La battaglia di Belleau
(1918), la prima battaglia dei Marines in Europa.
Quei cani venuti
dall’inferno.
Marines statunitensi nel bosco di Belleau (1918).
Quando durante la
grande guerra i francesi alle corde per l’attacco tedesco nei pressi di Reims
consigliarono agli americani di ritirarsi. Il capitano Lloyd Williams rispose:
“Diavolo, siamo appena arrivati”. Cominciava così la battaglia che avrebbe dato
il via al mito del soldato a stelle e strisce statunitense.
In
quella inutile strage che fu la Grande Guerra, la battaglia dei boschi di Belleau,
nel Nord-Est della Francia, appare poca cosa se paragonata ai grandi scontri
campali che si trascinarono per mesi sui vari fronti e che costarono centinaia
di migliaia di morti. Eppure, anche Belleau Wood ha un post nella storia, per
diverse ragioni. Innanzitutto, fu la prima battaglia in cui il corpo di
spedizioni americano subì pesanti perdite: i marines registrarono il maggior
numero di vittime della loro storia, fino alla Seconda guerra mondiale. Con il
loro sacrificio, d’altro canto, gli stessi marines diedero prova della loro
volontà e capacità di combattere, mettendo a tacere quanti potevano aver
dubitato di loro. Entrati in guerra solo nel 1917, quasi tre anni dopo il suo
inizio, gli americani dimostrono con i fatti di voler dare fino in fondo il
proprio contributo alle operazioni sul fronte occidentale. Il desiderio di non
sfigura nella ‘prova di fuoco’ fu più forte anche della prudenza e della
logica, e li convinse ad eseguire ordini discutibili, che comportavano un costo
elevato di vite umane per risultati irrisori.
Fu proprio ciò che
accadde nel giugno del 1918 nel bosco di Belleau, a Ovest di Reims. L’offensiva
di primavera sferrata dai tedeschi aveva colto di sorpresa le potenze
dell’Intesa, strappando loro un’ampia fascia di territorio in direzione di
Parigi dopo anni di stasi del fronte, impantanato nella logorante guerra di
trincea. Ogni cittadina, ogni villaccio ceduto all’esercito tedesco, per la
Francia e i suoi alleati era un ulteriore passo verso la capitolazione. Per
contro, riconquistare il terreno perduto significava vanificare l’offensiva
della Germania e, con ogni probabilità, rovesciare a proprio favore una volta
per tutte le sorti del conflitto. Le truppe dell’American Expedionary Force
(AEF) si erano distinte nella riconquista di Cantigny e di Chateau-Thierry.
Dopo aver ripreso il controllo di quest’ultima città sul fiume Marna, in quella
che oggi è un’amena regione di boscosi fondovalle e dolci colline trapunte di
vigneti, ma che allora segnava la linea del fronte, la Seconda e la Terza
Divisione dell’esercito statunitense si mossero in direzione Nord-Ovest, alla
volta di Belleau. Fu qui che si trovarono la strada sbarrata da un bosco
gremito di postazioni tedesche ben mimetizzate.
Ritratto del generale John Joseph Pershing
L’American
Expeditionart Frances (AEF) Ufficiali dell'AEF nel 1918 I marines che
combatterono strenuamente al bosco di Belleau erano gli unici inquadrati
nella Forza di spedizione americana (AEF) creata quasi da zero nel momento in
cui, nell’aprile del 1917, gli USA dichiararono guera all’impero tedesco.
