martedì 8 settembre 2020

Il Vallo di Antonino ultima frontiera della Britannia romana.

 

Il Vallo di Antonino ultima frontiera della Britannia romana.

Costruito dal 142 d.C. il Vallo di Antonino portava più a Nord il confine dell’Impero rispetto al precedente di Adriano. Investimento grandioso e forse utile solo all’immagine di Antonino Pio, rappresenta oggi una delle testimonianze più vivide della vita delle legioni a 2500 km da Roma.

 

Il Vallo Antonino, con i suoi 26 forti e fortini militari.


 

Oggi per lo più interrato, in genere non visibile, il Vallo di Antonino serpeggia attraverso le campagne della Scozia centrale. Questa mastodontica fortificazione, che un tempo segnava il confine settentrionale dell’Impero romano e divideva la Scozia in due, aveva lo scopo di difendere il territorio romano dalle turbolente tribù dei Caledoni, che vivevano in quelle terre. Tracce del Vallo si possono ancora ammirare in una serie di siti archeologici che punteggio il suo percorso. La sezione meglio conservata si trova a Ovest della città di Falkirk, nei boschi dietro la Ruota di Falkirk, modernissimo ascensore idraulico per imbarcazioni, presso la fortezza di Rough Castle. Il sito porta ancora i segni dei cambiamenti apportati al paesaggio dai Romani più di 18 secoli fa. Con le sue ondulazioni erbose che sorgono dal terreno, a prima vista Rough Castle sembra più una bizzarria del paesaggio che un sito archeologico. Oggi l’area circostante è ricoperta da alberi e qualche palo della luce, ma l’analisi dei pollini esaminati dagli studiosi ci dice che all’epoca in cui ebbe inizio la costruzione del Vallo, nel II secolo a.C., era una terra coltivata e senza grandi alberi, che probabilmente permetteva allo sguardo di spaziare oltre. Visto da lì, il Vallo e le sue fortificazioni dovevano essere uno spettacolo impressionante.

 

Il Vallo Antonino, verso est, da Barr Hill fra Twechar e Croy Hill

Propaganda dell’imperatore. Costruito a partire dall’anno 142 d.C. ad opera di 3 legioni sotto la guida del governatore Quinto Lollio Urbico, il Vallo era lungo circa 40mila passi seconda le misurazioni romane (60 km) e andava dal Firth of Forth al Firth of Clyde. Comprendeva 17 fortezze e altri edifici fortificati più piccoli, posti più o meno ogni km e mezzo, in cui erano alloggiati 6000-7000 soldati. Il professor Bill Hanson, docente presso l’Università di Glasgow, specializzato in Storia e Archeologia delle frontiere romane, definisce il Vallo “un progetto enorme, un’opera architettonica mastodontica, che senza dubbio troneggiava su tutto il paesaggio”. Che cosa spinse l’Impero Romano a investire una tale quantità di risorse umane e materiali in un territorio nemico e inospitale, a 2500 km di distanza dalla capitale? La risposta, a quanto pare, va ricercata nell’astuto carrierismo politico dell’uomo di cui il Vallo porta il nome: Antonino Pio. Divenuto imperatore nel 138 d.C., era noto per il suo carattere mite e sensibile, inoltre non vanta successi militare nel suo curriculm. “In una società in cui il potere e il prestigio di un imperatore dipendevano dalle sue abilità militari e dalla sua capacità di allargare l’Impero, ad Antonino serviva un progetto espansionistico, se voleva accreditarsi delle credenziali militari”, spiega il professor Hanson. La Britannia era il posto ideale per una campagna politica di questo genere: un territorio ormai familiare alle truppe romane, storicamente legato a Giulio Cesare che l’aveva invaso per primo nel 55 a.C. Ma Antonino Pio sapeva temperare le sue ambizioni con la prudenza anziché correre il rischio di muovere guerra alle tribù caledoni per ridurre tutta la Scozia sotto il controllo romano, optò per la pi,ù modesta soluzione di spostare il confine 150 km più a Nord rispetto al suo predecessore, l’imperatore Adriano. E la sua impresa diede i frutti sperati: Roma lo premiò con un’acclamazione imperiale, la seconda della sua carriera come sovrano.

