mercoledì 18 luglio 2018

la Battaglia di mezzo giugno - assedio a Malta 1942

Mezzo giugno (1942)
Parola d’ordine: affamare Malta.
Nell’estate 1942 gli alleati inviarono due convogli in soccorso della popolazione dell’isola, sofferente per i bombardamenti. Le forze dell’asse cercarono in tutti i modi di impedirlo, con un grosso impegno dell’Italia.

Giornale Luce - Duelli aerei (Bombardamento di Malta) - 1942




Con il passare dei mesi, nel pieno ormai delle operazioni del Secondo conflitto mondiale, l’importanza militare di Malta sullo scacchiere bellico si era andata facendo progressivamente sempre più evidente. La “portaerei inaffondabile” al centro del Mediterraneo, come l’aveva definita il premier inglese Winston Churchill, si era infatti rilevata una spina nel fianco delle forze dell’Asse che operavano in Africa Settentrionale: dai suoi porti e aeroporti partivano pericolosi raid per interrompere il flusso di imbarcazioni che quotidianamente sostenevano lo sforzo bellico contro le truppe britanniche. L’Italia aveva anche programmato la sua conquista, ma più per ragioni nazionalistiche che per soddisfare le proprie immediate necessità strategiche. Queste ultime avevano poi alla fine preso il sopravvento, spingendo lo stesso generale tedesco Erwin Rommel a sottolineare a pochi mesi dal suo arrivo in Africa nel maggio 1941, che “senza Malta l’Asse finirà col perdere l’Africa Settentrionale”. In attesa di organizzare una forza di spedizione in grado di conquistare la preziosa isola, l’Asse iniziò una duplice, intensa offensiva articolata nel blocco navale e sottomarino e nel sistematico bombardamento aereo: se Malta non fosse caduta per fame, sarebbe stata ridotta in macerie.


Le forze in campo.
Forze dell’Asse
2 navi da battaglia
2 incrociatori pesanti
4 incrociatori leggeri
17 cacciatorpediniere
15 sommergibili
497 aerei
Forze britanniche
2 portaerei
1 nave da battaglia
11 incrociatori leggeri
43 cacciatorpediniere
17 mercantili
Unità ausiliarie
Perdite italiane
1 nave da battaglia danneggiato
1 incrociatore pesane affondato
1 cacciatorpediniere danneggiato
43 aerei distrutti
Oltre 600 morti
Perdite britanniche
1 incrociatore leggero affondato
5 incrociatori leggeri danneggiati
5 cacciatorpediniere affondati
3 cacciatorpediniere danneggiati
6 mercantili affondati
3 mercantili danneggiati
1 dragamine affondato
30 aerei distrutti
Otre300 morti e 216 prigionieri


IL PIANO “HERCULES”. Il più convinto sostenitore della necessità di conquistare Malta era il comandate in capo del fronte meridionale tedesco, il maresciallo Albert Kesser, che coordinava anche le operazioni aereonavali nel Mediterraneo insieme al Comando Supremo italiano, e sopraintendeva all’afflusso di rinforzi e rifornimenti per l’Afrikakorps, il contingente tedesco operativo in Nord Africa. Kesserling aveva più volte sottoposto a Hilter il suo piano, denominato “Hercules” e omologo del piano italiano “C3”, per l’invasione dell’isola, ma il dittatore tedesco esitava, rinviava la decisione e prendeva tempo un po’ per la diffidente maturata, dopo l’esito non particolarmente incoraggiante della conquista di Creta del maggio 1941, verso gli assalti aviotrasportati, che costituivano un dei punti di forza dell’operazione, e un po’ nella speranza che il suo beniamino Rommel risolvesse la questioni con una delle sue strepitose avanzate. Nel maggio 1942, infatti, Rommel aveva iniziato l’offensiva che dai confini della Libia lo avrebbe portato fino a El-Alamein. Le scorte di rifornimenti accumulate in Libia grazie ai successi ottenuti con l’assedio di Malta avevano convinto la volpe del deserto di poter assestare un’ultima spallata ai britannici arrivando fino ad Alessandria d’Egitto. Per questa impresa, che si rivelerà illusoria, aveva chiesto e ottenuto i necessari rinforzi aerei, sottraendoli proprio alla campagna aeronavale dell’isola mediterranea. Peraltro, anche sul fronte orientale contro i sovietici l’Esercito tedesco si trovava nella necessità di attingere ai velivoli che la Lutwaffe aveva schierato nel settore sud, rendendo ormai impraticabile la capillare copertura aerea dei cieli di Malta che stava mettendo l’isola in ginocchio.

