Rinascimento:
guerra agli ebrei.
Il
Rinascimento fu segnato da un crescente antisemitismo, che portò a espulsioni
di massa dai regni europei, a partire dalla cattolicissima Spagna. E alla
nascita dei ghetti.
Il decreto dell'Alhambra, noto anche come editto o decreto di Granada, è stato un decreto emanato il 31 marzo 1492 dai re cattolici di Spagna, Isabella di Castiglia e Ferdinando II d'Aragona, con il quale diventava obbligatoria l'espulsione delle comunità ebraiche dai regni spagnoli e dai loro possedimenti a partire dal 31 luglio di quello stesso anno. Pochi anni dopo un provvedimento di tal genere e dai medesimi effetti entrò in vigore anche nel regno portoghese con il sovrano Manuele I.
Terza ed ultima pagina dell'editto della versione conservata negli archivi della città di Ávila, unica rimasta in forma manoscritta
Corti
raffinate, arte, luce dopo il buio del Medioevo. Questo è l’immaginario più
diffuso sul Rinascimento. Se però si era fedeli a Yahweh anziché a Cristo, le
cose non andavano tanto bene tra Quattrocento e Cinquecento. Certo, miniature e
dipinti d’epoca mostrano ricchi ebrei a corte magari vestiti alla moda
cristiana, e attori e suonatori di liuto, anche loro di religione ebraica,
dilettare i signori rinascimentali. Non era però tutto oro quello che luccicava
in quegli anni. Anna Foa, autrice di ‘Ebrei in Europa. Dalla Peste nera
all’emancipazione (Laterza)’, conferma: “Le corti rinascimentali rappresentano la
grande ambiguità che gli ebrei vivono durante il Rinascimento, un’epoca dove
può coesistere la loro presenza accanto a re e signori e la più dura diffidenza
nei loro confronti”. Nulla di nuovo sotto il sole: per il popolino e anche
parte del clero erano un popolo responsabile della morte in croce di Cristo e
quindi addebitavano a loro riti occulti, uccisioni rituali di bimbi cristiani e
profanazioni di ostie consacrate. Follie, naturalmente, che però alimentavano
la rabbia della folla nei momenti più difficili, come durante carestie e
pestilenze, e davano il via alla caccia al ‘deicida’, con veri e propri pogrom.
Tollerati ma non troppo. Il destino degli ebrei,
in fondo, era quello di essere tollerati perché necessari. Nel Medioevo il
prestito di denaro veniva considerato usura dalla Chiesa: un peccato per i
cristiani. Quindi potevano occuparsene solo i giudei. E c’era anche un
vantaggio non da poco: se non li si voleva rimborsare si poteva espellerli da
una città o da interi regni, come avvenne in Inghilterra nel 1290 e in Francia
nel 1306. Inoltre gli ebrei, con il loro ostinato rifiuto di accettare la
verità cristiana, erano per la Chiesa dei modelli ‘al negativo’: servivano per
mostrare la retta via, la coerenza religiosa, insomma. I seguaci della Torah
erano quindi utili ma perennemente in bilico, alla mercé della cristianità. Un
equilibrio fragile, destinato a rompersi. “L’Europa
viveva in quegli anni molti cambiamenti. I turchi avevano conquistato
Costantinopoli nel 1453 e si avvicinavano al cuore del continente europeo. Si
avvertiva la necessità di serrare le file e, come accade in ogni epoca di
cambiamento, si sviluppò una differente considerazione dell’altro, del
‘diverso’, di colui, come l’ebreo, che aveva sempre avuto un suo spazio, ma uno
spazio ristretto e comunque in balia delle decisioni altrui”, spiega Anna
Foa.
Il massacro dei conversos a Lisbona. Rappresentazione del massacro di Lisbona, in una delle poche incisioni che sopravvissero al terremoto di Lisbona del 1755 ed al successivo incendio di Torre do Tombo Nella Penisola iberica il livore dei
cristiani era molto acceso nei confronti dei marrani, considerati dei finti
convertiti al cristianesimo. In molte occasioni l’odio si trasformò in
violenza con uccisioni e distruzione delle case dei conversos. L’episodio più
atroce avvenne a Lisbona nel 1506, quando alcuni marrani vennero trovati in
possesso di agnelli e pollame preparati secondo gli usi ebraici, oltre a pane
non lievitato ed erbe amare, secondo le regole della Pasqua ebraica. I
cristiani della città si aspettavano per i rei una punizione esemplare che
però non venne inflitta. Tanto bastò a scatenare la furia popolare. NEL SANGUE. Circa 2mila converso
furono uccisi in un paio di giorni al grido di “eresia, eresia”, prima che le
autorità ristabilissero l’ordine facendo impiccare e squartare i capi della
rivolta. Il massacro nacque dall’odio religioso, ma non solo: la folla si
accanì con particolare ferocia su Joao Rodrigo Mascarenhas uno dei marrani
più facoltosi di Lisbona, nonché esattore delle tasse per il sovrano. |
La misera vita nei ghetti. Il ghetto, almeno ufficialmente,
doveva essere un luogo dove gli ebrei si sarebbero sentiti più al sicuro
dalle minacce esterne. E almeno agli inizi molti membri della comunità videro
delle mura che li circondavano delle barriere di protezione. Si trattava però
di un luogo di reclusione, per raggiungere il quale si era costretti a
lasciare le proprie case, le proprie città e relazioni. Erano infatti imposta
la vendita di proprietà, l’abbandono di botteghe e mestieri per concentrare
tutto in unico spazio chiuso, dove si viveva in luoghi angusti e
sovraffollati. SPAZI RISTRETTI. Anche se il numero
degli abitanti cresceva, infatti, lo spazio del ghetto rimaneva sempre
uguale. Per questo le case erano alte, aggettanti su vie strette, divise in
piani con soffitti bassissimi per sfruttare il più possibile gli spazi
disponibili. Erano ambienti in cui vivere era come complicato e dove un
incendio o una catastrofe naturale (un terremoto, un’inondazione) non
lasciavano scampo e si trasformavano facilmente in un’ecatombe. Non solo, nel
corso dei decenni, gli abitanti dei ghetti, non potendo più svolgere alcune
professioni o avere rapporti con l’esterno, si impoverirono sempre di più. La
vita degli ebrei in queste zone di segregazione era dominata da incertezza e
crescente emarginazione culturale. Un ripiegamento che ebbe la sua
testimonianza più evidente nel ghetto di Roma, quello più controllato dalla
Chiesa e l’ultimo a essere smantellato nel 1870. Testimonianze dell’epoca
parlano di miseria, arretratezza e passività che colpirà tanti visitatori
nell’800 e che si ritroverà in maniera ancora più tragica nei ghetti imposti
dal nazismo. |
Un taglio di legno tedesco del XV secolo che mostra una presunta "degenerazione dell'ospite". Nel primo gruppo i padroni sono derubati, nel secondo i padroni sanguinano dopo essere stati trafitti da un ebreo, nel terzo gli ebrei vengono arrestati e nel quarto sono bruciati vivi tramite la morte sul rogo.
