La guerra delle
portaerei.
Dai primi prototipi ai
superteconologici modelli di oggi, passando per le navi che decisero la seconda
guerra mondiale. Ecco le micidiali armi, le battaglie e la storia di questi
mostri del mare.
Il
rumore del primo aereo fatto volare dai fratelli Wright nel 1903 ancora
aleggiava nell’aria, che già alcuni militari si misero in mente di provare a
far decollare un velivolo dal mare. Dopo un primo fallito esperimento con il
cacciatorpediniere Bagley, il 14 novembre 1910 nella baia di Cheaspeake, da una
piattaforma provvisoria di legno appositamente costruita sull’incrociatore
leggero Birmingham, della Marina degli Stati Uniti, spiccò il volo un
apparecchio Curtiss Golden Flyer. Il pilota-acrobata Eugene Ely completò il suo
volo di cinque minuti atterrando sulla spiaggia. Poco più di un anno dopo, il
18 gennaio 1911, sempre lui riuscì nell’impresa di atterrare per primo su una
piattaforma marittima, ancora in legno, nella baia di San Francisco, questa volta
allestita sull’incrociatore corazzato Pennsylvania. Per fermare l’aereo venne
usato un rudimentale sistemqa di arresto composto da ventidue cavi sospesi
trasversalmente sulla piattaforma, bloccati all’estremità da sacchi di sabbia.
L’aereo era provvisto di ganci per catturare le corde e permettere un arresto
rapido, e in effetti l’aereo si fermò in soli dieci metri. Poi le funi vennero
rimosse ed Ely riuscì anche a decollare. Gli elementi fondamentale della
portaerei a quel punto c’erano già tutti. Nel maggio 1912 il Tenente di
Vasclelo britannico Charls R. Samson per la prima volta decollò da una
corazzata in movimento, la Hibernia. Nel frattempo, per facilitare il lancio
degli aerei venne studiato il sistema della catapulta: un prototipo operativo
operò i primi lanci dall’incrociatore corazzato North Carolina nel novembre
1915. Poi, quella che sembrava una strada imboccata con determinazione ebbe una
frenata brusca. Prese piede infatti lo sviluppo di un’altra linea di aerei
navali: gli idrovolanti. Questi erano più facili da gestire per le tecnologie
dell’epoca. Trasportati su apposite navi appoggio, venivano calati in acqua per
decollare e sull’acqua atterravano prima di essere issati nuovamente a bordo da
una gru. Un sistema quindi alternativo alle vere portaerei. La Francia fu la
prima a possedere una porta-idrovolanti, il Foudre, che venne adattata allo
scopo nel 1912, mentre l’Austria-Ungheria, nel 1914, compì la prima operazione
aereonavale della storia impiegando militarmente idrovolanti imbarcati allo
scopo di effettuare ricognizioni.
Il primo reparto “aeronavale”
Fu Napoleone Bonaparte il
precursore dei reparti aeronavali. Per la sua spedizione in Egitto del 1798
fece imbarcare sulla nave Le Patriote un reparto della Compagnie d’Aerostiers
francese. Una volta raggiunta la costa egiziana questa unità di palloni
aerostatici avrebbe dovuto effettuare una ricognizione dall’alto prima dello
sbarco. La nave però sì incagliò fuori dal porto di Alessandria e affondò.
