sabato 20 giugno 2020

L’educazione nell’antica Grecia: la Paideia.

L’educazione nell’antica Grecia: la Paideia.

Nell’Ellade dell’Età classica i giovani venivano formati per diventare cittadini e soldati al servizio dello stato. Oggi si ritiene che il sistema educativo fosse aperto anche alle donne.

 

Recita di poesie da parte di un giovane accompagnato da un musico (rilievo funerario risalente all'incirca al 420 a.C., Gliptoteca di Monaco). Per molto tempo una delle forme di trasmissione della cultura fu la recitazione poetica.

Gli antichi greci definivano paideia il lungo processo di formazione dei futuri cittadini, che prevedeva l’apprendimento di determinate conoscenze e l’acquisizione di specifiche attitudini. Il principio di base era che senza educazione non potesse esserci cultura, e che la cultura fosse fondamentale per un esercizio della cittadinanza che prevedeva la partecipazione agli organi politici democratici e un servizio militare praticamente permanente. L’obiettivo ideale della paideia era conseguire l’aretè, un’eccellenza pubblicamente riconosciuta sotto vari aspetti, soprattutto la forma fisica e il perfezionamento dello spirito. In termini competitivi, l’aretè cui mirava la paideia rappresentava il fondamento della leadership. Tuttavia l’importanza dell’istruzione nella vita politica delle città greche non va sopravvalutata. Non era per esempio necessario essere in grado di leggere e scrivere per avere diritto a partecipare all’assemblea, essere eletti nel consiglio, esercitare una magistratura o essere membri di una giuria popolare. Secondo il principio cardine delle democrazia ateniese le cariche statali erano estratte a sorte tra i cittadini e in alcuni casi erano retribuite, una misura volta a incentivarne l’esercizio. Per la redazione e la lettura dei documenti si poteva pur sempre fare affidamento sui segretari, che erano dei servitori pubblici, cioè dei lavoratori permanenti. E per proporre l’esilio di un concittadino bastava farsi aiutare a scriverne il nome sull’ostrakon da qualche conoscente alfabetizzato. Inoltre molte persone erano costrette a far lavorare i propri figli fin da piccoli e non erano in grado di sostenere i costi degli studi.

Anche se non esistono dati sulla scolarizzazione nella Grecia antica, è molto probabile che la paideia lasciasse fuori la maggior parte dei cittadini. Il livello economico era forse ancor più importante del genere nel determinare l’accesso all’istruzione.


Lezione di un maestro ad uno studente (coppa attica di Duride, 500 a.C., Berlino

Formare futuri cittadini.

Uno scolaro assistito da un pedagogo, dettaglio da La scuola di Atene di Raffaello (1509)


 

Forse IX secolo a.C.

Fin dalla sua nascita, Sparta si occupa di educare i bambini come futuri soldati e cittadini.

VIII secolo a.C.

Omero compone l’Iliade e l’Odissea, due poemi che successivamente diventano la base dell’educazione greca.

VII secolo a.C.

Con le opera e i giorni, Esiodo inaugura un tipo di poesia mirato più all’istruzione che all’intrattenimento.

VI secolo a.C.

I presocratici introducono la matematica nella formazione, che per loro deve procedere per gradi.

VI-V secolo a.C.

I sofisti insegnano materie che non si studiano a scuola: fisica, astronomia, medicina, oratoria e altre.

IV secolo a.C.

Platone promuove un metodo d’insegnamento pensato per formare i nuovi governanti tramite metodi filosofici.

 

Scena di simposio tra un'etera con aulos e un giovane uomo. Kylix attico a figure rosse, conservato alla Yale University.


I primi anni. Fino a sette anni circa la prole veniva educata nell’ambiente domestico, sotto la responsabilità delle donne di casa, di qualche servo e del nonno paterno, ormai libero da ogni altro dovere civico. Il capofamiglia era il padre, un cittadino maggiore di 30 anni che di fatto partecipava poco alla vita familiare. Di solito era fuori a lavorare, a occuparsi di questioni pubbliche o a prestare servizio in qualche campagna militare. In un modello omosociale in cui le donne stavano con le donne e gli uomini con gli uomini, questi ultimi trascorrevano anche il tempo libero all’esterno della casa o nell’andron, la parte dell’abitazione loro riservata.

Se le femmine crescevano all’ombra della madre, ai maschi mancava invece la figura paterna. L’istituto della pederastia aveva lo scopo di supplire alla funzione iniziatica del padre nei confronti dei figli. L’adolescente si legava a un uomo adulto che gli faceva da mentore e protettore e lo introduceva nell’ambito civile e militare, all’interno di una relazione di amante e amato. Va comunque detto che nella democrazia ateniese la pederastia non era sempre ben vista, in quanto considerata un fenomeno di origine aristocratica. Sebbene l’educazione fosse principalmente rivolta alla formazione del cittadino, non era organizzata né finanziata dalla polis (tranne che a Sparta). Non esistono programmi scolastici né libri di testo, anche se le attività svolte erano oggetto di ispezioni. Non c’erano esami, ma ci si misurava in continue competizioni. Lo spirito agonistico e la lotta per il primato costituivano l’asse portante di un sistema educativo che comunque era improntato a una certa durezza. Una delle più antiche testimonianze relative alla scuola greca è una coppa attica della fine del VI secolo a.C. conservata a Monaco di Baviera. Qui appare il didaskalos (maestro), un termine che indicava anche il direttore di un coro di canto e danza, come quello rappresentato su un altro celebre reperto, un vaso unguentario spartano. Forse proprio nell’insegnamento del canto e della danza è possibile ritrovare l’origine delle scuole, in virtù del valore formativo generalmente riconosciuto a queste attività.

