Vilcamba, il regno perduto degli Inca.
La conquista di Cuzco
da parte degli spagnoli non portò alla fine della resistenza inca, che rimase
viva per ben quarant’anni nel cuore delle Ande.
L'impero inca al massimo della sua espansione
Le date sono indicative e sono desunte dalla cronologia proposta da del Busto Duthurburu. Nella sua ricostruzione il punto di partenza è determinato dall'arrivo dei Chanca che è fissato nel 1438. Altri studiosi hanno ricostruito l'epoca di espansione inca con diversi riferimenti storici. Tra di loro si segnalano Rowe e Means che hanno indicato la data di invasione dei Chanca nel 1400, con conseguente anticipazione di quelle successive e ampliamento dei regni di Tupac Yupanqui e di Huayna Capac. Alla loro cronologia si rifà in parte anche la storica contemporanea Maria Rowstorowski.
Sin
dai tempi antichi, nei territori andini vivevano diverse etnie. Alcune di
queste erano molto potenti, ma non riuscirono a evitare che, nella seconda
parte del XIII secolo, si stabilissero nel loro territorio gli Inca, un popolo
proveniente da Taipicala, nell’odierna Bolivia, e che in una delle valli
fondassero un nuovo insediamento: Q’osqo, ‘l’Ombelico’. Il nome sarà poi
trasformato in Cusco co Cusco: lì Manco Capac proclamò re sé stesso e i suoi
discendenti stabilì le prime leggi di governo e si dichiarò rappresentante del
dio Sole sulla terra. Erano gli inizi del Tahuantinsuyo: questo il nome, in
lingua quechua antica, del territorio governato dagli inca. A partire dal nono
monarca, Pachacuti Yupanqui, e del figlio Tùpac Yapanqui, gli inca ebbero
nell’America meridionale un ruolo simili a quello che ebbe Roma per l’Europa,
sia per la grande espansione sia per l’unità culturale che imposero alle
regioni sottomesse. Il loro regno, o impero, si estendeva dal fiume Ancasmayo,
in Colombia, al fiume Bio-Bio, in Cile, e comprendeva le attuali repubbliche di
Equador, Perù, Cile, nonché territori dell’Argentina nord-occidentale. Gli inca
riuscirono a sorvegliare e a garantire l’ordine grazie al controllo di un
esercito potentissimo, severo e disciplinato. Tuttavia, nel 1534, furono
sufficienti 168 uomini stranieri per abbattere il grande stato e prendere
possesso, con scarsa resistenza, dei suoi estesi territori.
Nel crollo del popolo
inca giocò un ruolo fondamentale lo scontro per il trono, che dal 1527 vide
contrapposti Huàscar e Atahualpa, i due figli del grande monarca Huayna Càpac.
Tale lotta aveva fatto parecchie vittime, tra cui membri delle panaca, o
famiglie reali, governatori delle città e perfino lo stesso Huàscar, l’erede
designato. Il popolo era quindi rimasto orfano del suo re e alla mercé del
vincitore Atahualpa, che era considerato uno straniero. Difatti, aveva
trascorso buona parte della sua vita a Quito, al nord del Tahauntinsuyo. Alla
confusione che regnava tra gli inca si aggiunse poi un altro fattore decisivo:
appena videro quegli uomini stranieri in sella ad animali sconosciuti li
scambiarono per viracocha, gli dei bianchi con la barba. La resistenza fu
perciò quasi nulla quando, il 16 novembre 1532, Atahualpa venne fatto
prigioniero dallo spagnolo Francisco Pizzarro e dai soldati che lo
accompagnavano.
Dimensioni approssimative del regno degli Inca di Vilcabamba, confrontate con l'intero territorio peruviano.
