martedì 17 settembre 2019

La guerra delle portaerei.


La guerra delle portaerei.
Dai primi prototipi ai superteconologici modelli di oggi, passando per le navi che decisero la seconda guerra mondiale. Ecco le micidiali armi, le battaglie e la storia di questi mostri del mare.

Il rumore del primo aereo fatto volare dai fratelli Wright nel 1903 ancora aleggiava nell’aria, che già alcuni militari si misero in mente di provare a far decollare un velivolo dal mare. Dopo un primo fallito esperimento con il cacciatorpediniere Bagley, il 14 novembre 1910 nella baia di Cheaspeake, da una piattaforma provvisoria di legno appositamente costruita sull’incrociatore leggero Birmingham, della Marina degli Stati Uniti, spiccò il volo un apparecchio Curtiss Golden Flyer. Il pilota-acrobata Eugene Ely completò il suo volo di cinque minuti atterrando sulla spiaggia. Poco più di un anno dopo, il 18 gennaio 1911, sempre lui riuscì nell’impresa di atterrare per primo su una piattaforma marittima, ancora in legno, nella baia di San Francisco, questa volta allestita sull’incrociatore corazzato Pennsylvania. Per fermare l’aereo venne usato un rudimentale sistemqa di arresto composto da ventidue cavi sospesi trasversalmente sulla piattaforma, bloccati all’estremità da sacchi di sabbia. L’aereo era provvisto di ganci per catturare le corde e permettere un arresto rapido, e in effetti l’aereo si fermò in soli dieci metri. Poi le funi vennero rimosse ed Ely riuscì anche a decollare. Gli elementi fondamentale della portaerei a quel punto c’erano già tutti. Nel maggio 1912 il Tenente di Vasclelo britannico Charls R. Samson per la prima volta decollò da una corazzata in movimento, la Hibernia. Nel frattempo, per facilitare il lancio degli aerei venne studiato il sistema della catapulta: un prototipo operativo operò i primi lanci dall’incrociatore corazzato North Carolina nel novembre 1915. Poi, quella che sembrava una strada imboccata con determinazione ebbe una frenata brusca. Prese piede infatti lo sviluppo di un’altra linea di aerei navali: gli idrovolanti. Questi erano più facili da gestire per le tecnologie dell’epoca. Trasportati su apposite navi appoggio, venivano calati in acqua per decollare e sull’acqua atterravano prima di essere issati nuovamente a bordo da una gru. Un sistema quindi alternativo alle vere portaerei. La Francia fu la prima a possedere una porta-idrovolanti, il Foudre, che venne adattata allo scopo nel 1912, mentre l’Austria-Ungheria, nel 1914, compì la prima operazione aereonavale della storia impiegando militarmente idrovolanti imbarcati allo scopo di effettuare ricognizioni.

Il primo reparto “aeronavale”
Fu Napoleone Bonaparte il precursore dei reparti aeronavali. Per la sua spedizione in Egitto del 1798 fece imbarcare sulla nave Le Patriote un reparto della Compagnie d’Aerostiers francese. Una volta raggiunta la costa egiziana questa unità di palloni aerostatici avrebbe dovuto effettuare una ricognizione dall’alto prima dello sbarco. La nave però sì incagliò fuori dal porto di Alessandria e affondò.

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La HMS Furious con l'equipaggio schierato