I DUE CONVOGLI. L’allentamento della pressione su Malta fu immediatamente notata dal Quartier Generale alleato che pensò di approfittarne per mandare al martiorato popolo maltese e alla ormai esangue guarnigione dell’isola i rifornimenti di cui avevano disperato bisogno. L’operazione prevedeva  l’invio contemporaneo di due convogli: uno denominato “Harpoon”, sarebbe partito da Gibilterra con 6 mercantili, e il secondo denominato “Vigorous”, avrebbe invece preso avvio da Alessandria con altri 11 mercantili. Con due convogli da affrontare contemporaneamente, anche la flotta italiana e il suo appoggio aereo avrebbero dovuto dividersi, consentendo alle navi di scorta ai convogli stessi di fronteggiare un numero di nemici inferiori. Il convoglio Harpoon, al comando del viceammiraglio Alban Curteis – responsabile della forza di copertura a distanza con la corazzata Malaya, le portaerei Argus e Eagle, gli incrociatori Kenya, Charybdis e Liverpool – insieme al capitano di vascello Cecil Campbell Hardy – incaricato della scorta ravvicinata con l’incrociatore antiaereo Cairo e i cacciatorpediniere Beduin, Marne, Matchless, Ithuriel e Partridge – lasciò Gibilterra l’11 giugno, ma il 12 l’Alto Comando della Regia Marina italiana (Supermarina) era già informato della sua partenza, predisponendosi ad intercettarlo con una squadra comandata dall’ammiraglio Alberto Da Zara. Anche il convoglio Vigorous, guidato dal contrammiraglio Philip Vian, partì da Alessandria l’11 giugno, ma a scaglioni, per riunirsi in alto mare il 13: non ebbe migliore fortuna perché anch’esso venne individuato immediatamente, e una squadra italiana, condotta dall’ammiraglio Angelo Iachino, salpò dal porto di Taranto per intercettarla verso le 13,00 del 14 giugno. Al comando di Iachino c’erano le navi da battaglia Littorio e Vittorio Veneto, gli incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi eEmanuele Filiberto Duca d’Aosta, scortati da dodici cacciatorpediniere. Cinque ore dopo, alle 18,00 un ricognitore britannico avvistò la formazione italiana allertando il comando della Royal Navy. Il convoglio Vigorous, che nel frattempo si era ridotto perché due dei suoi mercantili erano stati affondati da bombardieri tedeschi, venne informato della minaccia incombente: continuando su quella rotta, alle 7 del mattino del 15 giugno avrebbe incontrato la flotta italiana in condizioni di netta inferiorità con 8 incrociatori leggeri e 25 cacciatorpediniere britannici contro 2 corazzate, 4 incrociatori e 12 cacciatorpediniere italiani. Vigorous proseguì con cautela, confidando nella protezione della propria aviazione  fino all’una di notte, ma poi fu costretto a manovrare per cercare di evitare lo scontro.

Una vittoria dimezzata.
Nella Battaglia di Mezzo giugno le armi italiane e tedesche ottennero la vittoria e gli stessi britannici non ebbero difficoltà ad ammetterlo. Malta non era stata rifornita e i britanni avevano perso un incrociatore, tre cacciatorpediniere e due mercantili avendo provocato l’affondamento del Treno e danni minori alla Littorio. Nuovi convogli da Alessandria d’Egitto partirono solo quando l’Ottava Armata riuscì a conquista la Libia. Il corso degli eventi in Africa Settentrionale aveva reso le operazioni navali nel Mediterraneo centrale più pericolose. Ritirandosi fino ad El Alamein, infatti i britannici persero uno degli aeroporti impiegati per la copertura aerea, e con i velivoli dell’Asse capaci di interferire sulla direttrice della rotta per Malta, il rischio era troppo alto. Il conflitto aereo, però, decise in alcune occasioni il corso degli eventi anche a vantaggio dei britannici: il dirottamento degli aerei dall’assedio di Malta all’avanzata di Rommel rese impossibile all’Asse replicare, nella seconda metà del 1942 , gli straordinari successi ottenuti in precedenza, quando su 30 navi britanniche che salparono per Malta, dieci erano state affondate lungo il tragitto e altrettante si erano ritirate danneggiate, tre erano affondate all’arrivo e solo sette erano riuste a consegnare a destinazione i loro carichi.