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La HMS Furious con l'equipaggio schierato
UN PROGETTO CHE RIPARTE. Le portaerei
continuarono comunque a essere sviluppate, tanto che il loro primo impiego
bellico avvenne sul finire della Prima guerra mondiale. La nave HMS Furious
venne dotata di un ponte anteriore per il decollo di velivoli a cui, in un
secondo momento, si aggiunse un ponte posteriore per provare a permettere
l’atterraggio, una manovra all’epoca davvero complicata, che per questo veniva
tentata solo con la nave completamente
ferma. Nonostante gli aerei a quei tempi avessero una velocità di stallo molto
ridotta, cosa che in teoria facilitava le manovre, le possibilità di riuscire
in un appontaggio erano limitate a causa del vento e del rollio
dall’imbarcazione e anche delle strutture presenti sul ponte non ancora
ottimizzate per favorire queste manovre, come accadrà invece in seguito. Nel
1918 sulla Furious vennero imbarcati alcuni caccia biplani Sopwith Camel di
nuova generazione (versione 2F1) che avevano un’autonomia estesa rispetto ai
precedenti. Così il 19 luglio di quell’anno la nave raggiunse la base tedesca
di Tondern (oggi in Danimarca) e fece decollare i suoi aerei che la
bombardarono. I velivoli però non poterono tornare direttamente sulla
portaerei: alcuni planarono in mare e furono poi recuperati, altri atterrarono
nella neutrale Danimarca. La Furious era stata organizzata con in mente un
nuovo concetto di portaerei: le torri di prua e di poppa aveva lasciato il
posto a due pieste, in quella prima fase ancora separate tra loro. L’idea del
ponte al posto delle sovrastrutture si sarebbe rivelato presto vincente. Nel
1918 Londra aveva varato anche la Argus, la prima portaerei a ponte piatto, una
caratteristiche che gli dava una sagoma del tutto insolita per l’epoca, senza
sovrastrutture. Per questo fu protagonista di molte sperimentazioni: nel
tentativo di trovare l’aereo più adatto allo scopo imbarcò 44 tipi diversi di
velivoli, compresi gli aerosiluranti.
Il raid di Tondern.
I tre hangar principali di Tondern in una data imprecisata tra il 1916 e il momento dell'attacco
Il 19 luglio 1918 una squadriglia
di Sopwith Camel britannici, armati con bombe da 25 chili, decollarono dalla
portaerei Furious e bombardarono la base tedesca di Tondern, che ospitava hangar per gli Zeppelin, i dirigibili che per tutta la Prima guerra
mondiale avevano condotto bombardamenti aerei sull’Inghilterra e sui Paesi
alleati. L’attacco – il primo nella storia lanciato da una nave portaerei –
ebbe successo e distrusse l’hangar più grande con due dirigibili e danneggiò
uno dei due hangar più piccoli che conteneva un pallone aerostatico. Al
ritorno gli aerei non potendo appontare sulla portaerei scelsero diverse
alternative: alcuni infatti partirono dalla nave, compirono il bombardamento
e poi atterrarono nella neutrale Danimarca dove i piloti vennero internati;
altri invece operarono un atterraggio di emergenza vicino all’imbarcazione
per poi essere recuperati da essa o dalle navi di scorta. Durante questo
tentativo uno dei piloti si schiantò.
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NASCONO LE VERE PORTAEREI. La prima portaerei a
esser progettata come tale fin dalla chiglia fu però la giapponese Hosho.
Varata nel 1922, era la quarta portaerei al mondo dopo le inglesi Furious,
Argus ed Eagle, e precedette di un anno la britannica Hermes, anch’essa
progettata appositamente per essere una portaerei. Ormai la strada era
tracciata. L’ingegneria navale intanto cercava soluzioni ad alcuni problemi
ancora aperti. Le strutture che ingombravano il ponte delle navi
rappresentavano l’ostacolo principale per gli aerei ed emettevano il fumo di
scarico dei motori che infastidiva i piloti nelle loro manovre. Fu così che per
risolvere questo problema nacque il fumaiolo sopraelevato, progettato per primi
dagli inglesi. Gli sviluppi orma si susseguivano rapidamente: nel 1920 fu
concretizzata l’idea dell’”isola”, una zona di comando posta ai margini
laterali della nave, in modo da poter riunire sovrastrutture e fumaiolo e
lasciare più campo sgombro possibile sulla pista. Nel 1924, la Eagle fu
modificata e diventò la prima portaerei dotata di isola posta a dritta (cioè a
destra del ponte di volo), una posizione che divenne poi lo standard per queste
navi. L’anno successivo gli Stati uniti vararono la USS CV2 Lexington, la prima
vera portaerei statunitense con ponte di volo completo e l’isola sulla fiancata
destra. La sua sagoma divenne per decenni quella caratteristica di tutte le
portaerei statunitensi. Si era ormai creato un modello che dal 1928 al 1952 le
navi portaerei di inglesi e statunitensi mantenere quasi del tutto immutato.
Il trattato di Washington.
