Il Vallo di Antonino
ultima frontiera della Britannia romana.
Costruito dal 142 d.C.
il Vallo di Antonino portava più a Nord il confine dell’Impero rispetto al
precedente di Adriano. Investimento grandioso e forse utile solo all’immagine
di Antonino Pio, rappresenta oggi una delle testimonianze più vivide della vita
delle legioni a 2500 km da Roma.
Oggi per lo più interrato, in genere non visibile, il Vallo di Antonino serpeggia attraverso le campagne della Scozia centrale. Questa mastodontica fortificazione, che un tempo segnava il confine settentrionale dell’Impero romano e divideva la Scozia in due, aveva lo scopo di difendere il territorio romano dalle turbolente tribù dei Caledoni, che vivevano in quelle terre. Tracce del Vallo si possono ancora ammirare in una serie di siti archeologici che punteggio il suo percorso. La sezione meglio conservata si trova a Ovest della città di Falkirk, nei boschi dietro la Ruota di Falkirk, modernissimo ascensore idraulico per imbarcazioni, presso la fortezza di Rough Castle. Il sito porta ancora i segni dei cambiamenti apportati al paesaggio dai Romani più di 18 secoli fa. Con le sue ondulazioni erbose che sorgono dal terreno, a prima vista Rough Castle sembra più una bizzarria del paesaggio che un sito archeologico. Oggi l’area circostante è ricoperta da alberi e qualche palo della luce, ma l’analisi dei pollini esaminati dagli studiosi ci dice che all’epoca in cui ebbe inizio la costruzione del Vallo, nel II secolo a.C., era una terra coltivata e senza grandi alberi, che probabilmente permetteva allo sguardo di spaziare oltre. Visto da lì, il Vallo e le sue fortificazioni dovevano essere uno spettacolo impressionante.
Propaganda dell’imperatore. Costruito a partire
dall’anno 142 d.C. ad opera di 3 legioni sotto la guida del governatore Quinto
Lollio Urbico, il Vallo era lungo circa 40mila passi seconda le misurazioni
romane (60 km) e andava dal Firth of Forth al Firth of Clyde. Comprendeva 17
fortezze e altri edifici fortificati più piccoli, posti più o meno ogni km e
mezzo, in cui erano alloggiati 6000-7000 soldati. Il professor Bill Hanson,
docente presso l’Università di Glasgow, specializzato in Storia e Archeologia
delle frontiere romane, definisce il Vallo “un
progetto enorme, un’opera architettonica mastodontica, che senza dubbio
troneggiava su tutto il paesaggio”. Che cosa spinse l’Impero Romano a
investire una tale quantità di risorse umane e materiali in un territorio
nemico e inospitale, a 2500 km di distanza dalla capitale? La risposta, a
quanto pare, va ricercata nell’astuto carrierismo politico dell’uomo di cui il
Vallo porta il nome: Antonino Pio. Divenuto imperatore nel 138 d.C., era noto
per il suo carattere mite e sensibile, inoltre non vanta successi militare nel
suo curriculm. “In una società in cui il
potere e il prestigio di un imperatore dipendevano dalle sue abilità militari e
dalla sua capacità di allargare l’Impero, ad Antonino serviva un progetto
espansionistico, se voleva accreditarsi delle credenziali militari”, spiega
il professor Hanson. La Britannia era il posto ideale per una campagna politica
di questo genere: un territorio ormai familiare alle truppe romane,
storicamente legato a Giulio Cesare che l’aveva invaso per primo nel 55 a.C. Ma
Antonino Pio sapeva temperare le sue ambizioni con la prudenza anziché correre
il rischio di muovere guerra alle tribù caledoni per ridurre tutta la Scozia
sotto il controllo romano, optò per la pi,ù modesta soluzione di spostare il
confine 150 km più a Nord rispetto al suo predecessore, l’imperatore Adriano. E
la sua impresa diede i frutti sperati: Roma lo premiò con un’acclamazione
imperiale, la seconda della sua carriera come sovrano.
Per quanto fosse sulla
frontiera più settentrionale dell’Impero, quella fortezza era parte integrante
di un sistema assai più vasto e articolato. “Proprio
come i Britanni coscritti nell’esercito romano venivano dislocati in altri
luoghi, come la Germania, anche il Vallo doveva essere difeso da truppe
ausiliare venute da ogni parte dell’Impero. Era un sistema pensato per evitare
che le truppe prendessero le parti della popolazione locale. Sappiamo che a
Rough Castle era di stanza la VI Coorte dei Nervi, ausiliari gallici
provenienti dall’attuale Belgio, e che in altre parti del Vallo c’erano truppe
giunte sin dalla Siria e dal Marocco”, afferma Hanson.
