Quando gli dei bevevano il sangue.
Persino Roma, madre della legge, ricorse ai sacrifici umani per
superare i momenti di maggior pericolo. Fin dalla notte dei tempi le divinità
hanno richiesto all’uomo il sangue dei loro simili, secondo riti agghiaccianti
a cui nessuna civiltà sembrò del tutto aliena.
“Dio
mise alla prova Abramo e gli disse: “Abramo, Abramo”. Rispose “Eccomi”. Riprese
“Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va nel territorio di
Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò!”. Lo racconta,
al capitolo 22, il libro della Genesi il primo della Bibbia. Sappiamo come
finì. Abramo non esitò a ubbidire a Dio. Il quale, però, all’ultimo momento
diede il contrordine, e dopo aver testato la fedeltà di Abramo, sostituì il
sacrificio umano con uno animale. Secondo gli esperti, questo passaggio biblico
è un ricordo della pratica mediorientale dei sacrifici umani, e al contempo è
una sua condanna. Il popolo ebraico infatti sembra non aver mai praticato questo
tipo di rituale, accusandone anzi i pagani circostanti. Semmai nella religione
ebraica si praticava la sostituzione della vittima umana, come in molte altre
culture si offrivano delle vittime animali per riscattare i propri figli,
specie i primogeniti, che appartenevano a Dio. Un mostro si aggira nel mondo
antico, qualcosa di così terribile che si fa fatica a immaginarlo, e
soprattutto ad abbinarlo ad alcune delle civiltà che sono alle radici della
nostra cultura. È lo spettro dei sacrifici umani. Una materia complicata e
velata anche da numerosi elementi di incertezza. Non c’è dubbio che molte se
non tutte le culture antiche conoscessero questa pratica, tanto che ne
compaiono spesso testimonianze mitologiche, letterarie e in certi casi anche
archeologiche. È altrettanto vero che la pratica è considerata così orribile ed
estrema che diventa facilmente un utile elemento di paragone e propaganda: “gli
altri fanno così, nei tempi antichi si faceva così ma noi no”. Allo stesso
tempo l’elemento del sacrificio umano si mescola con altre realtà, prima tra
tutte l’esecuzione dei prigioni di guerra. È chiaro che nel mondo antico non
c’era una distinzione così netta tra gesto sacro e gesto profano, per cui una
uccisione, persino in guerra o come atto di giustizia violava l’ordine delle
cose o serviva a ripristinarlo, e come tale era quindi un’azione che aveva
sempre religiosi e sacrali. La condanna a morte avveniva a Roma attraverso la
formala sacer esto, vale a dire “sia consacrato agli dei”, e in certi casi
arcaici nelle culture mediterranee non veniva nemmeno eseguita direttamente, ma
appunto il condannato era posto fuori dal mondo degli umani e collocato in
quello delle divinità infere, e chiunque quindi poteva ucciderlo restando
impunito. Così sono molti i casi in cui il vincitore metteva a morte i nemici
vinti, ma non sempre si trattava di sacrifici umani propriamente detti. In
Egitto, per esempio, l’immagine del faraone che cala implacabile la sua mazza
sui prigionieri nemici è un’immagine costantemente presente attraverso i
millenni, ma non c’è un riferimento diretto a un sacrificio agli dei. Così come
a Roma, dall’epoca tardo-repubblicana in poi, i nemici vinti venivano messi a
morte dopo averli portati in trionfo (come nel celebre caso del gallo
Vercingetorige), ma si tratta di un’azione del tutto laica e persino residuale,
anzi poco scenica rispetto alla pomposità del ruolo assunto nel trionfo.
La
“pacifica” Creta.
Della
Creta del II millennio a.C., quella della civiltà minoica, è stata tramandata
un’immagine pacifica e perfino pacifista. Ma non fu così, come ricorda il
mito del Minotauro, al quale venivano sacrificati giovani delle nazioni
sottomesse a cui sfuggì Teseo, che uccise il mostro. Ora sono stati trovati
anche riscontri archeologici della pratica del sacrificio umano in questa
antica civiltà.