Ultimi inca ribelli. |
|
1532 Atahualpa, l’ultimo imperatore
inca e i suoi vengono sconfitti da Franciso Pizarro. Nel 1529 il territorio
aveva preso il nome di Nuova Castiglia, e poi di vicereame del Perù- |
1536 Gli inca si ribellano, assediano
per più di una anno Cuzco e Ciudad de los Royes (Lima). Non riuscendo a
vincere gli spagnoli, nel 1537 si ritirano a Vilcamba e fondano un altro
regno. |
1572 Il viceré Toledo manda un esercito
che fa prigioniero Tùpac Amaru. L’inca è giustiziato a Cuzco, e da allora le
tracce del regno ribelle si perdono tra le brume di Vilcamba. |
1911 Iniziano le prime spedizioni per
trovare la capitale ribelle, Vilcamba la Vieja o la Grande. Si studiano i
resti di Espiritu Pampa. Nel 2016 Luganìrgrande è proposta come sua possibile
ubicazione. |
Il sito di Machu Picchu
Nasce la resistenza. Una volta superato lo
sconcerto iniziale, gli abitanti andini cominciarono a ribellarsi agli
invasori. Poiché la situazione stava diventando particolarmente tesa, l’astuto
Francisco Pizarro, che governava in nome dell’imperatore Carlo V, nominò
sovrano Tùpac Huallpa o Toparpa, un principe di Cuzco figlio di Huayna Càpac,
perché facesse da intermediario tra lui e i molti popoli del Tahuantinsuyo.
Pensò che questi si sarebbero rabboniti, ma non fu così. Ben presto, poi, il
nuovo sovrano fece avvelenare il generale di Atahualpa, Chalcochima. Morti e
saccheggi generarono un forte clima d’insicurezza nella Nuova Castiglia, come
venne chiamato il Tahuantinsuyo, e nel 1533 Pizarro provò a placare gli animi
eleggendo re un altro fratello del defunto Atahualpa. Il principe prese il nome
di Manco Capac II e nei primi tempi lottò a favore degli spagnoli contro le
armate di Quito. Tuttavia, dopo aver assunto il potere cambiò opinione, ma
scelse comunque di nascondere il suo obiettivo: restaurare il regno degli avi.
Nel frattempo gli stranieri avevano fondato diverse città in stile spagnolo, in
cui le classi indigene ricoprivano un ruolo importante perché lavoravano per
loro; Manco Capac II intuiva quindi che sarebbe stato molto difficile cacciare
gli invasori, anche perché il suo potere come inca non era effettivo, bensì
fittizio, e dipendente da Francisco Pizarro. Un giorno si allontanò da Cuzco
con il pretesto di portare una statua in oro massiccio a Hernando Pizarro,
fratello del più noto Francisco, ma non fece ritorno. Attaccò e uccise gli
spagnoli residenti negli avamposti vicini e poi convocò 200mila indigeni per
schierarli vicino a Cuzco. Correva l’anno 1516. L’assedio durò tredici o
quattordici mesi. Le truppe di Manco stavano per annientare gli invasori, che
però ebbero la meglio. La ribellione inca non andò a buon fine neppure quando,
nello stesso periodo, il generale Quiso Yupanqui cinse d’assedio Ciudad de los
Reyes, l’attuale capitale del Perù, Lima.
L’assassinio
di Manco Capac II. Manco II, in un disegno di Huaman Poma de Ayala. Manco Capac
II, il primo inca di Vilcabamba, aveva qui accolto sette spagnoli
appartenenti alla fazione di Diego de Almagro; i sette avevano già assassinato
Francisco Pizarro ed erano fuggiti temendo una possibile vendetta. Manco si
fidava talmente di loro che gli affidò le delle donne perché li servissero e
condivideva con loro la tavola e i momenti di svago. Un giorno arrivò da
Cuzco un meticcio con un messaggio per i sette ospiti, con ogni probabilità una
promessa di perdono se avessero ucciso Manco. Una servitrice sentì quanto
stavano tramando e lo riferì ai capi inca, che denunciarono il complotta.