Le navi dello scontro

Incrociatore Trento in navigazione.jpg

incrociatore Trento

HMS Malaya.jpg

Corazzata Malaya
HMS Eagle (AWM 306677).jpg

portaerei Eagle


Incrociatore Trento (Italia)
Tipo: incrociatore pesante classe Trento
Entrata in servizio: 1929
Dislocamento a pieno carico: 13548 tonnellate
Velocità massima: 35 nodi
Lunghezza: 197 metri
Armamento: 20,6 metri
Corazzatura: 70 mm cintura, 100 mm torrette

Corazzata MalaYa (inglese)
Tipo: corazzata classe Queen Elizabeth
Entrata in servizio: 1916
Dislocamento a pieno carico: 33790 tonnellate
Velocità massima: 24 nodi
Lunghezza: 196 metri
Larghezza: 27,6 metri
Armamento:8 cannoni da 381 mm, 14 da 152 mm, 2 antiaerei da 76 mm, 4 tubi lanciasiluri da 533 mm.
Corazzatura: 330 mm cintura,  da 270 a 330 mm torrette
Portaerei Eagle (inglese)
Tipo:portaerei classe Eagle
Entrata in servizio: 1924
Dislocamento a pieno carico: 22200 tonnellate
Velocità massima: 24 nodi
Lunghezza: 203 metri
Larghezza:35 metri
Armamento:9 cannoni da 152 mm, 5 antiaerei da 102 mm
Aerei imbarcati: 25-30

Un Messerschmitt Bf 109 di scorta ad uno Junkers Ju 87 sul Mediterraneo

LA VALLE DELLE BOMBE. Nel frattempo, la riorganizzazione aerea britannica perlustrava il mare alla ricerca della flotta nemica per attaccarla dall’aria. Sul cacciatorpediniere Legionario, era però stato installato – era la prima volta che accadeva in una nave italiana dall’inizio della guerra – un radar Dete tedesco: grazie ad esso, Iachino riuscì per alcune ore a evitare di essere intercettato, proseguendo la propria marcia di avvicinamento al Vigorous. Al mattino, però, i piloti alleati ebbero fortuna e la flotta italiana venne scoperta e attaccata. La nave da battaglia Littorio fu colpita a prua da un siluro lanciato da un aereo inglese e di striscio da una bomba sganciata da un bombardiere statunitense. L’incrociatore pesante Trento fu invece colpito da un aerosilurante, rimanendo immobilizzato e alla fine affondato dopo qualche ora dal sommergibile inglese P.35 che lo sorprese mentre due cacciatorpediniere, rimaste indietro, tentarono di rimorchiarlo per portarlo in salvo. Il grosso della formazione italiana aveva però proseguito secondo gli ordini, mentre nella notte anche il convoglio britannico aveva affrontato un combattimento: attaccato da motosiluranti tedesche, aveva subito la perdita di un cacciatorpediniere, affondato, e di un incrociatore, il Newcastle, danneggiato. Alle 04,30 il convoglio Vigorous, ritenendo che la squadra italiana avesse subito danni tali da essere costretta a ritirarsi riprese la sua rotta in direzione di Malta per portare a compimento la propria missione. Alle 08,00 però, il suo comandante Vian fu avvisato dalla ricognizione aerea che la flotta italiana era praticamente intatta e stava procedendo rapidamente contro il suo convoglio. L’ammiraglio britannico, sentendosi ormai in trappola, decise di abbandonare l’impresa, e invertita la marcia, fece rotta verso Alessandria. Fu una decisione obbligata, anche se il tratto di mare tra Creta e l’Egitto che avrebbe dovuto attraversare era una zona pericolosa, tanto da essersi guadagnata tra i marinai britannici il soprannome di “Bomb Valley”. In effetti la “Valle delle bombe” anche in questa occasione non smentì la sua fama sinistra: una formazione di Junkers JU87, i micidiali Stuka, affondò due cacciatorpediniere e l’incrociatore Birmingham venne gravemente danneggiato. Il resto del convoglio proseguì, inseguito come un’ombra da Iachino, riuscendo infine a raggiungere la salvezza nel porto di Alessandria, dopo aver subito un’altra perdita, l’incrociatore Hermione, affondato da un sommergibile tedesco. L’azione di Vigorous si era conclusa con un completo fallimento.

