Il B-17 la fortezza volante
L’icona della potenza statunitense. Il B-17 era una macchina da
guerra straordinariamente temibile. Un bombardiere a lungo raggio capace di
scaricare sul nemico un’enorme quantità di bombe. Presto divenne il terrore
delle città del terzo Reich.
B-17E nel 1942
B-17B alla base di March Field, in California, prima dell'attacco a Pearl Harbor Tipo: bombardiere
strategico Costruttore:
Boeing Progettista:
E. Gifford Emert, Edward Curtis Wells Data primo
volo: 28 luglio 1935 Data entrata
in servizio: aprile 1938 Equipaggio: 10
Lunghezza:
22,66 m Apertura
alare: 31,62 m Peso: 16391 kg Motore: 4
radiali Wright R-1820-1927 Cyclone con turbocompressore che azionavano eliche
Hamilton Standar del
diametro di 3,5 m Velocità
massima: 462 km/h Autonomia:
5500 km Raggio di
azione: circa 3200 km Armamento: 13
mitragliatrici Browning M2 calibro 50 BMG 12,7 mm Bombe: da 3600
a 5800 kg. potevano trasportare per 3200 km diverse tonnellate di bombe
viaggiando a 9mila metri di quota |
Il
B-17 è stato un’arma decisiva del Secondo conflitto mondiale, protagonista
praticamente su tutti i fronti, dall’Africa al Pacifico, anche se la sua
leggenda è legata soprattutto ai cieli d’Europa. Questo bombardiere strategico
quadrimotore, infatti, nonostante fosse un gigante non aveva un’autonomia di
volo sufficiente per i grandi spazi del Pacifico. Nel Vecchio continente,
invece, il B-17 poteva raggiungere quasi ogni angolo dei territori nemici,
prima partendo dalle basi in Gran Bretagna e Nord Africa e poi dagli aeroporti
via via conquistati in Europa, tra cui ebbero un volo importante quelli
pugliesi della 15a Air Force. Furono ben 640mila le tonnellate di bombe
sganciate dai B-17 sui territori controllati dai nazisti, su un totale di 1,5
milioni di bombe impiegate dagli statunitensi in Europa. Il B-17 fu lo
strumento perfetto per mettere in atto la nuova teoria del bombardamento
strategico, la quale, a differenza del bombardamento tattico che prevedeva di
bombardare le unità nemiche sul campo di battaglia, si prefissava di seminare
morte e terrore sul territorio dell’avversario, ben oltre la linea del fronte,
minandone il morale, distruggendo le sue infrastrutture e neutralizzandone il
potenziale industriale. In sintesi, cercando di metterlo in ginocchio per
renderlo incapace di continuare la guerra.
La
tattica di volo: formazione a box. Combat box di una squadriglia di 12 bombardieri B-17 sviluppata nell'ottobre 1943. Tre di questi box formavano un group box di 36 aerei Per
proteggersi dai caccia nemici i piloti dei bombardieri USA si addestravano a
volare in formazioni serrate. La formazione standard era detta a box, basata
su un gruppo di 3 squadroni ciascuno composto da sei o sette B-17. Lo
squadrone più avanzato era seguito da uno alla destra a una quota più alta e
uno alla sua sinistra a una quota più bassa (ma sempre in formazioni strette
e chiuse). Gli aerei dovevano disporsi in modo preciso a diverse altitudini,
per non finire mai sulla linea di tiro delle mitragliatrici di un altro
velivolo né sulla traiettoria delle bombe sganciate dalia ere soprastanti.
Gli aerei più in basso e/o di coda erano quelli che rimanevo più esposti. Tre
box formavano un’ala. |
Il
sistema di puntamento Norden. Il sistema di puntamento Norden I
bombardieri americani erano dotati di strumenti per rendere più precisi i
bombardamenti. Il puntatore inseriva nell’apparecchio chiamato “collimatore
Norden” i dati relativi a posizione del bersaglio, velocità del velivolo,
forza e direzione del vento e altre misurazioni necessarie. La macchina a
quel punto generava due reticoli che si dovevano fissare sul bersaglio, e in
base a questo il sistema di puntamento indicava quale fosse il punto e il
momento giusto per sganciare le bombe sull’obiettivo, ma secondo gli studi
statistici solo il 7 per cento delle bombe cadde all’interno di quel raggio.