Il 6 febbraio 1922 le potenze
vincitrici della Prima guerra mondiale (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia,
Italia e Giappone) firmarono il trattato navale di Washington che per fermare
la corsa agli armamenti imponeva forti limitazioni alle rispettive flotte
militari. La Germania sconfitta aveva già vincoli stringenti, mentre la
neonata Unione Sovietica pur non facendo parte del consesso internazionale in
quel momento non rappresentava una minaccia navale. Nel trattato era previsto
un limite massimo per la costruzione e il tonnellaggio delle portaerei. Il
dislocamento standard venne limitato a 27430 tonnellate con il divieto di installare
più di 10 cannoni pesanti di calibro massimo di 200 mm. A ogni nazione
firmataria fu concesso di convertire gli scafi di due navi esistenti in
portaerei, con un dislocamento massimo di 33530 tonnellate ognuna. Portaerei
più leggere di 10160 tonnellate non rientravano nel conteggio del limite di
dislocamento, così come non furono conteggiate le poche portaerei esistenti,
considerate sperimentali. Negli anni Trenta questi limiti vennero ripudiati
apertamente o nei fatti dal Giappone (che nel 1936 si ritirò dal trattato),
Italia (che però non costruì portaerei) e Germania (nell’ambito del generale
riarmo del regime nazista).
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Seconda guerra mondiali,
l’epoca d’oro delle portaerei.
Non
le portaerei, ma le corazzate avrebbero dovuto essere l’arma decisiva della
Seconda mondiale, almeno secondo le previsioni degli Stati maggiori di tutte le
grandi potenze. Le portaerei erano ancora considerate poco che potenti navi
ausiliarie, la cui costruzione era spesso osteggiata dalle gelsoe aviazioni
nazionali. La prima potenza a realizzarne alcune fu la Gran Bretagna.
Nonostante fossero stati tra i fautori di questo tipo di nave, e nonostante di
battaglie in mare si intendessero parecchio, visto che da secoli possedevano la
flotta più potente del globo, anche i britannici non le utilizzarono mai come
una forza di protezione d’attacco, continuando a considerarle prevalentemente
come mezzi di ausilio la resto della flotta, in grado di garantire l’appoggio
aereo per la ricognizione e la difesa delle altre unità militari. E così fu
anche allo scoppio del Secondo conflitto mondiale: non a caso esse furono per
molto tempo equipaggiate con aerei relativamente antiquati, come gli
aerosiluranti. Non furono nemmeno impegnate in grandi battaglie navali,
probabilmente anche a causa del tipo di nemico con cui la Gran Bretagna dovette
confrontarsi. La Germania infatti non disponeva di una grande flotta da poter
contrapporre frontalmente a quella britannica. Nel Mediterraneo gli italiana
avrebbero potuto tentare un confronto diretto con gli inglesi, ma di fatto
scelsero una strategia tesa a evitare le battaglie navali decisive, riservando
il lor maggiore impegno nella scorta dei convogli di rifornimento. La difesa
del traffico navale nel Mediterraneo d’altro canto era fondamentale perché le
truppe di terra potessero svolgere le loro azioni e fu, ancora più
nell’Atlantico, un aspetto determinante del conflitto marittimo. Fu per
proteggere le proprie rotte che gli inglesi svilupparono insieme agli americani
le portaerei di scorta, cioè navi molto semplici, non necessariamente grandi,
quasi sempre ricavate dallo scafo di mercantili su cui venivano montati ponti
per il decollo e l’atterraggio degli aerei, questi ultikmi necessari per
individuare e distruggere i sommergibili tedeschi (la capostipite di queste
portaerei di scorta fu la britannica Audacity, che nel 1941 venne creata
convertendo il mercantile Hannover: un ponte copriva tutta la superficie della nave e non c’erano nemmeno hangar, ma
gli aerei rimanevano parchettisti sul ponte stesso.
La portaerei che Hitler non vide
mai.
