giovedì 2 luglio 2020

Il B-17 la fortezza volante

Il B-17 la fortezza volante

L’icona della potenza statunitense. Il B-17 era una macchina da guerra straordinariamente temibile. Un bombardiere a lungo raggio capace di scaricare sul nemico un’enorme quantità di bombe. Presto divenne il terrore delle città del terzo Reich.

 Color Photographed B-17E in Flight.jpg

B-17E nel 1942

B-17B alla base di March Field, in California, prima dell'attacco a Pearl Harbor

Tipo: bombardiere strategico

Costruttore: Boeing

Progettista: E. Gifford Emert, Edward Curtis Wells

Data primo volo: 28 luglio 1935

Data entrata in servizio: aprile 1938

Equipaggio: 10

Lunghezza: 22,66 m

Apertura alare: 31,62 m

Peso: 16391 kg

Motore: 4 radiali Wright R-1820-1927 Cyclone con turbocompressore che azionavano eliche                  Hamilton Standar del diametro di 3,5 m

Velocità massima: 462 km/h

Autonomia: 5500 km

Raggio di azione: circa 3200 km

Armamento: 13 mitragliatrici Browning M2 calibro 50 BMG 12,7 mm

Bombe: da 3600 a 5800 kg. potevano trasportare per 3200 km diverse tonnellate di bombe viaggiando a 9mila metri di quota

 

Il B-17 è stato un’arma decisiva del Secondo conflitto mondiale, protagonista praticamente su tutti i fronti, dall’Africa al Pacifico, anche se la sua leggenda è legata soprattutto ai cieli d’Europa. Questo bombardiere strategico quadrimotore, infatti, nonostante fosse un gigante non aveva un’autonomia di volo sufficiente per i grandi spazi del Pacifico. Nel Vecchio continente, invece, il B-17 poteva raggiungere quasi ogni angolo dei territori nemici, prima partendo dalle basi in Gran Bretagna e Nord Africa e poi dagli aeroporti via via conquistati in Europa, tra cui ebbero un volo importante quelli pugliesi della 15a Air Force. Furono ben 640mila le tonnellate di bombe sganciate dai B-17 sui territori controllati dai nazisti, su un totale di 1,5 milioni di bombe impiegate dagli statunitensi in Europa. Il B-17 fu lo strumento perfetto per mettere in atto la nuova teoria del bombardamento strategico, la quale, a differenza del bombardamento tattico che prevedeva di bombardare le unità nemiche sul campo di battaglia, si prefissava di seminare morte e terrore sul territorio dell’avversario, ben oltre la linea del fronte, minandone il morale, distruggendo le sue infrastrutture e neutralizzandone il potenziale industriale. In sintesi, cercando di metterlo in ginocchio per renderlo incapace di continuare la guerra.

 

La tattica di volo: formazione a box.

Combat box di una squadriglia di 12 bombardieri B-17 sviluppata nell'ottobre 1943. Tre di questi box formavano un group box di 36 aerei
1. Lead Element
2. High Element
3. Low Element
4. Low Low Element

Per proteggersi dai caccia nemici i piloti dei bombardieri USA si addestravano a volare in formazioni serrate. La formazione standard era detta a box, basata su un gruppo di 3 squadroni ciascuno composto da sei o sette B-17. Lo squadrone più avanzato era seguito da uno alla destra a una quota più alta e uno alla sua sinistra a una quota più bassa (ma sempre in formazioni strette e chiuse). Gli aerei dovevano disporsi in modo preciso a diverse altitudini, per non finire mai sulla linea di tiro delle mitragliatrici di un altro velivolo né sulla traiettoria delle bombe sganciate dalia ere soprastanti. Gli aerei più in basso e/o di coda erano quelli che rimanevo più esposti. Tre box formavano un’ala.

Il sistema di puntamento Norden.

Il sistema di puntamento Norden

I bombardieri americani erano dotati di strumenti per rendere più precisi i bombardamenti. Il puntatore inseriva nell’apparecchio chiamato “collimatore Norden” i dati relativi a posizione del bersaglio, velocità del velivolo, forza e direzione del vento e altre misurazioni necessarie. La macchina a quel punto generava due reticoli che si dovevano fissare sul bersaglio, e in base a questo il sistema di puntamento indicava quale fosse il punto e il momento giusto per sganciare le bombe sull’obiettivo, ma secondo gli studi statistici solo il 7 per cento delle bombe cadde all’interno di quel raggio. Il Norden era per gli americani così prezioso e segreto che non condiviso neanche con gli alleati britannici.