Inizialmente 100mila, alla fine della guerra i militari americani salirono a
3 milioni; ma soprattutto l’esercito aveva conosciuto una rapida evoluzione,
che l’aveva trasformato in uno dei migliori del mondo. Concorsero a questo
risultato il progressivo ammodernamento dei mezzi, in particolare
meccanizzati e corazzati, e l’esperienza acquisita sul campo dai comandanti,
che seppero far tesoro dei precedenti errori e rimediare alle lacune
tattiche. Il corpo di spedizione arrivò in Francia nel giugno 1917 e prese
parte ai combattimenti per la prima volta in ottobre, presso Nancy. Mentre
nella prima fase del loro impiego sul fronte occidentale le divisioni
americane supportarono le difese di inglesi e francesi, in seguito
appoggiarono gli attacchi di questi alle trincee tedesche e, dal maggio 1918,
combatterono in piena autonomia, cogliendo il primo successo a Cantigny. In
luglio furono le truppe francesi a supportare quelle americane. Il culmine di
questa escalation dell’AEF si ebbe in settembre, quando il comandante in
capo, generale John Pershing, un veterano delle guerre statunitensi nelle
Filippine e in Messico, si trovò a guidare oltre 500mila tra americani e
francesi nella più grande operazione offensiva fino allora mai intrapresa
dalle forze armate degli Stati Uniti: la battaglia del saliente di
Saint-Mihiel, seguita dall’offensiva agli ordini di Pershing furono oltre il
doppio. Le due battaglie permisero alle forze dell’Intesa di riconquistare
quasi 500 km quadrati di territorio francese spingendo la Germania alla resa.
La fine delle ostilità colse i soldati d’oltreoceano schierati sulla linea
del fiume Mosa. In totale, le perdite americane nella Grande Guerra, durante
la quale furono schierati anche in Italia e in Russia, ammontarono a circa
120 mila caduti e il doppio di feriti. |
Trappola fra gli alberi. Così descrisse le
difese tedesche il colonnello Frederick Wise del 5° Reggimento marines, la cui
quarta brigata era aggregata alla seconda Divisione: “In quel groviglio di
boschi che copriva un poggio lungo un miglio e mezzo e largo un miglio, che
saliva bruscamente dai campi che lo circondavano, spuntavano enormi massi
tagliati da canaloni e burroni, e con un sottobosco così fitto che gli uomini
vi avrebbero potuto passare a pochi metri di distanza, senza farsi vedere l’uno
dall’altro. in quel groviglio c’erano mitragliatrici mimetizzate dietro cumuli
di boscaglia, macigni e buche a prova di granata sotto i massi. Cecchini erano
appostati sul terreno e sulle cime degli alberi. Veterani tedeschi combattevano
strenuamente”. Si trattava di uomini della decima e della 237a Divisione
dell’esercito del Kaiser Guglielmo II, a cui si aggiunsero nel corso delle
battaglia unità delle divisioni 28, 87 e 197.
Nelle testimonianze dei
sopravvissuti, la zona si trasformò, la zona si trasformò in un inferno, con i
tedeschi che sparavano con ogni arma a disposizione: cannoni, mitragliatrici,
fucili. Lungo la linea dei combattimenti, a ogni esplosione si levavano mucchi
di terra, pezzi di roccia, schegge di alberi. Ma, come annotò Wise, “il peggio
doveva ancora venire. Avevano i mortai di trincea nel Bosco di Belleau, e al
momento giusto hanno iniziato a tirare contro di noi. Quei siluri aerei, lunghi
più di un metro e pieni zeppi di TNT, volavano in aria e cadevano sul crinale
dov’eravamo appostati, che letteralmente tremava ogni volta che uno di essi
esplodeva”.
Invano i francesi
avevano tentato di strappare al nemico quella massa buia di tronchi, cespugli e
rami contorti e armi da guerra che sembrava riempire l’orizzonte. Il 1° giungo
toccò agli americani provarci, sotto lo sguardo vigile delle “salsicce
tedesche”, i palloni da osservazione che dall’alto non perdevano una loro
mossa. Il compito che si presentò alla Seconda Divisione comandata dal generale
James Harbord apparve subito proibitivo: per raggiungere il bosco bisognava
avanzare su un campo di grano, completamente esposto al fuoco delle
mitragliatrici e dell’artiglieria tedesca. Praticamente, un suicidio
collettivo. I marines del 5° e del 6° Reggimento che rilevarono i soldati
francesi in prima linea si sentirono dire che era inutile combattere e che
avrebbero fatto meglio a ritirarsi. Il capitano Lloyd William, del 2°
Battaglione, replicò risentito: “Ritirarci? Diavolo siamo appena arrivati!”.