UN PROGETTO CHE RIPARTE. Le portaerei continuarono comunque a essere sviluppate, tanto che il loro primo impiego bellico avvenne sul finire della Prima guerra mondiale. La nave HMS Furious venne dotata di un ponte anteriore per il decollo di velivoli a cui, in un secondo momento, si aggiunse un ponte posteriore per provare a permettere l’atterraggio, una manovra all’epoca davvero complicata, che per questo veniva tentata  solo con la nave completamente ferma. Nonostante gli aerei a quei tempi avessero una velocità di stallo molto ridotta, cosa che in teoria facilitava le manovre, le possibilità di riuscire in un appontaggio erano limitate a causa del vento e del rollio dall’imbarcazione e anche delle strutture presenti sul ponte non ancora ottimizzate per favorire queste manovre, come accadrà invece in seguito. Nel 1918 sulla Furious vennero imbarcati alcuni caccia biplani Sopwith Camel di nuova generazione (versione 2F1) che avevano un’autonomia estesa rispetto ai precedenti. Così il 19 luglio di quell’anno la nave raggiunse la base tedesca di Tondern (oggi in Danimarca) e fece decollare i suoi aerei che la bombardarono. I velivoli però non poterono tornare direttamente sulla portaerei: alcuni planarono in mare e furono poi recuperati, altri atterrarono nella neutrale Danimarca. La Furious era stata organizzata con in mente un nuovo concetto di portaerei: le torri di prua e di poppa aveva lasciato il posto a due pieste, in quella prima fase ancora separate tra loro. L’idea del ponte al posto delle sovrastrutture si sarebbe rivelato presto vincente. Nel 1918 Londra aveva varato anche la Argus, la prima portaerei a ponte piatto, una caratteristiche che gli dava una sagoma del tutto insolita per l’epoca, senza sovrastrutture. Per questo fu protagonista di molte sperimentazioni: nel tentativo di trovare l’aereo più adatto allo scopo imbarcò 44 tipi diversi di velivoli, compresi gli aerosiluranti.

Il raid di Tondern.
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I tre hangar principali di Tondern in una data imprecisata tra il 1916 e il momento dell'attacco

Il 19 luglio 1918 una squadriglia di Sopwith Camel britannici, armati con bombe da 25 chili, decollarono dalla portaerei Furious e bombardarono la base tedesca di Tondern, che ospitava hangar per gli Zeppelin, i dirigibili che per tutta la Prima guerra mondiale avevano condotto bombardamenti aerei sull’Inghilterra e sui Paesi alleati. L’attacco – il primo nella storia lanciato da una nave portaerei – ebbe successo e distrusse l’hangar più grande con due dirigibili e danneggiò uno dei due hangar più piccoli che conteneva un pallone aerostatico. Al ritorno gli aerei non potendo appontare sulla portaerei scelsero diverse alternative: alcuni infatti partirono dalla nave, compirono il bombardamento e poi atterrarono nella neutrale Danimarca dove i piloti vennero internati; altri invece operarono un atterraggio di emergenza vicino all’imbarcazione per poi essere recuperati da essa o dalle navi di scorta. Durante questo tentativo uno dei piloti si schiantò.

NASCONO LE VERE PORTAEREI. La prima portaerei a esser progettata come tale fin dalla chiglia fu però la giapponese Hosho. Varata nel 1922, era la quarta portaerei al mondo dopo le inglesi Furious, Argus ed Eagle, e precedette di un anno la britannica Hermes, anch’essa progettata appositamente per essere una portaerei. Ormai la strada era tracciata. L’ingegneria navale intanto cercava soluzioni ad alcuni problemi ancora aperti. Le strutture che ingombravano il ponte delle navi rappresentavano l’ostacolo principale per gli aerei ed emettevano il fumo di scarico dei motori che infastidiva i piloti nelle loro manovre. Fu così che per risolvere questo problema nacque il fumaiolo sopraelevato, progettato per primi dagli inglesi. Gli sviluppi orma si susseguivano rapidamente: nel 1920 fu concretizzata l’idea dell’”isola”, una zona di comando posta ai margini laterali della nave, in modo da poter riunire sovrastrutture e fumaiolo e lasciare più campo sgombro possibile sulla pista. Nel 1924, la Eagle fu modificata e diventò la prima portaerei dotata di isola posta a dritta (cioè a destra del ponte di volo), una posizione che divenne poi lo standard per queste navi. L’anno successivo gli Stati uniti vararono la USS CV2 Lexington, la prima vera portaerei statunitense con ponte di volo completo e l’isola sulla fiancata destra. La sua sagoma divenne per decenni quella caratteristica di tutte le portaerei statunitensi. Si era ormai creato un modello che dal 1928 al 1952 le navi portaerei di inglesi e statunitensi mantenere quasi del tutto immutato.