Manco non gli diede retta e, inganna nato dal meticcio, mandò i suoi uomini a
Cuzco credendola indifesa. Mentre giocavano al lancio del ferro di cavallo,
gli spagnoli accoltellarono Manco con le armi che nascondevano negli stivali
e provarono a uccidere pure Titu Cusi che, a soli 10 anni, dovette assistere
alla morte del padre. Gli assassini furono presi e uccisi, alcuni arsi vivi. |
L’esecuzione
di Tupac Amaru. Il 21 settembre 1572 Tupac Amaru, l’ultimo monarca di Vilcabamba, entrò a Cuzco. Gli spagnoli lo avevano fatto prigioniero il mese prima, e ora lo portavano legato con una catena d’oro. Lo seguivano la famiglia e i capitani e infine le mummie di Manco Capac e Titu Cusi, il primo e il terzo sovrano di Vilcabamba. Tra i tesori che gli avevano sottratto vi era una figura d’oro, il Punchao nella quale era conservata la polvere dei cuori dei re inca. Il prigioniero si convertì al cattolicesimo per evitare di essere arso vivo. Salì sul patibolo indossando sul capo la mascapaicha, la corona che ù il potere reale. Fu decapitato, e dopo di lui morirono i
comandanti. La testa rimase esposta nella plaza de Armas per il pubblico
dileggio ma, poiché la gente si inchinava davanti, il viceré Toledo la fece
rinchiudere nella cripta della chiesa idi Santo Domingo, dove era stato
sepolto il corpo. L'esecuzione di Túpac Amaru secondo Felipe Guaman Poma de Ayala |
Il regno della selva. Manco Capac II non si
diede per vinto. Riunì i sudditi e gli comunicò che aveva deciso di
intraprendere una nuova guerra dalla selva di Vilcabamba. Si trattava di una
zona dall’orografia molto complessa situata a 175 chilometri da Cuzco e
colonizzata dai suoi avi fin dal regno del decimo sovrano Tupac Yupanqui. Manco
partì quindi verso Vilcabamba in compagnia di un nutrito seguito, si stabilì
nella città di Vitcos e iniziò un’attività di guerriglia: l’esercito di fedeli
attaccava i passanti e distruggeva le case dei contadini. Gli spagnoli erano
determinati a eliminare i focolai di rivolta. Nel 1539 Gonzalo Pizarro, altro
fratello di Francisco, attaccò Vitcos, sterminò molti uomini di Manco e, anche
se questi riuscì a scappare, ne fece prigioniero il figlio, il piccolo Titu
Cusi Yupanqui. Da allora il sovrano inca non si sentì più al sicuro e, assieme
alla sua gente, si diresse verso Quito. Tuttavia, giunto a Huamanga, l’attuale
Ayacucho, si rese conto che gli spagnoli erano ovunque e tornò nella zona di
Vilcabamba, dove fondò alcune città, tra cui Vilcambaba stessa, che designò
capitale del regno. Manco Capac II governò fino al 1544, quando fu assassinato
da alcuni spagnoli e un meticcio cui aveva dato asilo. Lasciò tre figli: due
legittimi, Sayri Tupac e Tuac Amaru, e uno illegittimo, Titu Cusi Yupanqui. Sin
da subito il successore, Sayri Tupac, iniziò a lottare contro gli spagnoli, ma
il viceré Andrés Hurtado de Mendoza si adoperò perché abbandonasse la selva, si
trasferisse nella Valle sacra degli inca e a Vilcabamba tornasse la pace. Pace che
non durò molto, perché Titu Cusi Yupanqui si proclamò nuovo sovrano e riprese
la guerra. Gli spagnoli avviarono nuove trattative e nel 1568 ottennero che i
missionari potessero recarsi nella zona a predicare il Vangelo.
Alla ricerca di Vilcabamba la
Vieja. Edmundo Guillen e Elżbieta Dzikowska nelle rovine di Vilcabamba, foto presa da Tony Halik nel 1976. A metà del XIX secolo nacque l’interesse
per la capitale perduta degli inca. Dopo la visita a Choquequirao del
francese conte di Sartigni, l’italiano Antonio Raimondi pensò che le rovine
di quella città corrispondessero a Vilcabamba la Vieja. Nel 1911 lo
statunitense Hiram Bingham III intraprese nuove ricerca nella stessa zona. Arrivò
a Rosaspata e ipotizzò che corrispondesse a Vitcos, altra città inca ribelle.
Visitò pure Espiritu Pampa e affermò che le sue rovine non appartenevano alla
capitale di Vilcabamba, ma si convinse di averla trovata non molto lontano, a
Machu Picchu. Nel 1943 il nativo di Cuzco Luis Angele Aragon tornò a
interessarsi ai resti Espiritu Pampa, e circa vent’anni dopo gli esploratori
Antonio Santander Caselli e Gustavo Alencastre credettero che potessero
appartenere a Vilcabamba. Inoltre gli esploratori Gene Savoy e John Hemming
pubblicarono alcuni lavori che fecero conoscere l’importanza di Espiritu
Pampa. Dopo due spedizioni del 1976, pure il professor Edmundo Guillién pensò
che si trattasse della capitale dell’impero inca. Infine l’architetto Vincent
R. Lee, dopo ulteriori spedizioni, effettuò dei prospetti topografici e
ricostruì i resti archeologici.