Il controverso destino dell’invasione di Malta.
BombDamageMalta.jpg

Kingsway Street, strada principale de La Valletta, a Malta, pesantemente bombardata (1 maggio 1942).

L’invasione di Malta, ovvero l’Operazione Herkules 1940-1942) tedeschi e l’Operazione C3 per la supermarina, era programmata verso la metà del mese di luglio del 1942 per dare il tempo necessario ad addestrare le truppe destinate all’impresa, tra le quali anche la 185°  divisione Folgore. Erwing Rommel aveva sostenuto l’invasione di Malta fino al punto di chiedere a Hitler l’incarico di guidarla , rendendo disponibile a destinar per l’impresa anche truppe dell’Afrikakorps.
Hermann Goering, capo delal Luftwaffe, si oppose però al progetto, temendo che si sarebbe trasformato in un’altra catastrofe per i suoi paracadutisti, come era già accaduto a Creta: una preoccupazione tra l’altro condivisa anche da Hitler. Albert Kesselring promosse instancabilmente “Unternehmen Herkules”, ma anche lui alla fine dovette arrendersi quando divenne evidente che troppe unità aeree e di terra, compresa la stessa Folgore, erano state dirottate per sostenere la spinta di Rommel in Egitto, annullando così ogni possibilità di successo.  

 VITTORIA ITALIANA. Nel frattempo, al largo della Sardegna a partire dalle 09.00 del 14 giugno, anche il convoglio Harpoon era stato attaccato da sommergibili e aerei italiani: un mercantile venne affondato e l’incrociatore Liverpool, danneggiato, dovette rientrare sotto scorta a Gibilterra. Per intercettare il convoglio britannico, la Settima Divisione al comando dell’Ammiraglio Da Zara, era salpata dal porto di Cagliari a
lle 16,30 del 13 giugno. Era composta dagli incrociatori Eugenio di Savoia e Montecuccoli, e da 7 cacciatorpediniere che però si ridussero a 5 – Alfredo Oriani, Ascari, Premuda, Ugolino Vivaldi e Lanzerotto Maloncello, perché due furono costretti a rientrare per avarie al motore. Alle 05,30 del 15 giugno, 25 miglia a sud-ovest di Pantelleria, le due flotte si avvistarono reciprocamente. Nove minuti dopo iniziò il combattimento: la scorta britannica contro il convoglio italiano dopo 3 ore, alle 8,30, l’ammiraglio Da Zara, convito di aver conseguito una grande vittoria, ruppe il contatto, lasciando le navi nemiche danneggiate al’intervento distruttivo dell’aviazione. La sua decisione di abbandonare il combattimento di Pantelleria fu quantomeno prematura: sarebbe infatti emerso in seguito che nello scontro a fuoco tra le due formazioni gli italiani avevano danneggiato gravemente solo i cacciatorpediniere inglesi Bedouin e Partriddge, e centrato con un colpo da 152 mm l’incrociatore Cairo, lesionandolo in modo lievo. Nel pomeriggio le navi britanniche furono sottoposte ad altri attacchi aerei e nella notte ebbero la sfortuna di incappare in un esteso campo minato al largo di Malta: solo due mercantili alla fine riuscirono a raggiungere l’isola. Da parte italiana, invece, si lamentò il danneggiamento del cacciatorpediniere Vivaldi, costretto a rientrare alla base, mentre idue incrociatori avevano subito un colpo ciascuno, registrando scarsi danni. Lo scontro di Pantelleria fu considerato come una vittoria italiana, tuttavia non essendo portato fino in fondo non poteva in alcun modo essere considerato risolutivo. L’operazione britannica, dal canto suo, aveva ottenuto il parziale successo di ar arrivare a Malta due mercantili con il loro carico, costituito non solo da beni materiali, ma soprattutto dal supporto morale per il proseguimento del conflitto.


Articolo in gran parte di Nicola Zotti pubblicato su Le grandi battaglie navali, edizione Sprea, altri testi e articoli da Wikipedia. 

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