Il Norden era per gli americani così prezioso e segreto che non condiviso
neanche con gli alleati britannici. |
Missioni pericolose. La sveglia per gli
equipaggi dell’8a Air Force statunitense di stanza in Gran Bretagna scattava
nel cuore della notte. Poco dopo l’1.00 c’era già il briefing per conoscere
l’obiettivo del giorno, alle 4.00 la colazione e il lavoro per approntare e
armare i bombardieri. Alle 5.00 tutti erano pronti nell’attesa che la torre di
controllo lanciasse il razzo rosso che ordinava di accendere i motori. A quel
punto si alzavano in volo le grandi formazioni da battaglia composte dai B-17
color verde oliva e dai B-17G che invece erano argentei. Decollavano in serie
uno dopo l’altro a intervalli di 30 secondi, sollevandosi lentamente e andando
a prendere il loro posto nella formazione di volo. In media, ciascuno
trasportava una cinquantina di bombe, 9500 litri di carburante e grandi casse
colme di munizioni per le mitragliatrici di bordo. Questi possenti velivoli ogni
giorno dovevano aprirsi la strada verso il cuore della Germania resistendo agli
attacchi dei caccia tedeschi e alla tempesta di fuoco dei temibili caccia
tedeschi e alla tempesta di fuoco dei temibili cannoni contraerei della Flack.
Una volta raggiunto l’obiettivo ciascun bombardiere sganciava il suo carico di
morte e poi invertiva la rotta per tornare alla base. Anche lungo la strada del
ritorno però nessuno poteva rilassarsi, perché gli aerei e l’artiglieria nemica
cercavano di infliggere il massimo danno anche ai velivoli ormai privi del loro
carico di bombe e non era uno scherzo: per quanto possa sembrare che i possenti
bombardieri americani colpissero dall’alto dei cieli restando al riparo dal
pericolo, non era così. Gli equipaggi di questi aerei furono tra le specialità
che subirono i più alti tassi di mortalità di tutte le Forze Armate Alleate.
Modelli. |
|
|
Model 299.
Fu il prototipo con 8 uomini di
equipaggio. |
YB-17 Furono i prototipi
realizzati per le sperimentazioni, 13 in tutto, uno per i test di volo e
l’altra dozzina per le prove di bombardamento. Fu su questi modelli che
vennero sviluppati i turbocompressori che poi divennero standard. Aveva un
equipaggio di 6 uomini.
|
|
B-17B Ebbe un timone e dei flap
maggiorati per aumentare le performance a velocità basse. |
B-17C La caratteristica principale
fu la variazione dei finestrini, a forma di lacrima, che eliminavano le
turbolenze registrate in precedenza grazie al fatto di essere piatti. Furono
introdotti nuovi motori e vennero fatte alcune modifiche alle mitragliatrici.
|
|
Fortress I Era la versione
britannica del modello B-17C. Per gli americani non era ancora pronto per il
combattimento, ma i britannici, essendo alle corde, con piccole modifiche
impiegarono subito questo velivolo. |
B-17D L’equipaggio fu portato a 10
uomini. Vennero anche eliminati gli attacchi esterni per le bombe, limitate
al vano carico.
|
|
B-17E Aveva una fusoliera più
lunga di 3 m rispetto alle versioni precedenti. Venne aggiunta in coda una
postazione per mitragliatrice e le postazioni per i mitraglieri vennero
migliorate per renderle più efficienti. I motori furono potenziati, furono
creati una pinna verticale e un timone più grandi. Anche il muso subì alcune
modifiche. Il Fortress IIA è il B-17E fornito agli inglesi, che lo
utilizzarono per la caccia ai sottomarini.
|
B-17F Aveva il naso completamente in plexiglas senza intelaiatura. Vennero poi apportati altri miglioramenti minori in diversi settori.
|
|
B-17G La versione definitiva
assorbiva le modifiche delle versioni precedenti fino al modello B-17F. Le
mitragliatrici divennero stabilmente 13 e una torretta anteriore
telecomandata assicurava una valida difesa frontale. Assegnato all’VIII e
alla V Forza Aerea sul finire del 1943, è la variante prodotta in maggior
numero. Vennero costruiti quasi 9mila esemplari del G, e alcuni furono
convertiti per missioni diverse dal bombardamento. Come trasporto,
ricognizione, salvataggio e sperimentazione.
|
YB-40 Ancora più del suo originale
era pensato per essere una vera fortezza volante, con il compito di fare da
scorta agli altri bombardieri più che di bombardare a sua volta. Era dotato
di una torretta binata dorsale e di una torretta binata sotto al muso, e
aveva due mitragliatori invece di uno nelle postazioni laterali. Il tutto
però lo rendeva così pesante da farlo risultare più lento dei bombardieri che
doveva scortare e fu presto sostituito dai caccia.
|
|
L’equipaggio. B-17E BO AAF S/N 41-9211 Quella del B-17 era una vera
squadra da battaglia. il pilota e il copilota erano sempre ufficiali, molto
spesso laureati. Erano ufficiali anche il bombardiere e il navigatore.