Come scoraggiare possibili assalti. Non
abbiamo resoconti su come funzionasse la vita quotidiana nel Vallo, per cui
dobbiamo attingere alle fonti archeologiche. Fin dai primi anni del XX secolo,
quando gli scavi hanno fatto emergere una grande quantità di oggetti di bronzo
e altri metalli, monete, fibbie e moltissimo vasellame, “Il genere di materiale che si trova sempre nei siti romani. Oggi si
può camminare attorno alle fondamenta delle baracche della guarnigione, dei
bagni, del granaio e dell’alloggio del comandante. Si vedono ancora tracce
della strada militare che i Romani avevano creato a Sud del Vallo per
facilitare il trasporto di truppe e di rifornimenti”, nota il professor
Hanson. A differenza del Vallo di Adriano (su cui resti i visitatori possono
arrampicarsi), Il Vallo di Antonino non era interamente di pietra, dell’altezza
di ben 3,5 m e largo in certi tratti anche 4 m. Oggi, però, dopo 18 secoli di
esposizione al clima scozzese, anche le parti meglio preservate (che si trovano
presso Rough Castle) sembrano solo gibbosità del terreno coperto d’erba. Eppure
il Vallo non era semplicemente un cumulo di terra: sul lato Nord lo affiancava
un fossato enorme, ben più grande di quello del Vallo di Adriano, largo 12 m,
profondo 3,5 e pericolosamente ripido. La parte meglio conservata la si può
ammirare presso Watling Lodge: ancora oggi, dopo secoli di erosione
atmosferica, basta recarvisi per rendersi conto di quanto sarebbe stata assurda
l’idea di scalarlo. E le difese non si fermano qui. Guardando da sopra il
fossato, Rough Castle offre lo spettacolo più insolito: una serie di fosse di
forma ovale, perfettamente disposte in file alternate. Il professor Hanson ci
spiega che si tratta dei lilia, il cui nome dal suono floreale nasconde la loro
vera natura: quello di trappole letale. “I
lilia erano buche con uno spuntone acuminato sul fondo e poi coperte per
mimetizzarle. In alcuni casi erano invece riempite di cespugli spinosi, una
sorta di filo spinato naturale. Erano disposte in file alternate perché risultasse
quasi impossibile risalire il fossato senza incontrarne una: chiunque avesse
osato sgusciare attraverso le difese se le sarebbe trovate davanti. Se ci
aggiungete il fossato stesso e la muraglia, comprenderete perché il Vallo non
potesse essere facilmente preso d’assalto”. Le legioni di Urbico non
ricorrevano solo a difese materiali per scoraggiare le aggressioni, ma anche a
tattiche intimidatorie. Lungo il Vallo erano sistemati cippi incisi per segnare
le distanze: oggi se ne può vedere qualcuno nell’Hunterian Museum di Glasgow. Oltre
a testimoniare i lavori di costruzione intrapresi dalle varie legioni, questi
cippi erano istoriati con scene particolarmente violente sulla sottomissione
militare delle tribù della Scozia, dipinte a colori vividi. I Romani avevano
persino utilizzato una specifica sfumatura di rosso per rendere il sangue dei
Caledoni decapitati e i becchi insanguinati delle aquile romane.
Tutto questo suggerisce
che Roma prendeva molto sul serio la minaccia rappresentata dalle tribù
settentrionali. “Sono del parere che i
Romani considerassero gli attacchi da Nord un pericolo concreto. Può darsi che
la creazione di un nuovo confine fortificato, che passava brutalmente
attraverso confini sociali già esistenti, avesse provocato reazioni violente da
parte della popolazione locale. Sappiamo inoltre che al progetto originale del
Vallo furono aggiunte altre fortezze, il che farebbe pensare proprio a un modo
per arginare una reazione locale”, dice il professor Hanson.