I programmi di riarmo navale della
Germania nazista puntarono sulle corazzate, varando fra le altre le possenti
Bismarck e Tirpitz. Fu messo sulla carta anche il progetto di una portaerei,
che anzi doveva essere la capofila di una serie di navi simili. I lavori per
la Graf Zeppelin furono avviati in pompa magna nel 1938, ma essa non venne
mai attrezzata neanche con i motori. Dopo fasi alterne di interruzioni,
rinvii e parziali realizzazioni fra il 1936 e il 1943, il progetto fu
definitivamente accantonato. La Germania non istituì mai nemmeno un’aviazione
navale. Nell’aprile 1945 – a ridosso della fine della guerra – la Graf
Zeppelin, che si trovava da due anni inerte nei cantieri di Stettino, venne
affondata in acque basse per evitare che cadesse in mano al nemico. I
sovietici però riuscirono a recuperarla e benché non l’abbiano mai completata
ne studiarono a fondo i progetti.
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La Big E, una incredibile storia
di successi.
La portaerei Enterprise (CV6) è
stata la nave più decorata della Seconda guerra mondiale (ha ottenuto 20
Battle Star, il numero più alto tra tutte le navi da guerra statunitensi) e
probabilmente è la portaerei più famosa del conflitto, se non dell’intera
storia navale. Soprannominata “Big E”, nell’ottobre 1945 aveva partecipato a
20 battaglie, distrutto 911 aerei nemici, affondato 71 navi. Con le gemelle
Yorktown e Hornet costituì il nucleo centrale della Flotta del Pacifico.
Nonostante i molti attacchi subiti e le numerose bombe incassate, si dimostrò
solida e resistente sopravvivendo alla guerra. Le squadre aeree imbarcate su
di essa sono sempre state considerate le migliori del periodo, anche in virtù
dell’esperienza maturata a bordo di una nave così efficiente e prestigiosa.
Ci fu persino un periodo, tra la battaglia di Santa Cruz e l’arrivo delle
nuove portaerei Usa Classe Essex, nel quale l’Enterprise per mesi si trovò a
sostenere come unica portaerei lo sforzo bellico Usa nel Pacifico. Fu
presente nella battaglia delle Midway come alle Salomone Orientali, nel Mar
delle Filippine e nel Golfo di Leye, giocò un ruolo nel Raid di Tokyo,
collaborò alle battaglie di Gaudalcanale e di Okinawa. Insomma , una leggenda
del mare.
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L’INTUIZIONE DEL GIAPPONE. Era così poco
lungimirante il pensiero strategico nel considerare le portaerei, che il
Trattato navale di Washington del 1922 per limitare gli armamenti si occupò
soprattutto di corazzate. Addirittura esso consentì di trasformare in portaerei
gli scafi di quelle eccedenti il numero stabilito. In continuità con questa
miope visione, durante il riarmo degli anni Trenta i cantieri navali di tutto
il mondo furono impegnati in un grande fermento per costruire enormi corazzate,
mentre molto meno, o addirittura nessun impegno venne riversato alle portaerei.
All’inizio del conflitto Germania, Italia, Francia e Unione Sovietica non ne
avevano nemmeno una e c’era giusto qualche progetto sulla carta. la Gran
Bretagna possedeva a sua volta poche unità di questo tipo, 7, considerando
anche quelle minori, disseminate in tutto il globo. Gli Stati Uniti nel 1941
avevano invece 8 portaerei, metà nell’Atlantico e metà nel Pacifico. La più
grande e modeerna flotta di questo tipo al mondo era, del tutto
inaspettatamente, quella del Giappone, la cui Marina poteva disporre di dieci
portaerei, che peraltro erano anche le più avanzate. Già il 10 aprile 1941
Tokyo creò la prima flotta aereonavale, composta da 7 portaerei con 474 aerei
imbarcati, la prima organizzazione struttura di questo tipo. L’attacco a Pear
Harbor del 7 dicembre 1941 fu l’anticipazione di come le portaerei stavano
cambiando la guerra marittima e rappresentò un eccellente esempio di impiego strategico
di queste unità come strumento offensivo a lunga distanza. Dopo quell’impresa,
le portaerei giapponesi continuarono ad avere una totale preminenza sulle
flotte Alleate e sul traffico mercantile nell’Oceano Indiano (dove operò con
successo l’appositamente costituita Japanese Fast Carrier Strike Force) e nel
Pacifico, almeno fino all’entrata in campo delle portaerei statunitensi nella
battaglia delle Midway, il 4 giugno 1942. Quel giorno i giapponesi persero 4
portaerei in un solo colpo e si ritrovarono improvvisamente a corto di quella
tipologia di nave che fino a quel momento era stata per loro fondamentale. Nel
complesso durante la guerra il Giappone utilizzò 25 portaerei, di cui 10
progettate come tali, 3 convertite da unità da battaglia e 12 improvvisate
adattando navi appoggio o navi passeggeri. Tra essere spiccavano l’Akagi, che
per quanto datata disponeva di una eccellente squadra aerea e come ammiraglia
fu protagonista dell’attacco a Pearl Harbor, nonché le gemelle Zuikaku e
Shokaku, che risultarono essere tra le migliori unità di questo tipo
dell’intero conflitto. Verso la fine della guerra il Giappone mise in campo
anche la valida Taiho e la gigantesca Shinano, ma entrambe ebbero vita breve,
perché ormai l’andamento del conflitto arrideva agli Alleati.