Per quanto fosse sulla frontiera più settentrionale dell’Impero, quella fortezza era parte integrante di un sistema assai più vasto e articolato. “Proprio come i Britanni coscritti nell’esercito romano venivano dislocati in altri luoghi, come la Germania, anche il Vallo doveva essere difeso da truppe ausiliare venute da ogni parte dell’Impero. Era un sistema pensato per evitare che le truppe prendessero le parti della popolazione locale. Sappiamo che a Rough Castle era di stanza la VI Coorte dei Nervi, ausiliari gallici provenienti dall’attuale Belgio, e che in altre parti del Vallo c’erano truppe giunte sin dalla Siria e dal Marocco”, afferma Hanson.

 

Sesterzio con immagine di Antonino Pio

Come scoraggiare possibili assalti. Non abbiamo resoconti su come funzionasse la vita quotidiana nel Vallo, per cui dobbiamo attingere alle fonti archeologiche. Fin dai primi anni del XX secolo, quando gli scavi hanno fatto emergere una grande quantità di oggetti di bronzo e altri metalli, monete, fibbie e moltissimo vasellame, “Il genere di materiale che si trova sempre nei siti romani. Oggi si può camminare attorno alle fondamenta delle baracche della guarnigione, dei bagni, del granaio e dell’alloggio del comandante. Si vedono ancora tracce della strada militare che i Romani avevano creato a Sud del Vallo per facilitare il trasporto di truppe e di rifornimenti”, nota il professor Hanson. A differenza del Vallo di Adriano (su cui resti i visitatori possono arrampicarsi), Il Vallo di Antonino non era interamente di pietra, dell’altezza di ben 3,5 m e largo in certi tratti anche 4 m. Oggi, però, dopo 18 secoli di esposizione al clima scozzese, anche le parti meglio preservate (che si trovano presso Rough Castle) sembrano solo gibbosità del terreno coperto d’erba. Eppure il Vallo non era semplicemente un cumulo di terra: sul lato Nord lo affiancava un fossato enorme, ben più grande di quello del Vallo di Adriano, largo 12 m, profondo 3,5 e pericolosamente ripido. La parte meglio conservata la si può ammirare presso Watling Lodge: ancora oggi, dopo secoli di erosione atmosferica, basta recarvisi per rendersi conto di quanto sarebbe stata assurda l’idea di scalarlo. E le difese non si fermano qui. Guardando da sopra il fossato, Rough Castle offre lo spettacolo più insolito: una serie di fosse di forma ovale, perfettamente disposte in file alternate. Il professor Hanson ci spiega che si tratta dei lilia, il cui nome dal suono floreale nasconde la loro vera natura: quello di trappole letale. “I lilia erano buche con uno spuntone acuminato sul fondo e poi coperte per mimetizzarle. In alcuni casi erano invece riempite di cespugli spinosi, una sorta di filo spinato naturale. Erano disposte in file alternate perché risultasse quasi impossibile risalire il fossato senza incontrarne una: chiunque avesse osato sgusciare attraverso le difese se le sarebbe trovate davanti. Se ci aggiungete il fossato stesso e la muraglia, comprenderete perché il Vallo non potesse essere facilmente preso d’assalto”. Le legioni di Urbico non ricorrevano solo a difese materiali per scoraggiare le aggressioni, ma anche a tattiche intimidatorie. Lungo il Vallo erano sistemati cippi incisi per segnare le distanze: oggi se ne può vedere qualcuno nell’Hunterian Museum di Glasgow. Oltre a testimoniare i lavori di costruzione intrapresi dalle varie legioni, questi cippi erano istoriati con scene particolarmente violente sulla sottomissione militare delle tribù della Scozia, dipinte a colori vividi. I Romani avevano persino utilizzato una specifica sfumatura di rosso per rendere il sangue dei Caledoni decapitati e i becchi insanguinati delle aquile romane.

Tutto questo suggerisce che Roma prendeva molto sul serio la minaccia rappresentata dalle tribù settentrionali. “Sono del parere che i Romani considerassero gli attacchi da Nord un pericolo concreto. Può darsi che la creazione di un nuovo confine fortificato, che passava brutalmente attraverso confini sociali già esistenti, avesse provocato reazioni violente da parte della popolazione locale. Sappiamo inoltre che al progetto originale del Vallo furono aggiunte altre fortezze, il che farebbe pensare proprio a un modo per arginare una reazione locale”, dice il professor Hanson.

 

Altri luoghi dove sono conservati artefatti dal Vallo Antonino.

Hunterian Museum, Glasgow.