Il trattato di Washington.
Il 6 febbraio 1922 le potenze vincitrici della Prima guerra mondiale (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone) firmarono il trattato navale di Washington che per fermare la corsa agli armamenti imponeva forti limitazioni alle rispettive flotte militari. La Germania sconfitta aveva già vincoli stringenti, mentre la neonata Unione Sovietica pur non facendo parte del consesso internazionale in quel momento non rappresentava una minaccia navale. Nel trattato era previsto un limite massimo per la costruzione e il tonnellaggio delle portaerei. Il dislocamento standard venne limitato a 27430 tonnellate con il divieto di installare più di 10 cannoni pesanti di calibro massimo di 200 mm. A ogni nazione firmataria fu concesso di convertire gli scafi di due navi esistenti in portaerei, con un dislocamento massimo di 33530 tonnellate ognuna. Portaerei più leggere di 10160 tonnellate non rientravano nel conteggio del limite di dislocamento, così come non furono conteggiate le poche portaerei esistenti, considerate sperimentali. Negli anni Trenta questi limiti vennero ripudiati apertamente o nei fatti dal Giappone (che nel 1936 si ritirò dal trattato), Italia (che però non costruì portaerei) e Germania (nell’ambito del generale riarmo del regime nazista).


Seconda guerra mondiali, l’epoca d’oro delle portaerei.

Non le portaerei, ma le corazzate avrebbero dovuto essere l’arma decisiva della Seconda mondiale, almeno secondo le previsioni degli Stati maggiori di tutte le grandi potenze. Le portaerei erano ancora considerate poco che potenti navi ausiliarie, la cui costruzione era spesso osteggiata dalle gelsoe aviazioni nazionali. La prima potenza a realizzarne alcune fu la Gran Bretagna. Nonostante fossero stati tra i fautori di questo tipo di nave, e nonostante di battaglie in mare si intendessero parecchio, visto che da secoli possedevano la flotta più potente del globo, anche i britannici non le utilizzarono mai come una forza di protezione d’attacco, continuando a considerarle prevalentemente come mezzi di ausilio la resto della flotta, in grado di garantire l’appoggio aereo per la ricognizione e la difesa delle altre unità militari. E così fu anche allo scoppio del Secondo conflitto mondiale: non a caso esse furono per molto tempo equipaggiate con aerei relativamente antiquati, come gli aerosiluranti. Non furono nemmeno impegnate in grandi battaglie navali, probabilmente anche a causa del tipo di nemico con cui la Gran Bretagna dovette confrontarsi. La Germania infatti non disponeva di una grande flotta da poter contrapporre frontalmente a quella britannica. Nel Mediterraneo gli italiana avrebbero potuto tentare un confronto diretto con gli inglesi, ma di fatto scelsero una strategia tesa a evitare le battaglie navali decisive, riservando il lor maggiore impegno nella scorta dei convogli di rifornimento. La difesa del traffico navale nel Mediterraneo d’altro canto era fondamentale perché le truppe di terra potessero svolgere le loro azioni e fu, ancora più nell’Atlantico, un aspetto determinante del conflitto marittimo. Fu per proteggere le proprie rotte che gli inglesi svilupparono insieme agli americani le portaerei di scorta, cioè navi molto semplici, non necessariamente grandi, quasi sempre ricavate dallo scafo di mercantili su cui venivano montati ponti per il decollo e l’atterraggio degli aerei, questi ultikmi necessari per individuare e distruggere i sommergibili tedeschi (la capostipite di queste portaerei di scorta fu la britannica Audacity, che nel 1941 venne creata convertendo il mercantile Hannover: un ponte copriva tutta la superficie  della nave e non c’erano nemmeno hangar, ma gli aerei rimanevano parchettisti sul ponte stesso.

