venerdì 14 giugno 2019

Gli Spartani. Guerrieri nati.

Gli Spartani. Guerrieri nati.
Una società comunitaria, rigida e militarista, diversa da tutte le altre della Grecia antica. Un modello sociale che ha trovato emulatori anche nel Novecento.
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Resti della polis di Sparta

A cavallo tra il XII e l’XI secolo a.C., il popolo guerriero dei Dori dilagò nella penisola ellenica, conquistandola. Se questo è un dato certo, meno sicura è la provenienza di queste genti, che forse erano originarie dell’area danubiana-balcanica, quindi del Nord, o forse appartenevano a uno di quei “popoli del mare” che dal XIII secolo a.C. irruppero nel Vicino Oriente, spazzando via gli Ittiti e invadendo Siria, Palestina, Cipro ed Egitto.
Fatto sta che, sul finire dell’XI secolo a.C., i Dori giunsero in Laconia, una regione del Peloponneso meridionale. Qui, nella fertile piana del fiume Eurota, fondarono una città diversissima da tutte le altre polis greche: Sparta che, s’impose presto nel panorama sociale e politico dell’Ellade per la sua potenza militare, entrando in aperta rivalità con l’altra grande città-Stato, Atene, dalla quel tutto la differenziava.


 L'espansione di Sparta dopo le guerre messeniche

ABBASSO LA DEMOCRAZIA. Atene era la patria della democrazia, il “governo del popolo” (il démos, la maggioranza dei cittadini), mentre a Sparta vigeva l’aristocrazia, cioè il “governo dei migliori”: gli aristoi erano appunto la classe dominante, numericamente ridotta e sola detentrice di ogni diritto. Ne potevano far parte soltanto gli spartiati, ossi i maschi discendenti degli antichi conquistatori dorici, che erano detti anche Homoioim, “i pari”, perché godevano tutti dei medesimi diritti. Agli aristoi erano sottomesse altre due classi sociali: i perieci (cioè “coloro che abitano intorno, uomini liberi ma non ammessi alle cariche pubbliche) e gli iloti, ossia gli abitanti di grado più infimo della Laconia, destinati a lavorare la terra e paragonabili ai servi della gleba di età medievale.
Il governo della città veniva esercitato tramite l’assemblea popolare, l’apella, alla quale partecipavano solo gli spartiati dopo il compimento del trentesimo anno di età (uomini più che maturi, secondo di parametri di allora). L’apella si riuniva una volta al mese ed era affiancata dalla gherusia, il consiglio degli anziani, composto da trenta membri; ventotto erano spartiati ultrasessantenni eletti a vita dell’appella stessa, due erano i re di Sparta, associati da in una diarchia, Apella, gherusia e re erano tutti sottoposti al controllo di cinque efori, “sorveglianti”: si trattava di una magistratura introdotta per riforma, forse da Licurgo, leggendario legislatore di Sparta; qualunque spartiata poteva essere eletto eforo dall’assemblea, Re ed efori giuravano fedeltà e obbedienza alle leggi, rinnovando il sacramento a ogni assemblea mensile.
La legge costitutiva dello Stato si chiamava significativamente Grande Rhetra: in greco, il rhetra era il patto stipulato tra la divinità e la città stessa. Secondo la tradizione antica, infatti, si sarebbe trattato di una disposizione data al legislatore Licurgo direttamente dall’oracolo di Delfi.
Le proprietà degli spartiati erano esclusivamente agricole e su di esse si basava il diritto di cittadinanza. Fino al IV sec. a.C., in città poteva circolare solo menta di ferro, cioè di poco valore, e per uso interno.
L’organizzazione militare non era molto diversa da quella di altre polis, ma particolarmente potente e collaudata. Questa città ebbe infatti il costante problema di tenere sottomessa la fertile regione confinante della Messenia, conquistata a fatica nel corso dei secoli e d’importanza vitale per la prosperità dello Stato. i soldati spartani erano opliti, fanti pesantemente equipaggiati che formavano una possente e compatta macchina da guerra, proteggendosi l’un l’altro con gli scudi. La cavalleria era limitata al servizio dei re e veniva impiegata, più che altro, come avanguardia o per inseguire il nemico in fuga. Nei secoli V e IV a.C., ossia durante i periodi di rivalità più accesa con Atene, Sparta dispose anche di una flotta importante, che richiese la formazione di marinai e l’istituzione di magistrature preposte alla sua organizzazione e comando.