 

L’erastes maestro e amante.

Ritrosia di un eromenos (ragazzo) di fronte agli approcci di un erastès (adulto), nella tomba del tuffatore

Nell’antica Grecia le relazioni omosessuali avevano una funzione educativa e di integrazione sociale. Ecco perché dovevano attenersi a regole molto specifiche che nessuno poteva violare.

L’erastes, l’amante, doveva essere un uomo adulto di più di 30 anni, cittadino a pieno titolo. Sceglieva il suo amato, l’eromenos, al di fuori della propria cerchia familiare, tra i giovani (meirakia) di almeno 15 anni impegnati nel percorso educativo.

Il rapporto poteva durare fino a quando il giovane raggiungeva l’età adulta, occasione che veniva celebrata dall’erastes con un dono simbolico, come per esempio l’equipaggiamento militare. I  genitori del ragazzo vedevano favorevolmente il fatto che l’erastes fosse un personaggio prestigioso e dotato di buoni contatti che sarebbero potuti tornare utili alla successiva carriera del figlio.

Omero, il maestro della Grecia.

Molti greci imparavano a memoria i 28mila esametri che compongono l’Iliade e l’Odissea, perché durante tutta l’antichità i poemi omerici erano considerati i testi base della paideia.

La guerra di Troia era uno scenario molto remoto per l’età classica, come potrebbe essere oggi il Medioevo. Ma quel conflitto leggendario fungeva l’attitudine a sacrificarsi in favore della comunità. Omero mostrò ai greci come raggiungere la kalokagathia, quell’ideale di bellezza fisica e morale che avrebbe rappresentato il valore assoluto nel successivo sviluppo della cultura ellenica.

 

L’educazione dei ragazzi. In ogni caso, l’istruzione elementare coniugava l’apprendimento delle lettere (grammata), lo studio di diverse varietà musicale e la pratica sportiva. Una tavoletta votiva ritrovata a Corinto mostra dei fanciulli che suonano la lira e il flauto durante un rito, e alcune testimonianze del politico ateniese Alcibiade indicano che a scuola si praticava la lotta. a ciò si aggiungeva l’iniziazione alla matematica, che si divideva in due rami: l’aritmetica, ovvero lo studio dei numeri, e la geometria, che si occupava delle relazioni spaziali. Il bambino veniva accompagnato a scuola da uno dei servi di casa, di solito un anziano non più in grado di svolgere lavori fisici pesanti, che lo attendeva fino all’ora del ritorno. Si trattava del paidagogos, responsabile di garantire l’integrità del ragazzo e di controllare che svolgesse i compiti. Il pedagogo insegnava anche le buone maniere: camminare per strada tenendo gli occhi bassi, indossare correttamente il mantello, sedersi senza incrociare le gambe e senza appoggiare il mento sulla mano, rimanere in silenzio, mangiare in maniera controllata durante i pasti. Nelle rappresentazioni dell’epoca il pedagogo è di solito raffigurato con tratti e l’abbigliamento dei servi di origine straniera, e impugna il caratteristico bastone che gli permette di esercitare la sua autorità tramite la minaccia o la concreta punizione fisica.

A 18 anni l’adolescente diventava ephebos (giovane) e riceveva l’addestramento militare necessario a diventare hoplites (soldato). Questa formazione durava 36 mesi, fino al compimento dei 21 anni, che segnavano l’ingresso nell’età adulta. L’istruzione veniva completata dallo studio di retorica, letteratura, musica e geometria. Chi poteva permetterselo prendeva anche lezione dai sofisti, molto più costosi degli insegnamenti tradizionali. Nell’Atene classi l’efebia era un’istituzione strettamente regolata che prevedeva obblighi specifici, come la partecipazione a determinati riti religiosi. Costituiva la fase d’integrazione la cittadinanza con la quale si concludeva una paideia ben riuscita e riforniva di nuova linfa il corpo e l’anima della città.

 

La sapienza delle donne.

Che in Grecia le donne non fossero totalmente escluse dall’educazione è dimostrato dall’esistenza di un buon numero di filosofe. Per esempio si conoscono i nomi di due allieve che nel IV secolo frequentarono l’accademia di Atene: Arete di Cirene, figlia del filosofo Arispippo, e Assiotea di Fliunte.

Quest’ultima sarebbe stata così colpita dalla lettura della Repubblica di Platone da trasferirsi ad Atene per diventare sua discepola. Nelle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio racconta che Assiotea doveva travestirsi da uomo per poter assistere alle lezioni del maestro.