La portaerei che Hitler non vide mai.
I programmi di riarmo navale della Germania nazista puntarono sulle corazzate, varando fra le altre le possenti Bismarck e Tirpitz. Fu messo sulla carta anche il progetto di una portaerei, che anzi doveva essere la capofila di una serie di navi simili. I lavori per la Graf Zeppelin furono avviati in pompa magna nel 1938, ma essa non venne mai attrezzata neanche con i motori. Dopo fasi alterne di interruzioni, rinvii e parziali realizzazioni fra il 1936 e il 1943, il progetto fu definitivamente accantonato. La Germania non istituì mai nemmeno un’aviazione navale. Nell’aprile 1945 – a ridosso della fine della guerra – la Graf Zeppelin, che si trovava da due anni inerte nei cantieri di Stettino, venne affondata in acque basse per evitare che cadesse in mano al nemico. I sovietici però riuscirono a recuperarla e benché non l’abbiano mai completata ne studiarono a fondo i progetti.  
La Big E, una incredibile storia di successi.
La portaerei Enterprise (CV6) è stata la nave più decorata della Seconda guerra mondiale (ha ottenuto 20 Battle Star, il numero più alto tra tutte le navi da guerra statunitensi) e probabilmente è la portaerei più famosa del conflitto, se non dell’intera storia navale. Soprannominata “Big E”, nell’ottobre 1945 aveva partecipato a 20 battaglie, distrutto 911 aerei nemici, affondato 71 navi. Con le gemelle Yorktown e Hornet costituì il nucleo centrale della Flotta del Pacifico. Nonostante i molti attacchi subiti e le numerose bombe incassate, si dimostrò solida e resistente sopravvivendo alla guerra. Le squadre aeree imbarcate su di essa sono sempre state considerate le migliori del periodo, anche in virtù dell’esperienza maturata a bordo di una nave così efficiente e prestigiosa. Ci fu persino un periodo, tra la battaglia di Santa Cruz e l’arrivo delle nuove portaerei Usa Classe Essex, nel quale l’Enterprise per mesi si trovò a sostenere come unica portaerei lo sforzo bellico Usa nel Pacifico. Fu presente nella battaglia delle Midway come alle Salomone Orientali, nel Mar delle Filippine e nel Golfo di Leye, giocò un ruolo nel Raid di Tokyo, collaborò alle battaglie di Gaudalcanale e di Okinawa. Insomma , una leggenda del mare.

L’INTUIZIONE DEL GIAPPONE. Era così poco lungimirante il pensiero strategico nel considerare le portaerei, che il Trattato navale di Washington del 1922 per limitare gli armamenti si occupò soprattutto di corazzate. Addirittura esso consentì di trasformare in portaerei gli scafi di quelle eccedenti il numero stabilito. In continuità con questa miope visione, durante il riarmo degli anni Trenta i cantieri navali di tutto il mondo furono impegnati in un grande fermento per costruire enormi corazzate, mentre molto meno, o addirittura nessun impegno venne riversato alle portaerei. All’inizio del conflitto Germania, Italia, Francia e Unione Sovietica non ne avevano nemmeno una e c’era giusto qualche progetto sulla carta. la Gran Bretagna possedeva a sua volta poche unità di questo tipo, 7, considerando anche quelle minori, disseminate in tutto il globo. Gli Stati Uniti nel 1941 avevano invece 8 portaerei, metà nell’Atlantico e metà nel Pacifico. La più grande e modeerna flotta di questo tipo al mondo era, del tutto inaspettatamente, quella del Giappone, la cui Marina poteva disporre di dieci portaerei, che peraltro erano anche le più avanzate. Già il 10 aprile 1941 Tokyo creò la prima flotta aereonavale, composta da 7 portaerei con 474 aerei imbarcati, la prima organizzazione struttura di questo tipo. L’attacco a Pear Harbor del 7 dicembre 1941 fu l’anticipazione di come le portaerei stavano cambiando la guerra marittima e rappresentò un eccellente esempio di impiego strategico di queste unità come strumento offensivo a lunga distanza. Dopo quell’impresa, le portaerei giapponesi continuarono ad avere una totale preminenza sulle flotte Alleate e sul traffico mercantile nell’Oceano Indiano (dove operò con successo l’appositamente costituita Japanese Fast Carrier Strike Force) e nel Pacifico, almeno fino all’entrata in campo delle portaerei statunitensi nella battaglia delle Midway, il 4 giugno 1942. Quel giorno i giapponesi persero 4 portaerei in un solo colpo e si ritrovarono improvvisamente a corto di quella tipologia di nave che fino a quel momento era stata per loro fondamentale. Nel complesso durante la guerra il Giappone utilizzò 25 portaerei, di cui 10 progettate come tali, 3 convertite da unità da battaglia e 12 improvvisate adattando navi appoggio o navi passeggeri. Tra essere spiccavano l’Akagi, che per quanto datata disponeva di una eccellente squadra aerea e come ammiraglia fu protagonista dell’attacco a Pearl Harbor, nonché le gemelle Zuikaku e Shokaku, che risultarono essere tra le migliori unità di questo tipo dell’intero conflitto. Verso la fine della guerra il Giappone mise in campo anche la valida Taiho e la gigantesca Shinano, ma entrambe ebbero vita breve, perché ormai l’andamento del conflitto arrideva agli Alleati.