 

Missioni pericolose. La sveglia per gli equipaggi dell’8a Air Force statunitense di stanza in Gran Bretagna scattava nel cuore della notte. Poco dopo l’1.00 c’era già il briefing per conoscere l’obiettivo del giorno, alle 4.00 la colazione e il lavoro per approntare e armare i bombardieri. Alle 5.00 tutti erano pronti nell’attesa che la torre di controllo lanciasse il razzo rosso che ordinava di accendere i motori. A quel punto si alzavano in volo le grandi formazioni da battaglia composte dai B-17 color verde oliva e dai B-17G che invece erano argentei. Decollavano in serie uno dopo l’altro a intervalli di 30 secondi, sollevandosi lentamente e andando a prendere il loro posto nella formazione di volo. In media, ciascuno trasportava una cinquantina di bombe, 9500 litri di carburante e grandi casse colme di munizioni per le mitragliatrici di bordo. Questi possenti velivoli ogni giorno dovevano aprirsi la strada verso il cuore della Germania resistendo agli attacchi dei caccia tedeschi e alla tempesta di fuoco dei temibili caccia tedeschi e alla tempesta di fuoco dei temibili cannoni contraerei della Flack. Una volta raggiunto l’obiettivo ciascun bombardiere sganciava il suo carico di morte e poi invertiva la rotta per tornare alla base. Anche lungo la strada del ritorno però nessuno poteva rilassarsi, perché gli aerei e l’artiglieria nemica cercavano di infliggere il massimo danno anche ai velivoli ormai privi del loro carico di bombe e non era uno scherzo: per quanto possa sembrare che i possenti bombardieri americani colpissero dall’alto dei cieli restando al riparo dal pericolo, non era così. Gli equipaggi di questi aerei furono tra le specialità che subirono i più alti tassi di mortalità di tutte le Forze Armate Alleate.

 

Modelli.

 

Model 299.

 

Fu il prototipo con 8 uomini di equipaggio.

YB-17 Furono i prototipi realizzati per le sperimentazioni, 13 in tutto, uno per i test di volo e l’altra dozzina per le prove di bombardamento. Fu su questi modelli che vennero sviluppati i turbocompressori che poi divennero standard. Aveva un equipaggio di 6 uomini.

B-17B Ebbe un timone e dei flap maggiorati per aumentare le performance a velocità basse.

B-17C La caratteristica principale fu la variazione dei finestrini, a forma di lacrima, che eliminavano le turbolenze registrate in precedenza grazie al fatto di essere piatti. Furono introdotti nuovi motori e vennero fatte alcune modifiche alle mitragliatrici.

Fortress I Era la versione britannica del modello B-17C. Per gli americani non era ancora pronto per il combattimento, ma i britannici, essendo alle corde, con piccole modifiche impiegarono subito questo velivolo.

B-17D L’equipaggio fu portato a 10 uomini. Vennero anche eliminati gli attacchi esterni per le bombe, limitate al vano carico.

B-17E Aveva una fusoliera più lunga di 3 m rispetto alle versioni precedenti. Venne aggiunta in coda una postazione per mitragliatrice e le postazioni per i mitraglieri vennero migliorate per renderle più efficienti. I motori furono potenziati, furono creati una pinna verticale e un timone più grandi. Anche il muso subì alcune modifiche. Il Fortress IIA è il B-17E fornito agli inglesi, che lo utilizzarono per la caccia ai sottomarini.

B-17F Aveva il naso completamente in plexiglas senza intelaiatura. Vennero poi apportati altri miglioramenti minori in diversi settori.

B-17G La versione definitiva assorbiva le modifiche delle versioni precedenti fino al modello B-17F. Le mitragliatrici divennero stabilmente 13 e una torretta anteriore telecomandata assicurava una valida difesa frontale. Assegnato all’VIII e alla V Forza Aerea sul finire del 1943, è la variante prodotta in maggior numero. Vennero costruiti quasi 9mila esemplari del G, e alcuni furono convertiti per missioni diverse dal bombardamento. Come trasporto, ricognizione, salvataggio e sperimentazione.

YB-40 Ancora più del suo originale era pensato per essere una vera fortezza volante, con il compito di fare da scorta agli altri bombardieri più che di bombardare a sua volta. Era dotato di una torretta binata dorsale e di una torretta binata sotto al muso, e aveva due mitragliatori invece di uno nelle postazioni laterali. Il tutto però lo rendeva così pesante da farlo risultare più lento dei bombardieri che doveva scortare e fu presto sostituito dai caccia.

Boeing-Lockheed Vega B-40.jpg

L’equipaggio.