Via alle espulsioni. La diversità era
considerata al pari di un’infezione: indeboliva il corpo (della cristianità) ed
era quindi di eliminare. Fu quello che accadde prima di tutto nella Spagna cristiana,
impegnata nelle fasi finali della Reconquista dei territori iberi sottomessi ai
musulmani. Il cristianesimo rappresentava un elemento di forte coesione sociale
nella lotta e i sovrani cristiani decisero di sfruttarlo fino in fondo. In questo
contesto avviarono una politica di conversioni forzate nei confronti degli ebrei
che portò alla nascita di un nuovo ceto sociale, quello dei conversos
(convertiti) o marrani. Contemporaneamente si moltiplicarono i divieti e le
pratiche di emarginazione nei confronti della comunità ebraica, costretta a
vivere in quartieri separata dai cristiani.
L’istituzione dell’Inquisizione
spagnola nel 1480, incaricata di controllare che i marrani non continuassero a
professare la loro religione di nascosto, inasprì la situazione fino a che, il
31 marzo 1492, Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia ordinarono agli
ebrei di convertirsi entro quattro mesi oppure di lasciare la Spagna. Oltre centomila
lasciarono il Paese, rinunciando anche alle loro ricchezze perché era proibito
partire con metalli preziosi. Avvennero espulsioni anche dai domini spagnoli,
in Sicilia, in Sardegna e nel Regno di Napoli (1511). Non solo: i pretesi
uccisori di Cristo vennero dichiarati indesiderabili anche in Provenza (tra il
1498 e il 1501) e in parte dei territori tedeschi. la maggioranza degli esuli
spagnoli si rifugiò in Portogallo, dove però, nel 1506, si scatenò un pogrom a
Lisbona. L’introduzione dell’Inquisizione nel 1536 li indusse infine a trovare
rifugio nell’Impero ottomano (soprattutto a Istanbul e Salonicco), nei Paesi
Bassi ma anche in Italia, ad esempio a Livorno. I problemi però erano solo all’inizio.
“L’espulsione dalla Spagna creò un
precedente e fece nascere la consapevolezza che degli ebrei ci si poteva
disfare: si poteva eliminare la loro presenza da uno Stato ma anche dall’intera
società”, racconta Foa.
Esecuzione di Francisca de Carvajal, un'ebrea convertita, accusata di essere ricaduta nell'ebraismo (Città del Messico, 1601).
Effetto riforma. Fu ancora una volta la religione ad avere un peso fortissimo nelle scelte antisemitiche del Rinascimento. Prosegue Anna Foa: “All’inizio del Cinquecento l’Europa cristiana si divise e la Chiesa cattolica si trovò a fare i conti con l’affermazione del luteranesimo e della Riforma. Divenne più difficile per la Chiesa tollerare la diversità degli ebrei, nel momento in cui si doveva combattere l’eresia dei luterani”. Era quindi divenuto ben difficile convincere i fedeli della legittimità della lotta contro un’eresia delle dimensioni di quella protestante e al tempo stesso continuare a offrire garanzie al popolo ebraico, considerato nemico per eccellenza del cristianesimo, soprattutto a livello popolare. Con la Controriforma la Chiesa si impegnò come non aveva mai fatto perché si convertissero, rendendo la loro vita sempre più complicata. Lo strumento principale di questa politica fu il ghetto, istituito da una bolla papale da Paolo IV nel 1555 dopo che già nel 1516 la Repubblica di Venezia aveva creato un quartiere con questo nome, esclusivamente destinato agli ebrei. Il papa stabilì in via definitiva che in tutte le località essi avrebbero dovuto vivere concentrati in una sola strada riservata a loro e separata dalle abitazioni dei cristiani. Fu la creazione di un luogo artificiale dove trattenerli in attesa della loro conversione ed entro cui esercitare mezzi coercitivi e punitivi tali da favorire e accelerare il processo forzato. In breve, in Italia e in Europa Occidentale non rimasero per gli ebrei che due strade: l’espulsione o la segregazione nei ghetti. Una condizione che caratterizzò la vita del popolo ‘eletto’ fino all’emancipazione seguita alla Rivoluzione francese.
Articolo di Roberto Roveda pubblicato su Focus Storia n. 144. Altri testi e immagini da Wikipedia
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