Platone e l’educazione civica.

L'Accademia platonica in una xilografia di Carl Wahlbom (1879)

Platone concepì una nuova paideia, un sistema educativo uguale per entrambi i sessi che doveva essere imposto dallo stato, secondo l’esempio di Sparta.

Si trattava di una formazione permanente, perché durava tutta la vita, ed era strutturata per gradi. Si cominciava con la musica e la ginnastica, per proseguire con la matematica e la retorica. Il processo culminava con l’apprendimento della dialettica.

Platone riteneva che colui il quale fosse stato in grado di arrivare all’ultimo livello avrebbe potuto contemplare l’idea del bene, che implicava la conoscenza della verità e la trasformazione della propria anima. Queste persone avrebbero raggiunto la felicità e sarebbero conseguentemente state le uniche legittimate a governare.

 

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Aspasia conversa con Alcibiade e Socrate, dipinto di Nicolas André Monsiau.


Il ruolo delle donne. Non è del tutto chiaro in che misura l’educazione e l’esercizio della cultura fossero aperti anche alle donne, in quanto non c’è molta documentazione a riguardo. All’epoca non era normale trattare la condizione femminile, né per gli uomini né per le donne, e i pochi testi elaborati sono stati accolti con scarso interesse nelle epoche successive, finendo per andare perduti. Una felice eccezione è l’opera di Saffo, poeta nata a Lesbo nel VII secolo a.C. Si sono conservati appena seicento dei circa diecimila versi lirici da lei composti, che suscitarono grande ammirazione tra i suoi contemporanei. Saffo era forse sposata e dirigeva una scuola che si occupava di educare le adolescenti e prepararle al matrimonio. Ciò avveniva tramite l’insegnamento di poesia, musica e danza in un ambiente esclusivamente femminile, analogamente a quanto avveniva con la pederastia maschile. Un altro caso è quello di Aspasia di Mileto. La bella e colta compagna di Pericle apparteneva probabilmente a uno specifico gruppo di donne, le etère, che frequentavano gli uomini nei simposi dell’élite culturale ateniese. Nel dialogo platonico Menesseno, Socrate esalta le abilità retoriche di Aspasia definendole superiori a quelle dei Pericle e le attribuisce la composizione di un importante discorso del compagno. È vero che le etère non erano costrette nel limitato ruolo sociale che veniva riservato alle spose legittime, le uniche i cui figli potevano godere della piena cittadinanza. Ma lo è anche il fatto che il campo di azione delle mogli era meno ristretto di quello che si ritiene abitualmente. Nell’Economico di Senofonte, una sorta di trattato sull’amministrazione della casa scritto nel IV secolo a.C., un ricco cittadino si vanta del fatto di poter delegare alla sua giovane sposa la gestione della sfera domestica, in virtù delle grandi doti da lei dimostrate.

Ci sono anche svariate testimonianze di donne che amministravano il patrimonio familiare, un’attività che richiedeva come minimo di saper leggere e scrivere. Fortunatamente le decorazioni della ceramica attica a figure rosse riportano numerosi esempi di vita quotidiana femminile all’interno e all’esterno dell’oikos (la casa). Su un piccolo vaso per la conservazione di oli profumati e unguenti (lèkythos) è rappresentato una moglie che esamina un papiro estratto dal baule davanti a lei, presumibilmente per controllare la contabilità domestica. Alcune brocche utilizzate per il trasporto dell’acqua (idrie) raffigurano gruppi di donne nel gineceo – la parte della casa a loro riservata – intente a leggere o a recitare poesie con l’accompagnamento di vari strumenti.

 

Un’educazione analoga? Sembra chiaro che le ragazze di un certo livello economico, destinate al matrimonio legittimo e al controllo della famiglia, ricevevano un’istruzione di base simile a quella dei ragazzi. Meno noto è cosa avvenisse al di fuori della sfera domestica. Le donne greche infatti uscivano spesso di casa per svolgere varie attività, ma sempre accompagnate da altre donne, a meno che non fossero anziane. Questo consente di ipotizzare che il motivo decorativo di una famosa kylix del Metropolitan Museo di New York rappresenti una scuola femminile e che la donna raffigurata al centro sia un’adolescente accompagnata a lezione da una pedagoga. Per quanto riguarda la pratica sportiva, su alcuni vasi di ceramica sono raffigurate delle ragazze intente a lavarsi nella fontana di un ginnasio a detergersi il corpo con uno strigile. La composizione e gli elementi di tali scene corrispondono punto per punto alle rappresentazioni maschili. Si tratta sicuramente di ambiente omosociali femminili, ma non è possibile dedurre che fossero riservati alle etère. La conclusione più ovvia è che esistessero delle palestre destinate alle donne in generale. È risaputo d’altronde che in città come Sparta l’esercizio fisico era considerato molto salutare per affrontare la maternià.

 

Articolo di Raquel Lopez Melero docente ordinaria di storia antica università nazionale di educazione a distanza (Madrid) pubblicato su Storica National Geograpich del mese di febbraio 2019 – altri testi e immagini da Wikipedia.


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