Lady Lex, la dama di ferro.
USS Lexington (CV-2) leaving San Diego on 14 October 1941 (80-G-416362).jpg
La USS Lexington lascia San Diego (California), il 14 ottobre 1941

La “Lady Lex” è stata una delle primissime portaerei in possesso degli Stati Uniti (portava la sigla CV-2). Inizialmente concepita come incrociatore da battaglia, venne convertita in portaerei per rispettare i termini del Trattato navale di Washington del 1922. La Lexintgton aveva una grande isola sul lato destro, con il torrione e un gigantesco fumaiolo. Per tutta la sua carriera operativa rimase assegnata alla Flotta del Pacifico. Il 7 dicembre 1941 avrebbe dovuto essere a Pearl Harbor, ma si trovava invece sulla rotta per le Midway per trasportare li alcuni aerei militari e così si salvò dall’attacco giapponese. Nel 1942 insieme alla Yorktown partecipò alla battaglia del Mar dei Coralli: il primo giorno, i velivoli decollati dalle due portaerei affondarono la portaerei leggera giapponese Shoho; il successivo, i loro aerosiluranti riuscirono a danneggiare gravemente la portaerei Shokaku. Ma un contrattacco aereo giapponese riuscì a paralizzare la Lexington, così che l’8 maggio si optò per l’autoaffondamento. 

Le due top giapponesi.
La Shokaku apparteneva alla classe Zulkaku, e con la sua gemella costituiva una coppia di portaerei potenti, veloci e corazzate, che imbarcavano una possente flotta aerea. Vengono considerate le migliori portaerei giapponesi della Seconda guerra mondiale, attrezzate anche con grossi ed efficienti apparati radar. La Shokaku e la Zulkaku erano entrambe presenti a a Pearl Harbor, e furono protagoniste della Battaglia del Mar dei Coralli in cui entrambe furono danneggiate ma che costò agli americani un prezzo ben più alto, con l’affondamento della Lexington. Proprio a causa dei danni ricevuto non poterono essere presenti alla Battaglia delle Midway (il cui esito finale la loro presenza avrebbe forse potuto modificare), mentre tornarono in gioco Battaglia delle Isole Salomone (agosto 1942) in cui venne affondata la statunitense Hornet e gravemente danneggiata la Enterprise. Il loro canto del cigno fu la Battaglia delle Marianne, in cui combatterono in netta inferiorità numerica contro undici portaerei americane e senza piloti esperti alla guida degli aerei imbarcati. In quell’occasione la Shokaku fu affondata, ma non dall’attacco di una portaerei rivale, bensì dal sottomarino Cavalla. La Zuikaku venne gravemente danneggiata, ma prese ancora parte alla battaglia del Golfo di Leyte, occasione in cui fu affondata da un massiccio attacco di aerei americani. 

Le più potenti in battaglia.

LEXINGTON (USA)

TIPO: portaerei
Lunghezza: 270,65 m
Larghezza: 32,30 m
Dislocamento:40000 t
Apparato motore: 16 caldaie, 4 gruppi turbogeneratori, 8 motori elettrici
Velocità: 61,58 km/h
Equipaggio: 1899 (originale), 2791 (nel 1942) mezzi aerei: fino a 85
ENTERPRISE (USA)
Enterprise Cruising.JPG
TIPO: portaerei
Lunghezza: 246,73 m
Larghezza: 34,73 m
Dislocamento:20191 t
Apparato motore: 4 gruppi turbine, 9 caldaie, 4 eliche
Velocità: 62 km/h
Equipaggio: 2072 (originale), 2919 (in guerra) mezzi aerei: 91
ESSEX (USA)USS Essex (CV-9) - January 1960.jpg

