Lo stretto di Anian:
la ricerca di una chimera.
Nel XVI secolo
esploratori e navigatori andarono alla ricerca di un passaggio tra Asia e
America descritto da Marco Polo.
Nel 1513 Vasco Nunez de
Balboa avvistò da una collina di Panama un’enorme distesa d’acqua che battezzò
mare del Sud e che poco più tardi fu chiamato anche Pacifico. Ciò confermava
che l’America era un immenso continente e gettava le basi per un’ovvia sfida:
trovare una rotta marittima che, costeggiando quella vasta marea di terra,
unisse gli oceani Atlantico e Pacifico. L’idea era particolarmente appetibile
per la corona spagnola, che dominava l’America e sperava di raggiungere le
ricchezze dell’Asia passando per questa rotta. Nel 1520 Magellano risolse
parzialmente il problema attraversando lo stretto a sud del continente
americano che oggi porta il suo nome. Ma la lunghezza e la pericolosità della
tratta la rendevano poco attraente. Così molti iniziarono a cercare un
passaggio alternativo a nord.
Carta immaginaria.
la mappa dello stretto di Anian
L’importante carta geografica del
nord America pubblicata a Venezia nel 1566 è stata a lungo attribuita a
Bolognino Zaltieri ma un recente studio ha identificato come autore lo
stampatore Paolo Forlani. Il dettaglio della carta qui sotto mostra
chiaramente il passaggio tra America e Asia, detto stretto di Anian. Il brano
di Marco Polo che ispirò i cartografi veneziani intorno al 1560 si considera
un’aggiunta postuma e non è inclusa nelle edizioni attuali del Libro delle
meraviglie del mondo. In queste si parla piuttosto della terra Annam, situata
a est della Cocincina, nell’attuale Vietnam.
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Il leggendario stretto. Sebbene le latitudini
settentrionali fossero più avverse alla navigazione di quelle australi, si
credeva che nell’estremo nord dell’America ci fosse un passaggio interoceanico.
Nel XVI secolo prevaleva la visione dei geografi antichi, i quali concepivano
la terra come un insieme di masse terrestri circondate dall’acqua. E la teoria
sembrava avere conferma, nell’emisfero sud, dalla scoperta ella rotta
attraverso il capo di Buona Speranza in Africa e di quelle attraverso lo
stretto di Magellano e il canale di Drake (il tratto di mare che separa
l’America dall’Antartide). La stessa situazione doveva presentarsi a nord, non
a caso uno dei principi dell’alchimia recitava: “Ciò che è sopra è sotto”. Per
questa ragione a partire dal XVI secolo iniziò la ricerca di un passaggio
settentrionale tra l’Atlantico e il Pacifico. Gli inglesi partirono
dall’Atlantico e si addentrarono negli immensi stretti e baie dell’attuale
Canada in cerca del “Passaggio a Nord Ovest”. Gli spagnoli invece avanzarono
dal Pacifico, dall’altra parte del continente, seguendo la costa a nord della
penisola della California, che all’epoca si riteneva fosse un’isola. Fu questa
la via che tra il 1540 e il 1543 seguirono Francisco de Ulloa, Pedro de
Alvarado e Juan Rodriguez Cabrillo. Le tempeste – e in un caso, un moto di
ribellione – intralciarono le spedizioni, che non andarono oltre il 43% di
latitudine nord, raggiunto nel 1543 da Ferrelo, marinaio di Cabrillo. Le
esplorazioni si interruppero ma la curiosità aumentò. Tanto che intorno al 1560
si iniziò a pensare che America e Asia fossero separate da uno stretto che
diede origine a uno dei miti geografici più longevi, quello dello stretto di
Anian. Il nome deriva da Marco Polo, più precisamente da un brano presente in
un’edizione italiana del Libro delle meraviglie del mondo pubblicato nel 1559,
in cui si fa riferimento a un “golfo che dura di lunghezza per lo spazio di due
mesi, navigando verso la parte di tramontana, il qual per tutto confina verso
scirocco con la provincia di Mangi e dall’altra parte con Ania, e Toloman…
Questo golfo è tanto grande, e tante genti abitano in quello, che par quasi un
altro mondo”. Da qui si dedusse che il golfo in questione era lo stretto che
separava l’Asia dall’America e che Anian, Aniu o Anina era una regione del
Nuovo Mondo. Così lo raffigurò il cartografo veneziano Giacomo Gastaldi in una
mappa del 1561 che, sebbene non sia arrivata a noi, ispirò probabilmente quella
di Paolo Forlani nel 1506, in cui viene indicato lo stretto di Anian. Anche
altri cartografi dell’epoca adottarono questa denominazione.