Lady Lex, la dama di ferro.
La “Lady Lex” è stata una delle
primissime portaerei in possesso degli Stati Uniti (portava la sigla CV-2).
Inizialmente concepita come incrociatore da battaglia, venne convertita in
portaerei per rispettare i termini del Trattato navale di Washington del
1922. La Lexintgton aveva una grande isola sul lato destro, con il torrione e
un gigantesco fumaiolo. Per tutta la sua carriera operativa rimase assegnata
alla Flotta del Pacifico. Il 7 dicembre 1941 avrebbe dovuto essere a Pearl
Harbor, ma si trovava invece sulla rotta per le Midway per trasportare li
alcuni aerei militari e così si salvò dall’attacco giapponese. Nel 1942
insieme alla Yorktown partecipò alla battaglia del Mar dei Coralli: il primo
giorno, i velivoli decollati dalle due portaerei affondarono la portaerei
leggera giapponese Shoho; il successivo, i loro aerosiluranti riuscirono a
danneggiare gravemente la portaerei Shokaku. Ma un contrattacco aereo
giapponese riuscì a paralizzare la Lexington, così che l’8 maggio si optò per
l’autoaffondamento.
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Le due top giapponesi.
La Shokaku apparteneva alla classe
Zulkaku, e con la sua gemella costituiva una coppia di portaerei potenti,
veloci e corazzate, che imbarcavano una possente flotta aerea. Vengono
considerate le migliori portaerei giapponesi della Seconda guerra mondiale, attrezzate
anche con grossi ed efficienti apparati radar. La Shokaku e la Zulkaku erano
entrambe presenti a a Pearl Harbor, e furono protagoniste della Battaglia del
Mar dei Coralli in cui entrambe furono danneggiate ma che costò agli
americani un prezzo ben più alto, con l’affondamento della Lexington. Proprio
a causa dei danni ricevuto non poterono essere presenti alla Battaglia delle
Midway (il cui esito finale la loro presenza avrebbe forse potuto modificare),
mentre tornarono in gioco Battaglia delle Isole Salomone (agosto 1942) in cui
venne affondata la statunitense Hornet e gravemente danneggiata la
Enterprise. Il loro canto del cigno fu la Battaglia delle Marianne, in cui
combatterono in netta inferiorità numerica contro undici portaerei americane e
senza piloti esperti alla guida degli aerei imbarcati. In quell’occasione la
Shokaku fu affondata, ma non dall’attacco di una portaerei rivale, bensì dal
sottomarino Cavalla. La Zuikaku venne gravemente danneggiata, ma prese ancora
parte alla battaglia del Golfo di Leyte, occasione in cui fu affondata da un
massiccio attacco di aerei americani.
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Le più potenti in battaglia.