TIPO: portaerei
Lunghezza: 270 m
Larghezza: 34 m
Dislocamento: 40000 t
Velocità: 50 km/h
Armamento: 16 cannoni contraerei da 127 mm (affusti singoli) 60 mitragliere da 40 mm
Equipaggio: 2072 (originale), 2919 (in guerra) mezzi aerei: 91
BELLEAU WOOD (USA)
USS Belleau Wood
TIPO: portaerei leggera
Lunghezza: 189,7 m
Larghezza: 21,8 m
Dislocamento:14000 t
Velocità:57 km/h
Equipaggio: 1569
USS CORAL SEE/ANZIO(USA)

USS Coral Sea (CVE-57) 1943-1944.jpg
TIPO: portaerei di scorta
Lunghezza: 156 m
Larghezza: 20 m
Dislocamento:29800 t
Velocità:58 km/h
Equipaggio: 2000
Aerei: 91
SHOKAKU (GIAPPONE)
TIPO: portaerei
Lunghezza: 257,47 m
Larghezza: 26,05 m
Dislocamento:29800 t
Velocità:65 km/h
Equipaggio: 1600
Mezzi aerei: 72+12 di riserva (Zero, Aichi D3A, Nakajima B5N)
BELLEAU WOOD (USA)
USS Belleau Wood (CVL-24) underway on 22 December 1943 (NH 97269).jpg
TIPO: portaerei leggera
Lunghezza: 189,7 m
Larghezza: 21,8 m
Dislocamento:14000 t
Velocità:57 km/h
Equipaggio: 1569
AKAGI (GIAPPONE)
Japanese aircraft carrier Akagi 01.jpg
TIPO: portaerei
Lunghezza: 276,70 m
Larghezza: 31,30 m
Dislocamento:41300 t
Velocità:58 km/h
Equipaggio: 2000
Mezzi aerei: 91

ARK ROYAL (GRAN BRETAGNA)
HMS Ark Royal h85716.jpg
TIPO: portaerei
Lunghezza: 243,84 m
Larghezza: 28,64 m
Dislocamento:27000 t
Apparato motore: 3 gruppi turbine, 6 caldaie, 3 eliche
Velocità:57 km/h
Equipaggio: 1580
Mezzi aerei: 60 (Fairey Swordfish, Blackburn Skuas, Fairey fulmars)



COSTRUIRE A UN RITMO FORSENNATO. A fare la differenza era stata la sua capacità industriale degli Stati Uniti, che impararono presto la lezione e corsero ai ripari. Washington in fatti cominciò la guerra con un numero assai limitato di unità, ma in un periodo di tempo brevissimo riuscì a produrre una quantità gigantesca di portaerei, peraltro tecnologicamente avanzate ed efficienti. Con il loro sforzo bellico, alla fine del conflitto gli americani avevano messo in campo 143 portaerei di cui più di 20 maggiori, 10 leggere (CVL) e il resto portaerei di scorta (classificate CVE), 38 delle quali vennero trasferite alla Marina britannica per proteggere i convogli attraverso l’Atlantico. Tra le portaerei da combattimento, a fianco delle prime gloriose Lexington, Enterprise, Saratoga, Hornet, Yorktown, un contributo decisivo lo diede l’arrivo delle unità classe Essex: 17 portaerei da 27000 tonnellate capaci di portare fino a 100 aerei ciascuna. La classe Indipendece invece inquadrava le portaerei leggere, più piccole ma progettate per poter essere rapidamente prodotte e subito gettate nella mischia. Le portaerei americane risultarono superiore alle loro rivali non solo per il numero: un altro elemento che diede loro un vantaggio notevole fu l’adozione della tattica della “Task Force”: gli statunitensi impararono a utilizzare insieme diversi tipi di navi, specialmente portaerei e corazzate, con queste ultime a difesa delle prime. Una combinazione che risultò devastante. A questo elemento tattico si aggiunse l’alta qualità (oltre che la quantità) degli aerei imbarcati: i caccia Grummann Wildcat, Hellcat, Tigercaat e Bercat, il Vought Corsair (quando ricevette le modifiche utili a imbarcarlo, come le ali pieghevoli), il bombardiere in picchiata Douglas Devastator erano tutti velivoli straordinari. Durante il Secondo conflitto mondiale le portaerei trasformarono per sempre il modo di combattere, rendendo prioritaria in qualsiasi scenario la guerra aereo-navale, che ancora oggi è imprescindibile per avere la meglio in qualsiasi contesto geopolitico.