Nel
palazzo reale di Cidonia sono venuti alla luce i resti del sacrificio di una
giovane in relazione a un terremoto. Le ossa del cranio erano state aperte
giusto lungo le linee di sutura. Il tutto, accompagnato anche dal sacrificio
di capre e maiali, è datato al XIII secolo a.C. Presso Abenispiliam sempre a
Creta, è avvenuto il ritrovamento di quattro scheletri umani, uno dei quali
con una lama di circa quaranta centimetri all’altezza dell’addome.
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Sangue propiziatore. Altra cosa sono i
sacrifici umani veri e propri, quelli che si compivano uccidendo qualcuno per
aver qualcosa in cambio dagli dei. Anche qui, per la verità. Si potrebbe
distinguere tra chi sacrificava qualcuno che gli era caro e chi invece
impiegava servi e nemici. È una bella differenza. I sacrifici umani
maggiormente accertati e documentati riguardano la seconda tipologia. I
ritrovamenti archeologici in molti contesti non lasciano dubbi sul fatto che
persone venissero uccise ritualmente in circostanze particolari. E il primo di
questi contesti è quello funerario, dove il ruolo delle vittime era quello di
onorare il morto, dargli la propria forza ma anche e soprattutto accompagnarlo
per servirlo anche nell’aldilà. Si trattava dunque soprattutto di persone
dipendenti dal defunto. Un caso eclatante ci viene dall’antica civiltà dei
sumeri, nel III millennio a.C. Nella potente città di Ur un ricchissimo cimitero
reale conserva molte pregevoli tombe con lussuosi corredi, ma una in
particolare ha sempre attirato l’attenzione degli archeologi e degli studiosi.
Si tratta della fossa PG 12-1237, che conserva i resti di molteplici persone
riccamente vestite e ordinatamente disposte, con oggetti caratterizzanti molti
lussuosi. Nella tomba ci sono i resti di ben 74 persone; sei sono maschi, sono
vicini all’entrata e portavano elmi e lance. Le altre sono donne, accanto ad
alcune delle quali si trovavano tre arpe. È facile pensare che gli uomini
avessero il compito di guardie, mentre le donne erano forse le ancelle e la
corte di un personaggio importante, che non è certo figurasse tra i corpi della
tomba o giacesse in un sepolcro adiacente lai ritrovato. Che a Ur si tratti di
un sacrificio umano è difficilmente contestabile. Gli studiosi discutono su
come siano morte le persone sepolte: c’è chi sostiene, data l’ordinata
posizione delle vittime, che esse si siano tolte spontaneamente la vita per
seguire il loro signore o la loro signora nell’aldilà. Qualcosa di simile è
documentato anche in altre culture, e pare che molti guerrieri unni e mongoli
si immolarono spontaneamente sulle tombe dei loro capi più grandi, come Attila
e Gengis Khan. Certamente, nella maggior parte dei casi, ad essere uccisi per
continuare a servire anche dopo la morte devono essere stati servi abbastanza
riluttanti. In Egitto questa pratica è comparsa presto e scomparsa rapidamente:
già dopo la I dinastia (l’unica che sembra aver praticato veri sacrifici umani
funerari) centinaia di statuette (le più diffuse delle quali erano dette
ushabti) entrarono a far parte dei corredi funerari per sostituire i servitori
che dovevano svolgere nell’aldilà qualsasi lavoro per conto del padrone
defunto.
Orrori nel Nuovo Mondo.
Analisi di laboratorio di una delle "mummie di Llullaillaco", bambini incas sacrificati sulla cima del vulcano Llullaillaco, nella provincia di Salta (Argentina).
