martedì 4 agosto 2020

Rinascimento: guerra agli ebrei.

Rinascimento: guerra agli ebrei.

Il Rinascimento fu segnato da un crescente antisemitismo, che portò a espulsioni di massa dai regni europei, a partire dalla cattolicissima Spagna. E alla nascita dei ghetti.

 Alhambra Decree.jpg

Il decreto dell'Alhambra, noto anche come editto o decreto di Granada, è stato un decreto emanato il 31 marzo 1492 dai re cattolici di SpagnaIsabella di Castiglia e Ferdinando II d'Aragona, con il quale diventava obbligatoria l'espulsione delle comunità ebraiche dai regni spagnoli e dai loro possedimenti a partire dal 31 luglio di quello stesso anno. Pochi anni dopo un provvedimento di tal genere e dai medesimi effetti entrò in vigore anche nel regno portoghese con il sovrano Manuele I.

Terza ed ultima pagina dell'editto della versione conservata negli archivi della città di Ávila, unica rimasta in forma manoscritta

Corti raffinate, arte, luce dopo il buio del Medioevo. Questo è l’immaginario più diffuso sul Rinascimento. Se però si era fedeli a Yahweh anziché a Cristo, le cose non andavano tanto bene tra Quattrocento e Cinquecento. Certo, miniature e dipinti d’epoca mostrano ricchi ebrei a corte magari vestiti alla moda cristiana, e attori e suonatori di liuto, anche loro di religione ebraica, dilettare i signori rinascimentali. Non era però tutto oro quello che luccicava in quegli anni. Anna Foa, autrice di ‘Ebrei in Europa. Dalla Peste nera all’emancipazione (Laterza)’,  conferma: “Le corti rinascimentali rappresentano la grande ambiguità che gli ebrei vivono durante il Rinascimento, un’epoca dove può coesistere la loro presenza accanto a re e signori e la più dura diffidenza nei loro confronti”. Nulla di nuovo sotto il sole: per il popolino e anche parte del clero erano un popolo responsabile della morte in croce di Cristo e quindi addebitavano a loro riti occulti, uccisioni rituali di bimbi cristiani e profanazioni di ostie consacrate. Follie, naturalmente, che però alimentavano la rabbia della folla nei momenti più difficili, come durante carestie e pestilenze, e davano il via alla caccia al ‘deicida’, con veri e propri pogrom.

 

Ghetto di Venezia.

Tollerati ma non troppo. Il destino degli ebrei, in fondo, era quello di essere tollerati perché necessari. Nel Medioevo il prestito di denaro veniva considerato usura dalla Chiesa: un peccato per i cristiani. Quindi potevano occuparsene solo i giudei. E c’era anche un vantaggio non da poco: se non li si voleva rimborsare si poteva espellerli da una città o da interi regni, come avvenne in Inghilterra nel 1290 e in Francia nel 1306. Inoltre gli ebrei, con il loro ostinato rifiuto di accettare la verità cristiana, erano per la Chiesa dei modelli ‘al negativo’: servivano per mostrare la retta via, la coerenza religiosa, insomma. I seguaci della Torah erano quindi utili ma perennemente in bilico, alla mercé della cristianità. Un equilibrio fragile, destinato a rompersi. “L’Europa viveva in quegli anni molti cambiamenti. I turchi avevano conquistato Costantinopoli nel 1453 e si avvicinavano al cuore del continente europeo. Si avvertiva la necessità di serrare le file e, come accade in ogni epoca di cambiamento, si sviluppò una differente considerazione dell’altro, del ‘diverso’, di colui, come l’ebreo, che aveva sempre avuto un suo spazio, ma uno spazio ristretto e comunque in balia delle decisioni altrui”, spiega Anna Foa.

 

Il massacro dei conversos a Lisbona.

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Rappresentazione del massacro di Lisbona, in una delle poche incisioni che sopravvissero al terremoto di Lisbona del 1755 ed al successivo incendio di Torre do Tombo

Nella Penisola iberica il livore dei cristiani era molto acceso nei confronti dei marrani, considerati dei finti convertiti al cristianesimo. In molte occasioni l’odio si trasformò in violenza con uccisioni e distruzione delle case dei conversos. L’episodio più atroce avvenne a Lisbona nel 1506, quando alcuni marrani vennero trovati in possesso di agnelli e pollame preparati secondo gli usi ebraici, oltre a pane non lievitato ed erbe amare, secondo le regole della Pasqua ebraica. I cristiani della città si aspettavano per i rei una punizione esemplare che però non venne inflitta. Tanto bastò a scatenare la furia popolare.

NEL SANGUE. Circa 2mila converso furono uccisi in un paio di giorni al grido di “eresia, eresia”, prima che le autorità ristabilissero l’ordine facendo impiccare e squartare i capi della rivolta. Il massacro nacque dall’odio religioso, ma non solo: la folla si accanì con particolare ferocia su Joao Rodrigo Mascarenhas uno dei marrani più facoltosi di Lisbona, nonché esattore delle tasse per il sovrano.

La misera vita nei ghetti.

Il ghetto, almeno ufficialmente, doveva essere un luogo dove gli ebrei si sarebbero sentiti più al sicuro dalle minacce esterne. E almeno agli inizi molti membri della comunità videro delle mura che li circondavano delle barriere di protezione. Si trattava però di un luogo di reclusione, per raggiungere il quale si era costretti a lasciare le proprie case, le proprie città e relazioni. Erano infatti imposta la vendita di proprietà, l’abbandono di botteghe e mestieri per concentrare tutto in unico spazio chiuso, dove si viveva in luoghi angusti e sovraffollati.

