Luigi XIV splendido
guerrafondaio.
Ritratto di re Luigi XIV di Francia di Hyacinthe Rigaud, 1702. Oggi questo dipinto è conservato nel Museo del Louvre a Parigi | |
Re di Francia e di Navarra | |
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Il Re Sole ha lasciato
un segno nella Storia non solo per lo splendore della sua corte, per la cultura
e il mecenatismo che lo hanno contraddistinto, ma anche perché fu lui a rendere
grande la Francia, grazie soprattutto all’esercito, potente e efficiente, che
vinse mille battaglie e allargò i confini del regno.
Ormai
anziano, malato e giunto alla fine dei suoi giorni, per il re Sole, Luigi XIV,
fu tempo di bilanci. Ripercorrendo i 54 anni di regno, dei quali ben 34 lo
avevano visto combattere per realizzare le proprie ambizioni, constatò con
amara sincerità di “aver amato troppo la guerra”. Più delle scintillanti feste
nei suoi sontuosi palazzi, più delle sue innumerevoli amanti, più dell’ebbrezza
del potere assoluto, Luigi XIV infatti amò la guerra e con quelle parole
pronunciate sul letto di morte volle riassumere il suo regno e la sua più
duratura eredità nella Storia. Scrisse Voltaire: “che egli bramasse appassionatamente la gloria, più che le conquiste
stesse (le guerre di Luigi XIV). Luigi di Borbone fu incoronato re quando
aveva appena 4 anni, ma ascese al potere assoluto solo nel 1661, dopo la morte
del cardinale Giulio Raimondo Mazzarino, al quale sua madre, Anna d’Austria,
aveva affidato il governo effetti del Paese.
Con 18 milioni di
abitanti, la Francia era allora di gran lunga la nazione più popolata d’Europa
– l’Austria degli Asburgo ne contata 8, la Spagna e Inghilterra 6 – ma “il
disordine vi regnava sovrano”, annotò Luigi nelle sue Memorie. Un Paese grande
e prospero, all’avanguardia nello sviluppo agricolo e ben avviato in quello
commerciale e industriale, ma privo di peso politico e ancora feudale nella sua
struttura più intima, con un potere frammentato nelle mani di una classe
nobiliare senza altre ambizione che quella di conservare i propri privilegi.
Territori del regno di Francia e conquiste di Luigi XIV dal 1643 al 1715
Cominciò dall’esercito. Per diventare il Re
Sole, Luigi dovette dare un obiettivo a quella nobiltà cinica e demotivata, e
ci riuscì imponendo ad essa per prima, ma anche a tutto il popolo, il
dovere di mettersi al servizio della
corona e di realizzare i suoi sogni di un Francia più grande e potente. Fu lui
l’inventore del concetto, caro a tutti i francesi, di grandeur.
Era la premessa di una
lunga stagione di guerre. Gli obiettivi territoriali di Luigi XIV erano
ambiziosi: l’estensione della Francia su quelli che egli considerava i suoi
confini naturali, dal Reno, a Est, fino ai Pirenei, a Sud. In particolare, le
sue mire sul versante orientale riguardano territori di lingua francese –
l’Artois, la Lorena, la Franca Contea – ma anche provincie storicamente
estranee alla Storia del Paese, come le Fiandre spagnole e l’Alsazia. Mise così
in gioco l’equilibrio tra i poteri delle nazioni europee, e tutte le grandi
potenze continentali si coalizzarono per contrastare quello che era
esplicitamente un progetto egemonico.
Ma prima di combattere
i nemici esterni, Luigi dovette fare i conti con quelli interni. L’esercito che
avrebbe dovuto realizzare i suoi ambiziosi disegni, infatti, era nelle peggiori
condizioni possibili. Solo 70mila uomini, oltretutto indisciplinati,
scarsamente addestrati, sottoposti a una gerarchia corrotta e inefficiente. I gradi
non si guadagnavano con il valore ma si acquistavano.