Hiram Bingham III (1875-1956). Nativo
delle Hawaii, figlio di missionari laureato all’Università di Yale, Bingham
arrivò a Machu Picchu il 24 luglio 1911, durante le ricerche di Vilcabamba la
Vieha. Avrebbe proposto diverse spiegazioni per l’insediamento: sia che fosse
la capitale originale degli inca sia che fosse un rifugio delle mamacunas, le
vergini del Sole, dopo la morte di Tupac Amaru nel 1572.
Gene Savoy (1927-2007). L’esploratore
e archeologo dilettante statunitense Douglas Eugene Gene Savoy scoprì più di
quaranta siti incaici e preincaici in Perù, dove effettuò la sua prima
spedizione nel 1957. Savoy visitò Espiritu Pampa e si convinse che le sue
rovine corrispondevano a Vilcabamba la Vieja. Tuttavia si è poi scoperto che
la strada per la città seguiva il corso del fiume Pampaconas, diretto verso
ovest, mentre Epiritu Pampa si trova vicino a un altro fiume, il
Concebidaioc, che scorre verso nord-ovest. Inoltre, accedere a Espiritu Pampa
è facile, mentre le cronache affermano che Vilcamba si trovava in un luogo
quasi inaccessibile. |
La fine di Vilcabamba. Molti abitanti di
Vilcamba furono battezzati, tra cui lo stesso Titu Cusi Yupanqui, che nel 1570
scrisse al re Filippo II un documento in cui giustificava la ribellione del suo
popolo e reclamava diritti in quanto discendente del Tahuantinsuyo. Titu Cusi
Yupanqui si ammalò d’improvviso, per spegnersi poi nell’arco di sole
ventiquattr’ore. Alcuni cronisti raccontano che morì per una polmonite; altri
che fu avvelenato dai suoi capitani, contrari all’idea di abbandonare la selva
e cadere in mano agli spagnoli. Gli successe sul trono Tùpac Amaru, l’erede
legittimo che Titu Cusi Yupanqui aveva tenuto rinchiuso nella casa delle
Vergini del Sole, una sorta di comunità monastica per le donne consacrate alle
divinità. A quei tempi il viceré del Perù era Francisco de Toledo, cui Filippo
II aveva intimato di porre fine all’insurrezione. Il viceré mandò un messaggero
a Vilcabamba al fine d’intavolare trattative trattative, ma i guerrieri inca lo
uccisero prima che potesse parlare. Quando Toledo lo seppe, armò un esercito di
250 uomini e alla fine del maggio 1572 lo inviò nella selva al comando di
Martin Hurtado de Arbieto. Il 24 giugno, uno dei suoi capitani, Martin Garcia
Onez de Loyola prese possesso della capitale e catturò Tupac Amaru, che
vedendosi accerchiato diede l’ordine di incendiare la città. il sovrano inca fu
portato a Cuzco dove, in seguito a un processo fu decapitato nella plaza de
Armas. Il viceré ordinò poi di fondare un governatorato e di stabilire a
Vilcabamba una nuova capitale: San Francisco de la Victoria. Tuttavia, poiché gli
autoctoni credevano che fosse un luogo insalubre e che si trovasse troppo
lontano dalla zona delle miniere, la spostarono in un altro posto, dove esiste
ancora oggi con il nome di Vilcabamba la
Nueva, che dopo l’indipendenza del Perù venne annessa alla provincia di La Convenciòn.
A quell’epoca il regno inca ribelle era già caduto nell’oblio perché, con il
passare del tempo, la selva si era impadronita delle strade e delle città che
gli ultimi signori del Tahuantinsuyo avevano fatto costruire nel cuore delle
Ande.
Articolo di Maria del Carmen Martin Rubio curatrice di somma e narrazione degli inca di Juan de Betanzos, direttrice scientifica della spedizione “Juan de Betanzos Vilcabamba 97” pubblicato su Storica National Geographic del mese di febbraio 2009 – altri testi e immagini da Wikipedia
Nessun commento:
Posta un commento