L’educazione nell’antica Grecia: la Paideia.
Nell’Ellade dell’Età
classica i giovani venivano formati per diventare cittadini e soldati al
servizio dello stato. Oggi si ritiene che il sistema educativo fosse aperto
anche alle donne.
Recita di poesie da parte di un giovane accompagnato da un musico (rilievo funerario risalente all'incirca al 420 a.C., Gliptoteca di Monaco). Per molto tempo una delle forme di trasmissione della cultura fu la recitazione poetica.
Gli antichi greci definivano paideia il lungo processo di formazione dei futuri cittadini, che prevedeva l’apprendimento di determinate conoscenze e l’acquisizione di specifiche attitudini. Il principio di base era che senza educazione non potesse esserci cultura, e che la cultura fosse fondamentale per un esercizio della cittadinanza che prevedeva la partecipazione agli organi politici democratici e un servizio militare praticamente permanente. L’obiettivo ideale della paideia era conseguire l’aretè, un’eccellenza pubblicamente riconosciuta sotto vari aspetti, soprattutto la forma fisica e il perfezionamento dello spirito. In termini competitivi, l’aretè cui mirava la paideia rappresentava il fondamento della leadership. Tuttavia l’importanza dell’istruzione nella vita politica delle città greche non va sopravvalutata. Non era per esempio necessario essere in grado di leggere e scrivere per avere diritto a partecipare all’assemblea, essere eletti nel consiglio, esercitare una magistratura o essere membri di una giuria popolare. Secondo il principio cardine delle democrazia ateniese le cariche statali erano estratte a sorte tra i cittadini e in alcuni casi erano retribuite, una misura volta a incentivarne l’esercizio. Per la redazione e la lettura dei documenti si poteva pur sempre fare affidamento sui segretari, che erano dei servitori pubblici, cioè dei lavoratori permanenti. E per proporre l’esilio di un concittadino bastava farsi aiutare a scriverne il nome sull’ostrakon da qualche conoscente alfabetizzato. Inoltre molte persone erano costrette a far lavorare i propri figli fin da piccoli e non erano in grado di sostenere i costi degli studi.
Anche se non esistono
dati sulla scolarizzazione nella Grecia antica, è molto probabile che la
paideia lasciasse fuori la maggior parte dei cittadini. Il livello economico
era forse ancor più importante del genere nel determinare l’accesso
all’istruzione.
Lezione di un maestro ad uno studente (coppa attica di Duride, 500 a.C., Berlino
Formare futuri cittadini. Uno scolaro assistito da un pedagogo, dettaglio da La scuola di Atene di Raffaello (1509) |
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Forse IX secolo a.C. Fin dalla sua nascita, Sparta si
occupa di educare i bambini come futuri soldati e cittadini. |
VIII secolo a.C. Omero compone l’Iliade e
l’Odissea, due poemi che successivamente diventano la base dell’educazione
greca. |
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VII secolo a.C. Con le opera e i giorni, Esiodo
inaugura un tipo di poesia mirato più all’istruzione che all’intrattenimento.
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VI secolo a.C. I presocratici introducono la
matematica nella formazione, che per loro deve procedere per gradi. |
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VI-V secolo a.C. I sofisti insegnano materie che
non si studiano a scuola: fisica, astronomia, medicina, oratoria e altre. |
IV secolo a.C. Platone promuove un metodo
d’insegnamento pensato per formare i nuovi governanti tramite metodi
filosofici. |
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Scena di simposio tra un'etera con aulos e un giovane uomo. Kylix attico a figure rosse, conservato alla Yale University.
I primi anni. Fino a sette anni circa la prole
veniva educata nell’ambiente domestico, sotto la responsabilità delle donne di
casa, di qualche servo e del nonno paterno, ormai libero da ogni altro dovere
civico. Il capofamiglia era il padre, un cittadino maggiore di 30 anni che di
fatto partecipava poco alla vita familiare. Di solito era fuori a lavorare, a
occuparsi di questioni pubbliche o a prestare servizio in qualche campagna
militare. In un modello omosociale in cui le donne stavano con le donne e gli
uomini con gli uomini, questi ultimi trascorrevano anche il tempo libero
all’esterno della casa o nell’andron, la parte dell’abitazione loro riservata.