Come era accaduto per
la sua ascesa al potere, resa possibile dalla morte del cardinale Mazzarino,
anche in questo caso fu la morte di un anziano notabile a spianargli la strada.
Il duca di Epernon, Bernard de Nogaret de la Valette, rivestiva infatti il
ruolo di Colonnello Generale della Fanteria, un incarico chiave
nell’amministrazione francese dell’epoca, perché da lui dipendeva tutta la
gestione delle Forze Armate francesi, il cui poter, affermò Luigi nelle sue
Memorie, “era infinito, superiore a quello stesso re”. Tra le varie prerogative
del Colonnello Generale, la più importante era l’assegnazione delle commissioni
da ufficiale: un sistema, allora in uso in tutta Europa, mediante il quale l’incarico
di colonnello comandante di un reggimento era un vero e proprio investimento
economico riservato ai nobili più facoltosi. Questi comperavano il titolo dal
Colonnello Generale, divenendone a tutti gli effetti il proprietario, e poi
lucravano sulle spese del suo mantenimento, che erano a carico delle casse
reali. Un mercato estremamente lucroso: in questo modo il Colonnello Generale
poteva esercitare un’enorme influenza sulla nobiltà, non solo assegnando gli
incarichi ai propri amici, ma soprattutto chiudendo un occhio, o entrambi,
sulle loro malversazioni. Morto de La Valette, Luigi prese nelle sue mani anche
questo potere, abolì l’incarico di Colonnello Generale e avviò una profonda
opera di ristrutturazione delle Forze Armate, affidando questo compito a un
uomo che può essere considerato – al parti dello stesso re – uno dei più grandi
riformatori militari di tutti i tempi: François Michel le Tellier, marchese di
Louvois. Competente e risoluto, appoggiato senza riserve dal re, trasformò in
pochi anni un’armata fatiscente in un’efficiente macchina da guerra.
Il grado di colonnello,
con l’annessa proprietà del reggimento, rimase oggetto di compravendita dei
nobili, ma il comando effettivo dei reggimenti fu loro sottratto e trasferito a
militari di professione con gradi creati ad hoc: tenente colonnello, comandante
del reggimento, mentre i maggiori comandavano i battaglioni. Questa riforma fu
completata nel 1667, quando Luigi creò che a questo incarico potessero accedere
anche i tenenti colonnelli, definendo in questo modo una via interna
all’esercito di avanzamento per merito agli ufficiali più dotati,
indipendentemente dalla loro nobiltà o ricchezza, e contemporaneamente
conferendo al suo esercito una solida ossatura professionale.
Mappa dell'Europa dopo il trattato di Utrecht.
Le principali battaglie del Re
Sole. In trent’anni di guerre, non tutte
con esito favorevole alla Francia, il Re Sole allargò notevolmente i confini
del suo regno, anche se a costo di insanabili crisi economiche, annettendosi
l’Alsazia, Metz, Toul, il Rossiglione, l’Artois, le Fiandre francesi,
Cambrai, la Contea di Borgogna, la regio della Saar, l’Hainaut e la Bassa
Alsazia. Ecco in dettaglio 4 delle sue principali battaglie. |
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GUERRA OLANDESE (1672-1678) Battaglia di Seneffe Località: Belgio Data: 11 agosto 1674 Comandante francese: principe
Luigi II di Borbone-condé. Comandante avversario: principe
Guglielmo III d’Orange. Avversari: Stati tedeschi, Spagna,
Olanda. Forze in campo: 44000 francesi
contro 65000 alleati. Perdite: 8000 francesi, 20000
alleati. Esito: vittoria francese. |
GUERRA OLANDESE (1672-1678) Battaglia di Entzheim Località: Alsazia, Francia Data: 4 ottobre 1674 Comandante francese: visconte di
Turenne. Comandante avversario: principe
Alexander von Bournonville. Avversario: impero asburgico. Forze in campo: 22000 francesi
contro 38000 imperiali. Perdite: 3500 francesi, 4000
imperiali Esito: vittoria francese. |
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GUERRA DELLA GRANDE ALLEANZA