Williams non sopravviverà alla battaglia. inderogabili ragioni strategiche non
lasciavano alternative. Parigi era distante appena 80 km e il contrattacco
dell’Intesa, posto sotto comando del XXI Corpo dell’Armata francese doveva
continuare. Eppure, a detta di molti storici, l’assalto a quello che gli americani
chiamano “Belleau Wood” fu una mossa insensata. I massacri in cui si erano
risolti attacchi simili contro zone densamente boscose sulla Somme e nel
saliente di Ypres non avevano insegnato nulla. Lo storico e romanziera Thomas
Fleming è arrivato a sostenere che i comandanti americani avrebbero dovuto
rifiutarsi di eseguire gli ordini impartiti dai francesi. Le critiche non
risparmiarono neppure il generale Harbord, un favorito del comandante in capo
dell’American Expediotionary Forces (AEF), John Persing, per non aver
considerato l’opportunità di concentrare il fuoco dell’artiglieria così da
ripulire il bosco prima dell’attacco via terra.
L’insensato
ordine di attacco. Per la
descrizione della battaglia di Belleau Wood disponiamo di un resoconto di
prima mano: è opera di Frederick Wise, che appena promosso colonnello si
trovò a comandare il 2° battaglione del 5° Reggimento marines. La sua
cronaca, quasi in diretta dal fronte, è assai ricca di notizie e di
partecipazione emotiva. “Vidi il
maggiore John A. Hughes, al comando del 1° Battaglione del 6° marines, che
aveva compiuto l’ultimo attacco all’estremità meridionale del Bois de Bellau
e lo teneva ancora. Il maggiore Hughes confermò la mia idea che era quasi
impossibile prendere quella posizione con un attacco frontale. Dopo aver
parlato con lui sono tornato sul crinale, contento di poter colpire il nemico
da dietro invece di dover fare un attacco frontale. Venne la notte. Nel buio
si presentò una staffetta. Disse: ‘un messaggio signore’. Guardai il mio
orologio da polso. Mezzanotte. Ancora quattro ore prima dell’attacco. Spiegai
il messaggio che mi aveva consegnato, accucciato e puntai la luce della
torcia elettrica sul foglio. Lessi quelle righe dattiloscritte. Non potevo
credere ai miei occhi. Al mio battaglione fu ordinato di attaccare il Bois de
Belleau DAL BORDO MERIDIONALE alle ore 4:00 di quella mattina, dopo un
bombardamento. Era firmato ‘Harbord’. Ero sorpreso. Tutti i miei piani erano
saltati in aria. Sapevo che quel pezzo di carta che tenevo in mano
significava l’inutile morte della maggior parte del mio battaglione. “I piani
sono stati cambiati” ho dovuto dire ai miei subordinati. Rimasi là sotto
alcuni alberi vicini a un fosso, sul bordo meridionale del Bois de Belleau, e
nella luce crescente osservai il mio battaglione prendere posizione.
All’improvviso cominciò il bombardamento, alcune centinaia di metri davanti
alle nostre lineee. Fra le esplosioni potevamo sentire le mitragliatrici
tedesche nei boschi rianimarsi. Non potevano ancora vederci, ma sapevano
dalle bombe che stava per arrivare l’attacco. Il fuoco dei cannoni cessò e i
nostri strisciarono avanti. I fischi dei comandanti dei plotoni suonarono su
e giù lungo la linea. Il battaglione si alzò in piedi. Infilata la baionetta,
il fucile pronto a far fuoco, gli uomini iniziarono la loro lenta avanzata.