Le battaglie delle portaerei nella seconda guerra mondiale.

Notte di Taranto 11-12 novembre 1940.
Colpire la flotta italiana nel porto di Taranto era un’impresa rischiosa, perché le portaerei dovevano arrivare vicine al bersaglio. Cogliendo completamente di sorpresa le difese del porto, nella notte tra l’11 e il 12 novembre 1940 la portaerei britannica Illustrious lanciò i suoi vecchi aerosiluranti Swordfish contro la flotta italiana ancorata in rada, danneggiando seriamente le tre corazzate Littorio, Caio Dulio e Conte di Cavour, l’incrociatore Trento i due cacciatorpediniere Libecccio e Pessagno. 
Affondamento della Bismarck 25-28 maggio 1941
L’affondamento del gigante tedesco fu uno dei primi esempi della superiorità delle forze aereonavali sulle temute corazzate. La Bismarck era stata in grado di disintegrare il possente incrociatore Hood, ma lungo la rotta verso la Bretagna subì un primo attacco da un aerosiluranti della portaerei Victorius, poi contro di lei convergettero tutte le navi inglesi disponibili. C’era anche la portaerei Ark Royal , dalla quale il 26 maggio partirono gli aerosiluranti Swordifish ch misero fuori uso il suo timone. La Bismarck così rimase alal mercé della flotta britannica fino a essere affondata.
Pearl Harbor 7 dicembre 1941
Senza le portaerei non ci sarebbe potuto essere l’attacco giapponese a Pearl Harbor e l’America – almeno in quel momento – non sarebbe entrata in guerra. L’ammiraglio giapponese Yamamoto guidò in un viaggio di 13 giorni attraverso l’Oceano Pacifico una flotta con le sei portaerei Akagi, Kaga, Shokaku, Zuikaku, Soryu e Hyriu. Il bombardamento giapponese fu un successo. I danni alla flotta statunitense furono ingenti: gli americani persero circa 2400 uomini; 18 navi furono colpite e gravemente danneggiate, quasi 200 aerei furono distrutti, la maggior parte dei quali mentre erano a terra. Le perdite giapponesi furono minime: solo 26 aerei,
Raid Doolittle 18 aprile 1942
Fu una portaerei a risollevare il morale e orgoglio americano dopo Pearl Harbor. Per dare un segno di reazione gli statunitensi decisero di organizzare un raid simbolico sul Giappone. Con un lavoro di settimane per il duro addestramento e la sperimentazione per adattare i bombardieri al decollo dal ponte di una nave, il tenente colonnello Jimmy Dooolittle riuscì a organizzare una squadra di 16 bombardieri bimotori medi North American B25 Mitchell, modificati per l’occasione. Decollarono dalla portaere Hornet riuscirono a colpire gli obiettivi a Tokyo, Yokohama, Kobe, Osaka e Nagoya. Poi gli aerei si diressero verso la Cina per atterrare.
Bombardamento di Darwin 19 febbraio 1942
Tentando di ripetere Pearl Harbor, una flotta di portaerei del viceammiraglio Nagumo attaccò la base navale australiana di Port Darwin. I velivoli che presero parte al bombardamento decollarono dalle portaerei Akagi, Kaga, Hiryu, Soryu. Grazie alla sorpresa e alle poche difese i 90 aerei giapponesi incontrarono scarsa resistenza. Molte delle navi all’ancora furono colpite. La giornata registrò un pieno successo giapponese e scatenò ondate di panico in Australia, ma a causa dell’andamento successivo della guerra non ebbe reali seguiti strategici.
Mar dei Coralli 4-8 maggio 1942
Fu la prima battaglia in cui due flotte si confrontarono senza mai entrare in vista l’una dell’altra. Nel Mar dei Coralli, nel Pacifico meridionale, le portaerei per la prima volta furono le protagoniste assolute di una battaglia navale, e non fu sparata neanche un colpo di cannone. Gli americani schieravano la Yorktown e la Lexington, i giapponesi la Zuikaku e la Shokaku, più la portaerei leggera Shoho. Prima fu affondata la Shonho, poi le navi lanciandosi gli aerei le une contro le altre diedero vita a una sfida mortale. I velivoli Usa ridussero in fiamme la Shokaku, mentre la Lexington dovette essere affondata e la Yorktown fu danneggiata in modo serio.