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LEXINGTON
(USA)
TIPO:
portaerei
Lunghezza:
270,65 m
Larghezza:
32,30 m
Dislocamento:40000
t
Apparato
motore: 16 caldaie, 4 gruppi turbogeneratori, 8 motori elettrici
Velocità:
61,58 km/h
Equipaggio:
1899 (originale), 2791 (nel 1942) mezzi aerei: fino a 85
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ENTERPRISE
(USA)
TIPO:
portaerei
Lunghezza:
246,73 m
Larghezza:
34,73 m
Dislocamento:20191
t
Apparato
motore: 4 gruppi turbine, 9 caldaie, 4 eliche
Velocità: 62
km/h
Equipaggio:
2072 (originale), 2919 (in guerra) mezzi aerei: 91
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ESSEX (USA)
TIPO:
portaerei
Lunghezza: 270
m
Larghezza: 34
m
Dislocamento:
40000 t
Velocità: 50 km/h
Armamento: 16
cannoni contraerei da 127 mm (affusti singoli) 60 mitragliere da 40 mm
Equipaggio:
2072 (originale), 2919 (in guerra) mezzi aerei: 91
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BELLEAU WOOD
(USA)
TIPO:
portaerei leggera
Lunghezza:
189,7 m
Larghezza:
21,8 m
Dislocamento:14000
t
Velocità:57
km/h
Equipaggio:
1569
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USS CORAL
SEE/ANZIO(USA)
TIPO:
portaerei di scorta
Lunghezza: 156
m
Larghezza: 20
m
Dislocamento:29800
t
Velocità:58
km/h
Equipaggio:
2000
Aerei: 91
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SHOKAKU
(GIAPPONE)
TIPO:
portaerei
Lunghezza:
257,47 m
Larghezza:
26,05 m
Dislocamento:29800
t
Velocità:65
km/h
Equipaggio: 1600
Mezzi aerei:
72+12 di riserva (Zero, Aichi D3A, Nakajima B5N)
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BELLEAU WOOD
(USA)
TIPO:
portaerei leggera
Lunghezza:
189,7 m
Larghezza:
21,8 m
Dislocamento:14000
t
Velocità:57
km/h
Equipaggio:
1569
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AKAGI
(GIAPPONE)
TIPO:
portaerei
Lunghezza:
276,70 m
Larghezza:
31,30 m
Dislocamento:41300
t
Velocità:58
km/h
Equipaggio:
2000
Mezzi aerei:
91
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ARK ROYAL
(GRAN BRETAGNA)
TIPO:
portaerei
Lunghezza:
243,84 m
Larghezza:
28,64 m
Dislocamento:27000
t
Apparato
motore: 3 gruppi turbine, 6 caldaie, 3 eliche
Velocità:57
km/h
Equipaggio:
1580
Mezzi aerei:
60 (Fairey Swordfish, Blackburn Skuas, Fairey fulmars)
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COSTRUIRE A UN RITMO FORSENNATO. A fare la
differenza era stata la sua capacità industriale degli Stati Uniti, che
impararono presto la lezione e corsero ai ripari. Washington in fatti cominciò
la guerra con un numero assai limitato di unità, ma in un periodo di tempo
brevissimo riuscì a produrre una quantità gigantesca di portaerei, peraltro
tecnologicamente avanzate ed efficienti. Con il loro sforzo bellico, alla fine
del conflitto gli americani avevano messo in campo 143 portaerei di cui più di
20 maggiori, 10 leggere (CVL) e il resto portaerei di scorta (classificate
CVE), 38 delle quali vennero trasferite alla Marina britannica per proteggere i
convogli attraverso l’Atlantico. Tra le portaerei da combattimento, a fianco
delle prime gloriose Lexington, Enterprise, Saratoga, Hornet, Yorktown, un
contributo decisivo lo diede l’arrivo delle unità classe Essex: 17 portaerei da
27000 tonnellate capaci di portare fino a 100 aerei ciascuna. La classe
Indipendece invece inquadrava le portaerei leggere, più piccole ma progettate
per poter essere rapidamente prodotte e subito gettate nella mischia. Le
portaerei americane risultarono superiore alle loro rivali non solo per il
numero: un altro elemento che diede loro un vantaggio notevole fu l’adozione
della tattica della “Task Force”: gli statunitensi impararono a utilizzare
insieme diversi tipi di navi, specialmente portaerei e corazzate, con queste
ultime a difesa delle prime. Una combinazione che risultò devastante. A questo
elemento tattico si aggiunse l’alta qualità (oltre che la quantità) degli aerei
imbarcati: i caccia Grummann Wildcat, Hellcat, Tigercaat e Bercat, il Vought
Corsair (quando ricevette le modifiche utili a imbarcarlo, come le ali
pieghevoli), il bombardiere in picchiata Douglas Devastator erano tutti
velivoli straordinari. Durante il Secondo conflitto mondiale le portaerei
trasformarono per sempre il modo di combattere, rendendo prioritaria in
qualsiasi scenario la guerra aereo-navale, che ancora oggi è imprescindibile
per avere la meglio in qualsiasi contesto geopolitico.