Rimasi lì a guardarli andare avanti. I tedeschi ora potevano vederci. Qua e là alcuni
uomini cadevano. Ma l’avanzata proseguiva. I tedeschi non avrebbero potuto
avere bersagli migliori neppure se avessero ordinato loro l’attacco. La
raffica continuava a crepitare. A circa 250 metri da essa il battaglione
andava avanti, uomini che cadevano. Avanzavano metro dopo metro. Pochi minuti
dopo, li vidi sparire nel bosco. Quel bosco sembrava aver inghiottito la
raffica senza sforzo. Adesso aveva inghiottito il battaglione”. |
“Volete vivere per sempre?”. Entrati in linea, i
marines della Seconda Divisione USA si appostarono a Nord del villaggio di
Lucy-le- Bocage; il 5° Reggimento si chinerà a Ovest, il 6° a Est. La maggior
parte dei settori non disponeva di mitragliatrici. Alla fattoria Les Mares, i
cecchini del 5° cominciarono a prendere di mira i tedeschi, che il 4 giugno
decisero di attaccarli. I marines del 2° Battaglione che presidiavano la
fattoria accusarono il mancato coordinamento con il 1° Battaglione, alla loro
destra, che rimase fermo sulle sue posizioni, vicino a Champillon. I tedeschi
però, non riuscirono ad approfittarne e furono respinti, grazie al
sopraggiungere della brigata di artiglieria della divisione e dei battaglioni
con le mitragliatrici. Come premio, i soldati americani rimasero a stomaco
vuoto, dal momento che le cucine da campo erano rimaste per stada. L’indomani
il comando francese ordinò di prendere il bosco di Belleau, sostenendo che il
nemico ne teneva solo un angolo. In realtà, come già detto, l’esercito tedesco
l’aveva interamente occupato e trasformato in un munito bastione. Senza che
fosse stata effettuata alcuna ricognizione per confermare la posizione del
nemico, alle 5 del mattino il 1° Battaglione del 5° Reggimento attaccò a Ovest
del bosco, conquistando la Collina 142, strategicamente indispensabile per
sferrare un assalto alla zona coperta dagli alberi. Nonostante fosse stato
preparato in poco tempo, l’attacco ebbe successo. Cominciò con l’impiego di due
sole compagnie e l’arrivo tempestivo di altre due evitò il peggio: un
contrattacco tedesco venne respinto. Dodici ore più tardo, i marines
attaccarono i boschi da Ovest e da Sud, con l’obiettivo di conquistare il
villaggio di Bouresches, sul margine orientale dagli alberi. I soldati che
avanzavano attraverso i campi furono falciati dalle mitragliatrici. Per esortare
i suoi uomini, il sergente artigliere Dan Daly gridò loro: “Venite figli di puttana,
volete vivere per sempre?” Come dire: prima o poi dobbiamo tutti morire, tanto
vale per una giusta causa. La manovra, su cui pesarono ancora difetti di
coordinamento nelle file americane, sortì il modesto effetto di conquistare un
piccolo angolo del bosco nel margine meridionale a un alto prezzo: un
battaglione ne uscì decimato. Bouresches fu infine preso da due compagnie del 2°
Battaglione del 6° Reggimento. Rifornirle risultò però impossibile, dal momento
che ogni tentativo si esponeva al fuoco dell’artiglieria tedesca. In quelle
drammatiche circostante, il coraggio dei marines riuscì a supplire alla
mancanza di collegamenti. Ci furono anche episodi eroici. Il sottotenente del
servizio medico dei marines Weedon Osborne ricevette la medaglia d’onore dopo essersi
sacrificato per salvare il capitano Duncan, al comando della compagnia che aprì
la strada per la conquista del villaggio. Nella stessa giornata, gli sforzi di
occupare la stazione appena fuori Bouresches si infransero contro le difese
tedesche. La data del 6 giugno 1918 segnò così ul giorno più nero della storia
dei marines, che persero 1087 uomini fra caduti e feriti.
Feroci corpo a corpo. Dopo un nuovo attacco
andato a vuoto, gli americani ricorsero all’artiglieria pesante. Per evitare di
essere colpite, le unità che erano avanzate più in profondità dovettero
ripiegare al margine del bosco. Il successivo assalto, l’11 giugno, permise di
conquistare i due terzi del bosco di Bellaau, ma ancora con pesanti perdite. Un
comandate di battaglione, il citato colonnello Wise, interpretò male le mappe e
sbagliò la sua posizione. Dopo qualche giorno – in cui un altro ufficiale
medico, il sottotenente Orlando Petty, ricevette la medaglia d’onore – il comandante
della divisione chiese il cambio dei suoi uomini ormai sfiniti.