(1688-1697) Piano di battaglia - 4 ottobre 1693: si nota chiaramente la disposizione, prima e durante lo scontro, delle due armate (a sinistra i francesi, a destra gli alleati) nella piana compresa tra Piossasco, Volvera ed Orbassano Località: Marsaglia, presso Torino Data: 4 ottobre 1693. Comandante francese: maresciallo
Nicolas Catinat. Comandante avversario: duca
Vittorio Amedeo II Avversari: Spagna e Savoia Forze in campo: 35000 francesi
contro 30000 spagnoli e savoiardi. Perdite: 1800 francesi, 10000
alleati. Esito: vittoria francese. |
GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA
(1702-1713) La battaglia di Malplaquet, dipinto del XVIII secolo. Battaglia di Malplaquet Località: Francia Data: 11 settembre 1709 Comandanti francesi: duca de
Villars e duca de Bouffiers. Avversario: Grande Alleanza Forze in campo: 100-120mila
alleato contro 90mila francesi Perdite: 25000 alleati, 12000
francesi. Esito: vittoria alleata. |
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La Fronda. Prima di Luigi XIV fu il cardinale Mazzarino a reggereIl cardinale Giulio Mazarino le sorti della Francia. La sua politica, però, scatenò la rivolta del Parlamento e della nobiltà, conosciuta come “La Fronda”, per le fionde con le quali i parigini tempestarono di sassi le finestre del cardinale. Luigi e sua madre furono costretti alla fuga e il giovane re ne fu profondamente segnato dagli avvenimenti, nei quali era coinvolto anche il cugino, principe di Condé, che venne perdonato divenendo uno dei suoi generali di maggiore successo (1648-1652). Sconfitta la Fronda Luigi si avvicinò gradatamente al potere effettivo, che raggiunse però solo alla morte di Mazzarino (1661). |
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Per i feriti gravi c’era l’Hotel des Invalides. Con
questa lungimirante riforma, la Francia di Luigi XIV promosse una generazione
di comandanti militari di altissimo livello. Se quella partorita dalla
Rivoluzione, oltre un secolo dopo – Napoleone e i suoi Marescialli – gode
sicuramente di maggiore fama, non si deve dimenticare che essa per ben due
volte subì l’onta di vedere violata Parigi dagli eserciti nemici, mentre i
generali del Re Sole riuscirono sempre a evitarlo. I loro nomi sono poco
conosciuti, ma personalità come Turenne, Condé, Vauban, Catinat, meritano un
posto d’onore nell’empireo dei più grandi comandanti militari.
Henri de la Tour
d’Auvergne, visconte di Turenne (1611-1675) fu il più vincente tra tutti i
marescialli di Francia del XVII secolo, un maestro della guerra di manovra. Il
principe Luigi II di Borbone, detto Le Grand Condé, fu un genio militare
precocissimo a soli 22 anni vinse forze superiori spagnole nella Battaglia di
Rocroi. Sébastien Le Preste de Vauban (1633-1707) rivoluzionò con le sue idee
le tecniche d’assedio e l’ingegneria militare, perfezionando il sistema della
traccia da bastionata italiana (un nuovo tipo di fortificazione da contrapporre
ai progressi dell’artiglieria). Nicolas Catinat (1637-1712), di nascita
borghese, iniziò la carriera militare nelle guardie di Luigi XIV salendo per i
suoi meriti fino al grado più alto, Maresciallo di Francia. Costituendo un
corpo ufficiali con responsabilità e compiti ben definiti, si stabiliva una
catena di comando e una gerarchia chiare e indiscutibili: era il rango militare
e non il prestigio sociale o i vincoli personali a determinare chi doveva
comandare e chi obbedire, e questo divenne il principio operativo futuro di
tutti gli eserciti. Le forme della guerra sono cambiate molte volte da allora,
ma le istituzioni militari ancora oggi impiegano gli stessi titoli, adottano le
stesse categorie e instaurano le stesse relazioni stabilite per i reggimenti
francesi del XVII secolo. Con la riforma di Luigi XIV, quella dell’ufficiale
diventò una professione, la più nobile delle professioni. Il principio base del
suo esercito, e lo sarebbe diventato per tutti gli eserciti, fu: ordine,
disciplina, abnegazione.