Se le femmine
crescevano all’ombra della madre, ai maschi mancava invece la figura paterna.
L’istituto della pederastia aveva lo scopo di supplire alla funzione iniziatica
del padre nei confronti dei figli. L’adolescente si legava a un uomo adulto che
gli faceva da mentore e protettore e lo introduceva nell’ambito civile e
militare, all’interno di una relazione di amante e amato. Va comunque detto che
nella democrazia ateniese la pederastia non era sempre ben vista, in quanto
considerata un fenomeno di origine aristocratica. Sebbene l’educazione fosse
principalmente rivolta alla formazione del cittadino, non era organizzata né
finanziata dalla polis (tranne che a Sparta). Non esistono programmi scolastici
né libri di testo, anche se le attività svolte erano oggetto di ispezioni. Non
c’erano esami, ma ci si misurava in continue competizioni. Lo spirito
agonistico e la lotta per il primato costituivano l’asse portante di un sistema
educativo che comunque era improntato a una certa durezza. Una delle più
antiche testimonianze relative alla scuola greca è una coppa attica della fine
del VI secolo a.C. conservata a Monaco di Baviera. Qui appare il didaskalos
(maestro), un termine che indicava anche il direttore di un coro di canto e
danza, come quello rappresentato su un altro celebre reperto, un vaso
unguentario spartano. Forse proprio nell’insegnamento del canto e della danza è
possibile ritrovare l’origine delle scuole, in virtù del valore formativo
generalmente riconosciuto a queste attività.
L’erastes maestro e amante. Ritrosia di un eromenos (ragazzo) di fronte agli approcci di un erastès (adulto), nella tomba del tuffatore Nell’antica
Grecia le relazioni omosessuali avevano una funzione educativa e di
integrazione sociale. Ecco perché dovevano attenersi a regole molto
specifiche che nessuno poteva violare. L’erastes,
l’amante, doveva essere un uomo adulto di più di 30 anni, cittadino a pieno
titolo. Sceglieva il suo amato, l’eromenos, al di fuori della propria cerchia
familiare, tra i giovani (meirakia) di almeno 15 anni impegnati nel percorso
educativo. Il
rapporto poteva durare fino a quando il giovane raggiungeva l’età adulta,
occasione che veniva celebrata dall’erastes con un dono simbolico, come per
esempio l’equipaggiamento militare. I
genitori del ragazzo vedevano favorevolmente il fatto che l’erastes
fosse un personaggio prestigioso e dotato di buoni contatti che sarebbero
potuti tornare utili alla successiva carriera del figlio. |
Omero,
il maestro della Grecia. Molti
greci imparavano a memoria i 28mila esametri che compongono l’Iliade e
l’Odissea, perché durante tutta l’antichità i poemi omerici erano considerati
i testi base della paideia. La
guerra di Troia era uno scenario molto remoto per l’età classica, come
potrebbe essere oggi il Medioevo. Ma quel conflitto leggendario fungeva
l’attitudine a sacrificarsi in favore della comunità. Omero mostrò ai greci
come raggiungere la kalokagathia, quell’ideale di bellezza fisica e morale
che avrebbe rappresentato il valore assoluto nel successivo sviluppo della
cultura ellenica. |
L’educazione dei ragazzi. In ogni caso,
l’istruzione elementare coniugava l’apprendimento delle lettere (grammata), lo
studio di diverse varietà musicale e la pratica sportiva. Una tavoletta votiva
ritrovata a Corinto mostra dei fanciulli che suonano la lira e il flauto
durante un rito, e alcune testimonianze del politico ateniese Alcibiade
indicano che a scuola si praticava la lotta. a ciò si aggiungeva l’iniziazione alla
matematica, che si divideva in due rami: l’aritmetica, ovvero lo studio dei
numeri, e la geometria, che si occupava delle relazioni spaziali. Il bambino
veniva accompagnato a scuola da uno dei servi di casa, di solito un anziano non
più in grado di svolgere lavori fisici pesanti, che lo attendeva fino all’ora
del ritorno. Si trattava del paidagogos, responsabile di garantire l’integrità
del ragazzo e di controllare che svolgesse i compiti. Il pedagogo insegnava
anche le buone maniere: camminare per strada tenendo gli occhi bassi, indossare
correttamente il mantello, sedersi senza incrociare le gambe e senza appoggiare
il mento sulla mano, rimanere in silenzio, mangiare in maniera controllata
durante i pasti. Nelle rappresentazioni dell’epoca il pedagogo è di solito
raffigurato con tratti e l’abbigliamento dei servi di origine straniera, e
impugna il caratteristico bastone che gli permette di esercitare la sua
autorità tramite la minaccia o la concreta punizione fisica.