Le civiltà precolombiane sono
famose per sacrifici umane di livello industriale. In tutte le Americhe la
pratica di uccidere esseri umani in onore delle divinità era diffusissima, e
l’archeologia ha confermato abbondantemente tali pratiche, messe in atto da
Inca, Maya e soprattutto Aztechi, ma anche dalle civiltà minori che li hanno
preceduti e accompagnati. Sulle Ande i sacrifici erano di entità limitata, e
spesso prevedevano che le vittime fossero abbandonate in grotte, dove
venivano mummificate. In Centro America, poi, era diffuso il gioco della
palla che si concludeva con il sacrificio di una delle due squadre.
Ma nulla ha mai raggiunto nella
storia quello che seppero fare gli Aztechi. Questa popolazione mesoamericana
arrivò a sterminare centinaia di migliaia di vittime, strappando loro il
cuore sulle piramidi per sostenere la vitalità del dio sole (sotto), o anche
per placare altri dei, o per consacrare edifici, secondo una prassi diffusa
in tutte le civiltà, dalla Mesopotania a Roma: si narra che per la
riconsacrazione di Teotihuacan furono immolate decine di migliaia di prigioni
in un giorno. Gli Aztechi facevano guerre anche solo per catturare
prigionieri da sacrificare. Recenti scoperte archeologiche, infine, hanno
dimostrato che tutte le società precolombiane sacrificavano, oltre ai maschi
adulti, anche donne e bambini.
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Sangue per la salvezza di Roma. Sempre in ambito
funerario va ricondotta la nascita dei giochi gladiatori, avvenuta fra gli
italici e gli etruschi: lo scontro tra due guerrieri sulla tomba del defunto
doveva assicurargli al vita eterna bagnando la terra della sua sepoltura con il
sangue. L’uccisione in combattimento di un combattente professionale o servile
potrebbe anche aver sostituito l’oroginaria morte di personaggi importanti.
Proprio i gladiatori mostrano come la pratica della morte rituale si sia andata
secolarizzando nel corso della storia di Roma. Ma l’Urbe non fu certo esente
dalla pratica del sacrificio umano nelle sue diverse forme. E tanto più nella
forma assai diffusa nell’antichità legata a cerimonie propiziatorie per la
guerra. È una pratica che doveva essere molto diffusa, sia prima sia dopo i
combattimenti. I miti greci ne sono pieni, anche se le controprove storiche
invece mancano. La più celebre testimonianza di sacrifici umani in Grecia è
proprio il mito di Ifigenia, la figlia di
Agamennone, il re dei
re degli Achei, cui venne chiesto di uccidere la figlia per permettere alla
flotta greca la traversata marina verso Troia, ma anche tutto quello che venne
dopo, cioè l’odio dela moglie Clitemnestra per il re di Micene, che ella
ucciderà quando tornerà vincitore dalla guerra, generando a sua volta la
vendetta del figlio Oreste che compirà il matricidio. È da questa lunga scia di
sangue che gli ateniesi fecero scaturire la fine delle faide con la nascita
della giustizia statale e dei tribunali. Achille sacrificò prigionieri troiani
al funerale di Patroclo. Eppure i miti omerici (ed altri che comprendono ad
esempio il sacrificio di Polissena o quello di Meceneo) potrebbero non esaurire
il tema dei sacrifici propiziatori nella civilissima Grecia. Gli antichi ne
parlano poco e malvolentieri, eppure episodi molto cruenti sono citati ancora
in piena età classica. Temistocle, vincitore della Guerra Persiana del 480
a.C., avrebbe sacrificato tre nobili nemici prigionieri a Dionisio Omestes,
cioè “mangiatore di carne cruda”, e secondo Plutarco un sacrificio umano
sarebbe stato compiuto anche dal generale tebano Pelopida prima della battaglia
di Leuttra. Nella colonia greca di Marsiglia era praticato lo stesso rito
ateniese dei pharmakoi, dei giovani usati come capri espiatori contro le
epidemie che venivano allontanati dalla città: ma a differenza di Atene essi
venivano infine uccisi. Rituali di sangue sono ricordati anche in Arcadia, ad
Abdera, nonché a Sparta, dove la flagellazione dei bambini in onore di Artemide
Orthia sarebbe stata decisa dal legislatore Licurgo per sostituire la
precedente pratica dei sacrifici umani.