Realtà o finzione? La pubblicazione di
queste opere risvegliò l’interesse per l’esplorazione della costa americana a
nord della California, alla ricerca del misterioso stretto. L’inglese Drake la
percorse nel 1579 e alcuni anni più tardi ripeterono l’impresa due spagnoli,
Cermeno (1595) e Vizcaino (1602) ma nessuno di loro si spinse oltre quel 43°
parallelo già raggiunto da Cabrillo nel 1543. Lo stretto di Anian sembrava
lontano dalla portata dei marinai. Tuttavia, nel 1596 il greco Apostolos
Valerianos, più noto come Juan de Fuca, raccontò Michael Lok, il console
inglese di Aleppo, una strana storia da cui si deduceva che avesse raggiunto lo
stretto di Anian. Fuca sosteneva di aver affrontato due viaggi in qualità di
pilota incaricato dal viceré della Nuova Spagna. La prima spedizione era
fallita a causa di una rivolta ma, durante la seconda nel 1592, al comando di
una caravella e di una lancia aveva raggiunto quello che chiamò stretto di Nova
Hispania, a 47° di latitudine nord. Fuca diceva di aver navigato in quelle
acque per venti giorni fino a raggiungere il mar Settentrionale. Descriveva una
terra calda, popolata da gente ricca di oro, di argento e di perle. Tornato ad
Acapulco non ottenne alcun riconoscimento dalla corona spagnola e, sentendosi
truffato, si ritirò nella sua Cefalonia, dove cercò di ottenere un
finanziamento dagli inglesi tramite il console Lok, ma morì prima di riuscirvi.
Gli sforzi per confermare la veridicità dei viaggi di Fuca si rivelarono vani.
Nel 1802 fu condotta un’esaustiva ricerca nell’Archivio generale delle Indie di
Sevilla senza che fosse trovato alcun riferimento a Fuca, fatto strano
considerato l’efficienza dell’amministrazione coloniale spagnola. Viene da
pensare, dunque, che la sua sia stata un’invenzione.
Il passaggio a nord-est. Un caso più eclatante
di impostura è quello di Lorenzo Ferrer Maldonado. Nel 1609 questo navigatore
di Granada presentò al governo di Felipe II alcuni resoconti in cui narrava un
sensazionale viaggio effettuato nel 1588. Sosteneva di essere partito da
Lisbona con una nave diretta a Terranova, di essere entrato nell’attuale baia di
Hudson per poi sfociare nel Pacifico dopo un lungo viaggio, a 60° di latitudine
nord. Assicurava che durante l’ultimo tratto aveva navigato in una passaggio
stretto e limpido circondato da terre fertili che riteneva perfettamente adatte
alla colonizzazione.
Il passaggio era il
famoso stretto di Anian. Molti dettagli del suo racconto non risultano
credibili. Per esempio, che avesse viaggiato in febbraio e in meno di due mesi
senza aver mai perso di vista il sole, nemmeno a 66° di latitudine nord, cosa
impossibile a causa del freddo e dell’inclinazione dei raggi solari.
Lo stretto di Anian
rimase nei pensieri dei governanti europei fino al 1728, quando il danese Vitus
Bering attraversò per la prima volta lo stretto che separa l’Alaska dalla
Siberia e che oggi porta il suo nome. Tuttavia il mistero del Passaggio a
Nord-Ovest lungo la costa canadese sopravvisse a lungo. La sua esistenza venne
dimostrata nel 1906 dal viaggio del norvegese Amundsen, a bordo del veliero
Gjoa. Ma questa è un’altra storia.
Articolo in gran parte
di Xabier Armendariz pubblicato su Storica National Geographic del mese di
Novembre 2018 altri testi e immagini da Wikipedia.
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