C’erano poi l’operatore radio, il meccanico di volo e i mitraglieri. I
mitraglieri si dovevano muovere in spazi molto angusti: per raggiungere la
torretta di coda bisognava camminare a quattro zampe, e per brandeggiare le
mitragliatrici della fusoliera e non si poteva stare completamente eretti. A
bordo si indossava il giubbotto antiproiettile per proteggersi dal fuoco
della contraerea e dei caccia nemici, le tutte di volo erano riscaldate (ad
alta quota la temperature all’interno dell’aereo poteva raggiungere i 45
gradi sotto zero), e bisognava portare maschere per l’ossigeno. Ciascuno
inoltre indossava un salvagente che si gonfiava in caso di necessità grazie a
una bomboletta di anidride carbonica attivata da cordicelle. |
||
Un inizio in sordina. La storia del Boeing
B-17 Flying Fortress (Fortezza volante) cominciò negli anni Trenta. Nel 1914
l’Aviazione americana lanciò la gara per un bombardiere plurimotore in grado di
colpire dalle coste americane una eventuale flotta di invasione in
avvicinamento. Dopo un primo progetto con la sigla B-15, giudicato troppo
complesso e costoso, la Boeing mise al lavoro un gruppo di ingegneri che pose
le basi per la realizzazione dei B-17. Fin dalle prime fasi questo bombardiere
fu caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di mitragliatrici che lo
mettevano in condizione di difendersi da solo, dato che la sua autonomia era
superiore a quella dei caccia di scorta dell’epoca. Fu per questo che un
giornalista lo soprannominò “Fortezza volante”, un epiteto che un giornalista
lo soprannominò Fortezza volante, un epiteto che piacque tanto da diventare
ufficiale. All’inizio, l’Aviazione statunitense preferì ai B-17 altri aerei,
come il bimotore Douglas D-18, ma questo non fermò le sperimentazioni e le
migliorie, che aggiornarono costantemente i modelli. Si continuò fino a quando
da Washington non arrivarono alla Boeing gli ordinativi per la fornitura dei
primi B-17: prima dell’attacco a Pearl Harbor ce n’erano attivi poco meno di
200. Da quel momento in poi, però, la crescita fu esponenziale, tanto che alla
fine della guerra, nel 1945, me erano stati prodotti, nelle varie versioni,
quasi 13mila.
L’aereo, infatti, non
solo si dimostrò molto efficace nel colpire il nemico, ma era anche molto
apprezzato dagli stessi equipaggi perché veloce, manovrabile, ben difeso,
affidabile e soprattutto robusto, il che voleva dire avere molte più
probabilità di portare a casa la pelle. Il B-17 aveva in effetti un’eccezionale
capacità di resistere ai danni: molti B-17, rientrarono alle basi ance dopo
aver ricevuto colpi che li avevano privati di grossi pezzi dell’ala, della
fusoliera o della coda. Come disse un ufficiale americano: “Era un velivolo
facile da pilotare e molto robusto, che nonostante i danni ti avrebbe comunque
riportato indietro”. La quota di volo poteva esser di 9mila m. ai limiti dell’altezza
raggiunta dal fuoco contraereo. Le 13 mitragliatrici Browning da 12,7 mm di cui
i B-17 erano dotati sparavano in tutte le direzioni rendendo impossibile ai
caccia tedeschi un’avvicinamento che non li facesse finire sotto il fuoco dei
mitraglieri. Quando poi gli Stati Uniti svilupparono una versione del caccia
P-51 Mustang con maggiore autonomia, mettendolo in grado di scortare i
bombardieri fin nel cuore della Germania, il gioco fu chiuso: la combinazione
di bombardieri pesanti e di caccia più efficienti – sostenuti dalla
impressionante produzione industriale americana il cui divario con quella
tedesca si andava accrescendo mese dopo mese – diede alle forze aeree Alleate
il dominio dei cieli d’Europa e di conseguenza la vittoria della guerra. Gli squadroni
B-17 pagarono comunque un prezzo rilevante: in combattimento ne andarono persi
4750 esemplari. Molti dei loro resti ancora giacciono sui fondali dei mari
europei.
Articolo di Osvaldo
Baldacci pubblicato da Storie di guerre e guerrieri n. 23 Sprea Editori. Altri testi
e immagini da Wikipedia
Nessun commento:
Posta un commento