Accanto alle sue collezioni zoologiche e anatomiche, l’Hunterian Museum ospita una mostra permanente sulla storia del Vallo, dalla sua costruzione e occupazione, alla riscoperta archeologica, insieme a molti altri manufatti rinvenuti presso gli altri siti del Vallo. Assieme ai cippi istoriati sono esposti oggetti di uso quotidiani come una lampada di bronzo, i pezzi di un gioco, una tenda di cuoio e la scarpa di un bambino trovata presso la fortezza di Bar Hill.

Gla.ac.uk/Hunterian.

 



Il Vallo Antonino, ultima frontiera di Roma, Museo Hunterian.

Isca Augusto, Caerleon, Galles meridionale.

Situata nel villaggio di Caerleon, nel Galles meridionale, questa fortezza era una dei 3 principali quartier generali romani in Britannia, assieme a York e Chester, e vi risiedeva la II Legione Augusta.

Fondata nel 75 d.C. rimase una base militare da cui organizzare spedizioni contro la bellicosa tribù dei Siluri per i successivi 200 anni. A Caerleon si trovano anche il più grande anfiteatro romano su suolo britannico, in grado di ospitare 5000 persone, e il Museo Nazionale delle Legioni Romane (che riaprirà in autunno).

Cadw.gov.wales

 

Vindolanda, Northumberland.

Occupata dall’85 d.C. (circa) al 370 d.C., Vindoloanda costituisce un’impressionante serie di fortezze lungo il Vallo di Adriano. Gli imponenti resti sono fruibili tra aprile e settembre: vi potrà capitare di poter osservare gli archeologi al lavoro. Proprio qui è stata rinvenuta quella che forse rappresenta la più importante testimonianza della vita quotidiana della Britannia romana: le tavolette di Vindolanda, realizzate in legno sottile e scritte a inchiostro, che riportano registrazioni uniche sulla vita della guarnigione locale, inclusa una festa di compleanno tenutasi nell’anno 100 d.C.

Vindolonada.com

 



 

La vita privata dei legionari. Va però considerato che i rapporti tra occupanti Romani e indigeni non erano di amicizia. “Per tenere sotto controllo le popolazioni locali i Romani impiegavano tutta una serie di metodi, dagli interventi militari, agli accordi politici. Gli scavi arche3ologici presso i broch (fortezze megalitiche) scozzesi della zona hanno portato alla luci molti manufatti di origine romana, a testimonianza dei rapporti commerciali intercorsi tra i due popoli” prosegue Hanson. Ùanche nelle vicinanze del Vallo le linee di separazione tra le truppe romane e la gente del posto erano tutt’altro che nette. “Si tende spesso a dimenticare che queste fortezze non avevano solo uno scopo militare. Dentro ci abitavano centinaia di persone con esigenza da soddisfare e denaro per poterlo fare: si attiravano perciò mercanti, viaggiatori, prostitute e tavernieri, ed era inevitabile che attorno a ogni edificio fortificato si formassero piccole comunità. Presso Croy Hill, ad esempio, sappiamo che esistevano un insediamento da un lato del Vallo e fattoria con un’officina di vasellame dall’altro”, conclude Hanson.

Dalle tracce archeologiche emerge sempre più l’evidenza che, sebbene i soldati romani avessero il permesso di sposarsi solo a partire dal III secolo, alcuni di loro avevano compagne e famiglie che vivevano nei forti o poco lontano: a Bar Hill, ad esempio sono state rinvenute delle scarpe di cuoio da bambino. Il Vallo, questa possente opera difensiva, rimase però incompiuto. I lavori di costruzione furono abbandonati meno di 20 anni dopo il loro inizio, a dispetto di tutte le enorme risorse investite. La ragione potrebbe essere che l’esercito romano, in quel momento impegnato in diverse difficili campagne in altre parti dell’Impero, non aveva più i mezzi per tenere in vita quel costoso presidio.

Dunque, non volendo o potendo continuare a mantenere quel confine, le truppe ausiliare ripiegarono ancora una volta all’altezza del vecchio e più solido confine del Vallo Adriano: i cippi furono sepolti, le fortezze demolite, ma il fosso e il terrapieno rimasero al loro posto, e divennero una caratteristica permanente del paesaggio scozzese. E sono là ancora oggi, a testimonianza dell’immensità dell’Impero e del suo declino.

 

Articolo di Ellie Cawthorne (giornalista di BBC History Uk) pubblicato su BBC History del mese di maggio 2019 – altri testi e immagini da Wikipedia.

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