Le battaglie
delle portaerei nella seconda guerra mondiale.
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Notte di Taranto 11-12 novembre
1940.
Colpire la flotta italiana nel
porto di Taranto era un’impresa rischiosa, perché le portaerei dovevano
arrivare vicine al bersaglio. Cogliendo completamente di sorpresa le difese
del porto, nella notte tra l’11 e il 12 novembre 1940 la portaerei britannica
Illustrious lanciò i suoi vecchi aerosiluranti Swordfish contro la flotta
italiana ancorata in rada, danneggiando seriamente le tre corazzate Littorio,
Caio Dulio e Conte di Cavour, l’incrociatore Trento i due cacciatorpediniere
Libecccio e Pessagno.
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Affondamento della Bismarck 25-28
maggio 1941
L’affondamento del gigante tedesco
fu uno dei primi esempi della superiorità delle forze aereonavali sulle
temute corazzate. La Bismarck era stata in grado di disintegrare il possente
incrociatore Hood, ma lungo la rotta verso la Bretagna subì un primo attacco
da un aerosiluranti della portaerei Victorius, poi contro di lei
convergettero tutte le navi inglesi disponibili. C’era anche la portaerei Ark
Royal , dalla quale il 26 maggio partirono gli aerosiluranti Swordifish ch
misero fuori uso il suo timone. La Bismarck così rimase alal mercé della
flotta britannica fino a essere affondata.
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Pearl Harbor 7 dicembre 1941
Senza le portaerei non ci sarebbe
potuto essere l’attacco giapponese a Pearl Harbor e l’America – almeno in
quel momento – non sarebbe entrata in guerra. L’ammiraglio giapponese
Yamamoto guidò in un viaggio di 13 giorni attraverso l’Oceano Pacifico una flotta
con le sei portaerei Akagi, Kaga, Shokaku, Zuikaku, Soryu e Hyriu. Il
bombardamento giapponese fu un successo. I danni alla flotta statunitense
furono ingenti: gli americani persero circa 2400 uomini; 18 navi furono
colpite e gravemente danneggiate, quasi 200 aerei furono distrutti, la
maggior parte dei quali mentre erano a terra. Le perdite giapponesi furono
minime: solo 26 aerei,
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Raid Doolittle 18 aprile 1942
Fu una portaerei a risollevare il
morale e orgoglio americano dopo Pearl Harbor. Per dare un segno di reazione
gli statunitensi decisero di organizzare un raid simbolico sul Giappone. Con
un lavoro di settimane per il duro addestramento e la sperimentazione per
adattare i bombardieri al decollo dal ponte di una nave, il tenente
colonnello Jimmy Dooolittle riuscì a organizzare una squadra di 16
bombardieri bimotori medi North American B25 Mitchell, modificati per
l’occasione. Decollarono dalla portaere Hornet riuscirono a colpire gli
obiettivi a Tokyo, Yokohama, Kobe, Osaka e Nagoya. Poi gli aerei si diressero
verso la Cina per atterrare.
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Bombardamento di Darwin 19
febbraio 1942
Tentando di ripetere Pearl Harbor,
una flotta di portaerei del viceammiraglio Nagumo attaccò la base navale
australiana di Port Darwin. I velivoli che presero parte al bombardamento
decollarono dalle portaerei Akagi, Kaga, Hiryu, Soryu. Grazie alla sorpresa e
alle poche difese i 90 aerei giapponesi incontrarono scarsa resistenza. Molte
delle navi all’ancora furono colpite. La giornata registrò un pieno successo
giapponese e scatenò ondate di panico in Australia, ma a causa dell’andamento
successivo della guerra non ebbe reali seguiti strategici.