E arriviamo dunque a
Roma, patria del diritto moderno. Ma prima di questo anch’essa è stata una
civiltà arcaica. Ebbene, ci sono diversi riti di sangue celebrati per
propiziare la vittoria in guerra. Ne è ricordato uno in particolare in piena
età classica, durante le guerre puniche. In realtà anzi esso fu ripetuto almeno
due volte: nella prima occasione nel 226 a.C. durante la guerra contro i Galli
padani, nella seconda nel 216 a.C. in occorrenza della battaglia di Canne che
vide il più grande trionfo di Annibale. In entrambi i casi furono sepolti vivi
nel Foro due galli e due greci, evidentemente simbolo dei nemici del nord e del
sud. ma non fu l’ultima occasione in cui questo avvenne. Sembra che la pratica
dei sacrifici umani sia stata vietata nel 97 a.C., ma sarebbe continuata anche
dopo, anche se nel giudizio bisogna usare le dovute cautele, a causa delle
distorsioni interpretative dettate dalla propaganda e dall’ideologia: per
esempio, Cicerone accusa il nemico giurato Catilina di aver propiziato la
propria congiura con un sacrificio umano. Persino Augusto, si dice, avrebbe
sacrificato 300 notabili nemici dopo la Guerra di Perugia contro gli alleati di
Marco Antonio. Anche popolazioni come i Celti e i Germani (e in seguito i
Longobardi e altri barbari) praticarono usualmente rituali che prevedevano
sacrifici umani in varie circostanze. Riti che in certe parti del mondo (in
Africa, ma non solo) esistono ancora oggi, con l’unica consolazione che più la
civiltà avanza e meno la nostra sensibilità è disposta a tollerare questo
terribile modo di onorare la divinità.
Il famelico Baal.
busto di Baal
Il sacrificio umano più famoso del
mondo antico è quello dei bambini immolati in onore dei Moloch, Tanit e Baal,
nella civiltà fenicia e nelle sue colonie, soprattutto la potente Cartagine,
nonché presso i cananei, in relazione a questi riti sono stati ritrovati
ovunque moltissimi Tophet, vale a dire cimiteri dedicati solo ai resti
combusti di bambini, di solito conservati dentro dei vasi. Chi sostiene la
veridicità di questa pratica sottolinea che le iscrizioni ritrovate nei
Tophet sono tutte di carattere votivo e non funerario. Ma altri studiosi
contestano queste conclusioni e anche la reale esistenza di questi sacrifici.
Bisogna tener presente che le testimonianze arrivano tute da nemici giurati
dei Fenici: Ebrei, Greci e Romani, tutti interessati a metterli in cattiva
luce. Una differenza importante con altri sacrifici umani sarebbe che in
questi casi i Fenici avrebbero ucciso i loro stessi figli, quanto di più caro
avevano, e non solo in circostanze straordinarie ma d’abitudine. Quanto basta
per avere dei dubbi. Ma non per escludere del tutto che davvero sia esistita
la grande statua di bronzo di Moloch, il cui torace era costituito da un
forno dove i bambini venivano
bruciati.
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Articolo in gran parte
di Valerio Sofia pubblicato su Conoscere la Storia n. 48 - altri testi e immagini da Wikipedia.
Francesca Fusarri Io oserei dire che pure ''l'expositio'' della fammina o del malato sulla rupe Tarpea di epoca arcaica risultano non benpoco sacrificali,,,,,come la pena culleis dimostratasi alquanto aberrante o la sacer esto poi appunto sostituito con il sacrificio animale per ristabilire la pax deorum
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