A 18 anni l’adolescente
diventava ephebos (giovane) e riceveva l’addestramento militare necessario a
diventare hoplites (soldato). Questa formazione durava 36 mesi, fino al
compimento dei 21 anni, che segnavano l’ingresso nell’età adulta. L’istruzione
veniva completata dallo studio di retorica, letteratura, musica e geometria.
Chi poteva permetterselo prendeva anche lezione dai sofisti, molto più costosi
degli insegnamenti tradizionali. Nell’Atene classi l’efebia era un’istituzione
strettamente regolata che prevedeva obblighi specifici, come la partecipazione
a determinati riti religiosi. Costituiva la fase d’integrazione la cittadinanza
con la quale si concludeva una paideia ben riuscita e riforniva di nuova linfa
il corpo e l’anima della città.
La
sapienza delle donne. Che
in Grecia le donne non fossero totalmente escluse dall’educazione è
dimostrato dall’esistenza di un buon numero di filosofe. Per esempio si
conoscono i nomi di due allieve che nel IV secolo frequentarono l’accademia
di Atene: Arete di Cirene, figlia del filosofo Arispippo, e Assiotea di
Fliunte. Quest’ultima
sarebbe stata così colpita dalla lettura della Repubblica di Platone da
trasferirsi ad Atene per diventare sua discepola. Nelle Vite dei filosofi di
Diogene Laerzio racconta che Assiotea doveva travestirsi da uomo per poter
assistere alle lezioni del maestro. |
Platone
e l’educazione civica. L'Accademia platonica in una xilografia di Carl Wahlbom (1879) Platone
concepì una nuova paideia, un sistema educativo uguale per entrambi i sessi
che doveva essere imposto dallo stato, secondo l’esempio di Sparta. Si
trattava di una formazione permanente, perché durava tutta la vita, ed era
strutturata per gradi. Si cominciava con la musica e la ginnastica, per
proseguire con la matematica e la retorica. Il processo culminava con l’apprendimento
della dialettica. Platone
riteneva che colui il quale fosse stato in grado di arrivare all’ultimo
livello avrebbe potuto contemplare l’idea del bene, che implicava la
conoscenza della verità e la trasformazione della propria anima. Queste persone
avrebbero raggiunto la felicità e sarebbero conseguentemente state le uniche
legittimate a governare. |
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Aspasia conversa con Alcibiade e Socrate, dipinto di Nicolas André Monsiau.