Antica edizione delle Vite parallele di Plutarco

Eroine dello sport.
La partecipazione e le vittorie degli Spartani alle Olimpiadi furono particolarmente fitte nei secoli VII e VI a.C. Nel IV secolo a.C., anzi, furono due donne a imporsi alle Olimpiadi nelle discipline ippiche. La prima si chiamava Cinisca e apparteneva a una delle famiglie reali: + famosa per essere stata una gara olimpionica, la corsa dei carri con quattro cavalli nei giochi del 396 a.C. L’altra spartana, Eurileonida, partecipò alle gare di corsa con la biga, forse vincendone una o comunque piazzandosi in ottima posizione.
 
BELLE ED EMANCIPATE. Un’altra differenza fondamentale tra Sparta e Atena riguardava il concetto di “famiglia”. Ad Atene, come nella maggior parte delle polis, la famiglia era l’unità di base della società e prendeva il nome di oikos, “dimora”, a indicare l’insieme delle persone che vivevano sotto lo stesso tetto. Il capofamiglia esercitava un’autorità indiscussa, totale ed esclusiva, mentre alla donna era riservato il “buon governo della casa”, l’oikonomia (da cui deriva la parola “economia”), insieme alla procreazione dei figli e alla loro cura. Il genere femminile godeva di pochissimi diritti: era raro vedere una donna sola aggirarsi per strada o al mercato di Atene, Corinto o Tebe. A Sparta, invece, il cardine della vita sociale era rappresentato dal syssitia, le mense comune dei Lacedemoni (sinonimo di Spartani), costretti per legge a prendere i pasti insieme, una volta compiuti i vent’anni. Questa pratica sviluppava la socializzazione, il senso di appartenenza e la consapevolezza della reciproca parità: ogni cittadino doveva portare con sé il proprio cibo e versare mensilmente una quota fissa di orzo, vino, formaggio e fichi.
Gli uomini, inoltre, continuavano a vivere in comune tra loro anche dopo il matrimonio, secondo una rigida organizzazione militaresca. Quanto alle donne, esse si occupavano della cura e dell’educazione dei figli fino al compimento de sette anni d’età, quando i maschi erano sotratti alla madre per essere allevati dalla comunità. Alle femmine, che restavano in casa, s’impartiva una formazione altrettanto severa, mirante a farne le perfette compagne dei leggendari guerrieri di Sparta, anche attraverso un’accurata educazione fisica che aveva lo scopo di fortificare il loro corpo per dare alla città figli sani e ardimentosi. Abbigliate succintamente e forse addirittura nude, le ragazze partecipavano anche alle gare ginniche e ai cori eseguiti durante  le grandi feste (nel resto della Grecia era considerato immorale).
Per le sue differenze radicali nello stile di vita e nel rapporto tra gli individui e lo Stato, Sparta aveva ammiratori in molte poli. Come lo storico Senofonte e il filosofo Crizia, che apprezzavano il pudore (aidos) naturale delle fanciulle spartane e il loro riserbo; al contrario, i denigratori, come il tragediografo Euripide e il filosofo Aristotele, le definivano con disprezzo “scosciate” e “puttane”.

UNA MOGLIE IN COMUNE. A Sparta, anche lo sposalizio si svolgeva secondo modalità che non avevano uguali in tutta la Grecia. Il vincolo matrimoniale era controllato dagli efori, e prevedeva che i maschi non potessero sposarsi prima dei trent’anni; anche per le femmine, a differenza di quanto avveniva altrove, era consigliata un’età non troppo acerba. La ragazza veniva preparata alle nozze da una madrina che la rasava e la vestiva da uomo. I primi incontri fra gli sposi avvenivano al buio e subito dopo l’amplesso l’uomo tornava a dormire con i suoi camerati (l’abitudine veniva mantenuta anche in seguito allo scopo, sembra, di mantenere acceso il desiderio tra i coniugi). Come riferiscono alcune fonti, poteva succedere ad alcuni spartani di avere figli ancora prima di aver visto in faccia la moglie.
Un’altra usanza, decisamente bizzarra agli occhi degli altri Greci e anche ai nostri, era la possibilità, prevista per legge, che i mariti attempati “prestassero” la moglie a uomini più giovani, così da poter generare figli vigorosi. In compenso, se uno spartano non voleva sposarsi poteva chiedere in prestito la moglie a un altro, se ne apprezzava le qualità di madre.