Midway 4 giugno 1942
Il duello fra le portaerei giapponesi nella battaglia delle Midway fu uno dei punti di svolta più importanti della Seconda guerra mondiale. La possente flotta giapponese includeva ben otto portaerei. Akagi, Kaga, Hiryu e Soryu costituivano l’avanguardia e si scontrarono con le tre portaerei americane Enterprise, Hornet e Yorktown (che era danneggiata). I primi attacchi Usa furono respinti, poi però sopraggiunsero i cacciabombardieri Douglass SBD Dauntless di Enterprise e Yorktown e in appena cinque minuti ridussero in rottami la Kaga, la Soryu e l’ammiraglia Akagi. Dalla Hiryu partì un contrattacco aereo che riuscì a mettere fuori gioco la Yorktown. Ma fu l’ultima impresa della Hiryu: altri Dauntless della Enterprise la raggiunsero e la distrussero.
Santa Cruz 26 ottobre 1942
La battaglia navale di Santa Cruz, all’interno della campagna di Guadalcanal, fu l’ennesima sfida di quell’anno tra le portaere nel Pacifico. Gli americani misero in campo Hornet e Enterprise, mentre i giapponesi schierarono le rapide ma potenti Zuikaku e Shokaku e le portaerei leggere Zuiho e Junyo, dopo che le flotte si individuarono a vicenda, gli americani misero fuori gioco la Zuiho e la Shokaku, ma poi i giapponesi misero fuori gioco la Hornet e a danneggiare l’Enterprise. La vittoria tattica giapponese costò, però, la perdita di molti suoi piloti veterani e nei mesi successivi l’arrivo delle portaerei Usa classe Essex determinò la superiorità americana nel Pacifico.
Marianne 19-20 giugno 1944
Questa battaglia è considerata la più grande combattuta fra portaerei. Americani e giapponesi arrivarono a schierare rispettivamente 15 e 9 portaerei tra pesanti e leggere. La flotta statunitense aveva in appoggio ulteriori 12 portaerei di scorta. Gli Usa disponevano di più navi e aerei imbarcati, ma i giapponesi potevano contare sul supporto dei molti aerei delle basi a terra nelle Marianne, per questo lanciarono diverse ondate di attacchi aerei, ma nessuno fu decisivo. Gli americani riuscirono a reagire solo alla fine, ma i loro velivoli affondarono una portaerei nemica, mentre la nuova issa Taiho e la gloriosa Shokaku furono colate a picco da un sottomarino, mettendo in ginocchio il Giappone.
Golfo di Leyte 23-26 ottobre 1944
Nel Golfo di Leyte, nelle Filippine, avvenne la più grande battaglia navale della guerra, suddivisa in quattro scontri paralleli. Gli americani disponevano di 8 portaerei pesanti, 8 leggeri, 18 di scorta; i giapponesi di 1 portaerei pesante e 3 leggere. Nel Mar di Sibuyan i velivoli delle portaerei americane riuscirono ad affondare la supercorazzata Musashi e altre unità. Nel Mare di Surigao avvenne, invece, uno scontro fra corazzate senza supporto aereo. A Samar 16 portaerei di scorta Usa riuscirono a respingere le forze nipponiche. La battaglia di Capo Engano, infine, è stata l’ultima combattuta tra due gruppi di portaerei e terminò con la totale distruzione della flotta giapponese. In questa occasione, la portaerei St Lo fu la prima nave a essere colata a picco da aerei kamikaze.

Articolo in gran parte di Osvaldo Baldacci pubblicato su storie di Guerre e Guerrieri Sprea Editori n. 22

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  I   vichinghi gli eroi delle saghe. I popoli nordici vantano un tripudio di saghe che narrano le avventure di eroi reali o di fantasia. ...