Il ruolo delle donne. Non è del tutto chiaro in
che misura l’educazione e l’esercizio della cultura fossero aperti anche alle donne,
in quanto non c’è molta documentazione a riguardo. All’epoca non era normale
trattare la condizione femminile, né per gli uomini né per le donne, e i pochi
testi elaborati sono stati accolti con scarso interesse nelle epoche
successive, finendo per andare perduti. Una felice eccezione è l’opera di
Saffo, poeta nata a Lesbo nel VII secolo a.C. Si sono conservati appena
seicento dei circa diecimila versi lirici da lei composti, che suscitarono
grande ammirazione tra i suoi contemporanei. Saffo era forse sposata e dirigeva
una scuola che si occupava di educare le adolescenti e prepararle al
matrimonio. Ciò avveniva tramite l’insegnamento di poesia, musica e danza in un
ambiente esclusivamente femminile, analogamente a quanto avveniva con la
pederastia maschile. Un altro caso è quello di Aspasia di Mileto. La bella e
colta compagna di Pericle apparteneva probabilmente a uno specifico gruppo di
donne, le etère, che frequentavano gli uomini nei simposi dell’élite culturale
ateniese. Nel dialogo platonico Menesseno, Socrate esalta le abilità retoriche
di Aspasia definendole superiori a quelle dei Pericle e le attribuisce la
composizione di un importante discorso del compagno. È vero che le etère non
erano costrette nel limitato ruolo sociale che veniva riservato alle spose
legittime, le uniche i cui figli potevano godere della piena cittadinanza. Ma lo
è anche il fatto che il campo di azione delle mogli era meno ristretto di
quello che si ritiene abitualmente. Nell’Economico di Senofonte, una sorta di
trattato sull’amministrazione della casa scritto nel IV secolo a.C., un ricco
cittadino si vanta del fatto di poter delegare alla sua giovane sposa la
gestione della sfera domestica, in virtù delle grandi doti da lei dimostrate.
Ci sono anche svariate
testimonianze di donne che amministravano il patrimonio familiare, un’attività
che richiedeva come minimo di saper leggere e scrivere. Fortunatamente le
decorazioni della ceramica attica a figure rosse riportano numerosi esempi di
vita quotidiana femminile all’interno e all’esterno dell’oikos (la casa). Su un
piccolo vaso per la conservazione di oli profumati e unguenti (lèkythos) è
rappresentato una moglie che esamina un papiro estratto dal baule davanti a
lei, presumibilmente per controllare la contabilità domestica. Alcune brocche
utilizzate per il trasporto dell’acqua (idrie) raffigurano gruppi di donne nel
gineceo – la parte della casa a loro riservata – intente a leggere o a recitare
poesie con l’accompagnamento di vari strumenti.
Un’educazione analoga? Sembra chiaro che le
ragazze di un certo livello economico, destinate al matrimonio legittimo e al
controllo della famiglia, ricevevano un’istruzione di base simile a quella dei
ragazzi. Meno noto è cosa avvenisse al di fuori della sfera domestica. Le donne
greche infatti uscivano spesso di casa per svolgere varie attività, ma sempre
accompagnate da altre donne, a meno che non fossero anziane. Questo consente di
ipotizzare che il motivo decorativo di una famosa kylix del Metropolitan Museo
di New York rappresenti una scuola femminile e che la donna raffigurata al
centro sia un’adolescente accompagnata a lezione da una pedagoga. Per quanto
riguarda la pratica sportiva, su alcuni vasi di ceramica sono raffigurate delle
ragazze intente a lavarsi nella fontana di un ginnasio a detergersi il corpo
con uno strigile. La composizione e gli elementi di tali scene corrispondono
punto per punto alle rappresentazioni maschili. Si tratta sicuramente di
ambiente omosociali femminili, ma non è possibile dedurre che fossero riservati
alle etère. La conclusione più ovvia è che esistessero delle palestre destinate
alle donne in generale. È risaputo d’altronde che in città come Sparta l’esercizio
fisico era considerato molto salutare per affrontare la maternià.
Articolo di Raquel
Lopez Melero docente ordinaria di storia antica università nazionale di educazione
a distanza (Madrid) pubblicato su Storica National Geograpich del mese di
febbraio 2019 – altri testi e immagini da Wikipedia.
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