martedì 15 ottobre 2019

La spada corta dell’uomo libero.


La spada corta dell’uomo libero.
Diffusi in Europa dall’Oriente, il seax o scramasax compare sospeso alla cintura di molti popoli barbarici (ma non solo) durante l’età delle migrazioni.

Merowingian seaxes Württembergisches Landesmuseum Stuttgart.jpg



Alcuni scramasax merovingi
Impiego
UtilizzatoriVichinghiFranchiAngliSassoniLongobardi
Descrizione
Lunghezza7,5 cm - 75 cm
voci di armi bianche presenti su Wikipedia

“Così Sigeberto arrivò alla città di Vitry: tutto l’esercito si raccolse attorno a lui e, alzatolo sopra a uno scudo, lo elesse re dei Franchi. Al che due giovani, armati di grossi coltelli del tipo chiamato volgarmente scramasax, intrisi di veleno per maleficio delle regina Fredegonda, facendo finta di voler fare un’altra cosa lo colpirono in entrambi i fianchi. Sigeberto gridò e cadde, e poco dopo esalo l’ultimo respiro”. Gregorio di Tours (538 ca-594), narrando alla fine del Iv libro della sua Storia dei Franchi il clamoroso fatto di sangue avvenuto nel 575, menziona per la prima volta l’esistenza dello scramasax, una sorta di coltellaccio o spada corta abbondantemente attestato nelle panoplie d’armi tra il periodo tardo antico e l’età delle migrazioni.
Nota anche con il nome sassone scax (ossia coltello; nel composto ìl termine “scrama” dervorebbe da “scramo”, “tagliare, colpire”), l’arma, a un solo taglio e priva di guardia, era costituita da una lama innesta su un codolo piatto ricoperto di legno ed osso a formare l’impugnatura. Come testimoniano i ritrovamenti archeologici e l’iconografia, la lunghezza della lama era assai variabile: nei modelli più antichi, databili al V e VI secolo, era stretta e compresa tra i 7-8 e i 30 centimetri, in quelli più tardi (VII secolo) più larga e lunga fino ai 70-80. I primi (handseax) erano utilizzati per lo più come coltelli da lavoro: servivano, cioè, a tagliare oggetti, rami e carni. I più piccoli – con lama di 7-10 cm – erano impiegati anche come utensili da tavola, i più lunghi, al pari dei coltelli militari tardo romani a un solo filo diffusi tra il IV e il V secolo, erano assai probabilmente usati anche come arma da corpo a corpo, sia in battaglia che nei duelli sorti per risolvere le contese private assai frequenti nel sistema giuridico germanico prima che le legislazioni scritte inserissero, al fine di sanare le controversie, altre forme di accordo come la composizione pecuniaria. I modelli più lunghi (langseax), invece, erano certamente utilizzati per combattere in scontri ravvicinanti, sia a piedi che a cavallo, ed erano, come vedremo tra breve, quasi sicuramente di derivazione orientale.
In ogni caso, nelle società barbariche pare che il possesso del seax denotasse lo status giuridico dell’uomo libero, il solo che avesse diritto a portare le armi: per questa ragione il seax era sospeso orizzontalmente a una cintura multipla in cuoio accanto alla spada, sul lato sinistro, così da consentire al guerriero (in genere destroso) di estrarre facilmente la lama, e lo seguiva nella tomba quando cessava di vivere. La forma della fama era variabile: ne sono state identificate sei tipologie (con larghezze diverse), la più diffusa delle quali risulta lievemente curvata in entrambi i lati verso la punta, più o meno aguzza. Il modello sassone, invece, risulta “tagliato” in maniera piuttosto angolata nella parte non affilata, conferendo alla lama una tipica forma trapezoidale, inoltre, possedeva un’impugnatura più lunga, adatta ad essere brandita a due mani.

Le varie tipologie
Handseax
Lunghezza: 7-20 cm circa.
Diffusione: V-VI secolo.
Uso: utensile per uso quotidiano.
Seax
Lunghezza lama: fino ai 35 cm. (alcuni modelli fino ai 50 cm)
diffusione: VI-VIII secolo
uso: utensile per uso quotidiano e arma
Longseax
Lunghezza lama: oltre i 50 e fino a 70-80 cm
Diffusione: VII-VIII secolo
Uso: impiego in battaglia (cavalleria e fanteria)


 
 I resti di uno scramasax accostati a una replica ricostruita in era moderna

Dai Franchi ai Longobardi. In Europa le prime attestazioni del seax risalgono al V secolo e sono relative a tombe franche (uno è lo scramasax che fa parte del celebre tesoro di Childerico, il primo re merovingio morto nel 482 e la cui ricchissima sepoltura fu rinvenuta a Tournai, in Belgio, nel 1655). Tale arma era però sicuramente utilizzata anche dagli Alemanni (la necropoli di Hemmingen, in Bassa Sassonia, ha restituito vari langseax lunghi tra i 38 e i 79 cm) e dai Longobardi (ne sono stati ritrovati numerosi nelle necropoli italiane), ed è menzionata nelle Leggi dei Visigoti insieme a scudi, spade, lance e frecce. Tutto ciò consente di rimettere in discussione la tesi tradizionale che identifica nel seax l’arma “nazionale” esclusiva dei Sassoni, così come per analogia l’ascia francisca lo sarebbe per i Franchi e la lancia, secondo alcune vecchie interpretazioni, per i Longobardi (secondo un’etimologia ormai superata, il nome di questi ultimi sarebbe infatti stato composto da “lang”, lungo e “bard”, lancia: pare invece assodato che l’etnomino derivi dalle “lunghe barbe” sfoggiate dai guerrieri longobardi, come narrato dall’Origo gentis Langobardorum e ripreso dal loro massimo cronista, Paolo Diacono.