Il controllo di Louvois
e dello stesso re sul grado di efficienza raggiunto dai suoi reggimenti era
continuo e capillare. Luigi dedicava quotidianamente ore e ore ad assistere
alle esercitazioni e alle manovre sul campo delle proprie truppe, e il suo
esempio spingeva anche i nobili proprietari dei reggimenti a emularlo per
guadagnarsene la benevolenza. “Più
battaglie sono vinte dal buon ordine e dal contegno delle truppe che dai colpi
di spada e di moschetto e questa abitudine a marciare bene e a tenere l’ordine
può essere ottenuta solo con l’addestramento”, scrisse il Re Sole nelle sue
Memorie, aggiungendo: “Il buon ordine ci
fa sembrare sicuri, ed è sufficiente a farci apparire coraggiosi, perché molto
spesso i nostri nemici non aspettano che ci avviciniamo abbastanza da
costringerci a dimostrare di esserlo veramente”. Agli occhi di Luigi XIV il
combattimento era innanzitutto uno scontro di volontà dal quale sarebbe uscita
vincitrice la schiera con il più alto spirito di sacrificio: una convinzione che
si radicò in tutti gli eserciti europei e che ha rappresentato un dogma
inconfutabile fino alle stragi sui campi di battaglia della Grande Guerra, dove
si immolarono senza esitazioni milioni di uomini. Il soldato del re Sole non
aveva più tempo per oziare: ogni momento della sua giornata era dedicato a una
precisa attività, in una routine che si sarebbe ripetuta giorno dopo giorno,
anno dopo anno, fino alla morte o al suo onorevole congedo. L’esercito divenne
una famiglia, con un padre severo ma giusto e riconoscente: la disciplina
veniva fatta rispettare anche a costo di crudeli pene corporali, ma per i
meritevoli c’erano premi e avanzamenti di carriera, e chi era stato gravemente
ferito aveva diritto alle cure che l’Hotel des Invalides, a Parigi, riservava
ai reduce dei campi di battaglia, come stabilito dall’editto reale del 1670,
che recitava: “Per coloro i quali hanno rischiato la loro vita e profuso il
loro sangue per la difesa della monarchia, affinché passino il resto dei loro
giorni in tranquillità”.