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Mar dei Coralli 4-8 maggio 1942
Fu la prima battaglia in cui due
flotte si confrontarono senza mai entrare in vista l’una dell’altra. Nel Mar
dei Coralli, nel Pacifico meridionale, le portaerei per la prima volta furono
le protagoniste assolute di una battaglia navale, e non fu sparata neanche un
colpo di cannone. Gli americani schieravano la Yorktown e la Lexington, i
giapponesi la Zuikaku e la Shokaku, più la portaerei leggera Shoho. Prima fu
affondata la Shonho, poi le navi lanciandosi gli aerei le une contro le altre
diedero vita a una sfida mortale. I velivoli Usa ridussero in fiamme la
Shokaku, mentre la Lexington dovette essere affondata e la Yorktown fu
danneggiata in modo serio.
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Midway 4 giugno 1942
Il duello fra le portaerei
giapponesi nella battaglia delle Midway fu uno dei punti di svolta più
importanti della Seconda guerra mondiale. La possente flotta giapponese
includeva ben otto portaerei. Akagi, Kaga, Hiryu e Soryu costituivano
l’avanguardia e si scontrarono con le tre portaerei americane Enterprise,
Hornet e Yorktown (che era danneggiata). I primi attacchi Usa furono
respinti, poi però sopraggiunsero i cacciabombardieri Douglass SBD Dauntless
di Enterprise e Yorktown e in appena cinque minuti ridussero in rottami la
Kaga, la Soryu e l’ammiraglia Akagi. Dalla Hiryu partì un contrattacco aereo
che riuscì a mettere fuori gioco la Yorktown. Ma fu l’ultima impresa della
Hiryu: altri Dauntless della Enterprise la raggiunsero e la distrussero.
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Santa Cruz 26 ottobre 1942
La battaglia navale di Santa Cruz,
all’interno della campagna di Guadalcanal, fu l’ennesima sfida di quell’anno
tra le portaere nel Pacifico. Gli americani misero in campo Hornet e
Enterprise, mentre i giapponesi schierarono le rapide ma potenti Zuikaku e
Shokaku e le portaerei leggere Zuiho e Junyo, dopo che le flotte si
individuarono a vicenda, gli americani misero fuori gioco la Zuiho e la
Shokaku, ma poi i giapponesi misero fuori gioco la Hornet e a danneggiare
l’Enterprise. La vittoria tattica giapponese costò, però, la perdita di molti
suoi piloti veterani e nei mesi successivi l’arrivo delle portaerei Usa
classe Essex determinò la superiorità americana nel Pacifico.
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Marianne 19-20 giugno 1944
Questa battaglia è considerata la
più grande combattuta fra portaerei. Americani e giapponesi arrivarono a
schierare rispettivamente 15 e 9 portaerei tra pesanti e leggere. La flotta
statunitense aveva in appoggio ulteriori 12 portaerei di scorta. Gli Usa disponevano
di più navi e aerei imbarcati, ma i giapponesi potevano contare sul supporto
dei molti aerei delle basi a terra nelle Marianne, per questo lanciarono
diverse ondate di attacchi aerei, ma nessuno fu decisivo. Gli americani
riuscirono a reagire solo alla fine, ma i loro velivoli affondarono una
portaerei nemica, mentre la nuova issa Taiho e la gloriosa Shokaku furono
colate a picco da un sottomarino, mettendo in ginocchio il Giappone.
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Golfo di Leyte 23-26 ottobre 1944
Nel Golfo di Leyte, nelle Filippine,
avvenne la più grande battaglia navale della guerra, suddivisa in quattro
scontri paralleli. Gli americani disponevano di 8 portaerei pesanti, 8
leggeri, 18 di scorta; i giapponesi di 1 portaerei pesante e 3 leggere. Nel
Mar di Sibuyan i velivoli delle portaerei americane riuscirono ad affondare
la supercorazzata Musashi e altre unità. Nel Mare di Surigao avvenne, invece,
uno scontro fra corazzate senza supporto aereo. A Samar 16 portaerei di
scorta Usa riuscirono a respingere le forze nipponiche. La battaglia di Capo
Engano, infine, è stata l’ultima combattuta tra due gruppi di portaerei e
terminò con la totale distruzione della flotta giapponese. In questa
occasione, la portaerei St Lo fu la prima nave a essere colata a picco da
aerei kamikaze.
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Articolo in gran parte
di Osvaldo Baldacci pubblicato su storie di Guerre e Guerrieri Sprea Editori n.
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