SPAZI RISTRETTI. Anche se il numero degli abitanti cresceva, infatti, lo spazio del ghetto rimaneva sempre uguale. Per questo le case erano alte, aggettanti su vie strette, divise in piani con soffitti bassissimi per sfruttare il più possibile gli spazi disponibili. Erano ambienti in cui vivere era come complicato e dove un incendio o una catastrofe naturale (un terremoto, un’inondazione) non lasciavano scampo e si trasformavano facilmente in un’ecatombe. Non solo, nel corso dei decenni, gli abitanti dei ghetti, non potendo più svolgere alcune professioni o avere rapporti con l’esterno, si impoverirono sempre di più. La vita degli ebrei in queste zone di segregazione era dominata da incertezza e crescente emarginazione culturale. Un ripiegamento che ebbe la sua testimonianza più evidente nel ghetto di Roma, quello più controllato dalla Chiesa e l’ultimo a essere smantellato nel 1870. Testimonianze dell’epoca parlano di miseria, arretratezza e passività che colpirà tanti visitatori nell’800 e che si ritroverà in maniera ancora più tragica nei ghetti imposti dal nazismo.

 

Un taglio di legno tedesco del XV secolo che mostra una presunta "degenerazione dell'ospite". Nel primo gruppo i padroni sono derubati, nel secondo i padroni sanguinano dopo essere stati trafitti da un ebreo, nel terzo gli ebrei vengono arrestati e nel quarto sono bruciati vivi tramite la morte sul rogo.

 

Via alle espulsioni. La diversità era considerata al pari di un’infezione: indeboliva il corpo (della cristianità) ed era quindi di eliminare. Fu quello che accadde prima di tutto nella Spagna cristiana, impegnata nelle fasi finali della Reconquista dei territori iberi sottomessi ai musulmani. Il cristianesimo rappresentava un elemento di forte coesione sociale nella lotta e i sovrani cristiani decisero di sfruttarlo fino in fondo. In questo contesto avviarono una politica di conversioni forzate nei confronti degli ebrei che portò alla nascita di un nuovo ceto sociale, quello dei conversos (convertiti) o marrani. Contemporaneamente si moltiplicarono i divieti e le pratiche di emarginazione nei confronti della comunità ebraica, costretta a vivere in quartieri separata dai cristiani.

L’istituzione dell’Inquisizione spagnola nel 1480, incaricata di controllare che i marrani non continuassero a professare la loro religione di nascosto, inasprì la situazione fino a che, il 31 marzo 1492, Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia ordinarono agli ebrei di convertirsi entro quattro mesi oppure di lasciare la Spagna. Oltre centomila lasciarono il Paese, rinunciando anche alle loro ricchezze perché era proibito partire con metalli preziosi. Avvennero espulsioni anche dai domini spagnoli, in Sicilia, in Sardegna e nel Regno di Napoli (1511). Non solo: i pretesi uccisori di Cristo vennero dichiarati indesiderabili anche in Provenza (tra il 1498 e il 1501) e in parte dei territori tedeschi. la maggioranza degli esuli spagnoli si rifugiò in Portogallo, dove però, nel 1506, si scatenò un pogrom a Lisbona. L’introduzione dell’Inquisizione nel 1536 li indusse infine a trovare rifugio nell’Impero ottomano (soprattutto a Istanbul e Salonicco), nei Paesi Bassi ma anche in Italia, ad esempio a Livorno. I problemi però erano solo all’inizio. “L’espulsione dalla Spagna creò un precedente e fece nascere la consapevolezza che degli ebrei ci si poteva disfare: si poteva eliminare la loro presenza da uno Stato ma anche dall’intera società”, racconta Foa.

 

Esecuzione di Francisca de Carvajal, un'ebrea convertita, accusata di essere ricaduta nell'ebraismo (Città del Messico, 1601).

Effetto riforma. Fu ancora una volta la religione ad avere un peso fortissimo nelle scelte antisemitiche del Rinascimento. Prosegue Anna Foa: “All’inizio del Cinquecento l’Europa cristiana si divise e la Chiesa cattolica si trovò a fare i conti con l’affermazione del luteranesimo e della Riforma. Divenne più difficile per la Chiesa tollerare la diversità degli ebrei, nel momento in cui si doveva combattere l’eresia dei luterani”. Era quindi divenuto ben difficile convincere i fedeli della legittimità della lotta contro un’eresia delle dimensioni di quella protestante e al tempo stesso continuare a offrire garanzie al popolo ebraico, considerato nemico per eccellenza del cristianesimo, soprattutto a livello popolare. Con la Controriforma la Chiesa si impegnò come non aveva mai fatto perché si convertissero, rendendo la loro vita sempre più complicata. Lo strumento principale di questa politica fu il ghetto, istituito da una bolla papale da Paolo IV nel 1555 dopo che già nel 1516 la Repubblica di Venezia aveva creato un quartiere con questo nome, esclusivamente destinato agli ebrei. Il papa stabilì in via definitiva che in tutte le località essi avrebbero dovuto vivere concentrati in una sola strada riservata a loro e separata dalle abitazioni dei cristiani. Fu la creazione di un luogo artificiale dove trattenerli in attesa della loro conversione ed entro cui esercitare mezzi coercitivi e punitivi tali da favorire e accelerare il processo forzato. In breve, in Italia e in Europa Occidentale non rimasero per gli ebrei che due strade: l’espulsione o la segregazione nei ghetti. Una condizione che caratterizzò la vita del popolo ‘eletto’ fino all’emancipazione seguita alla Rivoluzione francese.

 

Articolo di Roberto Roveda pubblicato su Focus Storia n. 144. Altri testi e immagini da Wikipedia

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