AMORE E MORTE.
I precettori educavano gli allievi anche nelle relazioni amorose omosessuali, che potevano esercitarsi fra coetanei o con adulti, ma perfino la pederastia era controllata dallo Stato. la condotta impartita comportava sacrifici fisici, come indossare tutto l’anno lo stesso mantello e prove, la più dura delle quali (krypteia) constava nel rimanere nascosti per un anno di speciale addestramento, per poi affrontare e uccidere alcuni iloti.

ISPIRATORI DEI TOTALITARISMI. Anche la condizione femminile era molto particolare rispetto al resto del mondo greco. Le donne di buona famiglia erano perlopiù ricche: lo diventavano con il matrimonio, restando titolari della dote portata in casa del marito, ma soprattutto quando accumulavano patrimoni di varie casate prive di eredi maschi. Le perdite di uomini nelle continue guerre avevano infatti anche questa conseguenza, oltre a procurare una grave e progressiva carenza di combattenti. La preoccupazione di trovare un marito adeguato alle ereditiere, possibilmente un parente, era sentita anche ad Atena, però a Sparta l’eredità materna e quella paterna rimanevano distinti, così come a Creta, e questo costituiva un indubbio vantaggio per le donne. Il mondo antico parlava di Sparta “famosa da mille anni”, ma la sua potenza fu verosimilmente tale per cinquecento anni. In quei secoli, i Lacedemoni dominarono su quasi tutto il Peloponneso, potendosi gloriare di un esercito valoroso quanto nessun altro. Lo dimostrarono incontrovertibilmente nella difesa della Grecia contro l’invasione persiana, per scongiurare la quale Leonida e i suoi 300 compagni si sacrificarono al passo delle Termopili, nel 480 a.C.
Atene conquistò l’egemonia sugli altri Greci solo nel corso del V secolo a.C., dopo le guerre contro i Persiani e prima della sconfitta nella Guerra del Peloponneso, vinta proprio da Sparta. Il declino della democratica Atene alimentò le riflessioni di filosofi e oratori a vantaggio della costituzione spartana, ritenuta degna di prevalere sulle altre. Ma anche per i Lacedemoni era venuto il tempo del tramonto: Sparta fu batta da Tebe nella battaglia di Leuttra (371 a.C.), che costò ai Lacedemoni la perdita della fertile Messenia, causandone l’inarrestabile decadenza.
A Sparta contavano molto la forza, la potenza e l’integrità morale, ma anche la cultura ricopriva un ruolo importante; soprattutto in età arcaica, quando si affermarono poeti famosi come il lirico Tirteo e il suo contemporaneo Alcmane, rimasti nella storia della letteratura universale. Nel VI sec. a.C., anche l’artigianato spartano s’impose nel bacino del Mediterraneo: la produzione della ceramica raggiunse tali livelli artistici da essere ricercata in molte città, anche fuori dalla Grecia, dove gli archeologi la trovano oggi in grande quantità. Nel corso dei secoli, il modello spartano, benché decaduto, continuò a riscuotere ammirazione nell’interpretazione dei posteri (a volte fantasiose e ideologicamente deformata). Prima l’Umanesimo, poi l’Enciclopedismo, il teatro e la pittura sette-ottocentesca, da David a Degas, s’ispirarono volentieri alle gesta e alla leggendaria moralità e alla forza dei Lacedemoni.
In tempi più recenti, il modello spartano esercitò una grande attrazione sulla dottrina nazionalsocialista, che vide in esso quasi un precedente storico: così come i Lacedemoni, venuti dal Nord, avevano rinnovato la forza morale e la potenza ellenica, allo stesso modo il popolo tedesco doveva operare nei confronti della decadente civiltà europea.

Articolo in gran parte di Mariano Allopardi pubblicato su Conoscere la storia n. 50 – altri testi e immagini da wikipedia. 

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