Il 13 giugno i tedeschi
presero l’iniziativa, sostenuti dall’artiglieria di 3 divisioni, e per poco non
riconquistarono Boureschese. I soldati inviata di rinforzo furono fatti
bersaglio di bombe a gas. Il sergente artigliere Fred Stockam si guadagnò la
nomina per la medaglia d’onore per aver soccorso un marine ferito, dandogli la
propria maschera antigas. Stockam morirà pochi giorni dopo per gli effetti del
gas. Esaurito il contrattacco tedesco, la fanteria riuscì a raggiungere i
marines isolati nei boschi e a Bouresches. Il 18 del mese, truppe tedesche del
7° Reggimento fanteria della Terza Divisione ripresero ad attaccare le
postazioni nemiche. Gli attacchi fallirono uno dopo l’altro e gli ufficiali
dell’esercito contestarono apertamente le tattiche che erano stato loro ordinato
di seguire. Il copione non cambiò neppure dopo che il comando del settore fu
assunto dai francesi, con ulteriori perdite del 7° fanteria, investito da
scariche di artiglieria e mitragliatrici. I marines si ripresentarono al fronte
il 22. L’ordine impartito dai francesi era sempre lo stesso: conquistare il
bosco di Bellau, a ogni costo. Per evacuare i feriti dopo un assalto che aveva
portato a minime conquiste territoriali, furono necessarie 200 ambulanze. La battaglia
fu infine risolta con l’impiego massiccio dell’artiglieria francese. Se l’ultimo
pezzo di quel maledetto bosco non si poteva prendere, tanto valeva
distruggerlo, albero dopo albero. Fu quello che fecero i cannoni dell’Intesa,
martellando per 14 ore filate a partire dalle 3:00 del mattino del 25 giugno. Rimasti
senza protezioni, i rimanenti avamposti tedeschi furono annientati uno a uno
dai marines e dai mitraglieri dell’esercito. Dal luogo degli scontri
provenivano i feriti americani, che si trascinavano sul terreno, e gruppi di
decine di marines, in genere feriti anche loro.
Il giorno seguente,
dopo aver respinto alcuni contrattacchi nelle prime ore del mattino, il
maggiore Maurice Shearer poté finalmente trasmettere il laconico rapporto: “Boschi
ora interamente – Corpo dei marines degli Stati Uniti”. In totale, le vittime
americane nella battaglia furono 1800 a cu si aggiunsero 8mila feriti; dei
tedeschi, si sa che ne furono presi prigionieri 1600. Dopo Chateau-Thierry, l’offensiva
imperiale aveva subito un’altra battuta d’arresto che contribuì a fermarne lo
slancio. Poche settimane dopo, l’Intesa avviò l’offensiva dei cento giorni,
destinata a concludersi con la resa della Germania. per il generale Pershing “la
battaglia di Belleau Wood fu il più importante scontro che le truppe americane
abbiano mai avuto in terre straniere”. Il comandante delle forze statunitensi
si chiese anche “perché i marines riescono dove i miei falliscono? Hanno lo
stesso equipaggiamento e lo stesso addestramento”, innescando una rivalità tra
esercito e marines destinata a durare a lungo. In effetti, i marines si distinsero
come combattenti superiori alla media. Pur di avere ragione del nemico, erano
arrivati a combattere corpo a corpo, con le baionette e perfino a mani nude. I francesi
ribattezzarono in loro onore Belleau “bosco della brigata dei marines” e
festeggiarono insieme il 4 luglio. Anche i tedeschi riconobbero il valore dell’avversario,
a modo loro: da allora chiamarono i marines “Teufel hunden” cani del diavolo.
Articolo di Andrea
Accorsi pubblicato su Storie di guerre e guerrieri n. 23 – altri testi e
immagini da Wikipedia.