B-17E BO AAF S/N 41-9211
Typhoon McGoon II, ripreso nel gennaio 1943 a Nuova Caledonia. Notare le antenne installate sul muso di polimetilmetacrilato impiegate per la tracciatura radar di vascelli di superficie.

Quella del B-17 era una vera squadra da battaglia. il pilota e il copilota erano sempre ufficiali, molto spesso laureati. Erano ufficiali anche il bombardiere e il navigatore. C’erano poi l’operatore radio, il meccanico di volo e i mitraglieri. I mitraglieri si dovevano muovere in spazi molto angusti: per raggiungere la torretta di coda bisognava camminare a quattro zampe, e per brandeggiare le mitragliatrici della fusoliera e non si poteva stare completamente eretti. A bordo si indossava il giubbotto antiproiettile per proteggersi dal fuoco della contraerea e dei caccia nemici, le tutte di volo erano riscaldate (ad alta quota la temperature all’interno dell’aereo poteva raggiungere i 45 gradi sotto zero), e bisognava portare maschere per l’ossigeno. Ciascuno inoltre indossava un salvagente che si gonfiava in caso di necessità grazie a una bomboletta di anidride carbonica attivata da cordicelle.

 

Un inizio in sordina. La storia del Boeing B-17 Flying Fortress (Fortezza volante) cominciò negli anni Trenta. Nel 1914 l’Aviazione americana lanciò la gara per un bombardiere plurimotore in grado di colpire dalle coste americane una eventuale flotta di invasione in avvicinamento. Dopo un primo progetto con la sigla B-15, giudicato troppo complesso e costoso, la Boeing mise al lavoro un gruppo di ingegneri che pose le basi per la realizzazione dei B-17. Fin dalle prime fasi questo bombardiere fu caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di mitragliatrici che lo mettevano in condizione di difendersi da solo, dato che la sua autonomia era superiore a quella dei caccia di scorta dell’epoca. Fu per questo che un giornalista lo soprannominò “Fortezza volante”, un epiteto che un giornalista lo soprannominò Fortezza volante, un epiteto che piacque tanto da diventare ufficiale. All’inizio, l’Aviazione statunitense preferì ai B-17 altri aerei, come il bimotore Douglas D-18, ma questo non fermò le sperimentazioni e le migliorie, che aggiornarono costantemente i modelli. Si continuò fino a quando da Washington non arrivarono alla Boeing gli ordinativi per la fornitura dei primi B-17: prima dell’attacco a Pearl Harbor ce n’erano attivi poco meno di 200. Da quel momento in poi, però, la crescita fu esponenziale, tanto che alla fine della guerra, nel 1945, me erano stati prodotti, nelle varie versioni, quasi 13mila.

L’aereo, infatti, non solo si dimostrò molto efficace nel colpire il nemico, ma era anche molto apprezzato dagli stessi equipaggi perché veloce, manovrabile, ben difeso, affidabile e soprattutto robusto, il che voleva dire avere molte più probabilità di portare a casa la pelle. Il B-17 aveva in effetti un’eccezionale capacità di resistere ai danni: molti B-17, rientrarono alle basi ance dopo aver ricevuto colpi che li avevano privati di grossi pezzi dell’ala, della fusoliera o della coda. Come disse un ufficiale americano: “Era un velivolo facile da pilotare e molto robusto, che nonostante i danni ti avrebbe comunque riportato indietro”. La quota di volo poteva esser di 9mila m. ai limiti dell’altezza raggiunta dal fuoco contraereo. Le 13 mitragliatrici Browning da 12,7 mm di cui i B-17 erano dotati sparavano in tutte le direzioni rendendo impossibile ai caccia tedeschi un’avvicinamento che non li facesse finire sotto il fuoco dei mitraglieri. Quando poi gli Stati Uniti svilupparono una versione del caccia P-51 Mustang con maggiore autonomia, mettendolo in grado di scortare i bombardieri fin nel cuore della Germania, il gioco fu chiuso: la combinazione di bombardieri pesanti e di caccia più efficienti – sostenuti dalla impressionante produzione industriale americana il cui divario con quella tedesca si andava accrescendo mese dopo mese – diede alle forze aeree Alleate il dominio dei cieli d’Europa e di conseguenza la vittoria della guerra. Gli squadroni B-17 pagarono comunque un prezzo rilevante: in combattimento ne andarono persi 4750 esemplari. Molti dei loro resti ancora giacciono sui fondali dei mari europei.

 

Articolo di Osvaldo Baldacci pubblicato da Storie di guerre e guerrieri n. 23 Sprea Editori. Altri testi e immagini da Wikipedia


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