Altri luoghi dove sono conservati
artefatti dal Vallo Antonino. Hunterian Museum, Glasgow. Accanto alle sue collezioni
zoologiche e anatomiche, l’Hunterian Museum ospita una mostra permanente
sulla storia del Vallo, dalla sua costruzione e occupazione, alla riscoperta
archeologica, insieme a molti altri manufatti rinvenuti presso gli altri siti
del Vallo. Assieme ai cippi istoriati sono esposti oggetti di uso quotidiani
come una lampada di bronzo, i pezzi di un gioco, una tenda di cuoio e la
scarpa di un bambino trovata presso la fortezza di Bar Hill. Gla.ac.uk/Hunterian. Isca Augusto, Caerleon, Galles
meridionale. Situata nel villaggio di Caerleon,
nel Galles meridionale, questa fortezza era una dei 3 principali quartier
generali romani in Britannia, assieme a York e Chester, e vi risiedeva la II
Legione Augusta. Fondata nel 75 d.C. rimase una
base militare da cui organizzare spedizioni contro la bellicosa tribù dei
Siluri per i successivi 200 anni. A Caerleon si trovano anche il più grande
anfiteatro romano su suolo britannico, in grado di ospitare 5000 persone, e
il Museo Nazionale delle Legioni Romane (che riaprirà in autunno). Cadw.gov.wales Vindolanda, Northumberland. Occupata dall’85 d.C. (circa) al
370 d.C., Vindoloanda costituisce un’impressionante serie di fortezze lungo
il Vallo di Adriano. Gli imponenti resti sono fruibili tra aprile e
settembre: vi potrà capitare di poter osservare gli archeologi al lavoro. Proprio
qui è stata rinvenuta quella che forse rappresenta la più importante
testimonianza della vita quotidiana della Britannia romana: le tavolette di
Vindolanda, realizzate in legno sottile e scritte a inchiostro, che riportano
registrazioni uniche sulla vita della guarnigione locale, inclusa una festa
di compleanno tenutasi nell’anno 100 d.C. Vindolonada.com
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La vita privata dei legionari. Va però considerato
che i rapporti tra occupanti Romani e indigeni non erano di amicizia. “Per tenere sotto controllo le popolazioni
locali i Romani impiegavano tutta una serie di metodi, dagli interventi
militari, agli accordi politici. Gli scavi arche3ologici presso i broch
(fortezze megalitiche) scozzesi della zona hanno portato alla luci molti
manufatti di origine romana, a testimonianza dei rapporti commerciali
intercorsi tra i due popoli” prosegue Hanson. Ùanche nelle vicinanze del
Vallo le linee di separazione tra le truppe romane e la gente del posto erano
tutt’altro che nette. “Si tende spesso a
dimenticare che queste fortezze non avevano solo uno scopo militare. Dentro ci
abitavano centinaia di persone con esigenza da soddisfare e denaro per poterlo
fare: si attiravano perciò mercanti, viaggiatori, prostitute e tavernieri, ed
era inevitabile che attorno a ogni edificio fortificato si formassero piccole
comunità. Presso Croy Hill, ad esempio, sappiamo che esistevano un insediamento
da un lato del Vallo e fattoria con un’officina di vasellame dall’altro”,
conclude Hanson.
Dalle tracce
archeologiche emerge sempre più l’evidenza che, sebbene i soldati romani
avessero il permesso di sposarsi solo a partire dal III secolo, alcuni di loro
avevano compagne e famiglie che vivevano nei forti o poco lontano: a Bar Hill,
ad esempio sono state rinvenute delle scarpe di cuoio da bambino. Il Vallo,
questa possente opera difensiva, rimase però incompiuto. I lavori di
costruzione furono abbandonati meno di 20 anni dopo il loro inizio, a dispetto
di tutte le enorme risorse investite. La ragione potrebbe essere che l’esercito
romano, in quel momento impegnato in diverse difficili campagne in altre parti
dell’Impero, non aveva più i mezzi per tenere in vita quel costoso presidio.
Dunque, non volendo o
potendo continuare a mantenere quel confine, le truppe ausiliare ripiegarono
ancora una volta all’altezza del vecchio e più solido confine del Vallo
Adriano: i cippi furono sepolti, le fortezze demolite, ma il fosso e il
terrapieno rimasero al loro posto, e divennero una caratteristica permanente
del paesaggio scozzese. E sono là ancora oggi, a testimonianza dell’immensità
dell’Impero e del suo declino.
Articolo di Ellie
Cawthorne (giornalista di BBC History Uk) pubblicato su BBC History del mese di
maggio 2019 – altri testi e immagini da Wikipedia.
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