era fatto ricorso a un sistema di
verricelli per sollevare le due imbarcazioni.
Arrivati finalmente al
fiume Lualaba, si misero in acqua le navi per una perigliosa navigazione tra
coccodrilli e ippopotami, nuvole di tormentose mosche tse-tse, strisciando sui
numerosi banchi di sabbia del fiume le chiglie delle imbarcazioni, trainate a
forza di braccia dalle rive, per arrivare alla sospirata meta.
Geoffrey Spicer-Simson
durante l’arduo percorso aveva confermato la sua fama tutt’altro che
raccomandabile. I suoi uomini lo avevano conosciuto più a fondo: fanfarone,
litigioso al punto da insultare gli alleati belgi, alienandosene la
collaborazione, e da cacciare l’ideatore della spedizione, John Lee, con false
accuse di ubriachezza, privandosi così del suo contributo. Senza contare l’imbarazzante
abitudine di indossare una gonna disegnata da lui e cucita da sua moglie (lo
teneva fresco) e di mostrare in ogni occasione i suoi numerosi tatuaggi: un
capo pressoché insopportabile per i membri dell’impresa. Una circostanza
fortuita giocò a suo favore: fra i suoi tatuaggi aveva anche un grande
serpente, quando gli appartenenti alla tribù degli Holo-holo lo videro,
esultarono per l’avverarsi della profezia che annunciava loro l’arrivo del Dio
Serpente e presero a venerare Spicer-Simson come una divinità incarnata, il che
li mantenne docili per tutto il massacrante percorso. Un bel passo in carriera
per un anziano tenente di vascello, capace di guadagnarsi l’entusiastica
collaborazione degli indigeni.
FINALMENTE LO SCONTRO NAVALE. Nel frattempo,
la notizia che degli “altri bianchi” avevano portato due navi sopra le montagne
era giunta ai tedeschi, che – sentita la storia del dio serpente – la liquidarono
sbrigativamente come la fantasia di indigeni superstiziosi. La battaglia
lacustre con i tedeschi avvenne finalmente nel giorno di S. Stefano del 1915: l’apparire
di Mimi e Tou-Tou e la loro velocità sorpresero completamente l’equipaggio
della Kingani. Nella battaglia navale, il suo capitano venne ucciso e lan nave
catturata (poi ribattezzata Fifi). Era la
prima bandiera navale tedesca catturata durante la Prima guerra mondiale dalla
flotta britannica, un primato che portò di colpo Spicer-Simson nell’empireo dei
grandi ammiragli britannici. Il 9 febbraio fu la volta della Hediwig von
Wissmann, che dopo un intenso scontro a fuoco venne affondata. Al di là di ogni
speranza, il lago Tanganica era in mani britanniche. O forse no. Con grande disappunto
di Spicer-Simson, pochi giorni dopo quello che sembrava il coronamento del suo
successo, comparvero all’orizzonte della miagolante-abbaiante-cinguettante
flotta britannica le 1000 tonnellate della Graf von Gotzen, che i tedeschi
avevano finalmente completato all’insaputa dei britannici.
L’avventura di
Spicer-Simson si concludeva qui: non restava che la fuga, di fronte a tanta
potenza di fuoco. O meglio: tanta supposta potenza di fuoco, poiché i tedeschi
assemblando la Graf von Gotzen non avevano installato i suoi cannoni, che
servivano alle forze dittera, sostituendoli con tronchi di legno dipinti. Consapevoli
che il loro bluff non poteva proseguire all’infinito i tedeschi smantellarono
la loro cannoniera senza cannoni, abbandonando il Tanganica in mani
britanniche.
Spicer-Simson fu
rimpatriato: era stato raggiunto dalla notizia che suo fratello minore era
morto sul fronte occidentale e, data la sua personalità già instabile e l’enorme
stress di quella improbabile spedizione dal successo insperato, fu inevitabile
il suo collasso nervoso. Promosso capitano
e carico di riconoscimenti e decorazioni, per lui la guerra era finita, ma era
entrato nella Storia. Si trasferì in Canada, dove morì nel 1947.
Articolo in gran parteNicola
Zotti pubblicato su BBC History del mese novembre 2018 Sprea Editori. Altri testi
e immagini da Wikipedia.
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