Seax spezzato da Sittingbourne nel Kent

Lo scramsax longobardo e quello bizantino.
Lo Scramsax è piuttosto diffuso nelle sepolture che risalgono al periodo successivo l’ingresso dei Longobardi in Italia, avvenuto nel 568. La gran parte dei ritrovamenti – si tratta naturalmente solo delle lame con codolo in quanto l’impugnatura, così come il fodero in cuoio, era costituita interamente di materiali deperibili – è  concentrata nell’Italia settentrionali. Gli Scramsax ritrovati nelle grandi necropoli dell’Italia centrale, Castel Trosino e Nocera Umbra, appaiono invece possedere dimensioni (lama corta, inferiore ai 30 cm, e più stretta) e caratteristiche (sospensione del fodero a forma di P, che consente di attaccarlo alla cintura in due punti, di origine orientale, nonché la decorazione delle guarnizioni metalliche a motivi floreali e mostri marini, di matrice romana orientale) che rimanderebbero a una loro produzione bizantina: ciò, in effetti, non deve stupire perché una Novella, emanata da Gistiniano nel 539, normava in maniera chiara la  produzione delle armi da taglio destinate all’uso militare, che potevano uscire solo dalle fabbriche statali autorizzate, istituite da Diocleziano tra il III e il IV secolo. Nonostante siano indicate nella Notitia Dignitatum (un documento di fine IV – inizio V secolo che testimonia l’amministrazione civile e militare del tardo impero romano), l’ubicazione di tali fabbriche non è nota con precisione. È comunque probabile che nell’Italia bizantina officine di questo tipo, anche di nuova creazione, fossero presenti e attive: una potrebbe essere quella ritrovata a Roma nella cosiddetta “Crypta Balbi”, che ha restituito resti metallici compatibili con la produzione di armi.    

Non solo sassoni. La tesi in questione si basa sulla menzione, nelle Res Gestae Saxonicae di Widuchindo di Corvey,  di coltelli che “nella nostra lingua (cioè il sassone) sono chiamati sahs, da cui traggono il nome i Sassoni”. In realtà, come è stato rilevato da vari studiosi tra cui Walter Pohl, quella di Widuchindo è una testimonianza tarda – risale al X secolo – e proveniente da un cronista la cui affidabilità è stata spesso messa in discussione. La prima citazione del nome del nome dell’arma (scramsax) è,come anticipato, opera nel VI secolo del franco Gregorio di Tours, seguita dalla menzione nell’anonima Liber Historiae Francorum (circa 730) in occasione di un altro regicidio, avvenuti a colpi di “duo bus scramasaxiis”. Sempre a proposito del collegamento tra arma e popolo, inoltre, il ben noto Isidoro da Siviglia (560-636) nelle Etimologie collega esplicitamente il nome dei Sassoni al latino saxum, pietra, e non al coltello. Quanto poi alla connotazione del seax in senso etnico, lo stesso carattere “aperto” delle genti barbariche, composte da tribù diverse, farebbe cadere i presupposti per autorappresentarsi in tal senso: e in effetti il seax nelle varie versioni appare diffuso non solo tra i Sassoni, ma anche, come detto, tra le altre popolazioni barbariche come i già citati Franchi, Alemanni, e Longobardi (e in genere nell’Europa settentrionale e orientale).
Le fonti testimoniano inoltre la presenza di armi a un solo filo tagliente,m denominate parameria, anche nel mondo bizantino: con molta probabilità si tratta di langseax il cui uso, almeno come arma da cavalleria, fu introdotto su influenza delle popolazioni orientali, in particolare Unni e Sasanidi. Entrambi questi popoli, con cui Costantinopoli ebbe occasione di misurarsi più volte, erano noti per essere dotati di formidabili cavalieri; stando alle fondi letterarie i primi (in particolare Vegezio) e archeologiche i secondi, essi utilizzavano semispathae (spade corte) di questo tipo. Dalle steppe e dall’Oriente, quindi, per tramite di Bisanzio o degli Unni – dei quali alcune popolazioni barbariche come gli Alamanni erano tributarie – tali armi giunsero nell’Europa centro-orientale e poi si irradiarono nel cuore del Continente, sospese alla cintura dei popoli in migrazione.

Articolo in gran parte di Elena Percivaldi pubblicato su Storie di guerre e guerrieri n. 22 – altri testi e immagini da wikipedia.

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