Jean-Baptiste Colbert. Ritratto di Jean-Baptiste Colbert di Philippe de Champaigne, 1655 Jean-Baptiste Colbert fu controllore
generale delle finanze di Francia dal 1665 fino alla morte, avvenuta nel
1683. Fu un eccellente e infaticabile amministratore: a lui Luigi XIV dovette
il risanamento economico del suo regno e il reperimento delle immense risorse
necessarie per i suoi progetti miliari. L’influenza di Colbert si estese a
ogni settore di attività che avesse anche il pur minimo risvolto economico:
dagli incentivi all’industria e al commercio, fino all’attenzione per lo
sviluppo culturale, tecnologico e scientifico. Ma nemmeno Colbert, il suo
genio e la sua dedizione, furono sufficienti a trovare le risorse necessarie
per pagare i costi delle guerre di Luigi IV, per cui alla morte del re le
condizioni economiche della Francia erano tutt’altro che floride. Colbert fu
ben più di un ministro delle finanze: si deve a lui la dottrina economica
nota come Colbertismo o mercantismo. |
Armate, non carovane in divisa. Grazie
all’addestramento ossessivo, le truppe agivano meccanicamente ed obbedivano
senza la minima esitazione ai propri ufficiali. Questi ultimi però dovevano
essere pronti a condurli in battaglia offrendo loro l’esempio di massimo
coraggio e sprezzo del pericolo: la mortalità tra gli ufficiali francesi
raggiunse livelli molto più alti che negli altri eserciti europei, ma le truppe
francesi si guadagnarono la fama di un coraggio ineguagliabile. Nessun
dettaglio venne trascurato per raggiungere l’obiettivo. Prima della riforma di
Luigi XIV, gli eserciti durante le campagne militari avevano un numeroso
seguito di non combattenti: le mogli e i figli dei soldati, prostitute, mercanti
e chiunque altro trovasse conveniente unirsi alle armate. In nome
dell’efficienza e della moralità, le armate francesi abolirono questo uso,
eccettuato un ristretto numero di vivandiere e ambulanti per servire le truppe,
e una ventina di mogli di buona reputazione dei soldati in qualità di sarte,
lavandaie e infermiere, ruoli comunque indispensabili. Se si confronto le
rappresentazioni artistiche degli eserciti della prima metà del Seicento con
quelle dell’epoca del Re Sole, la differenza salta all’occhio: a dipinti che
ritraggono soldati oziosi e carovane e accampamenti ammassati alla rinfusa, si
sostituiscono rappresentazioni di uomini intenti ad addestrarsi perfettamente
inquadrati, focolari e tende allineati con un ordine che avrebbe fatto invidia
alle pur disciplinate Legioni romane. I reggimenti divennero così comunità
esclusivamente maschili, che isolavano i loro appartenenti dal contesto sociale
per concentrare tutte le loro attenzioni e il loro tempo all’unità di cui
facevano parte, cementando il legame tra commilitoni, la fedeltà al reggimento
e al re.
Vennero introdotte a
questo scopo uniformità di reclutamento, equipaggiamento, vestiario e
organizzazione, uguaglianza nel trattamento economico e disciplinare, una
parità di condizioni che rafforzava ancor di più il senso di appartenenza ed è
alla base del reggimento moderno, con la sua storia, la sua tradizione e il suo
spirito di corpo. Le uniformi grigie delle fanterie francesi distinguevano un
reggimento dall’altro grazie ad un preciso schema di colori, il reclutamento
territoriale rafforzava la lealtà reciproca tra soldati e “paesani” e diede
impulso al culto della tradizione e allo spirito di corpo. La Francia di Luigi
XIV si era quindi dotata della più moderna macchina da guerra dell’epoca,
grazie anche alla sua numerosa popolazione in pochi anni, nel 1667, le truppe
di Luigi raggiunsero le 125mila unità, per il primo atto della campagne di
conquista previste da Luigi XIV, ossia la Guerra di devoluzione contro
l’alleanza tra Olanda, Spagna, Inghilterra e Svezia. Nel corso degli anni
l’intera Europa si coalizzò contro la Francia, e questa rispose mobilitando e
armando mediamente 300mila uomini fino ad un massimo di 450mila, una cifra
straordinaria mai più raggiunta fino alle guerre napoleoniche. Questo sforzo gigantesco
non solo fu alla lunga troppo gravoso per l’economia e la società francese, ma
non fu nemmeno sufficiente a vincere contro le forze coalizzate dell’Europa
intera. Il tramonto del Re Sole proiettò malinconiche ombre sulle sue ambizioni
deluse, e semmai delineò il profilarsi all’orizzonte di quel “diluvio” che dopo
di lui avrebbe sommerso l’antico regime, proprio a causa di quel suo
irriducibile e incontenibile amore per la guerra.
Articolo di Nicola
Zotti, Storico ed esperto di storia militare, pubblicato su BBC History n. 97 –
altri testi e articoli da Wikipedia.
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